Era una fredda giornata di fine ottobre e nella città di New York pioveva cosi tanto, che il cappuccio dell’impermeabile comprato con gli ultimi centesimi rimastile, già non svolgeva più il suo indispensabile lavoro dando una scusa i suoi scuri capelli per appiccicarsi al viso.
Eppure camminava imperterrita tenendo lo sguardo basso sulla strada fangosa di periferia, rimuginando sul quel brutto tempo e sul fatto che avrebbe dovuto affidarsi ai suoi sensi non a quelle previsioni meteo da sbarazzo trasmesse al telegiornale della stazione. “Sole! Uno splendido sole rischiarirà le vostre uggiose giornata! Puah!” . Sapete non è da tutti avere una dote, poteri, chiamateli come vi pare, che oltre a tante cose, ti facevano anche capire gli sbalzi del tempo, eppure non si fidava ancora di loro, non per un motivo preciso, tanto per divertimento anche se poi era lei a rimetterci, come questa volta.
Non pensava che però arrivata nella Grande Mela, di cui ancora non capiva cosa centrasse la parola “mela” con una città, avrebbe trovato un tale tempo a darle il benvenuto. Di certo questo non gli avrebbe fatto cambiare idea e tradire quella promessa che aveva ormai fatta alla madre nel letto di morte quasi un mese.
Cosi solo accompagnata da una lettera, che custodiva a rischio della propria vita quale fosse un tesoro inestimabile, da un giubbottino estivo e una borsetta con le sue poche cose, andò a sbattere contro una sagoma rosa, e insieme a quella cadde a terra.
La sagoma rosa, dopo aver mandato una serie di imprecazioni in una strana lingua si voltò: era una ragazza forse poco più grande di lei anche se parecchio più bassa, o di altezza media, non lo sapeva giusto che era sempre stata molto alta per la sua età, con dei capelli biondi, tendenti al rosso dove si erano bagnati bagnati, che le incorniciavano il viso e due grandi occhi azzurri che la fissavano trasmettendo fastidio ma anche curiosità. Le rivolse un sorriso.
“Dove sei diretta?”  chiese la ragazza bionda con uno strano accento.
“In un qualsiasi posto asciutto” borbottò lei.
“Qui vicino dovrebbe esserci una locanda…spero…Sai vengo da fuori città, un paese parecchio lontano, uno di quelli che per andarci hai bisogno di un aereo e una volta arrivatoci soffri di jet-leg per un po’, sono venuta per un viaggio di cultura ma mi sa che mi hanno ingannato, giusto che laggiù all’angolo non esiste nessun “il casolare della nonna”..Mi sa che ti sto spaventando…. parlo parlo e neanche sai chi sono potrei essere un travestito un rapinatore armato di spada chissà e tu mi stai ascoltando solo per paura che ti possa fare del male con quella…comunque mi chiamo Charity tu?”
Lei che da parecchi anni era restia a qualsiasi interazione con qualsiasi essere umano, “Leslie” disse subito come d’istinto: sentiva che di quella ragazza, anche se non riusciva a capire di preciso che essere  fosse, ci si potesse fidare.
Cosi le ragazze, una bionda e una mora, si incamminarono nella fredda stradina di periferia diretta verso la luce.