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Autore: M a r t    06/06/2016    1 recensioni
Jungkook si trasferisce dal bosco alla città, con il suo libro sotto braccio e tutta l'estate davanti. Jimin lo farà crescere.
***
{jikook} {un po' fantasy ma non troppo}
 
Genere: Fantasy, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Namjoon/ RapMonster, Park Jimin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Solitamente, la produzione di mali di un uomo è inversamente proporzionale alla sua produzione di bene. Ciò significa che più cattive azioni egli commetterà, meno umanità sarà presente nel suo corpo e nella sua anima. La sua mente si focalizzerà su obiettivi egoistici e aberranti, il suo cuore si scioglierà e si ripiegherà tra le costole e sui polmoni. La personalità si corroderà e il volto si contrarrà in smorfie orribili e disgustose.
Per evitare tutto questo, bisogna disporre di un animo forte e giovane, ideali puri e un pizzico di onestà. Non é difficile amalgamare questi ingredienti tra loro, né trovarne un giusto contenitore, Jungkook lo sa. Sono concetti basilari nello studio delle pozioni per sconfiggere la negatività e le arti demoniache. 
Non che tutti i demoni siano necessariamente cattivi, sia chiaro, ma è molto più comune trovarne qualcuno particolarmente dedito alle marachelle e ai brutti scherzi che di gentili e neutrali.
Per sua fortuna, lui ne ha incontrati soltanto del secondo tipo e non è mai finito nei guai per colpa di qualche incantesimo oscuro. Questo almeno finché è restato nel suo piccolo paesino nei boschi di Albero Fitto. 
 
Jungkook, infatti, al momento si sta trasferendo nella zona urbana, più precisamente nella via di Prato Fiorito. I suoi capelli coperti di ciocche rosa-bionde risplendono sotto al sole e le sue ginocchia scoperte si stanno scottando a causa delle calde temperature. Ha degli abiti estivi e un gran sorriso sulle labbra. 
La mamma ha cominciato a caricare il grande sacco nel bagagliaio e i gemelli continuano a giocare nel grande spazio verde che è il suo giardino. Papà sta fumando la sua pipa mentre fa mente locale della strada da seguire per raggiungere la città. 
 
Gli mancherà Albero Fitto, con le sue stradine sconnesse, le mille stagioni e i rami sproporzionatamente lunghi e robusti, che arrivano fino al cielo e sui quali si è arrampicato infinite volte. Gli mancheranno i suoi amici della prima scuola e la neve di festa che sa di canditi. 
Il viaggio all'interno nella piccola vettura di suo padre si prospetta molto lungo, sia perché il veicolo non permette di spostarsi ad una velocità sopra la media, sia perché la zona urbana dista assai più di qualsiasi altra zona presente intorno ad Albero Fitto. Jungkook ha il finestrino abbassato, l'aria calda e afosa diventa piacevole quando prendono la Grande Autostrada. Ci sono altre vetture vicino alla loro, dalle più grandi e colorate la più piccine e monotone. I gemelli urlano di sorpresa quando ne vedono una davvero minuscola con un omino dal naso rosso alla guida.
 
La mamma si mette allora a raccontare storie buffe su quegli omini per nulla bassi e minuti dai veicoli sproporzionati rispetto alle loro dimensioni e il numero di quelli che vi salgono a bordo. Una di quelle macchinette sgargianti e insolite può contenere un'infinità di clown e nessuno sa né da dove parte né dove è diretta, l'unico modo per vedere quegli esseri simpatici (anche un po' troppo) è agli Autogrill durante i pasti. Tanti sì, ma anche affamati.
 
Dopo un'oretta di viaggio i gemelli si sono addormentati non avendo nulla da fare mentre Jungkook ha iniziato a leggere il suo libro di pozioni. Il papà a ripreso a fumare la sua pipa, dalla quale a volte escono delle bolle di sapone brillanti, mentre la mamma si accerta che la strada sia quella giusta. È impossibile perdersi nella Grande Autostrada, ma prevenire è pur sempre meglio che curare.
Il libro sulle gambe del figlio maggiore è spesso e polveroso, le sue pagine sono gialle e l'inchiostro è secco e spento, brilla solo quando Jungkook, nel buio della sua stanza, non riesce a vedere bene gli ingredienti per i suoi intrugli.
 
Nella sua vecchia casa non ha mai avuto troppo tempo per dedicarsi alle pozioni come avrebbe sempre voluto, magari questo trasferimento gli permetterà di concentrarsi un po' di più sui suoi passatempi. La scuola non sarà un problema fino alla fine dell'estate e, seppur avrebbe voluto cominciare la seconda scuola con i suoi amici del bosco, dovrà accettare l'idea di farsene di nuovi.
Legge a mente qualche ricetta e se ne segna qualche altra in un taccuino che tiene sempre nel suo borsello di cuoio. A questi due oggetti è particolarmente legato perché, oltre ad essergli stati regalati dai suoi genitori in tenera età, come una predizione delle sue passioni giovanili, fanno parte della sua vita quotidiana e lo tengono sempre stretto alle sue origini. Le sue radici risiedono ancora ad Albero Fitto, si sta solo spostando per cercare una luce migliore.
 
Quando arrivano in via Prato Fiorito Jungkook è nel mondo dei sogni e dello straordinario già da qualche ora. I gemelli lo scuotono violentemente dal suo sonno privo di immagini e la mamma prende attentamente il pesante libro tra le sue mani. Il primogenito non è mai stato troppo geloso delle sue cose, ma è meglio evitare di rovinare un patrimonio di famiglia così importante, seppur faccia venire sempre l'allergia a papà. 
 
La loro nuova casetta è fatta di pareti massicce e seppur l'aspetto sia modesto e di un colore giallo luminoso, con il tetto spiovente e il giardino misero, è carina e apprezzabile. Prima della porta c'è un piccolo cancello di ferro facile da scavalcare, con l'unico compito di dividere il corto viale e il giardino dal marciapiede in mattonelle. Alla fine del viale ci sono esattamente quattro gradini che dividono dall'ingresso principale. Il papà fa girare le chiavi sull'indice, la pipa lasciata nella giacca, perché non è che gli faccia proprio bene fumare tutte quelle bolle al giorno. Infila l'oggetto metallico nella toppa e apre la porta alla sua famiglia, spostandosi di lato per farvela entrare tutta per prima. Il grande sacco viene portato dentro con un schiocco di dita da parte della mamma e Jungkook appena messo piede nell'abitazione si guarda intorno intontito. La casa è completamente vuota e grigia. È con un altro schiocco di dita però, che la mamma l'arreda esattamente come la loro vecchia casa. Il sacco si apre e tutti i mobili e gli arredamenti presenti al suo interno si sistemano da soli al loro posto, persino la carta da parati! Jungkook non è poi così stupito di fronte alla scena, mentre i gemelli ridono incontrollati. E improvvisamente non si sente così lontano da casa.  


 
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È un tipo bizzarro, Park Jimin. Ha capelli rossicci e il volto di porcellana, la luce del sole si riflette sulla sua pelle e il suo sorriso è dapprima timido, poi si trasforma in luminoso e divertente. Gli occhi sono piccoli e quando ride si chiudono in piccole lune, sulle palpebre son disegnati dei pallini neri e Jungkook li trova molto graziosi. In generale, Jimin è grazioso in generale. 
Eppure il suo aspetto è molto più mal curato di quanto voglia dar a vedere, a prima vista non ti vien voglia di farci amicizia, ed è proprio quello che inizialmente Jungkook fa quando lo vede: lo evita. Per circa tre mesi dal suo arrivo, l'avrà visto in lontananza un bel po' di volte, più di quante ne avrebbe potute contare, ma mai ha osato avvicinarglisi. Park Jimin ha l'aspetto di un demone con i suoi vestiti scuri e i capelli arruffati, mentre si arrampica sui lampioni e cammina sopra le panchine. Non un demone pericoloso, ma pur sempre un demone. 
 
Lo incontra negli ultimi giorni dell'estate, quando le giornate cominciano ad accorciarsi e il vento ad essere più presente. Gli finisce praticamente addosso, perché a questi piace trotterellare per le mattonelle, imbrattandole di gesso colorato e canticchiando le canzoncine della prima scuola. È una cosa da bambini, ma a Jungkook non piace diventare un adulto e nella fretta di scappare dall'imminente autunno, stagione dalle forti pretese e giacche a vento pesanti, inciampa nei suoi stessi piedi e sbatte contro il piccolo ragazzo. Jimin è più basso di lui e deve alzare il mento per guardarlo bene in faccia. Sbatte un po' le ciglia e fa arrossire Jungkook per motivi sconosciuti persino al diretto interessato. Si presentano in maniera impacciata e si salutano. 
Da lì, Park Jimin non ha mai smesso di stargli appiccicato. 
 
Vuoi perché il loro quartiere non pullula di loro coetanei, vuoi perché la maggior parte di questi coetanei sono infinitamente più strani di loro, stare soli non è proprio tutto questo gran ché, e allora un po' di compagnia se la possono anche fare. 
Non giocano molto, passano le giornate seduti sui gradini della casa di Jungkook. Questi a leggere mentre l'altro lo guarda curioso. L'estate è birichina e fa un po' come vuole, va troppo avanti nei giorni e poi torna svelta svelta indietro, pur di divertirsi e divertire, quindi durante le giornate ritorna a fare troppo caldo per correre e ridere; la mamma gli ha detto questo e questo lui l'ha riportato a Jimin. 
Passano così le settimane, tra pozioni e letture a mente, mentre Jimin cerca di dargli una mano come può. 
 
- Perché non provi a farne una? 
 
- Di che? 
 
- Di pozione.
 
- Fa troppo caldo per fare una pozione.
 
- Allora fa anche troppo caldo per vivere, no? 
 
A questo Jungkook deve dare ragione. Si rende conto di aver sprecato del tempo prezioso, e anche di starsi annoiando a morte, oltre che a far annoiare Jimin. Il ragazzo è stato anche troppo tranquillo durante il ritorno dell'afa per essere un demone, quindi Jungkook ha smesso di crederci e non si lascia più ingannare dalle apparenze. 
 
Abbandonano con grande gioia i gradini bollenti e s'avviano in giro per il quartiere in cerca degli ingredienti necessari per creare la loro prima pozione. Jungkook è emozionato e Jimin gli viene dietro ridendo. Riescono a trovare soltanto qualche foglia di castagno e una coda di lucertola nel parco lì vicino. Strano che non abbia mai fatto caso a quanto grande fosse quel parco. 
Con una superficie a loro ancora ignota, la distesa verde che occupa il retro della casa di Jimin comprende giochi per bambini, quali scivolo, altalene e case di marzapane a prima vista ma di plastica al primo morso, con aiuole rigogliose e le più belle e grandi varietà di alberi nella zona. Parco Fiorito dà infatti nome alla loro via e se Jimin lo dava per scontato a Jungkook non era mai sorto il problema di sapere perché il loro quartiere si chiamasse come si chiama e del dove andassero tutti i bambini durante le giornate, compresi i gemelli, che tornavano sempre con qualche ago di pino fra i capelli e le ginocchia sporche di terriccio.
 
Si procurano anche qualche seme e dei ciuffi d'erba coperti da rugiada fresca, ma gli mancano ancora un raggio di sole e del fuoco fatuo. Non sanno come procurarsene e decidono di scegliere una pozione più semplice, quella per mimetizzarsi con la natura dovrà aspettare.
Giocano tra i rami degli alberi saltando da uno all'altro come cavallette. Jungkook ha il libro sotto al braccio e guida Jimin tra le foglie degli arbusti. Si accorge di aver perso il compagno solo quando comincia a scendere la sera e Jimin non risponde ai suoi richiami.
 
È spaventato, sta per fare buio e non sa cosa fare. Non può tornare a casa senza l'amico, il senso di colpa di lasciarlo lì da solo lo fa stare male anche solo al pensiero. Urla il suo nome, si fa strada tra i rami e ripercorre la strada fatta a ritroso.
Magari s'è perso. Il bosco sembra più fitto, non lo riconosce più e lo spaventa, neanche la sua vecchia casa era così sinistra quando immersa nella notte. È sicuro che la mamma e il papà sono preoccupati, ma lui deve trovare Jimin.
 
Allora gli passa un pensiero sciocco per la testa, che forse Jimin se ne sia già andato da un pezzo, pensando che col calar del sole anche Jungkook abbia deciso di tornare a casa. Scaccia via l'idea così come è venuta, perché è logica e lui non vuole crederci. Jungkook ha ancora paura di crescere e di ragionare.
Decide di scendere dai rami per muoversi a piedi sul terreno, cercando una via d'uscita. Non smette di chiamare il nome di Jimin. Cammina ininterrottamente, il libro di pozioni che pesa sotto al suo braccio, e arriva in una piccola radura non tanto piccola vista dal basso.
È piuttosto ampia a dirla tutta e vi è un albero dallo spesso tronco e i rami tutti ingarbugliati fra loro, che a fatica si diramano verso il cielo. Nessuna foglia lo ricopre ed è nero come la pece. Le sue radici sbucano dal sottosuolo e sembrano pulsare come vene piene di sangue e di vita. Delle lucciole illuminano la radura e l'arbusto, danzando nella buia notte e permettendogli di vedere tutto ciò che vuole ma non ciò che vuol vedere. Jungkook scorge una figura su uno dei rami lì sopra appollaiata e corre in contro alla pianta sperando di aver ritrovato il suo amico perduto.
 
- Jimin!
 
Ma non è Jimin. La figura ha gambe lunghe, snelle. È scura, non riesce a vederla bene finché le lucciole non si decidono ad illuminarla e Jungkook rimane paralizzato dalla sua oscura presenza. Ha la pelle ambrata e le labbra carnose, le mani sono grandi e i capelli tirati all'indietro, di un castano scuro seppur vivo e gli occhi sono felini, lo scrutano con indiscreta curiosità, gli fanno gelare il sangue.
Il gatto nero, sinonimo di sfortuna per molti, è un demone furbo, scaltro, capace di giocare con le menti e divorarle se ne ha voglia. Jungkook stringe il libro al petto come a proteggersi, il gatto inclina il capo di lato.
 
- Ti sei perso? - anche la sua voce ha un accento sinistro. È bassa, seppur melodiosa, gli invade i timpani e lo rende docile.
 
- No. Sto cercando il mio amico.
 
- Intendi il meticcio?
 
- No, Jimin. Il mio amico dai capelli rossi. L'hai visto? - è preoccupato, poi pare percepire in ritardo ciò che gli ha detto il gatto e si affretta a chiedere ancora: - Cos'è un meticcio?
 
- È ciò che è lui.
 
- E l'hai visto?
 
- Si che l'ho visto, io vedo tutto. - Jungkook non fa fatica a crederci mentre si perde in quelle iridi completamente nere, all'apparenza cieche, ma lui ha imparato che non è bene fidarsi di ciò che gli occhi mostrano per la prima volta: - È andato a sud, anche lui ti cercava.
 
Il gatto ghigna. Jungkook vuole correre via, scappare, ma sente di dover fare più domande, sa di volere più risposte. Perché Jimin è un meticcio? E come fa il gatto a vedere tutto? Cos'è tutto esattamente?
Ma non formula nessuna frase, neanche una parola, si volta lentamente e si incammina senza voltarsi addietro. Il gatto si gratta il collo con le unghie affilate e miagola contento e divertito. Si forma dubbi e li risolve, si chiede se dovrebbe dire più di quanto solitamente si concede. Poi si lascia alla noia e schiarisce la gola, spaventa qualche lucciola.
 
- Stai attento a quello lì, Jungkook, a quel meticcio.
 
E Jungkook scappa, corre, fugge tra i tronchi e le foglie che gli finiscono in faccia, scansa i rami che gli graffiano i polsi e gli zigomi, ma sente le parole del gatto nero ancora forti e chiare nella sua mente, rimbombare come tamburi nella notte delle anime e ha paura di decifrarne il significato, di aver capito cosa questi voglia dirgli. Un demone l'ha appena messo in guardia da un altro demone.
Ritrova Jimin appena fuori la schiera di alberi, poggiato con la schiena sul tronco di un pino. Sta guardando la luna, contando le stelle, e i suoi occhi sono scuri e le sue labbra silenziose, stranamente, non emettono alcun suono, neanche quello dell'aria che viene respirata. Jungkook gli si avvicina ma non tanto quanto si era concesso prima di parlare con il gatto. Non ha paura di Jimin, ma non lo conosce, non pensa di conoscerlo più almeno. Alcune settimane sono servite ad unirli, pochi secondi per dividerli. Jimin sente l'aria che tira e percepisce i sentimenti discordanti e confusi di Jungkook. Sposta il suo sguardo dalle stelle al viso del ragazzo dai capelli stravaganti e lo trova ansante e sudaticcio dalla lunga corsa. Il terrore dipinto nelle sue iridi chiare e l'incertezza dei suoi gesti.
 
Jimin si scusa per la sua assenza e confessa che non se ne sarebbe mai andato senza di lui. Jungkook non sa cosa credere ma accetta con naturalezza le loro mani che in intrecciano, mentre il cuore di Jimin detta i battiti del suo e lo calma da ogni preoccupazione.
Tornano a casa quando ormai è davvero tardi, la mamma lo rimprovera e lo mette anche in castigo, il papà ha uno sguardo tra il deluso e il preoccupato mentre i gemelli non ci sono, già dormono. Chissà se Jimin ha ricevuto una punizione, chissà se Jungkook potrà vederlo ancora, nonostante il timore di ciò che è ignoto.




 
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C'è poco da dire riguardo la cucina della mamma: è buona. Non troppo, ma neanche troppo poco. Jungkook predilige i pancakes del buongiorno, con lo sciroppo o la crema di nocciole, e la spremuta fatta in casa al primo mattino. La colazione è uno dei suoi pasti preferiti, perché si respira aria d'allegria e gioia e persino papà ne prende parte con un sorriso, seppur accennato, con la pipa dimenticata nella tasca della giacca. Fa troppo caldo per coprirsi come lui ma la mamma dice che è normale per la gente che ha abitato a lungo Albero Fitto sentire ancora il venticello primaverile soffiare nelle orecchie e il freddo rigido invernale che talmente rigido si insinua nelle ossa ed è impossibile dimenticarlo. Il papà ha vissuto molto tempo, Jungkook non ricorda con precisione, troppi numeri diversi e troppi anni da tenere conto, ma di certo è un numero spropositato per qualsiasi essere non magico e anche se il papà dall'età sembra molto vecchio la sua espressione sveglia e concentrata suggerisce ben altro.
 
La mattina solitamente capita che avanzi qualcosa e allora Jungkook la condivide con Jimin, perché questi sembra sempre affamato e alla prima menzione di cibo comincia a perdere saliva dalle labbra senza volere. Il ragazzo non ha mai chiesto perché, ma pensa che c'entri qualcosa quello che gli ha detto il gatto. Della questione demone ne ha parlato con Jimin, comunque. Non che potesse tenerglielo nascosto, Jimin legge attraverso le righe e talvolta studia il comportamento degli altri perché s'annoia a non far nulla tutto il giorno e allora Jungkook ha dovuto per forza dirgli tutto. Un po' si sente offeso, Jimin, non è la prima volta che qualcuno pensa male di lui. Poi però scrolla le spalle e si limita a borbottate un: - Namjoon è un gatto nero e i gatti neri dicono tante bugie.
 
Come faccia a sapere il nome del gatto, Jungkook questo non lo sa, ma preferisce credere a Jimin piuttosto che a Namjoon, che gli fa anche timore. Che i demoni si mettano a creare zizzania è risaputo, che lo facciano per scopi personali e insoliti invece un po' meno. 
Si sono messi a preparare altre pozioni, uno legge e l'altro mangia gli avanzi dei pancakes, poi quando non ne rimangono neanche più le briciole vanno alla ricerca degli ingredienti in Parco Fiorito o in giro per il quartiere. Bussano alle porte del vicinato con gli aghi di pino nei capelli e foglie di faggio sui vestiti, chi apre li squadra da capo a piedi ma il cinquanta percento delle volte si dimostra all'altezza delle loro richieste.
 
Dopo vari tentativi di raccolta falliti (s'accorgevano quando era ormai troppo tardi di non potersi procurare uno degli ingredienti fondamentali) riescono finalmente a racimolare tutto l'occorrente per una pozione della quale, in realtà, non sanno assolutamente nulla. Tanta la fretta di crearne una che l'utilità o il potere erano passati totalmente in secondo piano.
Presi zucchero, limone, due chicchi di caffè, qualche lettera dai cruciverba e il suono delle parole (avevano chiesto aiuto alla mamma per quel piccolo tocco bizzarro), li buttano in un gran pentolone trovato in cucina e li mescolano assieme con acqua e aceto. Jungkook chiede a Jimin di recitare la formula scritta sul libro, perché sicuramente questi ha qualche cosa di magico più di lui, anche se Jungkook evita di pensare che sia un demone. Le tendine sono abbassate e l'unica luce nella stanza è una candela alla vaniglia che Jungkook ha preso in salone e ha acceso con l'accendino per pipa del papà.
E mescola, mescola, mescola... E Jimin recita, recita, recita...
E qualcosa accade: il miscuglio si colora e appare della polvere azzurra tutt'intorno. Poi con un enorme botto, quasi esplode l'intera cucina e i due amici si ritrovano sul pavimento, storditi, e con soltanto un goccio di pozione avanzato nel pentolone. Tutto il resto si è carbonizzato e Jungkook vuole strapparsi i capelli dalla disperazione.
Quando la mamma torna a casa si prende anche una bella punizione e i gemelli ridono talmente forte da far imbarazzare Jimin che scappa da casa sua mormorando scuse.
 
Lo rivede il giorno seguente. La mamma gli aveva impedito di entrare in cucina per i prossimi mesi, ma niente in contrario ad incontrare l'amico.
L'estate s'appresta a finire, stavolta per davvero, s'è ormai stancata di giocare e vuole riposare un po'.
Sotto il sole cocente di fine terzo mese, Jungkook ammira i caldi raggi riflettere giochi di luce sulla pelle candida di Jimin, ancora color latte nonostante le giornate passate all'aperto che a lui hanno arrossato il naso. Al ragazzo dai capelli rossicci piace il suo naso, gli dice che è grande e sporgente, ma non per questo brutto. Glielo bacerebbe. E Jungkook bacerebbe le sue labbra, ma non può perché non son cose che i ragazzi amanti delle pozioni come lui fanno.
Ha smesso di credere al gatto nero, neanche l'ha incontrato più. Ha smesso di chiedersi il motivo per il quale dovrebbe far attenzione a Jimin. Però ha voluto soddisfare un pochino la sua curiosità è non si è trattenuto dal chiedergli cosa siano i meticci.
 
- Sono demoni ma non del tutto.
 
- E quindi?
 
- E quindi boh. La domanda l'hai fatta tu.
 
- Il gatto nero ha detto che avrei dovuto far attenzione a te, perché? I meticci sono cattivi? - Jimin pare pensieroso, poi ferito e abbattuto. Lo guarda con occhi tristi e Jungkook ricambia lo sguardo con dolcezza, per fargli capire che non lo sta giudicando in alcun modo.
 
- Tu pensi che io sia cattivo? - Jungkook scuote la testa e Jimin sospira, più leggero.
 
- Bene. Non credere a Namjoon, comunque, dice un sacco di frottole perché s'annoia e non sa che fare.
 
Jungkook annuisce e si sente improvvisamente felice. Stringe la mano dell'amico e lo porta in mezzo alle cime degli alberi, saltano come al solito sui rami e mangiano la frutta estiva che questi offrono. Ridono e scherzano, si fanno compagnia. Jungkook non pensa tanto più alle pozioni quanto pensa a Jimin. Il ragazzo è un pensiero costante e gli fa perdere la cognizione del tempo, il senso dei giorni e delle ore, lo rende sordo ai richiami della mamma e incurante degli sguardi preoccupati del papà. Gli fa scordare la mancanza di casa vecchia, di Albero Fitto e della prima scuola. Occupa la sua mente anche quando vorrebbe concentrarsi sul suo libro, sui suoi passatempi o sulle piccole cose. Ma vede solo Jimin, sente solo Jimin e ascolta solo Jimin.
Diventa anche dipendente dalla sua presenza e così capita all'altro ma Jungkook non può saperlo, non se lo chiede neanche, ormai non si fa più domande né vuole nuove risposte.
Persino i gemelli sono preoccupati e cercano di distrarlo dalle sue visioni d'amore, di salvarlo dal suo cuore scalpitante.
Eppure in mezzo alla felicità c'è anche del profondo dolore. Jungkook ha imparato che l'amore non è tutto rose e fiori, che le rose hanno anche le spine e che le spine fanno sanguinare i polpastrelli. E allora anche il suo cuore sanguina quando non può vedere Jimin, perché la loro relazione è legata solo dal debole filo dell'amicizia e questo lo fa disperare perché l'amico non è mai amante. O è amico o è amante, bisogna scegliere perché non si può essere troppe cose in una volta, non si può essere asciutti se si è bagnati, glielo dice anche il papà. E il papà ha sempre ragione, tranne quando litiga con la mamma per la pipa dalle bolle di sapone, in quel caso, ha sempre ragione la mamma.




 
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- Ce l'hai ancora quella pozione?
 
- Quale?
 
- Quella pozione. L'unica che siamo riusciti a fare.
 
- Intendi quella che è esplosa?
 
- Sì, quella!
 
Sono seduti sui gradini bollenti di casa di Jimin e il discorso esce fuori come nulla, come fosse stato dimenticato erroneamente e allo stesso tempo volutamente. Di quei discorsi che magari eviti per un po' prima di tastare le acque e vedere se è adeguato tirarlo in ballo, magari ti ci schiarisci le idee su e ti fai prendere dai dubbi perché non sai se parlarne oppure no, però poi alla fine ne parli perché è giusto parlarne. Quel discorso è esattamente così, l'hanno messo da parte come un fascicolo vecchio dell'FBI su un caso irrisolto e irrisolvibile, nascosto dalla polvere ma vivo nei ricordi. Jungkook lo paragona a qualcosa di così losco e misterioso perché ultimamente sta guardando degli show polizieschi alla TV, ma non è sicuro che il paragone sia del tutto esatto.
 
Dal giorno della pozione sono aumentate le cose che non si vogliono dire, non per mancanza di fiducia ma per la mancanza di segreti nella loro amicizia. Certo che in una vera amicizia non andrebbero proprio nominati i segreti, talmente assurdo che due amici come loro ne vogliano avere, ma di certo loro non vogliono essere amici e quindi preferiscono avere segreti. Jimin inizialmente si voleva anche rifiutare a dire il suo numero civico, ma poi aveva ceduto perché altrimenti Jungkook non sarebbe più venuto a fargli visita come aveva sognato e allora a distanza si era messo a urlare: - È il 63! Ricordati che è il 63!
Jungkook quella volta aveva sorriso e per non scordarsi nulla aveva cominciato a scrivere quel numero dappertutto, persino sullo specchio del bagno quando ricoperto dal vapore della doccia.
 
- Ce l'ho, ce l'ho. La tengo nel borsello.
 
Ed era proprio così. Ne era rimasta davvero poca dopo l'esplosione in cucina e Jungkook a fatica era riuscito a mettere quella salva in una boccetta. Poi aveva letto curioso che diamine di pozione avessero provato a fare e sulla voce della V la parola VERITÀ splendeva trionfante illuminandosi nell'oscurità notturna della sua camera. Quando lo dice a Jimin questi gli mette un attimo il broncio, perché è passato tanto tempo dal giorno in cui l'hanno preparata e sicuramente ora saprà da far schifo.
 
- Non è colpa mia, non me l'hai chiesta.
 
- Mh. Beh, tocca vedere se funziona, ti pare?
 
- Tanto vale... Facciamo una goccia per uno; prendi.
 
Così fanno. Una goccia piccola e abbondante per ciascuno e il sapore del nulla e del tutto sulle loro lingue a inumidirgli il palato. Aspettano qualche minuto. Niente.
Sono delusi, l'unico esperimento riuscito si è rivelato essere un fallimento, uno sbaglio. Magari anche loro stessi lo sono, tutta la loro storia, il modo in cui si sono conosciuti, il loro rapporto, i loro sentimenti e i segreti che rifiutano di condividere. Già magari sono i segreti oppure semplicemente erano destinati in modo differente ma ne hanno scelto un altro, quello sbagliato, e ora ne devono accettare le conseguenze.
 
Jungkook però ancora non vuole crescere, spera fortemente che l'estate torni nuovamente indietro che giochi un altro po' con le loro vite e lo tenga lontano dall'autunno e dalle responsabilità. Desidera non dover andare alla seconda scuola, perché sicuramente non vedrà Jimin tutti i giorni come ha fatto finora. Inoltre dopo l'autunno fa capolino l'inverno e il freddo rigido e le mattonelle ghiacciate minacciano di essere un ostacolo ben maggiore. Non avranno gradini sui quali sedersi né il sole a baciare le loro pelli e a bruciargli le guance.
E la cosa più importante: non avrà più altre possibilità. Dovrà aspettare la prossima interminabile estate prima di poter sperare di intrecciare la sua mano in quella di Jimin, di perdersi nei suoi occhi truccati e abbelliti dai quei piccoli pallini, dai suoi capelli rossi soffici che gli solleticano il collo quando il ragazzo poggia il capo sulla sua spalla e dalle sue labbra carnose e i suoi denti leggermente storti, ma estremamente adorabili, estremamente unici. Jungkook non avrà mai occasioni come questa, non è giusto sprecarla.
 
- Voglio baciarti. - sgrana gli occhi e quasi si porta una mano a coprirsi la bocca. Le guance gli si imporporano mentre quelle di Jimin s'infuocano e hanno bisogno di qualche secondo prima di recuperare le funzioni celebrali ed evitare parole stupide.
 
- Va bene. - un consenso, un battito in meno.
 
- Ma non posso.
 
- ...Che? - è ovvio che sia confuso, persino Jungkook lo è. Lui di baci non sa nulla, sa solo che ne vuole riempire Jimin. Di quei baci infiniti e dolci e passionali, che gli fanno diventare le gambe di gelatina come la più efficace delle pozioni e nei film gli fanno venir voglia di cambiare canale.
 
- Allora ti bacerò.
 
- Non puoi baciarmi.
 
- E perché? 
 
- Perché solo i demoni san dar baci! 
 
- E chi ti dice che io non sia un demone? - attimo di silenzio. Jungkook ci pensa su qualche secondo e si scopre più confuso di prima.
 
- Sei un demone?
 
- Certo che no.
 
- E allora? Che si fa?
 
- Proviamo a baciarci.
 
- Ma tu sei un meticcio!
 
- Guarda che anche i meticci sanno baciare.
 
- Ma io non so farlo. - è nervoso, nervosissimo. Tutto quello che ha sempre voluto è a portata di mano e lui riesce già ad assaporare il dolce sapore delle labbra di Jimin sulle sue piccole e impacciate. Questo però non cambia né cancella le sue insicurezze.
 
Del resto, Jungkook è solo uno dei tanti raggi del mattino. La mamma l'ha raccolto alle prime luci dell'alba, quando il cielo è di colori insoliti, coperto da pennellate rosa pallido e giallo chiaro. Non è nulla di speciale, nulla di esaltante, solo l'inizio bizzarro di una vita bizzarra. La mamma dice che è speciale, perché è nato dalle bolle del papà, che la luce e il pallore dell'alba si sono riflessi nella sua pipa e allora lui è nato, mentre si stringevano nel loro amore al risveglio del sole.
 
- L'alba non sa baciare, Jimin.
 
- Proviamo.
 
E con questo Jungkook sente quelle piccole e paffute mani piene d'anelli tenergli le guance rosee e le loro labbra scontrarsi nel più puro dei baci. Ne sente a malapena la consistenza e il sapore e pretende di saggiarne ancora. Si sfiorano nuovamente e per la fretta fanno scontrare i denti bianchi, ridacchiano. Sono ancora due bambini, agli occhi dell'estate, ma l'autunno è ormai alle porte e Jungkook alla fine della stagione birichina diventa più grande e maturo, trasforma le sue debolezze in forze. Ha ormai diciott'anni e Jimin ne ha più di lui, e il tempo passato a giocare sugli alberi e a nascondersi dai gatti neri sembra lontano anni luce da loro.
Fanno scontrare le loro lingue e vorticano in un insieme di emozioni nuove e significative, esperienze da sognare e sogni da immaginare.
E continuano a vedersi e ad incontrarsi, nella vita e nelle vite a seguire e s'incontrano in modi e posti nuovi, mai gli stessi, sempre diversi. Perché sono destinati, in una zona urbana a baciarsi sui gradini di una casa in fondo alla via che prende il nome dell'immenso parco alle loro spalle, con il sole caldo che comincia a nascondersi tra le nuvole e il vento che soffia i suoi primi accenni d'autunno. Mentre tutto tace, in Via Prato Fiorito n°63, e solo gli schiocchi delle loro labbra e i suoni delle loro risate riempiono l'aria e i loro cuori s'intrecciano con naturalezza, con i gatti neri che sogghignano soddisfatti tra i rami di alberi scuri.






















 
❀ Angolo autrice ❀
 
Buondì ~
 
Non so cosa sia esattamente questa cosa, ma mi ronzava in testa da un po' e l'ho buttata giù.
Sinceramente non è granché, non sono neanche sicura che possa suscitare chissà quale interesse, ma è una piccola favoletta manco tanto magari piacevole. Spero che lo sia davvero, altrimenti il tempo per scriverla sarà andato sprecato :(
 
Fatemi sapere che ne pensate, comunque, non siate pigri, suvvia, una recensione fa felici milioni di scrittori. Anche se non posso considerarmi scrittrice, sob.
 
Felice di contribuire all'aumento di fanfiction su questa pair sfigata!!
 
happy chestnuts
   
 
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