Serie TV > Castle
Ricorda la storia  |       
Autore: 1rebeccam    06/06/2016    16 recensioni
Era l’unica cosa che desiderava.
Tornare a casa con lui, mano nella mano.
Era finita. Erano salvi. Erano insieme.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 


 


INNAMORARSI E... INNAMORARSI!

MALINCONIE




-Perdonami…-                                                                                                     
Non riuscì a dire altro e chiuse gli occhi per concentrarsi a prendere respiro. Aveva esaurito tutte le energie costringendosi a strisciare vicino a lui che le tendeva la mano. Gliel’aveva stretta e solo allora si era sentita al sicuro.
Poteva sembrare un paradosso visto che aveva un proiettile in corpo, eppure stretta a lui si sentiva al sicuro.
Si riscosse quando suo marito le strinse la mano ancora più forte per richiamare la sua attenzione, ritrovandosi dentro i suoi occhi. Scuoteva la testa leggermente, muovendo le labbra senza però riuscire ad emettere nessun suono.
Le stringeva la mano e scuoteva la testa in risposta a quel perdonami che per lui non aveva senso; le aveva promesso un sempre  insieme, nel bene e nel male, non c’era niente da perdonare, ma lei lo sentiva più pungente del proiettile che le stava togliendo il respiro. Voleva chiedergli perdono per non aver capito, per non essersi resa conto che era finito tutto troppo in fretta e bene, per quella sensazione di sollievo, quando si era aggrappata a lui davanti all’inceneritore che doveva ridurre in fumo le loro vite, di essere di nuovo a casa tra le sue braccia. Era l’unica cosa che desiderava. Tornare a casa con lui, mano nella mano.
Era finita. Erano salvi. Erano insieme.
Scosse la testa sentendo un groppo in gola che le impediva ancora più di parlare.
Insieme… sanguinanti e in fin vita…
Voleva chiedergli perdono per averlo messo in pericolo nonostante avesse fatto di tutto per proteggerlo, anche allontanarsi da lui. Mentendogli.
Chiuse di nuovo gli occhi, stringendoli per non piangere.
Si sentiva morire, non per la ferita, ma per il dolore che stava provando lui. Nemmeno il suo derivava soltanto dalla pallottola. La guardava con gli occhi lucidi, voleva parlarle, dirle qualcosa d’importante, ma non riusciva ad articolare una sillaba.
Doveva assolutamente aiutarlo. Doveva premere la mano sul suo petto, fermare quel sangue che correva via veloce per cercare di dargli più tempo, ma non riusciva a muoversi, era come anestetizzata dalla rabbia e dalla disperazione di non poter far altro che guardarlo morire e… lasciarsi morire.
La camicia di Rick era ormai zuppa di sangue, respirava a fatica e lo splendore dei suoi occhi si affievoliva pian piano.
Si perse ancora una volta nel suo sguardo lucido. Le sorrideva…
Meriti di essere felice, Kate…
Strinse le labbra, Caleb Brown si prendeva ancora gioco di lei nonostante il suo sguardo vuoto e privo di vita.
Castle aveva chiuso gli occhi, continuava a stringerle la mano, ma l’altra l’aveva abbandonata in terra.
…e lei era felice soltanto vicino a lui...
Digrignò la mascella, guardando ancora una volta il loro carnefice, risvegliandosi da quello strano torpore di impotenza che le si era appoggiato addosso.
Si costrinse a muoversi portando il braccio sotto il busto per raggiungere la tasca posteriore dei jeans e prendere il cellulare, era stato un movimento da nulla, ma il suo corpo si ribellò irradiandole dolore e bruciore ovunque. Inspirò ed espirò lentamente, non poteva svenire adesso, il petto di Castle si muoveva lento, tanto era flebile il suo respiro, non c’era tempo da perdere.
Le sue dita si mossero sul tasto di chiamata rapida, la voce di Esposito le arrivò alle orecchie e lei sentì le lacrime scendere sulle tempie. Chiuse gli occhi e prese fiato.
-Aiuto…-
Era stato solo un sussurro, sentiva le forze venirle meno e non riusciva a dire altro. Riprese fiato per ripetere quel grido d’aiuto quasi silenzioso. Chiuse gli occhi tenendosi salda alla mano di suo marito, come se quella stretta potesse tenerlo ancorato a lei per sempre. E in quel sempre si lasciò andare al niente…
 
Castle le sorrideva. Stranamente non parlava, sorrideva soltanto, con quell’espressione adorabile di cui si era innamorata immediatamente, anche se si era sempre guardata bene dal dirglielo. Era sempre stata innamorata di lui, anche quando ancora lo trovava irritante ed insopportabile. La faceva ridere ed era il suo dispensatore ufficiale di caffeina, cosa vitale per lei in quel periodo di buio. Come poteva non innamorarsi di lui!
Si sentiva leggera.
Sospirando, sorrise di rimando e gli sussurrò all’orecchio che lo amava alla follia e che lo aveva amato da sempre. Lo aveva detto anche a Meson, aveva capito che lui era il terribile Locksat proprio quando l’aveva sfidata nel suo intimo più fragile. Ma lei non era fragile. Non più. Richard Castle era l’amore della sua vita, la sua forza, la metà che divideva con lei la felicità dei momenti si, ed il peso delle giornate no.
Mason…
La confusione la colse all’improvviso e, per un attimo, in mezzo alla leggerezza provata fino a quel momento, si insinuò una punta di ansia. Chiuse la mano per stringere quella di Castle, ma la sentì vuota. L’ansia diventò paura.
Mason… Locksat… Caleb…
Aprì gli occhi spaventata, guardandosi intorno e soffermandosi sulla sua mano vuota.
-Castle!-
Lo ripeté più volte. Con gli occhi sbarrati si guardò intorno senza riuscire a vedere niente, era tutto sfocato. Qualcuno la teneva per le spalle e pronunciava parole indistinte mentre lei cercava di alzarsi.
Il cuore le batteva veloce e chiuse gli occhi respirando a fatica, all’improvviso il dolore si era impadronito di lei impedendole di muoversi. Non capiva.
Era insieme a Castle, lui le avrebbe preparato la cena e poi…
Riaprì gli occhi di colpo, la realtà le piombò addosso dal nulla proiettando nella sua mente la pozza di sangue in mezzo ai loro corpi vicini.
-Tesoro, va tutto bene…-
La voce le arrivò chiara, Lanie le teneva la mano e le parlava con calma, a voce bassa, come fosse una bambina spaventata.
Strinse le labbra e si fece coraggio.
-Castle? E’… è vivo!?-
La guardava davvero come una bambina spaventata, era terrorizzata dalla sua risposta. Un piccolo, terribile monosillabo avrebbe potuto distruggere la sua vita per sempre.
Lei era viva… ma lui?
-E’ vivo!-
Il cuore continuò a correre, l’espressione di Lanie non rispecchiava quello che aveva appena detto, qualcosa non quadrava.
-Dimmi… la verità… ti prego!-
Parlava a fatica, deglutendo e continuando freneticamente a guardarsi intorno notando, dall’altra parte del letto, un uomo con il camice bianco che però non fiatava; evidentemente pensava che una  brutta notizia data da un’amica fosse più sopportabile. Solo allora Lanie le prese il viso tra le mani e la costrinse a guardarla.
-E’ la verità Kate, non potrei mai mentirti, è vivo…-
Lei la fissò senza respirare, con gli occhi sbarrati ormai pieni di lacrime.
-Ma… ma c’è qualcosa che… che non va…-
Avrebbe voluto urlare, ma riuscì solo a sussurrare, la paura le stringeva la gola e un dolore intenso la bloccava dalla cintola in giù.
-E’ vivo, ma non è ancora fuori pericolo.-
Chiuse gli occhi, lasciando andare la testa sul cuscino, aiutandosi con dei respiri lenti e prolungati.
Non è ancora fuori pericolo…
Sentì la mano di Lanie accarezzarle il viso e si perse nei suoi occhi scuri e preoccupati.
-Il proiettile non ha colpito organi vitali, ma ha intaccato il pericardio. La lesione, anche se piccola, ha provocato una forte emorragia interna che comprimeva il ventricolo e l’operazione è stata lunga.-
-Devo andare da lui…-
Provò a sollevarsi ancora, ma il dolore acuto fu veloce quanto Lanie, che la bloccò ancora per le spalle.
-Tu non vai da nessuna parte.-
Si ritrovò a balbettare singhiozzando, come se avesse dato fondo a tutta la sua volontà di essere forte, non riusciva a smettere.
-Devo… vederlo. Lui deve… deve sapere che sto bene… devo andare da lui.-
Lanie scosse la testa asciugandole le lacrime.
-E’ in terapia intensiva e non ha ancora ripreso conoscenza, non fanno entrare nessuno e tu devi assolutamente restare immobile.-
Sospirò contrariata, non riusciva a capire perché la trattasse davvero come una bambina stupida, questa cosa le stava facendo perdere la pazienza.
-Io sto bene. Sono viva. Non dirmi di stare immobile, non morirò per questo, ne ho passate di peggiori e lo sai bene!-
La rabbia prese il posto delle lacrime, Lanie sapeva benissimo quanto fosse importante per lei e Castle stare vicini. Se era ancora in pericolo di vita, averla accanto gli avrebbe dato forza.
-Se non si calma sarò costretto a sedarla di nuovo, capitano Beckett!-
Si girò di scatto verso il medico che la fissava serio, sembrava di marmo. Era convinta che fossero passate soltanto poche ore dal loro ferimento. Tornò a guardare Lanie corrucciando la fronte.
-Che vuol dire? Da quanto siamo qui? Quanto tempo ho dormito?-
Lo chiese sibilando tra i denti, non sentiva più nemmeno dolore, tanta era la rabbia.
-Quattro giorni…-
Lanie sospirò sedendosi sul letto e stringendole le mani, sperando che si calmasse.
-Due ore dopo l’operazione hai cominciato a svegliarti, eri agitata, dicevi cose senza senso, volevi alzarti ed era essenziale che restassi immobile.-
Lei digrignò la mascella, evitando di guardarla.
-Castle non ha ancora ripreso conoscenza dopo quattro giorni e voi mi avete fatto dormire?-
Alzò lo sguardo cercando di reprimere la rabbia, mentre Lanie continuò a mostrare una calma che non sentiva, trattandola ancora come una stupida.
-Castle era ancora sotto i ferri, tu avevi bisogno di riposo, dovevi dormire.-
-E se nel frattempo fosse morto avresti continuato a tenermi all’oscuro di tutto?-
-Se fosse stato necessario, si!-
Quella risposta lapidaria le fece perdere del tutto la pazienza.
-Necessario!? Poco fa hai detto che non potresti mai mentirmi, però hai permesso ai medici di sedarmi? Perchè?-
Si sollevò di scatto e Lanie la prese per le braccia fissandola negli occhi.
-Perché non era in pericolo solo la tua vita, ma anche quella del tuo bambino…-
Era pronta a ribattere a qualunque stupidaggine stesse per dirle ancora, ma la voce le morì in gola. Sgranò gli occhi, mentre quelli di Lanie si riempirono di lacrime. Scese il silenzio d’improvviso e si sentì gelare.
-Di… di che… cosa stai parlando?-
Lanie si asciugò le lacrime e addolcì la voce.
-Sei incinta Kate!-
Quel sussurro risultò tanto potente, quanto lo sparo che l’aveva colpita qualche giorno prima. Cominciò a scuotere la testa guardando prima il medico, che continuava a tacere e poi Lanie, che le stringeva le mani come se temesse che sparisse d’improvviso.
-Non… non può essere… io… io non…-
Non riuscì a mettere insieme una frase di senso compiuto, dimenticò il dolore alla ferita e sentì la testa girare vorticosamente. L’appoggiò di peso al cuscino respirando profondamente. Doveva riprendere possesso delle sue capacità mentali e soprattutto doveva calmarsi perché era certa che il cuore le sarebbe scoppiato. Lanie le bagnò il viso con un panno umido che la riscosse.
-Non può essere…-
Ripeté con più enfasi e convinzione, ma Lanie si chinò su di lei annuendo.
-Ti hanno fatto un  prelievo prima di operarti, ed è risultato che sei incinta.-
Kate continuò a scuotere la testa, le sue mani tremavano dentro quelle di Lanie che gliele strinse forte.
-Come… come ho… potuto non… accorgermene?-
-Non avresti potuto tesoro, sei appena alla quinta settimana ed è probabile che con tutto lo stress che hai accumulato a causa della tua indagine segreta, non hai fatto caso a qualche giorno di ritardo.-
Le accarezzò il viso dolcemente, intuendo quello che stava pensando, capì dal suo sguardo che si sentiva in colpa per il pericolo corso.
-Capisci perché dovevi stare immobile? Hai rischiato di perderlo Kate, se la pallottola fosse penetrata venti centimetri più al centro lo avresti perso. La ferita non è grave, ma hai perso tanto sangue anche tu e dopo l’operazione hai avuto delle perdite. Era già un miracolo che non avessi abortito, avrei fatto di tutto per proteggervi…-
Kate si lasciò andare sul suo petto con gli occhi chiusi, mentre il cuore correva in fretta perché non riusciva ancora a crederci.
-Mi dispiace tesoro, c’ero solo io con te in quel momento, Martha ed Alexis aspettavano notizie di Rick, tuo padre non era ancora arrivato. Io… io mi sono presa la responsabilità di acconsentire alle cure necessarie. Dovevi stare tranquilla e immobile, era di vitale importanza per la tua creatura.-
Kate la guardò scuotendo la testa, si asciugò le lacrime e si perse nel sorriso dolcissimo della sua amica.
-E… adesso? E’ tutto a posto? Sta bene?-
Lanie guardò il collega di fronte a lei, annuendo.
-Il dottor Drew dice che va meglio.-
Finalmente il medico silenzioso si avvicinò con fare tranquillo.
-Le analisi sono buone, ma vorrei farle un’ecografia. Anche se è ancora presto e sarà problematico per via della ferita, potrò avere comunque un quadro migliore della situazione.-
Lei annuì senza rendersi conto realmente di quello che l’aveva travolta all’improvviso e sospirò.
-Tutto quello che ritiene necessario, solo… io devo assolutamente vedere mio marito, anche solo un minuto dottore, per favore!-
Il dottor Drew sorrise, annuendo.
-Se l’ecografia ci dirà che va tutto bene le presterò una sedia a rotelle per un paio di minuti, ma non deve stare in piedi per nessun motivo, almeno per un altro paio di giorni.-
Per la prima volta da quando si era svegliata, accennò un sorriso e, quando il dottor Drew uscì, si lasciò andare ancora sul petto del suo angelo custode.
-Se solo lo avessi immaginato, non avrei mai affrontato Locksat…-
Quel sussurro diede ragione ai pensieri di Lanie, che sapeva benissimo che si sarebbe sentita persa per questa notizia.
-Lo so bene Kate, non ho pensato nemmeno per un momento che potessi averlo messo in pericolo coscientemente. Ma ho avuto tanta paura.-
La sentì singhiozzare silenziosamente e le si strinse il cuore.
-Mi spiace di avertelo detto così, speravo di riuscire a farlo con più calma, quando saremmo state sole, ma tu sei tremenda, non volevi stare tranquilla!-
Finalmente riuscì a farla ridere tra i singhiozzi, le asciugò le lacrime e la strinse ancora di più.
-Perché Castle non ha ancora ripreso conoscenza? Ti prego Lanie, dimmi tutto.-
Continuò a restare attaccata a lei, si beava del suo calore e aveva solo voglia piangere. Era troppo. Aveva la sensazione che non sarebbe riuscita a sopportare altro.
-Ti ho già detto tutto. Il chirurgo che lo segue mi ha detto che ha superato bene l’operazione, essendo molto debole per via dell’emorragia lo hanno sedato inducendolo in uno stato comatoso per dare modo all’organismo di riprendersi. Hanno già sospeso i farmaci, non è ancora vigile, ma respira autonomamente ed è stabile e questo è positivo.-
Positivo! Che significa che è positivo? Deve aprire gli occhi… questo è positivo…
Kate annuì e poi sollevò la testa per guardarla.
-Chi altro sa del… del bambino?-
Non riusciva nemmeno a dirlo, era tutto così incredibile ed insensato.
-Tesoro mio, non spetta a me dare la buona novella. Lo farete tu e la tua dolce metà... Castle sarà felicissimo, me lo immagino gongolare, insopportabile e tronfio della sua nuova paternità!-
Al solo pensiero, Kate mostrò un sorriso radioso che allargò il cuore di Lanie.
-E’ pieno di difetti il tuo scrittore, ma di sicuro è un buon padre… e ti ama!-
Rimasero a guardarsi con gli occhi lucidi e Kate si strinse ancora a lei restando in silenzio per un paio di minuti. Lanie non la disturbò, continuò semplicemente a tenerla stretta, la conosceva bene e sapeva che le serviva tempo per rimuginare e metabolizzare l’uragano che le era piovuto addosso in pochi minuti.
-Lanie…-
Si scostò da lei per guardarla e sorrise.
-Sono incinta!-
La sua esclamazione la fece ridere di cuore.
-Che notizia! Te lo sto dicendo da un’ora!-
Anche Kate rise di cuore, ringraziando il cielo che le fosse vicina.
-La vera notizia è che io diventerò zia!-
-Si…-
Abbassò lo sguardo sospirando con la tristezza ancora dipinta sul volto.
-Resti con me? Per l’ecografia!-
-Che domande. Ho appena detto che divento zia, non potrei mai perdermi il primo show in video del mio nipotino, anche se probabilmente non si vedrà nulla, è troppo presto!-
Kate scosse la testa e si strinse di nuovo a lei, sorridendo.
-Se non ci fossi, qualcuno dovrebbe prendersi la briga di inventarti.-
Sussurrò senza alzare lo sguardo su Lanie, che sorrise.
-Ti voglio bene anch’io tesoro…-
 
Anni prima le avevano sparato al cuore e, qualche ora dopo, si era svegliata in una stanza piena di fiori con soltanto un paio di flebo attaccate al braccio. Nonostante avesse rischiato di morire e il chirurgo avesse tenuto letteralmente la sua vita nelle proprie mani, si era svegliata subito, aveva parlato, aveva ricevuto visite.
Castle invece era ancora in pericolo e chi voleva stargli vicino poteva farlo solo a distanza, da dietro un vetro nel corridoio.   Lanie le aveva detto della terapia intensiva, ma questo non l’aveva preparata comunque.
Strinse i pugni fino a farsi male, cercando di reprimere la rabbia e le lacrime.
Il monitor a cui era attaccato con degli elettrodi, le diceva che i battiti erano regolari, ma tutti quei fili, i tubicini di diverse flebo ad entrambe le braccia, quel colorito simile al colore delle pareti che lo circondavano.
Non era pronta.
Poteva superare qualunque cosa, affrontare di tutto, ma non suo marito immobile in fin di vita.
Anche all’ecografia non era pronta. Lanie era con lei, ma non era Castle.
Come le aveva già detto la sua amica, il dottor Drew le aveva spiegato che era presto e che poteva non vedersi o sentire nulla, ma inaspettatamente si era diffuso intorno a loro il rumore ritmico e veloce di un battito. Era come se quell’essere minuscolo di cui non era a conoscenza, volesse di prepotenza diventare reale, sconvolgendole piacevolmente la vita e, improvvisamente,  si era sentita fragile. Voleva piangere. Possibile che da quando si era svegliata non volesse fare altro? Erano già gli ormoni che circolavano liberi dentro di lei, scombussolando il suo vero modo di essere?
Quel battito decretava per lei una notizia buona ed una cattiva.
Il loro bambino stava bene e suo marito poteva non saperlo mai.
Chiuse gli occhi e sospirò, toccandosi la ferita che tirava e bruciava. Il dottor Drew la guardò male, ma prima che potesse ordinarle di tornare a letto, scosse la testa.
-Sto bene…-
Rispose perentoria come se parlasse ad un  suo subordinato.
Qualche minuto prima aveva conosciuto il dottor Foster, il chirurgo che aveva operato Castle. Un uomo di poche parole che le aveva dato le stesse notizie ricevute da Lanie, a mò di tiritera, senza nessuna particolare intonazione della voce. Le aveva dato il permesso di entrare per due minuti e aveva sottolineato due minuti soltanto, come se stare accanto a lui potesse essere pericoloso per la sua vita. Erano ossigeno uno per l’altra, ma il poveruomo non poteva saperlo, né gli interessava.
Lanie l’accompagnò fino al letto e, dopo averle stretto le spalle per darle forza, la lasciò  sola con lui.
Rimase immobile a guardarlo per qualche secondo, senza un minimo movimento osservò dettagliatamente lui e i macchinari intorno. Deglutì come se ingoiasse veleno e mise la mano sulla sua. Cercò di chinarsi per appoggiarci su il viso, ma fu costretta a desistere. Il dottor Drew aveva ragione. Non stava bene, doveva stendersi ed è quello che avrebbe fatto.
Sorrise sfiorandogli il viso con i dorso delle dita.
-Non lo metterò mai più in pericolo, te lo prometto. Se gli succedesse qualcosa non me lo perdoneresti mai e avresti tutte le ragioni del mondo.-
Gli accarezzò i capelli lasciandogli un bacio con le dita, per non doversi abbassare fino al suo viso, si girò a guardare Lanie che l’aspettava al di là del vetro e sospirando, si arrese all’idea di doverlo lasciare di nuovo.
 
Voleva essere forte, diceva di stare bene, ma non era vero niente. Quando l’aveva riaccompagnata in camera,  Lanie l’aveva rimproverata, imponendole di restare a letto. Doveva avere una faccia stravolta e lo stesso colorito di Castle dentro quella stanza completamente asettica. Sentiva la ferita tirarle e dolore alle gambe.
Erano state ore intense, le sue e mozioni saltellavano ancora sulle  montagne russe e non sembrava volessero scendere.
Doveva calmarsi e mettere a posto le idee.
Si era lasciata medicare, aveva preso le medicine e alla fine, era rimasta in silenzio dentro i suoi pensieri, imponendosi di rispettare le direttive mediche. Da quel momento la priorità assoluta era suo figlio.
Il loro bambino…
Aveva chiuso gli occhi sull’immagine sfocata di un batuffolo avvolto in una copertina color lavanda, che dormiva tranquillo sul petto di suo marito. Le labbra si erano schiuse in un sorriso dolcissimo, pensando che aveva già scelto un colore possibile per il suo corredino e la cameretta, cosa assolutamente non da lei e doveva essersi addormentata senza rendersene conto. Si era svegliata con una sensazione di leggerezza che stonava con il posto in cui si trovava.
Si era guardata intorno confusa, aveva dimenticato le ore precedenti e per qualche secondo aveva fatto fatica a capire dove fosse.
Aveva sospirato quando era tornata alla realtà sulla figura rannicchiata nella poltroncina accanto al letto.
Dormiva in una posizione scomoda e la fronte corrucciata, come se, anche nell’incoscienza del sonno, la preoccupazione si fosse arrogata il diritto di non abbandonarla, gli occhi cerchiati, il viso affilato dalla stanchezza e l’espressione dolcissima di una bambina.
Era rimasta ad osservarla, a cercare tutti quegli atteggiamenti e quelle somiglianza che la rendevano simile a suo padre. Non aveva avuto mai l’occasione di guardarla dormire. Somigliava tanto a Rick, era una donna e i suoi lineamenti erano più dolci, ma quelle labbra imbronciate erano simili alle sue quando dormiva.
Sentì le lacrime riaffiorare senza un motivo ben preciso.
Aveva allungato la mano riuscendo a toccarle una gamba ed Alexis si era svegliata subito all’erta. Temeva il suo risveglio, temeva il suo giudizio, il suo rimprovero, ma i suoi occhi azzurri l’avevano guardata prima in apprensione e poi con un sorriso.
Lei aveva provato a scusarsi, ma Alexis l’aveva zittita e aveva spostato il discorso su suo padre. Le aveva raccontato che nei pochi minuti che le permettevano di stare con lui continuava a ripetergli che la sua Kate stava bene, era salva e che doveva sbrigarsi a riprendersi anche lui, perché sennò lo avrebbe fulminato. Avevano riso insieme, con le lacrime che facevano capolino. Non ne aveva voluto sapere di tornare a casa a riposare, approfittando di Jim che aveva accompagnato Martha, ed era rimasta a farle compagnia, raccontandole cosa era successo nelle ore in cui lei era stata incosciente, poi l’aveva aiutata a mangiare qualche cucchiaio di minestra. Aveva sentito l’istinto di dirle del bambino, desiderava che lei lo sapesse prima degli altri, glielo doveva. Aveva anche socchiuso le labbra, ma poi se le era morse. Non era giusto. Non poteva togliere a Rick l’emozione di darle la notizia. Dovevano farlo insieme. Doveva aspettare, perché Castle si sarebbe svegliato presto.
Doveva svegliarsi…
Non ricordava altro, si era arresa al sonno di  nuovo senza volerlo e quando si era svegliata era da sola.
Distolse lo sguardo dal pezzetto di cielo imbrunito che vedeva dalla finestra e sospirò.
Abbassò gli occhi su di sé, scostò la coperta e sollevò la maglia per guardare la medicazione che copriva quella che sarebbe diventata l’ennesima cicatrice. Poggiò la mano delicatamente sulla ferita e, quasi con paura, la spostò più al centro, proprio sullo stomaco. Sorrise. Era la prima volta che restava sola con il suo bambino da quando aveva scoperto della sua esistenza. Sentì la tempia umida e si asciugò una lacrima scuotendo la testa; odiava questo miscuglio di gioia e tristezza che la invadeva  di colpo. Aveva immaginato questo momento in maniera diversa, lei si sarebbe permessa di essere atterrita da questa cosa troppo grande, certa che Castle, con la sua felicità e la sua leggerezza, avrebbe cancellato tutti i dubbi e le avrebbe dato sicurezza ricordandole quanto è forte. 
Sorrise di nuovo. Si accarezzò la pancia delicatamente e si ritrovò a parlare a quel puntino che il dottor Drew, durante l’ecografia, aveva indicato con un dito assicurandole che era il suo bambino, ma che lei, con tutta la buona volontà, non era riuscita a vedere. Non lo aveva visto, ma lo aveva sentito. Il suo cuoricino batteva veloce, aveva resistito ai suoi ritmi e ad un proiettile.
-Sei proprio un bimbo forte…-
Sussurrò con dolcezza, continuando ad accarezzarsi.
-Anche il tuo papà è forte, gli piace solo essere al centro dell’attenzione e così facendo, tutti si occupano di lui e di nessun altro. Aspetta che scopra di te e avremo perso la pace entrambi.-
Continuò a parlare con il suo bambino, raccontandogli una storia lunga otto anni, della loro amicizia, del loro amore, del loro capirsi con lo sguardo, dei loro silenzi. Raccontò a sé stessa, ad alta voce, tutti gli eventi che l’avevano portata fin lì, in quel letto, a provare gioia e dolore nello stesso momento e con la stessa intensità.
Spostò lo sguardo fuori dalla finestra e si trovò faccia a faccia con uno spicchio di luna. Gli occhi le si riempirono di lacrime che cercò di reprimere ingoiando velocemente, ma non ci riuscì. Finalmente sola in quella stanza ormai al buio, la tristezza vinse sulla gioia, le lacrime silenziose diventarono singhiozzi e la stanchezza la vinse di nuovo con gli occhi alla luna e la mano a proteggere suo figlio.
 
 
Il giorno dopo stava decisamente meglio, piangere le aveva fatto bene, era stanca, ma non sentiva quel senso di oppressione che l’aveva accompagnata nel sonno durante la notte. Le condizioni di Castle non erano cambiate, non aveva accennato nessun movimento o reazione che facesse pensare ad un suo risveglio imminente.
Si era svegliata pronta ad affrontare un’altra giornata difficile, con l’unico pensiero di stare un po’ vicino a lui e parlargli per fargli sentire la sua vicinanza. Doveva decidere se dirgli o no del bambino. Voleva dirglielo, magari l’avrebbe sentita e dall’emozione si sarebbe svegliato.
Rise tra sé pensando che avrebbero di certo intavolato una discussione assurda su questo, perché lui avrebbe asserito che era una cosa possibilissima,  mentre lei avrebbe obbiettato che queste sdolcinatezze succedono solo nei film di terz’ordine.
La tentazione di dirglielo era forte, ma ancora più forte era la voglia di perdersi nei suoi occhi mentre glielo diceva, captare i suoi pensieri, capire le sue emozioni ed emozionarsi con lui. In una situazione normale avrebbe gongolato ed esultato girando come una trottola, gesticolando e parlando a raffica senza dire esattamente niente di razionale.
Ma la loro non era una situazione normale, dopo avere rischiato di morire le emozioni sarebbero state diverse, più intense ed amplificate.
Avrebbe aspettato. Forse.
Verso le tre del pomeriggio, dopo medicazioni e analisi varie, finalmente un’infermiera si degnò di accompagnarla alla terapia intensiva, senza dire una parola l’aveva lasciata dietro il vetro da cui si vedeva l’interno della stanza di Castle e, dopo averle raccomandato di non entrare per nessun motivo, ordini del dottor Foster, era tornata alle sue mansioni.
Era frustrante stare al di là del vetro a fissarlo, con la voglia incontenibile di sentire la sua pelle, di toccargli le labbra, di vederle muovere in un  sorriso.
Sospirò risvegliandosi dai suoi pensieri, quando la stessa infermiera entrò a controllarlo. Misurò la temperatura, controllò i battiti, cambiò una delle flebo che era finita e gli inumidì le labbra con una garza.
Osservò ogni suo movimento, era attenta e veloce.
Quando uscì la guardò con apprensione senza chiederle nulla, ma lei, intuendo la sua domanda, rispose che era stabile.
Cominciava ad odiare quella parola e chiunque la pronunciasse.
-Sarò impegnata per una buona mezz’ora in una medicazione lunga. In reparto non c’è nessuno, quindi…-
Si fermò a guardare dentro la stanza e poi tornò su di lei, che corrucciò la fronte.
-…quindi, spero non si stanchi troppo a stare qui… se avesse bisogno dovrà aspettare che torni…-
Lasciò la frase in sospeso ammiccando stranamente e Kate annuì pronta a rispondere che se ne sarebbe stata buona fino al suo ritorno. Sembrava che il suo cervello fosse disconnesso al momento, perché l’infermiera ammiccò ancora guardando all’interno della stanza.
-Mezz’ora…-
Disse ancora, prima di eclissarsi.
Solo in quel momento il suo cervello captò la linea e tornò in connessione.
Infermiera fuori dai piedi per mezz’ora.
Reparto deserto.
Libera di fare come voleva.
Aveva una complice romantica. Sorrise guardandosi intorno in maniera circospetta.
Spinse la carrozzina vicino alla porta, mise la mano sulla maniglia e guardò di nuovo a destra e a sinistra. Alla fine si chiuse nelle spalle pronta ad infrangere le regole.
-Che possono farmi se mi scoprono? Spararmi?-
Si morse le labbra ed entrò, fu faticoso far muovere la sedia a rotelle, non doveva sforzarsi, ma pian piano riuscì a raggiungere il letto.
Gli accarezzò subito il viso. Sentiva la necessità di un contatto ed era certa che anche lui ne avesse bisogno. Disegnò i suoi contorni e si soffermò a sistemargli i capelli sorridendo. Prese la garza lasciata andare nell’acqua fredda e gli umettò le labbra, con delicatezza.
Restò a fissarlo un paio di secondi, fino a che non sentì le lacrime salirle dalla gola agli occhi, allora fece un  respiro profondo e cacciò via la tristezza di forza.
-Mi sembra che tu abbia dormito abbastanza, adesso esageri Castle. Si può sapere che intenzioni hai?-
Sospirò contrariata, abbastanza forte e platealmente per farsi sentire, nel caso la sentisse davvero. I rimproveri funzionavano sempre con lui.
-Ci sono delle novità e non le saprai fino a che non sarai sveglio, quindi se non vuoi rodere dalla curiosità, farai bene a smettere di fare il bello addormentato.-
Posò una mano sulla sua e la strinse leggermente, mentre con l’altra si accarezzò la pancia, restando in silenzio a guardarlo, come se fissarlo avrebbe potuto farlo svegliare con la forza della mente. Anche per questo avrebbero intavolato infinite discussioni.
Sorrise guardandosi la pancia e quando Castle mosse la mano, chiudendola per tenere la sua, lei la strinse d’istinto, senza rendersene conto. Si stava beando di quel contatto e dei suoi pensieri sulla creatura che cresceva dentro di lei e solo quando la stretta si fece più forte, sgranò gli occhi sollevando lo sguardo sulle loro mani intrecciate.
Altro che film di terz’ordine… stava succedendo davvero!
Le mancò il respiro per un attimo, si avvicinò a lui stringendogli la mano ancora più forte.
-Castle… Castle svegliati. Sono qui, svegliati.-
La stretta alla sua mano si allentò e lei scosse la testa, prendendogli il viso tra le mani.
-Castle apri gli occhi. Non puoi dormire ancora, devi svegliarti…-
Castle si era rilassato di nuovo e lei si fece prendere dalla disperazione. Suonò il campanello d’allarme per chiamare il medico, continuando a scuotere Rick sperando di svegliarlo.
-Che diavolo ci fa lei qui?-
Kate sospirò per mantenere la calma, non era quello il momento di insultare qualcuno.
-Mi ha stretto la mano…-
-Non doveva entrare!-
-Vuole fare un simposio su questo argomento adesso, dottor Foster?-
Alzò la voce zittendolo di colpo, il dottor Foster strinse la mascella e Kate sospirò per calmarsi.
-Dottor Foster la prego, mi ha stretto la mano…-
Per tutta risposta il dottor Foster annuì, accompagnandola verso il corridoio.
-Lei deve stare fuori.-
-No, la prego… mi lasci con lui… la prego…-
-Lei deve restare qui mia cara signora!-
Mia cara signora?! L’aveva chiamata davvero mia cara signora?!
Fece un respiro profondo, lo avrebbe inchiodato ad una croce in un altro momento, adesso doveva svegliare suo marito.
Passarono un paio di minuti buoni mentre il dottor Foster visitava Castle e lei lì, a guardare senza poter far niente.
Odiava le regole.
D’accordo che una società senza regole sarebbe una vera e propria babilonia, lei era un poliziotto e viveva di regole, ma le odiava lo stesso. Odiava quelle regole inutili che non avevano niente a che vedere con il cuore. Quelle regole che le impedivano di stare con lui, di tenergli la mano, fargli sentire la sua presenza. Che ne sanno le regole della loro vita, del loro amore, di quello che hanno passato e di quello che serve loro per tornare a vivere?
Era chiusa fuori lontano da lui ancora una volta, mentre il medico si affaccendava controllando monitor e cartella clinica, senza accorgersi minimamente che Castle aveva aperto gli occhi, al contrario di lei che trattenne il respiro quando lo vide chiuderli e riaprirli un paio di volte, restando poi a fissare il soffitto.
Finalmente anche il medico si accorse che aveva gli occhi aperti, si chinò su di lui, che cercò di metterlo a fuoco. Corrugò la fronte, probabilmente si stava chiedendo chi fosse quell’uomo e dove si trovasse. Aveva ragione lei. Doveva restargli vicino, doveva vedere lei al suo risveglio, non uno sconosciuto che lo avrebbe confuso maggiormente.
Il medico continuò a parlargli, ma lui smise definitivamente di dargli attenzione, muoveva la testa lentamente, ma gli occhi erano vigili, squadravano la stanza e andavano a destra e a sinistra, come se cercasse qualcosa in particolare.
Cercava lei…
Si sporse in avanti sulla sedia a rotelle e appoggiò la mano sul vetro, sperando che riuscisse a vederla. Ad un tratto i suoi occhi si fermarono su di lei. Il medico continuò a parlare e controllare i suoi riflessi, senza rendersi conto che il suo paziente guardava davanti a sé in un punto fisso e sorrideva impercettibilmente.
Kate si morse il labbro lasciando andare le lacrime, non voleva piangere, ma non riusciva a fermarle.
Castle la guardava e sorrideva.
Sorrise anche lei, accarezzando il vetro come se gli accarezzasse il viso e lui sollevò a stento un paio di dita in segno di saluto. Il dottor Foster continuò ad infastidirlo con le sue domande per capire se era tornato realmente in sé e Kate si ritrovò a ridere nel vederlo sollevare gli occhi al cielo sospirando. Quel luminare proprio non capiva. Se voleva sapere come stava, bastava guardarlo. Era sveglio e le sorrideva e sbuffava scocciato.
Rimasero ad accarezzarsi con lo sguardo per un tempo infinito, lo stesso tempo che ci mise lo sconosciuto con il camice bianco, che parlava poco con lei, ma che infastidiva tanto lui.
Per qualche secondo distolse lo sguardo rivolgendolo verso il medico che aveva attirato la sua attenzione e poco dopo la guardò ancora e fece cenno con la testa verso di lei. Il dottore la guardò e annuì.
-Gli serve un po’ di vitamina…-
Le disse dopo aver aperto la porta, poi sorrise. Era la prima volta che lo vedeva sorridere da quando lo aveva conosciuto.
-L’accompagno da lui.-
Kate gli rivolse un sorriso radioso mentre l’aiutava con la sedia a rotelle, appuntandosi mentalmente che non doveva inchiodarlo a nessuna croce.
-Non gli permetta di parlare, sarebbe troppo faticoso.-
E con questa raccomandazione li lasciò finalmente soli.
Rick aprì la mano, Kate ci appoggiò sopra la sua, intrecciarono le dita e si guardarono per un paio di secondi completamente in silenzio.
-Se il dottore noioso ci conoscesse, saprebbe che non abbiamo bisogno di parlare noi due.-
Gli accarezzò il viso quando lui sorrise a quella frase, poi abbassò lo sguardo sulla sedia a rotelle adombrandosi, ma Kate gli sollevò il viso sorridendo.
-Sto bene… ho soltanto un’altra cicatrice…-                                                                    
Continuò ad accarezzarlo, avvicinandosi per quanto la ferita glielo permetteva.
-Dici che fa sexy comunque?-
-Wow!-
Non doveva parlare, ma anche un monosillabo andava bene per ridarle il sorriso, che sparì di nuovo quando spostò lo sguardo sulla benda che gli copriva per metà il torace.
-Tu però cominci a farmi troppa concorrenza…-
Le si strinse la gola e dovette deglutire per cacciare le lacrime.
Castle era sveglio, non doveva più piangere.
-Fa sexy… anche… su di me.-
La sua voce era solo un sussurro, faceva davvero fatica a farla uscire. Kate annuì sorridendo, lo baciò sulle labbra e si soffermò  a guardarlo.
Pallido, le occhiaie marcate e il viso scavato.
-Mi dispiace Rick…-
-Shhh!-
Non le diede il tempo di parlare, sollevò la mano per accarezzarla, lei chiuse gli occhi appoggiando la fronte alla sua e sospirarono insieme.
Erano tornati ad essere una sola pelle, un solo respiro, l’unico modo di essere e vivere possibile…


Continua...
 
 
 
Angolo di Rebecca:
 
Ciao a tutti :D
Manco da un pochino, dopo avervi tediato con la storia infinita, pensavo voleste disintossicarvi :p
Anche questa shot è infinita, però tranquille, è diventata una minilong, due capitoletti soltanto  :)
 
Sappiate che sono ancora in “lutto telefilmico” non riesco a farmene una ragione, devo ancora elaborare.
Il mio neurone ogni tanto si sveglia, voleva cominciare a riempire il primo anno di quei 7 che non ci hanno mostrato…
Secondo voi lo hanno fatto apposta per farli scrivere a noi???
 
Ci sente mercoledì per il finale ;)
 
Grazie come sempre, alle mie due editor, sempre pronte e sempre coinvolgenti, vi voglio bene!
Grazie a Vale per le “terapie mediche” :p
  
Leggi le 16 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Castle / Vai alla pagina dell'autore: 1rebeccam