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Autore: Angela Smith    06/06/2016    1 recensioni
[“Qual è l’amor vero? Quello che muore o quello che uccide?”
Giovanni Verga]
"Se vuoi giocare Page Lincoln, giochiamo"
La ragazza sorrise maliziosamente distendendo nuovamente le gambe e toccando il pavimento freddo con i piedi.
Si strinse maggiormente nel maglione caldo che stava indossando e studiò l’espressione di Sherlock.
Quegli occhi… stava forse cercando di ipnotizzarla? Incantarla? Perché sembrava che stesse facendo proprio quello, con un attento ed elaborato gioco di sguardi.
"Che gioco proporresti, Sherlock Holmes?"
Il pronunciare il nome dell’uno e dell’altra suonava come un avvertimento, come qualcosa che preannunciasse l’inizio di una battaglia.
"Saresti la mia compagna di giochi?"
"Solo perché sono sicura di vincere"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jim Moriarty, Molly Hooper, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo sei corretto

Salve a tutti cari lettori! Sono finalmente tornata dal mio infinito letargo per pubblicare il sesto capitolo! (una frase che molto probabilmente avevate perso le speranze di leggere).
Even Sherlock series four came after that!
Sì, perché per quelli di voi che non lo sapessero già (lo so, sono una sprovveduta a pensare che non siate già informati di tutti i minimi dettagli di questa cosa, ma lasciatemelo credere) Moffat e Gatiss si sono finalmente decisi a girare la quarta serie di Sherlock!!!! Ed il super richiesto ed occupato mister Cumberbatch finalmente veste di nuovo i panni del nostro amato consulente investigativo!! (e questa volta con i riccioli, non poteva reggere a lungo la storia dei capelli tirati indietro nello speciale di Natale, chi pensano di prendere in giro).
Qualche giorno fa ho visto su tumblr un video delle riprese del set in cui si vedeva John che teneva in braccio una bambina! Sono così felice!! La piccola Watson è finalmente arrivata!
Ma, ricomponendoci, ritorniamo a parlare della miracolosa apparizione del nuovo capitolo che se no poi divento troppo prolissa e mi saltate completamente la nota dell’autrice (quanto vi capisco):
La vera verità è che questo non è il capitolo originale, infatti la prima versione che avevo scritto era davvero molto diversa.
È semplicemente successo che mentre stavo rileggendo la versione precedente mi sono resa conto del fatto che non mi piacesse, che risultasse troppo noiosa ed inconcludente ed ho pensato “se non piace a me, come potrebbe piacere a loro?”. Così mi sono messa al computer, affiancata dalla mia fedele tazza di caffè, ed ho cominciato a scrivere, presa dalla follia di un'ispirazione momentanea.
Qualche spoiler in anteprima (non sono davvero spoiler, abbassate quei mitra):
questo capitolo è un salto nel tempo; il salto temporale è di un giorno e grazie a questa escamotage si scopre che cosa abbia fatto la nostra cara Samantha durante l’assenza di Sherlock. Ricordate che Sherlock stava indagando sul caso di Mr Double e che dunque era stato tenuto lontano dal 221B per un po' di tempo? E ricordate che, mentre stava deducendo Sam, si è accorto del fatto che lei fosse uscita? Ma uscita dove? E perché?
Oltre a rispondere a tutte queste domande, in questo capitolo si riuscirà anche ad intravedere un nuovo pezzetto della vita della ragazza, che sarà costretta ad affrontare una situazione alquanto spinosa...
La piccola ormai "aiutante detective" inoltre si sbizzarrisce per suo puro diletto a formulare curiose e (forse) fondate teorie su un particolare caso di Sherlock che ha attirato la sua attenzione.
Ora vi lascio davvero al capitolo. Spero davvero che vi piaccia!

Buona lettura a tutti.

 Angela Smith



Capitolo sei



 (Il giorno precedente...)

Ferirsi sul piede era stata una complicazione, certo, ma niente che potesse impedirle di camminare come un comune essere umano. Beh… ecco… il piede di Samantha poteva non essere della stessa opinione.
In realtà la ferita aveva cominciato a bruciarle… ed anche parecchio.
Cosa poteva fare? Nulla, solo sopportare.
D’altra parte però non era certo colpa sua se era da due lunghi anni che non era stata obbligata ad uscire da nessuna finestra in nessun’occasione.
Ne era davvero valsa la pena? Uscire dalla finestra dell’appartamento solo per non essere vista da Mrs Hudson? Sperava almeno che in questo modo Sherlock non venisse a sapere che lei fosse uscita… anche se probabilmente lo avrebbe dedotto lo stesso.
Quel ragazzo era troppo sveglio per i suoi gusti e notava fin troppe cose…
Ma la vera complicazione in quel momento era il fatto che non avesse ben capito dove dovesse farsi trovare e perché fosse proprio necessario vedersi di persona.
Moriarty le aveva mandato un messaggio dicendole di presentarsi ad uno strano indirizzo, aggiungendo che lui sarebbe stato lì ad aspettarla.
Samantha non ci aveva creduto nemmeno per un istante.
Certamente avrebbe mandato uno dei suoi collaboratori, il quale le avrebbe riferito le direttive del "capo". Molto meglio per lei dato che non ci teneva per niente ad incontrare il consulting criminal.
Era ad almeno un isolato di distanza dall’indirizzo datole e non riusciva a togliersi dalla mente i casi che Sherlock Holmes si era ritrovato tra le mani in tanti anni di carriera.
Quello però che più di tutti stuzzicava la sua curiosità era quello intitolato “Uno studio in rosa”.
Sapeva che fosse stato uno dei tanti crimini organizzati da Moriarty, ne poteva quasi riconoscere la firma.
Due fialette, una contenente la pillola con il veleno, l’altra completamente innocua… Nel resoconto del caso c’era scritto che il tassista sapesse esattamente quale delle due fialette fosse quella innocua e quale quella col veleno e che potesse anticipare le mosse della sua sventurata vittima.
Il documento che Samantha aveva letto riportava inoltre i nomi delle quattro vittime… Quel tassista era riuscito ad uccidere quattro persone con il suo piccolo “gioco” ed era (quasi inspiegabilmente) riuscito a sopravvivere… ma come? Come era stato possibile? Come poteva prevedere che fialetta avrebbero scelto quelle quattro persone?
Non era una cosa umanamente fattibile e Samantha si rifiutava di credere che ci fosse un intricato ragionamento dietro le mosse dell’uomo.
“Solo fortuna” non faceva che ripetere a sé stessa mentre camminava per le affollate strade di Londra.
O almeno, questo era un lato della medaglia.
L’altro, che rappresentava anche la parte razionale della ragazza, non riusciva ad escludere così a cuor leggero l’ipotesi che il tassista sapesse esattamente cosa stesse facendo e che prima di scegliere le sue vittime le studiasse in modo tale da capirne i ragionamenti e la mentalità, così da coglierli in fallo e far cadere loro in mano la pillola mortale ancor prima che loro se ne rendessero conto.
Sembrava una teoria così irreale… ma ovviamente nulla poteva essere escluso.
La prima cosa che Samantha aveva pensato leggendo il resoconto del caso era che il veleno doveva essere certamente contenuto nell’acqua che il serial killer porgeva alle sue vittime per ingerire la pillola, ma quando era venuta a sapere, continuando la sua lettura, che nessun bicchiere d’acqua era mai stato offerto a quelle quattro persone, si era decisamente incuriosita.
A metà del suo tragitto si era definitivamente decisa a pensare che ci fosse un trucco, uno sporco trucco, sicuramente degno di Moriarty.
Certo, non l’avrebbe mai davvero scoperto, a meno che non l’avesse chiesto di persona al criminale, ma non aveva nessuna intenzione di farlo, il pensiero non la sfiorava nemmeno.
La sete di conoscenza che in quel momento la invadeva aveva fatto così cadere in secondo piano tutti i suoi altri pensieri: non riusciva a smettere di scervellarsi per cercare di capire la mentalità di quel serial killer tanto insolito quanto (forse) geniale.
Provò ad immaginare se stessa nella situazione in cui si era trovato Sherlock numerosi anni prima: quale delle due pillole avrebbe scelto? Quella che il tassista le porgeva o l’altra? Probabilmente l’altra, la stessa che, come diceva il resoconto, aveva scelto Sherlock.
Samantha sospirò leggermente irritata. Tanto alla fine nessuno aveva mai scoperto quale fosse quella avvelenata e quale quella innocua, quindi qualsiasi ipotesi potesse avanzare sarebbe stata completamente inutile e non confermabile.
Beh, diciamo che era la cosa più divertente che potesse occuparle la mente durante quel noiosissimo tragitto, che l’avrebbe portata sicuramente davanti ad un mare di altre complicazioni e guai.
Quindi, cosa aveva da perdere?
Ammettendo che il tassista studiasse davvero i profili psicologici delle sue vittime, in qualche modo, anche se molto contorto, sarebbe comunque riuscito a comprendere, sebbene in parte, le loro tendenze ed il loro carattere. Ora, supponendo nuovamente che le scelte di ognuno di noi vengano fatte sulla base di uno schema, come se ci fosse un numero prestabilito di “cause ed effetti” ed essi si ripetessero ciclicamente, il serial killer avrebbe potuto, inserendo le due variabili (cioè le due pillole), calcolarne la probabilità. Anche se ciò, appunto basandosi sulle probabilità, non sarebbe certamente stato un calcolo sicuro al 100%. Che alla probabilità si sia aggiunta anche la fortuna? Quattro casi non sono poi così tanti dopotutto e sopravvivere a tutti non poi così impossibile…
La seconda ipotesi di Samantha era sicuramente meno scientifica e razionale, anche se certamente anch’essa avesse una sua logica. Probabilmente sarebbe stato il metodo a cui lei si sarebbe affidata se fosse stata il serial killer.
Più volte nella sua vita si era resa conto che calcoli e probabilità non valevano certo per qualunque cosa, non potevano ovviamente potersi applicare a tutte le situazioni e a tutti i contesti.
Non si poteva sempre fare affidamento solo e soltanto sulla propria parte razionale, perché sicuramente, prima o poi, questa avrebbe fallito miseramente e ti avrebbe trascinato sul fondo.
Samantha credeva di sapere perché Sherlock non avesse scelto la pillola che il serial killer gli aveva offerto.
Conosceva molto poco Sherlock Holmes e certamente la fama che lo precedeva non aiutava molto a capire il vero animo del Consulting Detective. Quello che però poteva dire di sapere per certo, era che non fosse una persona che si facesse guidare facilmente: non si sarebbe certamente piegato al volere del primo venuto, figuriamoci a quello di un serial killer o pseudo tassista che si diverte ad avvelenare i propri clienti.
Sherlock deve aver capito il suo gioco e così, quando egli gli ha offerto la pillola innocua, il detective ha preso l'altra, attuando il ragionamento del "quinto bluff". Era un ragionamento astuto e Samantha si compiacque di averci pensato. Sarebbe stato esattamente il ragionamento che avrebbe messo in atto lei, qualcosa che mescola psicologia e probabilità insieme, un vero capolavoro. Il trucco era molto semplice: conosci Moriarty e conoscerai la risoluzione al puzzle. A Moriarty era sempre piaciuto giocare con le sue vittime, pressappoco come fa il gatto con la sua preda prima di mangiarsela: la tormenta, sfinendola, per poi darle il colpo di grazia. Il ragionamento era molto interessante e consisteva nel attuare un numero di bluff pari al numero di vittime uccise; in parole povere si sceglie come pillola di riferimento -cioè quella benevola- quella che non viene offerta al soggetto, dopodiché si attua un doppio bluff se è il secondo soggetto su cui si applica quella strategia, un triplo bluff se è il terzo soggetto e così via. Sherlock sarebbe stato il quinto soggetto e quindi, facendo i conti, la pillola benevola sarebbe stata quella non offertagli, esattamente quella che il detective aveva scelto. Bravo Sherlock Holmes, il caro ragazzo sarebbe sopravvissuto alle insidie di Moriarty. Samantha non sapeva se stesse sopravvalutandolo attribuendogli la consapevolezza di aver scelto la pillola innoqua; poteva anche essere che ne fosse ignaro, che avesse solo avuto fortuna. Certo, poteva anche essere che il ragionamento di Samantha non fosse corretto, ma lo riteneva davvero improbabile, anche perché alla fin fine tutto sembrava quadrare. Infatti il buon tassista aveva insistito nell'ingerire la propria pillola, sfidando Sherlock a fare altrettanto. Perché avrebbe dovuto volerlo, se non per togliersi la vita? Ormai a quel punto aveva capito che a breve sarebbe stato accerchiato dalla polizia e che sarebbe finito in prigione per il resto della sua breve vita, dunque deve aver preferito andarsene da questo mondo in maniera dignitosa, diventando da carnefice la vittima della sua stessa trappola, ingerendo la pillola mortale. Samantha non poteva certo biasimarlo, probabilmente avrebbe fatto lo stesso: quale modo migliore di andarsene che avvelenati dalla propria velenosità? D'altronde era la fine che Samantha da sempre si aspettava di fare, era sicura che non sarebbe potuta andare diversamente la sua morte.

Stava ancora camminando mentre faceva queste considerazioni e lo scorgere la cabina telefonica accennata nel messaggio di Moriarty le fece capire che era quasi arrivata alla sua meta.
Si avvicinò ad essa per controllare se fosse effettivamente quella indicata: la grande “M” pitturata su di essa con una bomboletta spray glielo confermò. Che esibizionista.
Si guardò attorno per vedere se ci fossero suoi scagnozzi nelle vicinanze, ma le sembrava che fosse tutto estremamente tranquillo, forse anche troppo.
Guardando alla sua destra notò un ragazzino che avrà avuto sì e no nove anni, il quale stava attraversando la strada tenendo stretta la mano di sua madre.
Era un bambino dai capelli ricci e folti che stringeva possessivamente nella sua manina una lente di ingrandimento. Samantha involontariamente sorrise: non avrebbe saputo dire esattamente che sensazioni le fece provare vedere quella scena… pensieri felici senza dubbio, ma comunque… strani e diversi. Le ricordò i suoi genitori e la piccola lente di ingrandimento che le avevano regalato a cinque anni: quanto amava quella lente da bambina, per lei era stato il regalo più bello del mondo. Si ricordava esattamente la sua felicità nello scoprire che sotto la carta dorata del pacchetto si celava una bellissima e lucidissima lente. Qualsiasi altro bambino avrebbe preferito una macchinina, una bambola o un animaletto di pezza, ma tutte quelle cose non l'avevano mai interessata; lei era curiosa, amava le scoperte e voleva analizzare anche i più piccoli dettagli e credeva, nella sua mente di bambina, che possedere una lente l'avrebbe resa la più brillante investigatrice del mondo e che avrebbe potuto scoprire tutte le verità più nascoste. Doveva avercela ancora da qualche parte, di sicuro non l'aveva buttata via: non si sarebbe mai separata da un ricordo così prezioso per lei. Ma questo ricordo, evocato così all'improvviso, portò con sé un retrogusto amaro, una punta di turbamento: le riportò alla mente il fatto che i suoi genitori non fossero con lei, ma in pericolo sotto le grinfie di Moriarty e sapeva che era tutta colpa sua; era stata lei che invece di utilizzare il suo talento per il bene aveva preferito fidarsi dell' uomo più pericoloso che avesse mai conosciuto... e perché? Perché era ingenua e desiderosa di contravvenire alle regole. Perché smaniava di conoscere il lato oscuro dell'uomo, ciò che lo rende crudele e assassino. Sospirò pesantemente. Non poteva permettere che quei ricordi la rendessero debole, doveva resistere, solo così avrebbe potuto salvare i suoi genitori da morte certa.
Stava per proseguire lungo la via quando, ancora prima che se ne rendesse conto, si ritrovò una mano davanti alla bocca, mentre possenti braccia la stringevano da dietro. L’odore del cloroformio era nauseante e per quanto cercasse di divincolarsi era comunque molto più debole del suo aggressore. Il panno imbevuto le veniva pressato contro la bocca ed il naso ed improvvisamente si sentì mancare. Non fu abbastanza svelta da reagire o da guardare in faccia chi fosse l’uomo, che era già sprofondata in un sonno profondo.

 

***

 

Al suo risveglio ci fu un doloroso mal di testa ad accoglierla ed una residua sensazione di nausea che sembrava non volerla lasciare. Aprì lentamente gli occhi, redendosi conto di trovarsi completamente distesa a terra, su un pavimento freddo e duro. Cercò di capire dove fosse, senza ancora però trovare la forza di alzarsi; intravide da distesa delle ruote di una grande auto nera a circa otto metri di distanza da lei. Provò a muoversi, ma sentì una resistenza al polso sinistro. Spalancò gli occhi, alzandosi in piedi con un movimento brusco, tanto che la vista le si offuscò brevemente a causa del movimento repentino. Si guardò il polso sinistro: era ammanettata ad un tubo verticale scoperto. Si guardò intorno e vide per intero la berlina nera in mezzo a quello che sembrava essere un grande parcheggio, sfortunatamente per lei interamente vuoto, eccetto per quell’auto nera parcheggiata proprio al centro.

 “Sveglia sveglia mia piccola addormentata”

Samantha si irrigidì: si girò verso la voce alle sue spalle per riconoscere il volto del ben noto consulente criminale. Indossava un completo grigio ed una cravatta bianca a cui era attaccata una spilla a forma di volpe. Era incredibile come quell’uomo potesse risultare minaccioso anche indossando un colore diverso dal nero. Era impeccabile come sempre, ma non per questo privo di dettagli rivelatori: dei piccoli residui di cenere sui pantaloni indicavano che avesse fumato una sigaretta da poco e che quindi fosse stato sottoposto ad una situazione stressante (Samantha sapeva che fosse solito fumare soprattutto per rilassarsi dopo una situazione particolarmente difficile), le piccole occhiaie sotto agli occhi mostravano che non avesse dormito regolarmente da almeno due giorni, se non tre; stranamente le date sembravano combaciare con il loro ultimo incontro. Quella situazione doveva davvero renderlo parecchio nervoso per riuscire a togliergli il sonno. Che cosa mai avrebbe potuto volere da Sherlock Holmes? Ma soprattutto, cosa che lei potesse procurargli?
Osservandolo ancora notò anche, dettaglio molto più interessante, che sulle sue scarpe nere c’erano residui di fango fresco; quindi, probabilmente il giorno stesso, il caro consulente criminale si era concesso una piccola gita in campagna. Qual era l’unico luogo abbastanza vicino da poter essere raggiunto in giornata e che a Moriarty sarebbe importato di visitare personalmente? Era ovvio. La villa dei genitori di Samantha. Ebbe l’impellente desiderio di saltargli al collo.
Si scambiarono uno sguardo gelido e penetrante, che sembrava dire “so che tu sai, te lo posso leggere negli occhi”. Moriarty sorrise serafico.

 “Grazie per avermi drogata nuovamente e portata in un luogo ancora più buio del precedente. Stai davvero cominciando a viziarmi”

 Moriarty distorse il suo sorriso in un ghigno, avvicinandosi di qualche passo alla ragazza.

 “Anche tu mi sei mancata”

 Rispose languido.

 “Scusami per quella precauzione

 Disse indicando le manette al polso di Samantha.

 “Ma mi mancava vederti così docile e soprattutto vincolata al mio cospetto”

 Samantha sorrise, portandosi indietro i capelli.

 “Deve sempre finire così tra noi due? Io, te… e le manette”*

Dette uno strattone al palo a cui era legata con il braccio sinistro, facendo tentennare le manette, che fecero risuonare il loro eco metallico per tutto il parcheggio.

"Vedo che ti sei ferita. Cerchi di modulare il peso per non farlo gravare sul piede sinistro. Problemi ad evadere dal 221B? Sherlock ti tiene al guinzaglio per caso?"

Samantha non rispose e Moriarty colse l'occasione per avvicinarsi ulteriormente, stringendole con le lunghe dita il braccio destro. Studiò l’espressione della ragazza e vedendo che essa non sembrava spaventata, ma al contrario, completamente rilassata, colse l’occasione per avvicinarsi al suo orecchio e succhiarle il lobo sinistro.

 “Ti sono mancato, non è vero?”

 Samantha si sentì in trappola, come sempre con lui.
Continuava a chiedersi se le fosse mancato, se davvero Moriarty avrebbe potuto mancarle in quei due lunghi anni. Non poteva… giusto?
Il consulente criminale passò a baciarle il collo, con baci leggeri e ravvicinati, scostandole prima la manica della maglia per poterle baciare la spalla e poi la spallina del reggiseno.
Samantha a quel punto si divincolò, allontanandosi di un passo da lui.
Moriarty non disse niente, si limitò a sorridere maligno, squadrando la ragazza da capo a piedi.

 “Perché rapirmi? Potevi chiamarmi per riferirmi le tue informazioni”

 “Che cosa impersonale le chiamate da cellulare, preferisco molto di più il contatto diretto”

 Calcò molto sulla parola “contatto”, cominciando a camminare avanti a sé con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni.

 “Volevo vederti dato che l’ultimo nostro incontro non si è concluso nel migliore dei modi…”

 “Si è concluso esattamente come questo è iniziato, cioè con me drogata e trascinata in luoghi dove non avrei ragione di stare”

 “Ma come, pensavo gradissi la mia compagnia”

 Sorrise nuovamente, portandosi due dita alle labbra.

 “La gradirei molto di più se fossi lucida e soprattutto non legata”

 Si avvicinò a grandi passi a Samantha, cingendola violentemente da dietro, stringendole possessivamente i fianchi e poggiando la testa sulla sua spalla, facendole sentire il suo respiro affannato.

 “Ma è proprio questo il bello Samantha”

 La baciò nuovamente sul collo, due soli baci, dolci, morbidi come le sue labbra e passionali come lo era lui.

"Ricordami perché non ti ho ancora scopata Sam, muoio dalla voglia di farlo"

"Forse eri troppo impegnato a cercare un modo per uccidermi"

"Ah già, quasi lo dimenticavo"

"Eppure non ci sei mai riuscito"

"Forse non ci ho mai davvero provato"

Un brivido le percorse la schiena.
Perché non riusciva a rifiutare quei baci? Perché non si divincolava, perché non urlava in preda al panico? Pensava che avrebbe dovuto, che la cosa giusta da fare sarebbe stata quella di allontanarsi da lui, cercando una via di fuga… ma quei baci, quella voce… si sentiva completamente nelle sue mani, vincolata non solo dalle manette al polso, ma anche dalla sua personalità magnetica. Quei baci la irretivano, le impedivano di ragionare razionalmente, non riusciva a rendersi conto che fosse l’uomo più pericoloso della terra a cingerle i fianchi e a baciarla vogliosamente. O forse era proprio la consapevolezza che lo fosse ad impedirle di rifiutarlo; dopotutto il pericolo l'aveva sempre attirata, no? E magari il sapere che fosse pericoloso la spingeva inconsciamente a fare proprio la cosa sbagliata.
Voleva solamente rimanere lì, congelata in quell’istante di tempo, cancellare tutte le vittime innocenti del consulente criminale, denudandolo di tutti i suoi misfatti per potersi sentire nel giusto a voler prolungare quei baci. Ma non esisteva un modo per fare tutto ciò, i morti non sarebbero risorti ed i suoi crimini non sarebbero stati ripagati e di conseguenza non sarebbe mai potuta essere nel giusto nel lasciarsi baciare da quell’uomo.
Lo odiava e lo desiderava allo stesso tempo ed era sicura che lui provasse lo stesso nei suoi confronti.
Pensò ai suoi genitori e a quello che Moriarty minacciava di fare loro; pensò anche al rossetto di Irene Adler sul suo colletto e a quello che la stava costringendo a fare. Si divincolò una seconda volta dalla sua stretta da serpente, questa volta però con il cuore che le batteva all’impazzata e non riuscendo a mantenersi calma.

 “Hai ragione, avremo molto tempo per parlare di questo in futuro. Concentriamoci su Sherlock adesso”

 Il nome del detective la fece sussultare visibilmente: con quella conversazione era come se fosse precipitata improvvisamente in un'altra dimensione, dimenticando completamente la realtà. Per un attimo si era dimenticata di Sherlock Holmes e del 221B, come se fossero spariti nel nulla, in una realtà non  facente parte della sua vita, come un debole ricordo lontano.
Fece un profondo respiro stringendo i pugni.

 “Ho toccato forse una nota dolente?”

 Samantha distolse lo sguardo, sistemandosi la spallina del reggiseno e la manica della maglietta.

 “Hai sussultato quando ho pronunciato il suo nome. Ti piace, vero?”

 Lei lo guardò sconvolta, facendo una smorfia disgustata.

 “No! Certo che no! E’ solo un pallone gonfiato!"

 “Ma è intelligente e questo ti piace”

 “Sarà anche intelligente, ma sicuramente non sa niente della natura umana”

 “Mi ricorda qualcuno di mia conoscenza, non credi anche tu Sam?”

 La ragazza lo guardò di sbieco, facendo una smorfia disgustata. Dannazione a lui.

 “Mi piace quanto a te piace la cara Irene Adler. Non vorrei essere io ad informarti di ciò, ma lo sai vero che lei e Sherlock hanno avuto un flirt?”

 “Se toccarsi a vicenda il polso vuol dire avere un flirt, allora io e te siamo sposati Samantha”

 La ragazza tremò alla sola idea.

 “A me pareva molto di più di una toccatina di polso, sai? A lei piaceva e lui, anche se a modo suo, la ricambiava. Ho trovato... per caso naturalmente, la trascrizione di alcuni messaggi che si sono spediti. Lei non faceva altro che invitarlo "a cena".  Ma quella donna smette mai di  pensare al sesso?"

 “Irene è una donna affascinante, riuscirebbe a conquistare tutti, uomini e donne”

 “Io la trovo abbastanza bruttina a dire la verità”

 Moriarty puntò i suoi occhi su quelli di Samantha, sorridendole maliziosamente.

 “Gelosa?”

 “Di Sherlock?! Assolutamente no!”

 “Lo capisco quando menti”

 “Ma per favore”

 “Ne sei attratta, è ovvio. Ma d’altronde l’avevo previsto”

 “Questa volta le tue predizioni non si sono avverate Jim, perché non sono attratta da Sherlock Holmes, non lo sono e non lo sarò mai”

 “Staremo a vedere”

Ci fu una pausa, durante la quale si sentì un rumore metallico, come di un attrezzo che fosse caduto, che allertò immediatamente Moriarty.

“Forse il motivo per cui non vuoi ammettere che Sherlock abbia avuto un flirt con La donna è perché la vorresti tutta per te e non certamente nel letto del tuo acerrimo nemico, dico bene? Comunque non credere che sia così sciocca da non aver notato la macchia di rossetto sulla tua camicia l’ultima volta che ci siamo visti”

 Moriarty strinse il pugno della mano destra, chiaro segno che non fosse preparato ad una frecciata del genere. Samantha si sentì soddisfatta di se stessa.

 “So che ti sarebbe piaciuto che quel segno di rossetto fosse il tuo”

 Ribatté immediatamente, ritrovando subito la sua precedente calma.

“Siete andati a letto?”

 Non le interessava davvero saperlo, ma sembrava che avesse scoperto una nota dolente e le piaceva mettere il dito nella piaga. Ora era il suo turno di tormentarlo.

 “Ho fatto ciò che Sherlock Holmes il verginello non era riuscito a fare”

 “Sarà anche un “verginello” come dici tu, ma secondo me ci saprebbe fare a letto. Saprebbe come far godere una donna.** I musicisti sanno fare cose incredibili con le loro dita…”

 “E scommetto che ti piacerebbe davvero molto testare quelle dita su di te, dico bene?”

 “Sto solo facendo un’ osservazione”

 “Nulla di quello che dici è mai solo un'osservazione

 Samantha ingoiò rumorosamente. Quella conversazione si stava trasformando in qualcosa di ridicolo ed aveva intenzione di porci la parola fine il prima possibile:
era da quando avevano iniziato a parlare che stava armeggiando con la chiusura delle manette e finalmente era riuscita a farla scattare. Jim avrebbe dovuto sapere che nessuna serratura sarebbe rimasta a lungo chiusa essendoci lei nei paraggi.
Samantha non perse un attimo: si liberò definitivamente delle manette e saltò addosso al consulente criminale.
In breve si ritrovarono entrambi a terra, coinvolti in una lotta senza esclusione di colpi. Era riuscita per un attimo a bloccarlo a terra, guadagnandosi così l’occasione di prendergli dalla tasca della giacca la pistola, ma lui fu più veloce di lei ad atterrarla nuovamente e a posizionarsi sopra di lei, lanciando l’arma lontano dalla portata della ragazza.
Samantha lottò con tutte le sue forze per contrastare Moriarty, ma lui conosceva i suoi punti deboli ed in breve riuscì a bloccarle le braccia a terra, tenendola strettamente per i polsi.
Avevano entrambi il respiro affannato per lo sforzo e Samantha sentiva che il cuore stava per esploderle nel petto. Non sapeva esattamente perché l’avesse fatto: in che altro modo si sarebbe potuta concludere quella lotta se non con la sua sconfitta? Non gli avrebbe mai davvero sparato e sapeva di non aver provato fino in fondo a vincere. Gli aveva lasciato la vittoria in previsione della sua futura vincita. Che gioisse finché poteva, perché sarebbe stata lei a ridere per ultima.

 “Mi chiedevi perché dovesse sempre finire con le manette tra di noi. Beh, adesso hai avuto la tua risposta”

 “Non fare finta che non ti piaccia stare sopra di me”

 “Infatti non mi piace… lo adoro. Dovremmo farlo più spesso, magari però coinvolti in attività più... stimolanti"

 Si avvicinò al viso della ragazza baciandole l’angolo della bocca e leccandole sensualmente il labbro inferiore.

 “Dimmi che cosa dovevi dirmi e falla finita Jim! Basta con questi trucchetti”

 Disse lei, mentre cercava di liberarsi i polsi dalla sua salda presa.

 “Non sei cambiata per niente, sei sempre stata selvaggia, uno spirito libero. Ricordo ancora quando eri solo una ragazzina ed io ti insegnai l’arte del crimine. Eri meravigliosa sin d’allora ed imparavi così in fretta. A quel tempo credevo davvero che un giorno avremmo potuto lavorare insieme, fianco a fianco, come una vera squadra vincente”

 “Sai benissimo che quei tempi sono finiti e sai meglio di me che non ritorneranno mai più! Ma su una cosa hai ragione: allora ero solo una ragazzina, ma ora sono cresciuta e lotterò fino al mio ultimo respiro per contrastarti!”

 “Samantha, ma non capisci che ti desidero? Ho bisogno di te, ora più che mai. Ho bisogno che tu sia dalla mia parte in questa battaglia, devo sapere di potermi fidare di te”

 Le si avvicinò pericolosamente al viso, sfiorandole le labbra e facendole sentire il suo respiro sulla sua pelle.

 “Per favore basta! Per favore…”

 Non aveva mai chiesto pietà a Moriarty, ma non riusciva davvero più a sopportare tutta quella situazione. Lui poteva pretendere che lei lo aiutasse, che ingannasse Mycroft Holmes, che imbrogliasse Sherlock… ma non poteva chiederle di tornare indietro… non poteva.
Fu tutto molto veloce: in un attimo Samantha riuscì a liberare il polso sinistro dalla stretta di Moriarty e a sfuggire dalla sua presa. Si alzò, correndo affannosamente verso la pistola che era stata lanciata precedentemente: sentiva che lui le era alle spalle, ma sembrava non importarle. Voleva solamente finirla lì, desiderava che tutto si concludesse quel pomeriggio.
Arrivò alla pistola, la prese in mano: tremava tutta e James Moriarty era a meno di un passo da lei; la canna della pistola praticamente toccava il petto dell’uomo, proprio all’altezza del cuore.
Lui non fece niente, era perfettamente calmo, con appena un accenno di fiatone.
Fissava Samantha dritto negli occhi senza tentennamenti.

 “Sparami Samantha. Adesso o mai più, giusto? I tuoi genitori sarebbero salvi, anche Sherlock Holmes sarebbe salvo… sarebbero tutti salvi.
Ma tu Samantha? Saresti salva anche tu? Pensaci bene. In questo garage saranno presenti come minimo cinque telecamere di sicurezza. Secondo te quanto ci metterebbero a capire che sei stata tu ad uccidermi? Dieci? Quindici minuti? Con la lentezza con cui opera Scotland Yard magari anche venti”

 “Ti ricordo, nel caso te lo fossi dimenticato, che sono un’hacker, posso tranquillamente eliminare il contenuto dei nastri di sicurezza e nessuno saprebbe mai che sono stata io a commettere il tuo omicidio. Ma sai la cosa più bella? Nessuno si scomoderebbe ad indagare sulla tua morte, caro consulente criminale, e se anche lo facessero non mi vedrebbero certo come un'assassina, ma come una salvatrice"

"Ne sei davvero così sicura? Secondo te John Watson ti vedrebbe come una salvatrice? Un medico che ha salvato centinaia di vite umane durante la guerra? E Sherlock? Sul serio credi che ti sarebbe riconoscente per aver ucciso il suo acerrimo nemico? Perché credi che non l'abbia ancora fatto lui? Perché si diverte, ama questo nostro piccolo gioco.
Inoltre lo sai che non faresti altro che ricordargli se stesso: presto comincerebbe ad odiarti, molto di più di quanto non lo faccia già adesso. Un odio viscerale, che crescerebbe in lui di giorno in giorno, sempre più cattivo e sempre più nero. Un odio inconscio che il buon consulente investigativo non potrebbe riuscire a contrastare neanche se lo volesse"

"Stai zitto! Non è vero! Smettila!"

"Credi che ti mentirei? Suvvia Sam, non fare la bambina. Guarda in faccia alla realtà. Senza di me saresti sola, completamente. Mi sono sempre preso cura di te, fin da quando eri una ragazzina sprovveduta e adesso guardati! Sei una donna forte, capace di impugnare un arma ed uccidere a sangue freddo! Ti ho resa meravigliosa!"

"Tu mi hai resa un mostro! Non vorrei essere così, non dovrei essere così... tu mi hai resa ciò che sono, una criminale, un'assassina, e non posso cambiare il mio passato, ma posso provare a cambiare il mio futuro, e quello di cui sono certa è che non ti ci voglio!"

"Non avresti nessun altro! Hai solo me!"

"Tu non sai niente! Smettila!"

Una lacrima minacciava di scendere lungo la sua guancia, ma la ricacciò indietro: doveva mantenere la calma, non poteva perdere il controllo adesso. Moriarty stava premendo apposta sui suoi sentimenti più celati per farla cedere, per distruggerla pezzo dopo pezzo, ma non doveva permetterglielo.

"Ma davvero Sam, quante vittime innocenti saresti disposta a sacrificare? Non siamo soli in questo garage, per precauzione mi sono portato dietro qualche amico. Civili, persone totalmente innocenti, che non farebbero del male neanche ad una mosca,  legate e controllate da miei uomini che hanno l'ordine preciso di ucciderle al mio comando"

 “Stai bluffando, non può essere”

 “Correresti davvero il rischio Sam? Sul serio?”

 Avrebbe voluto premere il grilletto, farla semplicemente finita. Sembrava tutto così semplice: se avesse premuto il grilletto tutto sarebbe finito e James Moriarty sarebbe morto. Mille altre potenziali vittime innocenti sarebbero state salvate: che cos'era la vita di quelle due persone rispetto a quella di centinaia?
Si bloccò improvvisamente, spaventata dai suoi stessi pensieri: davvero stava facendo questo calcolo? Che diritto aveva lei di decidere della vita di altre persone? E se quelle persone avessero avuto una famiglia? Magari dei figli...
Il mondo sembrò fermarsi per un istante: sentiva solamente i battiti forsennati del suo cuore ed il suo respiro pesante, nulla più. Le bruciava la testa, l'adrenalina e la paura si erano unite in lei creando una tempesta terribile, una di quelle in grado di radere al suolo intere città, quelle che sembra impossibile che si concludano.
Ma davvero sarebbe stata in grado di ucciderlo a sangue freddo? Davvero sarebbe riuscita a comandare alla sua mano di premere il grilletto? Sul serio sarebbe riuscita a sopravvivere alla vista del suo sangue che gli scorre sulla camicia e davvero sarebbe riuscita a guardare la luce nei suoi occhi che piano piano si spegne? Vedere le sue labbra che esalano l'ultimo respiro ed il suo corpo esanime accasciato per terra?
Solo un’altra volta nella sua vita era stata obbligata a commettere un atto così osceno e disumano, un fatto che l'aveva segnata dolorosamente e che e si era ripromessa di non fare mai più. Il ricordo di quella fatale notte non faceva che tormentarla sia di giorno che nei sogni; come avrebbe potuto sopportare anche la morte di Moriarty, operata dalle sue stesse mani? No, non si sarebbe abbassata al suo livello, non lo avrebbe fatto vincere così.
Lei voleva la vittoria, ma sicuramente non le interessava ottenerla in quel modo.
Con un movimento improvviso lanciò la pistola lontano, sentendo tutto il rimbombo provocato dal suo tonfo sul duro cemento. Aveva intenzione di barattare , offrirgli un'alternativa alla sua morte; si rese conto che l'unica cosa che voleva in quel momento era proteggere le persone che Moriarty le chiedeva di ingannare, non voleva che soffrissero come aveva fatto lei e soprattutto non intendeva assolutamente essere la responsabile di altre morti. Perché per quanto Sherlock Holmes fosse un pallone gonfiato pieno di sé, insopportabile, pretenzioso, egocentrico e senza un briciolo di sentimento, Samantha sapeva che fosse un buon uomo, in fondo, e che non si meritasse di essere ingannato a quel modo. Non da lei almeno, non da Moriarty.

 “Promettimi solo una cosa Moriarty, solo una. Non uccidere Sherlock Holmes. Nessuna persona a lui cara. Promettimi che le risparmierai, che loro vivranno e che le lascerai in pace. Finirò il lavoro, ti darò ciò che vorrai, ma tu me lo devi promettere”

Moriarty la guardò con i suoi occhi neri e morti, profondi come una gola abissale, scuri come il più nero dei segreti. La fissò ancora per qualche secondo, in silenzio, osservandola attentamente, come se quella fosse per lui la prima volta: sembrava volesse imprimersi nella memoria l'immagine di Samantha, la figura della persona che era diventata.
Ma non le rispose.
Distese la sua espressione in un ghigno malvagio; si girò, dandole le spalle, e si mise le mani nelle tasche dei pantaloni, avviandosi verso la berlina nera. Camminava come se nulla fosse successo, come se Samantha non gli avesse appena puntato una pistola al petto minacciandolo di premere il grilletto. Canticchiava fra sé e sé una cantilena, di cui Samantha sentì solo alcune parole. La sua voce rimbombava nel garage vuoto, risuonando inquietantemente nella testa della ragazza:

 “Tick tock, goes the clock

You’ll be the death of Sherlock

Oh, sleep well my gentle lady

Your kiss is fake already

May God rest his soul

For I still owe him a fall”






 “Tick tock, fa l’orologio

Porterai Sherlock alla sua tomba

Oh, dormi bene gentile fanciulla

Il tuo bacio è già così artefatto

Che Dio abbia pietà della sua anima

Poiché gli devo ancora una caduta”


***



Era distesa sul divano del 221B, massaggiandosi le tempie e guardando insistentemente il soffitto, come se lì avesse potuto trovare la risposta a tutti i suoi problemi. Era come se non si fosse mai mossa da quel punto, come se non avesse mai lasciato il 221B. Tutto ciò che le era accaduto nel giro di quelle poche ore era stato accantonato, quasi rimosso, i ricordi soffocati da altri ricordi, rinchiusi tutti in una stanza del suo Mind Palace. Aveva chiuso la porta a chiave e non l’avrebbe riaperta più, a meno che non fosse stato strettamente necessario.
Per lei era meglio così. In questo modo si sentiva più al sicuro, più serena e meno spaventata dal futuro orribile che sapeva attenderla.
Chiuse gli occhi. Quella canzoncina non faceva che risuonarle nella mente, uccidendola, facendola sentire sola più che mai.
Sola ed in balia di se stessa.
Non ci sarebbe potuta essere cosa peggiore.
Si alzò bruscamente dal divano, scostando un ciuffo di capelli che le era finito davanti agli occhi. Fece un profondo respiro ed estrasse dalla tasca della vestaglia una spilla. Sorrise.
Samantha non era una sciocca; non era certo saltata addosso a Moriarty per rabbia o per vendetta o per cercare di fuggire. Certo che no. Perché avrebbe dovuto? Non avrebbe avuto alcuna possibilità di riuscita un piano del genere e sicuramente non avrebbe giovato alla sua situazione.
L'aveva fatto apposta. Prendi in contropiede il tuo nemico, fai ciò che meno si aspetta. Sorprendilo.
Si rigirò quella spilla argentata a forma di volpe tra le mani, osservandone ogni minimo dettaglio, ogni scalfittura, ogni segno lasciato dal tempo.
Quanto era stata brava, davvero impeccabile. Era riuscita a prendergliela poco prima che lui le bloccasse i polsi a terra ed il bello era non si era accorto di nulla.
Era dunque riuscita a mettersela nella tasca dei pantaloni, senza destare alcun sospetto.
Sorrise nuovamente guardando la piccola spilla ormai in suo possesso. Si sorprese nel constatarlo definitivamente: lei aveva un piano, o almeno, stava cominciando ad averne uno.
Ora doveva solamente trovare un nascondiglio per la spilla.
Sapeva che Sherlock fumasse, così si mise a cercare il suo pacchetto di sigarette e stranamente le ci volle più del previsto. Qualcuno doveva avergliele nascoste, non poteva essere altrimenti.
Quando lo ebbe finalmente trovato, lo tolse dal nascondiglio mettendo al suo posto la spilla.
Sorrise euforica mentre raggiungeva la cucina con l’intento di prepararsi una buona tazza di caffè.
In fin dei conti se l’era meritata.

 

 


*Un'altra citazione di River Song... scusate, ma non riesco a resistere!

**Benedict Cumberbatch docet. Frase detta proprio da lui in un'intervista. Se non l'avete ancora letta, vi consiglio caldamente di farlo. Qui c'è il link: http://www.elleuk.com/now-trending/benedict-cumberbatch-talks-sherlock-and-sex (sì, dovete copiarlo e incollarlo nella barra delle ricerche... abbiate pietà della mia anima, sono una vecchina a cui è stato affidato un computer. Ho problemi a mettere delle immagini nei capitoli, figuriamoci ad aggiungerci dei link!)


Angolo autrice inquietata: Riciao cari lettori. Spero di non avervi inquietato troppo con questo capitolo. Mi auguro che vi sia piaciuto almeno la metà di quanto mi sia divertita a scriverlo. Sto passando un periodo un po' stressante e mettermi a scrivere al computer, riuscendo finalmente a mettere per iscritto qualcosa, mi ha fatto sentire veramente soddisfatta di me stessa ed in un certo senso mi ha aiutata a rilassarmi. Voglio ringraziare davvero di cuore tutti quelli che hanno messo tra le preferite/seguite/ricordate la mia storia, mi date la forza di andare avanti! Grazie, grazie, grazie! Auguro a tutti una buona giornata. Alla prossima!

  
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