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Autore: nikita82roma    05/06/2016    4 recensioni
Un mese dopo la sparatoria al loft Kate riprende finalmente conoscenza. Ma lei e Rick dovranno ricominciare tutto da capo nel modo più imprevisto e difficile, con un evento che metterà a dura prova il loro rapporto e dovranno ricostruire il loro "Always", ancora una volta. Ma Rick avrebbe fatto tutto per lei, per loro, per riprendersi la loro vita e non avrebbe più permesso a niente e nessuno di separarli.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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- Questa storia fa parte della serie 'Always Together'
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Un mese. 31 giorni. 744 ore. 44640 minuti. Controllava l’orologio e proprio a quest’ora un mese prima stavano tornando a casa, Kate lo salutava con il suo sorriso più raggiante andando in camera, mentre lui avrebbe cucinato per lei, perché Rick ama cucinare per lei, si rifiutava di pensare al passato. Ama cucinare per lei e lo avrebbe fatto ancora, non appena lei fosse tornata a casa, con lui. Quella casa o un’altra se lei non avesse più voluto entrarci. Avrebbe trovato una casa adatta a loro dove ricominciare se lei lo preferiva, oppure avrebbe rivoltato tutto il loft, lasciando solo le mura portanti e rifatto tutto dentro come desiderava lei, se voleva si sarebbero anche trasferiti altrove, doveva solo chiederglielo, dirgli dove voleva andare e dargli solo il tempo materiale di rendere tutto perfetto. 
Avrebbe fatto tutto, per lei. Tutto. 
Non gli era mai stato così chiaro come in quei giorni ed aveva anche capito che la loro vita doveva avere una svolta, ne avrebbero parlato, certo, ma lui ne era sicuro, questa volta avevano rischiato troppo, più di quanto potevano immaginare.
Intanto aveva già chiamato il suo architetto e la sua arredatrice di fiducia perché dovevano rifare tutta la cucina. Era stata la prima cosa che aveva fatto quando era uscito dall’ospedale, due settimane prima. Cambiando anche la disposizione dei mobili e rifare tutto il pavimento. A nulla erano valse le proteste di sua madre e sua figlia. Ci aveva pensato dal momento in cui si era svegliato dopo l’operazione. Quel pavimento doveva sparire ed anche quella cucina. Era un inizio. Il resto lo avrebbe visto dopo, con Kate, avrebbero deciso insieme. A nulla erano valse nemmeno le ritrosie dell’architetto e dell’arredatrice che sostenevano che quella disposizione fosse perfetta e quello stile adatto all’ambiente. Gli aveva solo risposto che li pagava per trovare soluzioni e quello avrebbero dovuto fare. Trovare una soluzione ugualmente bella e funzionale, ma diversa. Non era difficile no?
Lui da quando era uscito dall’ospedale non era più rientrato a casa. Aveva preso una suite al Four Season, non lontano dal Presbyterian Hospital nell’Upper East Side, dove aveva voluto che Kate fosse trasferita. Si era informato in quei giorni in cui era ancora in ospedale su quali fossero le migliori strutture, quelle dove sarebbe stata curata meglio e quelle dove permettevano l’orario di visita più flessibile, fattore per lui secondario solo alla salute di Kate. 
Quando li avevano trovati dopo la sparatoria li avevano immediatamente trasferiti nell’ospedale più vicino, dovevano solo pensare a salvare la vita ad entrambi e gliene era stato grato, però ora lui poteva decidere ed aveva già deciso dove trasferire sua moglie, nella migliore struttura possibile.

Adesso era lì, in quella stanza privata dell’ospedale dove andava ogni giorno da due settimane, da quando lui era stato dimesso e lei trasferita. Ogni mattina le portava un mazzo di gigli bianchi e rosa, freschi, ogni giorno. E due caffè. Lui il suo lo sorseggiava appena, per abitudine. Gli avevano detto che il caffè avrebbe dovuto evitarlo. Non se ne curava, come di tante altre cose. A lei lo lasciava sul comodino, vicino ai macchinari che monitoravano i suoi parametri vitali. Buoni, dicevano i medici, ma Kate non riprendeva conoscenza. I primi giorni l’avevano tenuta sedata perchè era meglio così, gli avevano detto, per farla riprendere prima, per dare modo al suo corpo di guarire. Poi, però, una volta sospesa la terapia, lei non si era svegliata. I suoi parametri erano nella norma, ma Kate continuava a dormire, Castle si diceva così. Le altre parole non gli piacevano. Non voleva nemmeno sentirselo dire. Lo rifiutava. Kate non era in coma. Kate dormiva e lui stava lì, a guardarla dormire come faceva sempre anche a casa, quando si svegliava prima di lei o la trovava già addormentata quando tornava in camera dopo che aveva scritto per ore, perdendo la cognizione del tempo. Gli aveva detto più volte che era inquietante quando la guardava nel sonno, chissà cosa avrebbe pensato adesso. Sicuramente se lo avesse visto lo avrebbe ripreso e gli avrebbe fatto il suo sguardo-sguardo. Quando gli mancava quello sguardo, i suoi occhi. Quante volte le aveva detto che amava vederla dormire? Adesso pensava che se solo si fosse svegliata non l’avrebbe più fatto, ma sapeva che non era vero, lo avrebbe fatto ancora, a casa, stringendola a se. Doveva solo svegliarsi e andare via con lui.
Rick passava tutto il giorno con Kate, le parlava, di tutto. Di quello che accadeva nel mondo, di quello che pensava, di quello che avrebbe voluto fare con lei, appena usciti da lì, dei loro progetti futuri, dei loro ricordi. Passava ore a ricordarle quello che avevano vissuto insieme, soprattutto tutto quello che avevano vissuto insieme prima di stare insieme. Le confessava cose che non le aveva mai detto e che forse non le avrebbe detto più, o forse sì, le avrebbe detto tutto, tutto quello che non le aveva mai detto, perché gli sembrava tutto urgente da dirle, voleva farle conoscere ogni angolo anche più piccolo del suo cuore.

Si allontanava da quella stanza solo quando c’era qualche altra visita, lui non l’avrebbe voluta condividere con nessuno, ma sapeva che era inevitabile. Suo padre veniva ogni giorno, dopo il lavoro, e Rick approfittava di quel tempo per andare a mangiare qualcosa. C’era una caffetteria francese proprio fuori dall’ospedale ed ormai mangiava solo zuppe, insalate e sandwich. Martha e Alexis lo avevano trovato lì, una sera che erano andate a fare visita a Kate, lo avevano riconosciuto, da fuori, seduto mestamente ad un tavolo vicino la vetrina. Erano entrate e si erano sedute con lui, rimproverandolo per il suo trascurarsi. Che era sofferente glielo si leggeva in volto, e non solo emotivamente. Lui le ascoltava distratto, girava senza sosta con il cucchiaio la sua crema di broccoli senza mangiarne un granché. Loro si preoccupavano per lui, ma a lui, forse per la prima volta nella sua vita, quell’attenzione nei suoi confronti da parte delle sue chiome rosse, lo stava soffocando. Gli dicevano continuamente che stava esagerando, che doveva pensare a rimettersi perché così non era di nessun aiuto a Kate. Cosa ne sapevano loro di cosa era utile a Kate? Lui era utile a Kate, lui lo sapeva. Sapeva che la sua presenza, in qualche modo, era fondamentale per lei, che lui doveva essere lì quando lei si fosse svegliata. Doveva esserci subito. Ma loro non capivano, non potevano capire, loro non sapevano. Gli dicevano continuamente cosa sarebbe stato meglio fare, ma lui annuiva solamente senza nemmeno sapere cosa gli stavano dicendo. Gli parlavano del loft, gli sembrava. Di quanto caos c’era, dei lavori che stavano facendo che non erano poi così utili, del fatto che era un disagio quella situazione. Si era già offerto di pagare anche a loro un suite ovunque avessero voluto, se lo avessero desiderato, ma non avevano voluto, quindi non capiva perchè adesso facevano tutte quelle storie. Non era un problema suo, adesso non si poteva preoccupare anche se sua madre e sua figlia trovassero strane le sue necessità.  
Si impose di non rispondere e di stare calmo. Mangiò appena qualche cucchiaio di minestra lasciò una somma di denaro sicuramente molto superiore di quella necessaria e disse che sarebbe tornato su, da Kate e che se volevano potevano seguirlo. Lo fecero, in silenzio. Rick non parlava di quanto accaduto, non si sfogava, con nessuno. Non parlava, semplicemente. Parlava solo con Kate, nei suoi dialoghi che erano solo monologhi nei quali lui si immaginava ogni risposta di sua moglie. Martha glielo aveva detto tante volte se voleva parlare, lui le rispondeva sempre che non c’era nulla da dire. Alexis si era anche arrabbiata con lui, perchè gli diceva che escludendole dal suo dolore non avrebbe migliorato le cose. Lui le rispose che non era il momento di parlare, quello le diede un bacio in fronte abbracciandola e lei si arrabbiò ancora di più. Era ancora scossa per averlo visto in fin di vita, con l’addome trapassato da un proiettile del quale ancora portava i segni vividi sul corpo con una cicatrice non del tutto chiusa, in tutti i sensi.

Jim Beckett stava uscendo dalla stanza di sua figlia, Castle fece cenno a madre e figlia di entrare, mentre lui rimaneva fuori a parlare con quell’uomo, l’unico che sembrava in grado di capire il suo dolore, l’unico che sapeva e che capiva come si poteva sentire. Era distrutto Jim. Su quel letto c’era tutto quello che rimaneva della sua famiglia e non avrebbe sopportato di perderla, non ne sarebbe sopravvissuto, lo sapeva Rick, ne avevano parlato ed anche lui gli aveva detto la stessa cosa. In quel momento troppe vite dipendevano da quella di Kate, ma solo loro due lo potevano capire.
- Sembra tranquilla, vero? - Jim gli fece quella domanda quasi più per ricevere una consolazione sullo stato della figlia, che non per conoscere l’opinione di Castle. Non voleva che soffrisse, almeno quello.
- Lo è. - Gli disse Rick appoggiandogli una mano sulla spalla. Si sarebbe preso carico anche del dolore del padre di sua moglie, lo avrebbe fatto per Kate.
- È così bella, così giovane. Come lo era… - Vide lo sguardo di Castle irrigidirsi e si fermò. Non voleva che facesse certi paragoni, glielo aveva detto. Non sarebbe finita nello stesso modo. Lui non lo avrebbe permesso. Sospirò l’uomo e non proseguì.
- Kate è bellissima, sempre. - E Rick lo pensava veramente. Sua moglie era bellissima, sempre. Lo ripeteva di continuo a tutti. Tutte le infermiere del reparto, che non sapevano resistere al fascino di Richard Castle e lo avevano avvicinato in modo poco rispettoso a volte mentre usciva dalla stanza di Kate, sapevano che l’unica cosa che lui ripeteva sempre a tutti era quella. Sua moglie era bellissima in qualunque stato, anche ora che dormiva.
Le due rosse uscirono dalla stanza, come sempre visibilmente scosse dalla visita, soprattutto Martha che nonostante le sue doti di attrice non riusciva a celare gli occhi lucidi, Kate mancava anche a loro, nonostante la preoccupazione che avevano per lo stato di salute di Rick.
Castle disse che sarebbe rimasto ancora lì, per un po’. Loro se ne andarono e lui rientrò da sua moglie, a raccontarle anche quanto appena accaduto, chiedendole consiglio su come comportarsi con Alexis che quella volta era rimasta molto più turbata di quanto era accaduto loro che in altre occasioni. Rimase lì ore ad aspettare una risposta. Poi quando era notte le diede un bacio sulla fronte e se ne andò, dandole appuntamento al giorno successivo, come sempre.

   
 
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