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Autore: Sinnheim    07/06/2016    0 recensioni
Spinta da Sayaka, Kyoko confessa di aver avuto un maestro che le insegnò a combattere quando diventò una maga: decide quindi di raccontarle della parte più oscura della sua vita, di come incontrò Ornstein l'Ammazzadraghi, dei suoi insegnamenti e della prima volta in cui uccise una maga, manifestando emozioni e pensieri che tenne nascosti per tanto, troppo tempo.
Genere: Azione, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Kyoko Sakura, Sayaka Miki, Sorpresa | Coppie: Kyoko/Sayaka
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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NOTE DELL’AUTRICE: è una follia, lo so, mi sono ispirata a molte immagini di loro due trovate in giro per il web, mi hanno stuzzicata troppo.

 

 

THE GOLDEN LION

 

La vita trascorreva pressoché tranquilla: le solite lezioni a scuola, il tempo passato con le sue amiche e compagne, la relazione stranamente duratura con Sayaka. Eppure Kyoko non si sentiva soddisfatta, sentiva che le mancava qualcosa, uno scopo, un sogno a cui ambire: non aveva mai smesso di allenarsi nonostante le streghe non ci fossero più; le piccole missioni di cui ancora si occupava non erano minimamente paragonabili al brio e alla difficoltà di cacciare e uccidere una strega ma, in qualche modo, se lo faceva bastare. 

Sayaka era solita ammirarla seduta in disparte mentre si esercitava: aveva un ché di ipnotico la maga cremisi, più che combattere sembrava danzasse mentre mulinava l’aria con la sua lancia; quello e tante altre piccole cose erano dettagli che non aveva mai avuto la possibilità di ammirare nella foga dei combattimenti a cui partecipava con la sua compagna. Si innamorava di lei praticamente ogni volta. 

“Ehi, Sayaka! Smettila di fissarmi in quel modo, mi deconcentri!” Urlò Kyoko destando la spadaccina dal suo torpore, facendola sorridere dolcemente. “Oh, scusa. Sai com’è, è difficile toglierti gli occhi di dosso quando combatti.” Disse pungente la ragazza, provocando un sorrisetto sarcastico nella maga cremisi. “Ah si? Solo mentre combatto?” Si avvicinò piano all’amatissima compagna, si accucciò sulle gambe per stare alla sua stessa altezza e la baciò teneramente sulle labbra: all’inizio della loro relazione, Kyoko trovava davvero difficile esternare quei piccoli ma grandi gesti di affetto; li reputava stupidi, o magari se ne vergognava troppo, e a causa di questo litigava spesso con Sayaka. Litigavano per qualunque cosa in effetti, ma in fin dei conti capirono che quello era il loro modo di fare e andava bene così, purché alla fine si facesse sempre la pace; col passare dei giorni, dei mesi, Kyoko si rese conto che non era poi così male sbottonarsi un po’, abbassare la guardia e lasciarsi andare ad un po’ di dolcezza. Con Sayaka poteva permetterselo, non l’avrebbe mai tradita... non colei per la quale si sacrificò già una volta. Le prese le mani e sorrise ancora una volta. 

“Vieni ad allenarti con me! Stai diventando una scarsona a forza di oziare.” La spadaccina ridusse gli occhi ad una fessura, risentita. “SCARSONA IO? MA COME OSI.” Fece finta di offendersi, poi tornò a guardarla con quell’aria maliziosa che la maga cremisi aveva sempre adorato. “Io non ho bisogno di allenarmi in continuazione, al contrario di QUALCUNO. Anzi, perché non rientriamo in casa?” La sua faccia le aveva fatto intendere tutto, ma Kyoko girò i tacchi e fece per tornare nel punto in cui era. “Provo un’ultima cosa e poi andiamo.” Disse seria la ragazza, Sayaka sbuffò sonoramente. 

“Ancora con quell’attacco? È impossibile da fare, mi chiedo perché continui a provarci.” La maga cremisi si mise in posizione: sistemò meglio la lancia nella sua mano destra tenendo la punta ben dritta; piede sinistro in avanti e piede destro indietro, corpo chinato in avanti, braccio sinistro lungo fino a terra proprio davanti a lei per darsi la spinta e braccio destro indietro, levato in alto e pronto a caricare l’affondo micidiale della sua lancia. 

“Perché... lui disse che potevo farcela.” 

Tutti i suoi muscoli erano tesi e pronti a scattare come molle: fece leva sia sulla gamba sinistra che sul braccio sinistro che fungeva da stabilizzatore, scattò in avanti ad una velocità pazzesca, ben superiore al sovraumano; fece per roteare il busto e tendere la gamba destra ed il braccio destro in avanti per affondare il colpo con la lancia, ma la velocità fu davvero troppa sbilanciandola e facendola ruzzolare a terra. Sayaka sospirò, mentre Kyoko montò su tutte le furie come al solito. “MALEDIZIONE! MAI UNA VOLTA CHE MI RIESCA!” Sbatté la lancia a terra e si sedette per terra a gambe incrociate, borbottando lamentele di rabbia: quello spettacolo ormai era la routine per Sayaka, quindi si mise l’anima in pace e andò a sedersi vicino a lei, guardando l’arma luccicante abbandonata dalla padrona; non sapeva spiegarsi il perché Kyoko ci tenesse tanto ad eseguire quell’attacco, sapeva solo che, ogni volta che falliva, la compagna stava sinceramente male, la sua frustrazione era ben evidente. 

Non aveva mai pensato di chiederle cosa c’era dietro quella mossa, ma la curiosità si faceva giorno dopo giorno più grande, così decise di provare a tirarle fuori qualcosa a proposito. “Sai Kyoko... ti guardo sempre mentre ti alleni perché hai uno stile di combattimento straordinario.” La spadaccina iniziò a rompere il ghiaccio, la maga cremisi ancora imbronciata guardava da tutt’altra parte. “... Davvero?” Chiese in tono piatto. “Si, certo! Sei così aggraziata, lanci certi attacchi e...” Sayaka scattò in piedi e iniziò ad agitarsi in modo strano. 

“SCATTI DA UNA PARTE ALL’ALTRA DEL CAMPO DI BATTAGLIA, TRAFIGGI TUTTO, SCHIVI QUALUNQUE COSA!” Kyoko le rivolse uno sguardo sbigottito, non aveva mai parlato del suo stile di combattimento in modo tanto appassionato, la compagna scoppiò a ridere. “Si, scusa, forse mi sono fomentata troppo a parlarne, ma davvero, è eccezionale! Combatti come un leone!” La maga cremisi rimase un attimo impietrita da quelle parole, abbassò lo sguardo e si rabbuiò all’improvviso. “Già... un leone.” 

La spadaccina si accorse dell’improvviso cambio d’umore della compagna, ma non mollò la presa; si sedette di nuovo vicino a lei e le accarezzò la spalla. “Insomma, quello che voglio dire è... si, ecco, lo so che sei una veterana, ma il tuo stile di combattimento è davvero particolare. Dilla tutta, hai avuto un maestro eh? Daaaai, dimmelo, dai ,dai!” Kyoko iniziò a spazientirsi e provò anche un certo fastidio, ma effettivamente quella storia non l’aveva mai raccontata a nessuno; rimase qualche minuto a rimuginare, poi prese la sua decisione: Sayaka era la sua compagna di vita, meritava di sapere tutto quello che l’aveva segnata negli anni, e poi magari l’avrebbe fatta stare meglio con la coscienza. 

“Ah, e va bene, va bene. Si, ho avuto un maestro.” Gli occhi blu della spadaccina si illuminarono e sorrise contenta: a Kyoko l’idea non faceva impazzire, ma tanto valeva. 

Successe subito dopo quella sera: ero sola e tremante in un angolino della casa stringendo disperatamente la mia lancia, pronta a difendermi da quello che una volta era mio padre. Uccise mia madre, uccise i miei fratelli senza che io potessi fare nulla, ero terrorizzata... infine si impiccò. Rimasi nel mio angolino per parecchio tempo, non so ben dirti per quanto; continuavo a stringere convulsamente la mia lancia, congelata sul posto. 

Quando la mia trasformazione si sciolse e tornai normale, scappai da quella casa ed iniziai a correre, a correre e a correre, senza fermarmi mai, senza guardarmi indietro. Il mio semplice desiderio era quello di vedere mio padre felice, in quel momento invece avrei ucciso chiunque a sangue freddo solo per non avere nessuno sulla mia strada. Rubavo il cibo necessario a sfamarmi, dormivo dove potevo pensando ad un posto dove andare: Kyubey mi suggerì la città di Mitakihara visto che era sempre stata una buona zona di caccia, così mi incamminai verso di voi, sostanzialmente. 

Ero... ero davvero depressa, sai. Mi sentivo colpevole di tutto quello che era successo, quando il mio unico scopo era quello di aiutare gli altri e di far felice la mia famiglia, fino a pochi secondi prima di stipulare il contratto mi sentivo un’eroina. Per sopravvivere ho dovuto chiudere gli occhi e il cuore, fregandomene di quelli che avrei dovuto proteggere, fregandomene di tutto, dando la colpa a tutti pur di non sentire addosso il bruciore del senso di colpa; cacciavo le streghe unicamente per non morire e per diventare più forte: come mi avevano tolto tutto, io avrei tolto tutto a chiunque avesse provato ad ostacolarmi. Incontrai il mio maestro molto prima di incontrare voi: Mami la conoscevo solo di fama ma non mi sentivo ancora alla sua altezza, a dirla tutta non mi sentivo all’altezza di nessuno, mi sentivo una debole; gironzolavo in periferia, quando sentii come il rombo di un tuono in un edificio in costruzione particolarmente isolato dagli altri. 

Pensai immediatamente che fosse una strega: l’energia che emanava era spaventosamente grande e... brillante, non avevo mai percepito niente di simile in vita mia. Mi trasformai e mi precipitai subito verso l’entrata, aspettandomi di trovare l’ingresso di un classico labirinto, invece trovai lui: era alto quasi tre metri, indossava un’armatura spigolosa completamente dorata, portava un elmo a forma di testa di leone e possedeva una lancia immensa, stupenda. Era un essere strano e chiaramente non apparteneva al nostro mondo; sembrava ferito visto che era seduto a terra immobile, così ne approfittai e attaccai subito: forse era una maga dall’aspetto strano o forse era una strega, in ogni caso volevo il suo potere, lo bramavo, mi faceva ribollire il sangue. Provai un assalto diretto a lancia spiegata: sembrò funzionare, ma nel tempo di un battito di ciglia quello si alzò e schivò con uno scatto laterale fulmineo, quasi non lo vidi. Non disse niente ma si mise in guardia: non attaccava mai per primo, ma aspettava i miei agguati e li schivò uno dopo l’altro, la sua lancia d’oro parava ogni fendente; fu uno scontro deprimente, mi schiacciò senza nessuno sforzo. Durante l’ultimo affondo lui mi afferrò alla gola al volo, mi schiantò per terra e mi puntò la lama scintillante davanti il viso: chiusi gli occhi pensando di morire, ma lui ritrasse l’arma e mi sovrastò con tutta la sua altezza, guardandomi in faccia. 

“Non ti ucciderò. Non sei una minaccia per me.” Strinsi i denti furiosa e mi alzai in piedi, riparandomi inutilmente dietro il bastone della mia lancia: avevo il fiatone e le idee annebbiate, ma fui inesorabilmente attratta da quella figura così maestosa, tanto che misi da parte l’orgoglio ferito e iniziai a conversarci. “Si può sapere chi diavolo sei? Sei per caso una strega?” Inclinò la testa di lato, non mi capiva. “Una... strega? No... non sono figlio di Izalith.” E io non capivo lui. “Iza... cosa? Avanti, dimmi chi sei!” Si sedette a gambe incrociate tenendo la sua arma a portata di mano e mi fece segno di sedermi davanti a lui: non sapevo cosa pensare e non sapevo cosa fare, se non era ostile tanto valeva fare come diceva lui. “Sei una giovane guerriera con un’arma simile alla mia. Sento una certa affinità con te.” Come puoi dedurre Sayaka, era un tipo molto diretto.

“Per questo ti racconterò la mia storia, e che magari voglia il destino che tu possa aiutarmi. Ma prima di iniziare dimmi: che mondo è questo? Chi sono i suoi abitanti? E cosa sei tu?” Interdetta e confusa, gli dissi degli esseri umani, delle maghe e delle streghe, sembrò altrettanto confuso anche lui ma soddisfatto. “Capisco. Questo mondo vive l’Era Oscura. Il mio sovrano la temeva molto...” Sentii la mia curiosità crescere di minuto in minuto. “Il tuo... sovrano? Quindi sei un cavaliere?” Annuì con la testa. “Io sono Ornstein l’Ammazzadraghi, capitano dei cavalieri di Gwyn, il mio Signore. Vengo da una città divina chiamata Anor Londo, situata nella terra di Lordran. Esistono infiniti mondi in questo universo: per me e la mia gente non è una novità sapere della loro esistenza, ma per te potrebbe risultare difficile comprendermi. In certi punti del mondo in cui noi tutti viviamo, il tempo è distorto.” 

Riuscii a capirci quel tanto che bastava per comprendere che effettivamente, Ornstein veniva da un’altra dimensione; tempo dopo, quando conobbi Homura, molte delle mie lacune sull’argomento vennero colmate. “E tu? Non mi hai detto il tuo nome, giovane guerriera.” “Sono Kyoko Sakura. E si, credo di averti capito abbastanza. Quindi, tu vieni da un altro mondo... come sei arrivato qui?” Si mosse piano facendo suonare il metallo della sua bellissima armatura, credo si fosse innervosito o qualcosa del genere, certo non potevo vedere le sue espressioni in faccia. “Devo essere caduto accidentalmente in una fenditura dello spazio, in un punto in cui i mondi convergono. Io stavo... cercando il mio vero Re.” Rimasi un tantino perplessa dal suo racconto. “Ma il tuo re non è... uhm... Gwyn?” “Non più, da quando decise di vincolarsi alla Prima Fiamma. Con la sua morte, il regno è passato a suo figlio primogenito.” “E... perché lo stavi cercando?” “E’ stato bandito da Anor Londo da suo padre... noi siamo cacciatori di draghi. Ero il maestro del primogenito di Gwyn, gli insegnavo tutto sulla caccia ai draghi. Ma un giorno... lui ne domò uno e si alleò con loro. Un madornale sacrilegio, come puoi immaginare. Ma ora che Gwyn è morto, Anor Londo perduta, il Fuoco che sta per spegnersi di nuovo... non potevo restare lì senza far niente. Abbandonai il mio compagno Smaug il Giustiziere e mi misi in viaggio alla ricerca del mio vero Re. Del mio allievo prediletto. Rimango pur sempre il suo maestro, non importa cosa ha fatto. E ora sono qui, aspetto che la breccia nel tempo si faccia più profonda per tornare nel mio mondo.” 

Mi fece molta tenerezza il suo racconto, ma una cosa soltanto mi ronzava in testa: era un maestro e aveva un allievo; io avevo il disperato bisogno di diventare più forte, così non ci pensai due volte. “Ornstein, ascoltami: ti ho detto delle streghe e delle maghe. Io non ho più nessuno al mondo e ho bisogno di diventare più forte se voglio sopravvivere. Diventa il mio maestro, te ne prego!” Mi abbassai a supplicarlo, non potevo perdere quell’occasione d’oro; lui rimase in silenzio per qualche minuto, poi rispose. “La breccia tornerà attiva tra molto tempo, temo. Vivi in un mondo altrettanto duro come il mio, combatti il male per sopravvivere. Ma dimmi, Kyoko Sakura: come useresti il potere che ti donerei?” 

Stavo per mentire senza pensarci due volte ma, appena aprii bocca, tutto ciò che ne uscì fuori fu solo un rantolio: avevo paura che potesse negarmi il suo insegnamento se gli avessi detto la verità, ma per qualche motivo, forse fu la mia coscienza che stava cercando di dirmi che quello che avevo davanti stava per diventare il mio MAESTRO e non un tipo qualunque, non riuscii a mentirgli... non potevo. Con lui proprio no. “Io... io ho perso tutto. L’unica strada che mi rimane da percorrere è quella del potere. Più streghe uccido, più mi rimane da vivere, più divento forte più le altre maghe mi lasceranno in pace. Voglio solo... sopravvivere. Non mi interessa nient’altro.” Ero pronta a ricevere il suo rifiuto, quando si avvicinò di più a me e mi tese la mano. 

“Non è la motivazione più nobile, ma è la motivazione di un disperato, quindi la rispetto. Uccidendo le streghe, indirettamente aiuterai anche la gente del tuo mondo, facendo del bene. Questo mi basta, giovane guerriera. Come il mio giovane Re senza nome, anche tu da adesso in poi sarai mia allieva, e io sarò il tuo maestro. Rendimi fiero... perché è tutto ciò che mi rimane, ormai.” 

Passarono giornate di intenso allenamento: la prima cosa che mi insegnò fu come gestire l’equilibrio della mia lancia, cosa che, a quanto pare, sapevo fare discretamente bene ma non in modo eccellente; lui aveva il potere di controllare i fulmini, nel suo mondo questi incantesimi li chiamano ‘miracoli’, e in modo simile a come fece lui, mi aiutò a scoprire quali erano i miei talenti e scoprii di poter evocare catene per paralizzare i nemici, oltre che... beh, non avevo idea che il bastone della mia arma potesse scomporsi. Ornstein mi disse che queste nuove capacità dovevo svilupparle da sola, in quanto appartenevano solo ed esclusivamente a me, così ci concentrammo prettamente sul combattimento con la lancia. 

Passarono diversi mesi, quanti non ricordo: pochi giorni prima della sua partenza, mi fece vedere il suo attacco più potente, quello che tutt’oggi non riesco ancora ad eseguire, ma in generale era davvero contento dei miei progressi. “E’ passato tanto tempo, mia giovane allieva. Voglio vedere come ti comporti in combattimento... vai a cacciare una strega. Io vengo con te.” La mia Soul Gem era al limite, così accettai volentieri: per la prima volta dopo troppo tempo, mi sentivo coccolata come in famiglia... beh, posso affermare che Ornstein era diventato veramente la mia famiglia, e il solo pensiero di dovergli dire addio presto mi faceva stare male. Massacrai la strega con una facilità disarmante: il mio maestro rimase terribilmente disorientato da quello che aveva davanti, non aveva mai visto un labirinto della strega né tantomeno una strega (del nostro mondo, ovviamente); era tutto così strano per lui, così vorticoso che, quando uccisi il nemico, lui nemmeno se ne era reso conto. “Perdonami... questo tipo di avversario proprio non lo capisco. Preferisco i draghi.” 

Stavamo tornando verso l’edificio in costruzione che divenne la nostra casa per mesi, quando una maga dai capelli e dal vestito verde smeraldo si parò davanti a noi, brandendo un martello enorme: aveva il volto rabbioso ed era visibilmente alterata, la sua Soul Gem doveva essere davvero al limite. “Ti ho vista combattere! Dammi il tuo Grief Seed o ti ammazzo!” Ornstein non si mosse di un millimetro ma si limitò a guardare la ragazza. “Con quel martello sembra proprio il mio compagno Smaug.” C’era tanta nostalgia nella sua voce. 

“Così, è questo a cui alludevi, Kyoko. Ora capisco. Hai una scelta da fare, anche se so già cosa sceglierai e non la condivido. Ma fosti chiara al nostro primo incontro di quali sono le tue intenzioni e di quale strada hai deciso di intraprendere, quindi posso dirti solo una cosa: fammi vedere cosa hai imparato. Rendimi fiero.” Sapeva che non le avrei mai dato il mio bottino di guerra, e io sapevo che questo lo rattristava: era pur sempre un cavaliere, l’onore lo aveva nell’anima, ma non poteva e non potevo farci niente. Non mi sarei fatta sconfiggere mai da nessuno. 

Mi misi in guardia afferrando il bastone della mia lancia a due mani ed aspettai la mia avversaria: quella non ci pensò due volte e mi assaltò a martello levato, pronta a schiacciarmi con la possente arma; come mi aveva insegnato Ornstein, schivai di lato fulminea un attimo prima dell’impatto, poi altrettanto velocemente feci leva su entrambe le gambe e mi slanciai in avanti, mollandole un affondo a dir poco letale. Pensai di averla fatta fuori subito, ma nel momento in cui ritrassi la lancia dal corpo dilaniato della mia avversaria, questo si rigenerò in fretta. “Non ti agitare, mia giovane allieva. Testa i limiti della sua abilità.” 

Cercai di non farmi prendere dall’escandescenza del momento e feci come mi aveva detto: un elemento fondamentale in combattimento è quello di studiare le capacità dell’avversario per vedere fin dove possono arrivare per poi colpirlo nei suoi punti vulnerabili, così sfruttai la lentezza dei suoi attacchi per usare la mia velocità e colpirla ripetutamente, sperimentando i limiti di rigenerazione della maga avversaria, stando ovviamente attentissima a non farmi prendere nemmeno una volta o mi avrebbe uccisa di sicuro. Notai che le sue ferite guarivano sempre più lentamente man mano che la ferivo, così pensai che un colpo mortale a quel punto del combattimento potesse metterla definitivamente K.O. 

Decisi di rischiare: assunsi la posa dell’affondo micidiale di Ornstein, mi diedi la spinta e mirai al suo cuore, ma come ogni volta non riuscii a gestire la velocità insostenibile e persi l’equilibrio, cadendo a terra rovinosamente. L’avversaria ne approfittò e caricò un colpo sicuramente mortale, ma con uno sforzo micidiale evocai un muro di catene che bloccò il colpo; mi scansai subito, ma quella non si fermò: sfruttando il rinculo della sua arma schiantata contro le catene, con forza disumana fece leva sulle gambe, roteò su se stessa e scaricò un colpo orizzontale aggiuntivo, imprevisto; d’istinto mi abbassai evitando il colpo, scomposi il bastone della mia lancia e lo avvolsi intorno al corpo del martello della mia avversaria, strappandoglielo di mano e gettandolo lontano da lei. Afferrai al volo l’estremità inferiore della catena, ricomposi il bastone in un attimo e saltai: alla maniera del mio maestro, mi librai in aria come un leone che assale la preda e sfruttai la forza di gravità per trafiggerla con tutta la forza che avevo nel braccio, impalandola letteralmente a terra senza possibilità di replica. 

Lasciai andare la presa e mi allontanai di qualche passo, fissando il corpo martoriato della maga: c’era sangue dappertutto, i suoi occhi vuoti guardavano il cielo e la sua trasformazione si sciolse. Provai un misto di emozioni... soddisfazione, incredulità per le mie capacità ma anche amarezza. Nonostante non mi importasse assolutamente niente di quella ragazza, sentivo comunque un bruciore nello stomaco, un sorta di dispiacere: Ornstein si avvicinò e mi mise una mano sulla spalla con fare paterno, cercando di diradare quella nebbia di pensieri che mi affollavano la testa. “E’ normale, mia giovane allieva. Sconfiggere in duello un tuo pari è una grande prova di abilità, porta onore al tuo nome. Ma, vedi... non importa quali siano i tuoi ideali, e non importa in quale mondo tu viva, la prima volta che uccidi un tuo simile è sempre qualcosa che ti colpisce, che ti fa sentire un po’ marcio dentro. Sono davvero orgoglioso di te, Kyoko. Da me hai imparato tutto, in breve tempo e con grande maestria ma...  mi piacerebbe davvero molto se, oltre alle tecniche di combattimento, tu da me avessi appreso anche un po’ del mio spirito, dei miei ideali. Ciò che vuoi fare dipende solo da te.”

Continuai a fissare il corpo della maga e riflettei molto sulle sue parole: il fatto che fosse orgoglioso di me mi faceva sentire una dea, niente e nessuno mi avrebbe mai fermata con quel potere. E’ vero, per la ragazza provavo solo indifferenza, ma ciò non cancellava la mia... umanità. Non sono un mostro. Senza dire una parola presi il suo corpo e lo seppellii, levando una breve preghiera a chiunque fosse stato in grado di ascoltarla, Ornstein sembrò davvero compiaciuto. “Onore ai caduti, Kyoko. Sempre, mia giovane allieva. Adesso non ho davvero più niente da insegnarti.”

Pochi giorni dopo, il mio maestro tornò nel suo mondo, dopo che la breccia nel tempo si era finalmente allargata: si inginocchiò davanti a me in modo cavalleresco, ma io lo abbracciai forte, fortissimo, sentendo il freddo della sua armatura dorata sulla pelle. “A chiunque me lo chiederà, racconterò volentieri la tua storia, Kyoko. E con orgoglio dirò che sei stata mia allieva.” Lo ammetto, iniziai a piangere come una bambina, ma non potei farne a meno: da spaventata e debole ragazzina lui mi aveva temprata e trasformata in una guerriera... gli dovevo tutto. Mi affidò il suo anello speciale e se ne andò, in un bagliore dorato come la sua armatura. 

Sayaka guardò la sua compagna con faccia sognante, persa in quell’incredibile storia che, probabilmente, la maga cremisi non aveva mai raccontato a nessuno. “Da quel giorno, ogni maga che uccidevo la seppellivo e pregavo per lei, nonostante tutto. Ecco, guarda... tu sei la prima a cui faccio vedere l’Anello del Leone di Ornstein, l’Ammazzadraghi. Nel suo mondo aveva un potere particolare, nel nostro credo di no, ma lo tengo come portafortuna.” Dalla tasca tirò fuori il piccolo oggetto in metallo: era di colore grigio con uno stemma più chiaro, ovvero un leone rampante; Sayaka lo prese in mano e lo studiò per lungo tempo, ammirandone la bellezza. “Kyoko... grazie per avermi raccontato questa storia. Mi sono innamorata di un cavaliere, allora.” Disse la spadaccina sorridendole. 

“No... il cavaliere era lui. Io sono un leone scarlatto.” Il sorriso luminoso della compagna scaldò il cuore della maga cremisi, tanto che si sentì pervadere da nuovo potere, come una calda onda solare: prese l’Anello del Leone e lo indossò all’indice della mano destra, tornò nel punto in cui si stava allenando e si mise in posa per il colpo fatale mai riuscito. 

La velocità dell’assalto non le sembrò più una nemica, forse per il sollievo di aver finalmente aperto il suo cuore o forse per l’effettivo potere dell’anello: la accolse, la fece sua alleata, e nel tempo di un battito di ciglia un muro di cemento fu completamente fatto a pezzi, candendo in macerie.

  
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