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Autore: riccardoIII    09/06/2016    6 recensioni
Missing moment che parte tra il capitolo 30 e il capitolo 31 de "La Chiave di Volta": James ha cacciato Sirius dall'infermeria, minacciandolo, il mattino successivo allo "scherzo" che questi ha architettato ai danni di Piton, coinvolgendo Remus e mettendo in pericolo il segreto suo e dei Malandrini. La versione di James del litigio che ha rischiato di distruggere l'Amicizia, quella con la A maiuscola.
I personaggi appartengono a J.K. Rowling; scrivo senza scopo di lucro.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charlus Potter, Dorea Black, James Potter, Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
- Questa storia fa parte della serie 'La Chiave di Volta - Other Voices'
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-Mi dispiace-
Nella mente di James, in cui mille voci urlavano e si sovrapponevano impedendogli di pensare lucidamente, non c’era molto spazio per qualcosa che non fosse la propria disperazione; ma Remus aveva la precedenza su qualunque cosa, in quel momento, stremato e disperato e spaventato com’era, rannicchiato in quel letto d’ospedale troppo bianco e troppo sterile, così si sforzò di sorridergli posando una mano sul suo braccio, senza bisogno di altre parole per capire che non si stesse riferendo solo alla ferita sulla spalla e al dolore che quella gli aveva causato.
-Non dirlo neppure per scherzo, Rem. Pensa a riposare, resto qui con te-
In quel momento udì la porta chiudersi con un tonfo e l’ira divampò in lui più forte che mai, più forte della sera prima o di quando aveva ascoltato quella voce spezzata confessare le sue colpe.
Sirius non aveva il diritto di soffrire.
Si sentì debole, seduto su quella sedia accanto a uno dei suoi migliori amici, e non c’entrava nulla aver affrontato un Licantropo meno di dodici ore prima o avere un braccio immobilizzato dalle bende. Si sentì debole perché non riusciva a smettere di sanguinare dentro. Perché una parte del suo cervello continuava a ripetere che ci doveva essere stato un errore, che lui non l’avrebbe mai fatto. Perché, per un solo istante, aveva sperato che Sirius non se ne andasse anche se gli aveva chiesto di sparire.
-Dovresti stenderti anche tu. Come… Come stai? La ferita è profonda?-
James guardò gli occhi verdi e opachi di Remus e una morsa gli strinse lo stomaco; doveva pensare solo a lui adesso. Continuava a ripeterselo, ma non stava funzionando granché.
-Affatto, Madama Chips l’ha rimarginata in un attimo. Ha voluto fasciarmi solo perché era sicura che non sarei stato fermo, altrimenti, ma tra poco mi libererà. Tu come ti senti?-
Il ragazzo pallido e smagrito abbassò le palpebre, una smorfia di dolore puro a tormentargli il viso. James finse di non vedere la lacrima che dall’angolo dell’occhio sinistro cadde sul cuscino; la sua domanda non ebbe altra risposta.
Rimase lì, immobile, la mano ancora posata sull’arto immobile di Remus il cui petto si sollevava e si abbassava ritmicamente in maniera quasi impercettibile, le palpebre serrate come quelle di un bambino che tentasse di nascondersi chiudendo gli occhi, convinto che non essendo in grado di vedere il mondo quello sparirà e non vedrà lui.
James avrebbe voluto correre. Era quello il suo modo di nascondersi dal mondo, andare più veloce di tutti gli altri. Avrebbe voluto correre e non voltarsi indietro mai, e correre verso qualunque e nessun luogo, correre lontano lasciandosi dietro tutto quello, sperando che sparisse come un brutto sogno che finisce al mattino. Avrebbe voluto correre via, James, ma c’era Remus, lì, debole e inerme e terribilmente ferito, e aveva giurato di proteggerlo. Non l’avrebbe abbandonato anche lui.

Era così concentrato ad ascoltare il respiro sottile e fin troppo regolare del suo amico fintamente addormentato che non si rese conto della porta d’ingresso dell’Infermeria che, lentamente, si aprì e si richiuse alla spalle di una bella donna di mezza età avvolta in un mantello da viaggio. James non diede segno di aver notato la sua presenza finché una mano si posò sulla sua spalla sana; quando abbassò lo sguardo riconobbe le dita lunghe e sottili, la pelle alabastrina e le unghie curate, la fede all’anulare sinistro che era sempre stata infilata a quel dito, ogni giorno da quando aveva memoria.
Non ebbe bisogno di sollevare lo sguardo; aveva colto l’identità della nuova venuta quando un profumo di pulito e cannella l’aveva avvolto, come in ogni migliore giorno della sua vita.
-Ciao, mamma- sibilò, ma fu sufficiente perché la stretta si facesse più decisa sulla spalla sana e un bacio venisse deposto tra i suoi capelli, proprio vicino alla tempia. Per un attimo si illuse di essere ancora un bambino preoccupato di essere sempre solo e di essere destinato a restarlo, perché a quel tempo il ritorno a casa dei suoi genitori dal lavoro equivaleva alla dissoluzione delle sue angosce; quasi sorrise quando si rese conto che la paura di non avere nessuno al suo fianco se n’era andata quando aveva incontrato Sirius ed era tornata proprio ora che l’aveva mandato via.
In quel momento si rese conto che la cosa che lo terrorizzava di più, a sedici anni non ancora compiuti, non era restare solo; era restare senza Sirius.
Quando Dorea si avvicinò al suo capezzale Remus non aprì gli occhi, anche se per James che lo conosceva tanto bene era evidente che si fosse irrigidito; la mano di sua madre si allontanò dalla sua spalla per spostare i capelli biondi e sudati dalla fronte del finto addormentato. Il gesto pratico si trasformò in una carezza dolce e delicata che accompagnò tutto il profilo del Lupo Mannaro, fin sopra le bende che spuntavano dal colletto del pigiama bianco che venne prontamente sistemato attorno alle spalle con incredibile delicatezza. La donna si chinò su Remus quasi come se volesse lasciare un bacio anche sulla sua fronte, ma poi ci ripensò e si limitò a sistemargli le coperte attorno al busto. Probabilmente si era resa conto che il ragazzo era sveglio e non aveva voluto imbarazzarlo.

Rimasero in silenzio per un tempo che James non avrebbe potuto quantificare, accanto al letto di Remus; Madama Chips venne a controllare il suo paziente solo dopo che si fu finalmente addormentato sul serio e dedicò un’occhiata stranamente morbida a James prima di porgere una mano a Dorea e chiedere loro di spostarsi per poter visitare Remus. Un attimo dopo James era seduto sul letto che aveva occupato durante la notte passata, mentre Dorea aveva preso posto sulla sedia che si trovava lì accanto. James aveva la sensazione che fosse stata occupata fino a poco tempo prima, ma questa convinzione non faceva altro che acuire il prurito delle sua mani.
-Come ti senti?-
James rialzò gli occhi dal proprio polso coperto dalle bende per fissare il viso di sua madre; gli sembrava già abbastanza strano che avesse aspettato tutto quel tempo per parlare, non trovare l’espressione adirata che si era aspettato di vedere incisa nei lineamenti resi più profondi dalle leggere rughe lo stupì parecchio.
-Bene. Madama Chips mi ha sistemato ieri sera, ha voluto tenermi qui per sicurezza. Ti ha chiamata Silente?-
-Ci ha mandato un gufo questa mattina all’alba e siamo venuti immediatamente. Tuo padre è con Sirius, ora-
Un ghigno amaro piegò le labbra di James mentre il suo cuore si spezzava un po’ di più. La cosa più assurda fu non essere stupito dalla notizia.
-Ma certo. Ovvio-
L’espressione della donna si indurì parecchio.
-James-
Non riuscì a trattenere il veleno che venne sputato fuori con la sua ironica richiesta.
-Cosa?-
-Avete sbagliato. Entrambi-
La bocca del ragazzo si spalancò.
-Stai scherzando, vero?! Stai per sgridare me e nel frattempo papà è impegnato a tirare su di morale quel lurido pez…-
Questa volta la furia fu ben evidente sul volto di sua madre, che per rimarcare la sua ferma presa di posizione si alzò in piedi in modo da sovrastarlo.
-Non parlare in quel modo di tuo fratello-
Una stilettata in pieno petto avrebbe fatto meno male, James ne era totalmente certo. Per un secondo ebbe l’impulso di scoppiare in lacrime come un bambino.
-Lui non è più mio fratello! Non lo è mai stato!-
-Sirius è tuo fratello e mio figlio. Ha commesso un gravissimo errore, ma anche tu hai sbagliato molto. Da quanto sai che Remus è un Licantropo e ce l’hai tenuto nascosto?-
-Cosa diamine importa, questo?! Non siete voi gli amici di Remus! Perché avrebbe dovuto riguardarvi?!-
Per un attimo ebbe quasi l’impressione che sua madre volesse colpirlo; invece la sua mano si sollevò solo per posarsi con dolcezza sulla sua guancia. I suoi occhi errano di nuovo dolci e tristi.
-Perché Remus è tuo amico, James, e tu sei nostro figlio. Avevamo il diritto di sapere, considerando che probabilmente sarebbe accaduto qualcosa di simile, conoscendoti-
-Non potevo rivelarvi una cosa così personale della vita di un’altra persona!-
-Avresti dovuto se questa cosa condiziona la tua, di vita. E non dirmi che temevi la nostra reazione, perché sai benissimo che né io né tuo padre avremmo mai potuto cambiare idea su Remus. L’avremmo trattato esattamente come lo tratteremo da ora in poi, come abbiamo sempre fatto-
James deglutì. Di certo a questo non avrebbe mai potuto obiettare. Prese un respiro e scacciò l’irritazione e la delusione in modo da raccogliere le idee e parlare coscientemente.
-È la sua vita, mamma. Se uno dei miei amici ha un segreto così grande da nascondere io non posso tradirlo. Non potevo dirvelo, capisco le tue ragioni ma se tornassi indietro lo rifarei. Ci sono cose… Che semplicemente non posso dirvi, perché non riguardano solo me. E so cosa stai per dire, che ieri ho rischiato grosso e non avrei dovuto, e so che lo dici perché sei mia madre ed è giusto che tu voglia proteggermi, ma tu sai che se Remus o chiunque altro dovesse essere in pericolo, domani, io rifarei la stessa cosa. È uno dei miei migliori amici, cercherei di difenderlo da qualunque cosa a qualunque costo-
La mano fresca di sua madre, ancora posata sul suo viso, si mosse per finire la sua carezza tra i riccioli neri, spettinandoli come non faceva quasi mai.
-Sei così uguale a tuo padre- mormorò con una sfumatura quasi malinconica nella voce, -Mi costringete sempre a preoccuparmi, voi tre-
James si irrigidì; le parole e la tristezza non erano casuali. Il viso della donna sembrava trasudare amarezza.
-James. Non voglio negare la gravità di quanto accaduto, né ho intenzione di giustificare Sirius. Ha commesso un gravissimo errore, lo so io e lo sai tu, ma è distrutto. Quando siamo arrivati era in preda a una crisi di panico, accasciato contro la porta dell’Infermeria-
I suoi pugni si strinsero fino a che le unghie si conficcarono nei palmi. Non ebbe difficoltà a immaginarsi Sirius in quello stato, stranamente, e la cosa che lo ferì di più fu la consapevolezza che fosse davvero pentito.
Non poteva accettare che fosse pentito. Non avrebbe potuto odiarlo, se Sirius avesse capito quanto avesse sbagliato.
Lo stomaco si strizzò quando si rese conto che nulla glielo avrebbe mai fatto odiare davvero.
-Quante volte hai visto Sirius così sconvolto, James?-
Una. Una volta sola Sirius si era permesso di crollare davanti a lui, la notte in cui era arrivato a Casa Potter. Mai prima di allora, nonostante tutto ciò che aveva dovuto sopportare, James l’aveva visto piangere senza provare a trattenersi. L'idea che potesse lasciarsi andare in un corridoio dove chiunque avrebbe potuto trovarlo quando in genere non mostrava le sue debolezze nemmeno con lui lo scombussolò tanto che non ebbe la forza di parlare, perché un groppo si era formato nella sua gola.
-Nessuno gli alleggerirà il castigo per ciò che ha fatto ma non è giusto che tu lo condanni senza ascoltarlo. Le sue azioni non saranno forse giustificabili razionalmente, non posso negarlo; tutti commettiamo degli errori che per la ragione sembrano imperdonabili. Ma il cuore, James, quello è un’altra storia-
E lo sapeva bene, James, quanto il cuore fosse un’altra storia. Perché in quel momento tutto ciò che voleva fare era alzarsi e andare a cercare Sirius, tirargli un pugno e abbracciarlo con tutta la forza che potesse racimolare perchè aveva promesso di prendersi cura di lui e invece ora stava crollando e lui non poteva aiutarlo.

Ma non poteva perdonarlo. James aveva fatto di Sirius il suo mondo, l’aveva eletto ad amico, fratello, confidente… Ne aveva fatto l’altra parte di sé, impegnandosi ad essere per Sirius la metà di cui aveva bisogno. Tutti i suoi desideri di bambino solo si erano avverati quando Sirius era entrato in quello scompartimento dell’Espresso per Hogwarts: era stato palese per lui che avrebbero condiviso ogni cosa nell’istante in cui aveva incontrato quegli occhi grigi, seri ma con un lampo di furbizia e irrequietezza che li faceva brillare come stelle, come se quel bambino troppo pomposo avesse un cartello appiccicato sulla sua veste perfettamente inamidata con su scritto: “Sono qui per James Potter”.
In cinque anni James si era impegnato anima e corpo per essere tutto quello di cui Sirius aveva bisogno, e quando non aveva potuto diventarlo allora aveva fatto in modo che lui ottenesse ciò che voleva. A costo di lasciarlo tornare in quella dannata casa di Londra senza poter muovere un dito, vedendolo picchiato e sanguinante che lo ringraziava con un sorriso nonostante tutto; a costo di spingerlo a cercare quel deficiente di suo fratello, quello che avrebbe meritato di essere preso a calci in culo per il dolore che gli aveva causato; a costo di accettare che lo proteggesse nascondendogli di essere stato torturato e Maledetto per anni, perché probabilmente James avrebbe fatto lo stesso per Sirius se fosse stato al suo posto.
E ora… Ora Sirius aveva fatto ciò di cui James non l’avrebbe mai creduto capace: l’aveva tradito. Aveva tradito i Malandrini, aveva tradito Remus, aveva tradito i suoi principi e i suoi genitori, aveva tradito lui. E per cosa? Per Regulus, ovviamente. Per quel fratello che gli aveva solo sputato in faccia, per quel fratello che l’aveva offeso e deriso e rifiutato, per quel fratello sempre più vicino alle Arti Oscure che non desiderava essere salvato e che Sirius non riusciva a lasciarsi dietro nemmeno a costo di mettere a repentaglio il segreto, l’istruzione, la libertà e la vita di Remus, uno dei suoi migliori amici.
Sirius aveva mandato a puttane quello che avevano costruito in cinque anni per punire Piton perché Piton aveva parlato di Regulus come un piccolo aspirante Mangiamorte.
Sirius aveva tradito tutti loro, aveva tradito lui che gli aveva messo in mano tutta la sua esistenza, per Regulus. Come per Regulus non aveva voluto salvarsi prima dalla sua famiglia, come per Regulus aveva subito gli schiaffi e gli incantesimi e gli insulti, come per Regulus non aveva mai smesso di soffrire in quegli anni anche se James aveva tentato di dargli tutto ciò di cui aveva bisogno fallendo perchè, dannazione, Sirius voleva Regulus.
E lui era così tanto egoista da non riuscire a pensare a quanto Remus fosse distrutto, a tutto ciò che quello che era accaduto la sera prima avrebbe comportato, perché era troppo impegnato ad essere furioso con Sirius per il dolore che gli aveva inflitto. Era troppo schifato dal tradimento nei propri confronti, era troppo arrabbiato per tutta quella situazione di merda per pensare lucidamente a quanto Remus dovesse soffrire, a quanto avesse rischiato a causa del colpo di testa di quel deficiente che era stato il suo migliore amico fino al giorno prima.
Era un pessimo, pessimo amico. Remus avrebbe dovuto odiarlo.

Fu strappato dalle sue elucubrazioni quando la tenda che era stata tirata attorno al suo letto venne aperta, rivelando la presenza di Charlus Potter.
-Ciao James-
-Papà-
Infuse in quelle due sillabe tutto il rancore che lo aveva assalito quando sua madre gli aveva detto che suo padre era con Sirius, lo stesso rancore che si era ripresentato scacciando delusione e dolore appena il viso di suo padre era comparso nel suo campo visivo. Così era più semplice andare avanti, l’aveva capito da quando aveva aperto gli occhi e la voce di Sirius  impegnata a scusarsi con Remus gli aveva fatto venire voglia di spaccare il mondo. Se avesse continuato ad essere arrabbiato forse avrebbe sofferto di meno, forse avrebbe dimenticato prima.
Valeva la pena tentare.
Se suo padre colse la freddezza nel suo tono non lo diede a vedere; posò una mano sul braccio della moglie in segno di saluto e poi si avvicinò al letto sul quale era ancora seduto per scrutarlo da vicino.
-Stai bene?-
-Una favola, non si vede?-
Gli occhi verdi di suo padre si fissarono nei suoi, privi di qualunque bagliore ironico.
-James, sono stato svegliato alle cinque del mattino da una lettera che mi diceva che eri ricoverato in Infermeria, gravemente ferito. Per quanto mi fidi ciecamente di Albus, ho davvero bisogno che tu mi dica come stai-
Era quel tono, il tono che usava quando voleva che si facesse qualcosa e la si facesse in fretta; non l’aveva usato quasi mai in casa, ma qualche volta James l’aveva sentito parlare in quel modo ai suoi sottoposti nelle occasioni in cui suo padre l’aveva portato in ufficio con sé.
-Sto bene. La ferita è rimarginata da ieri sera, le bende erano solo una precauzione per farmi stare buono-
L’uomo annuì una volta e poi, senza alcun preavviso, lo abbracciò.
-Non so se essere più arrabbiato o più fiero di te, Jamie- gli sussurrò in un orecchio prima di lasciarlo andare. Il ragazzo lo guardò totalmente attonito, senza rendersi conto che sua madre era uscita di scena.
-Be’, di certo non mi aspettavo che tu  fossi fiero di me- borbottò, cercando di trattenere l’istintivo moto di soddisfazione che provava sempre quando capiva di aver colpito piacevolmente suo padre e che pareva essere in grado di scacciare anche l’ira che provava nei suoi confronti. L’uomo lo guardò con un cipiglio serio ma lievemente più morbido.
-Avresti dovuto dircelo, James. Sai che non sarebbe cambiato niente di ciò che pensiamo di Remus, ma era nostro diritto sapere. È per questo che sono arrabbiato con te, perché mi hai mentito per cinque anni. Perchè non ti sei fidato di me. E sono arrabbiato perché non hai pensato, prima di agire, e ti sei buttato a capofitto in una situazione che sapevi benissimo essere terribilmente pericolosa senza nessun aiuto.
Ma l’hai fatto per salvare più di una vita, e questo ti rende onore. Hai messo a repentaglio la tua salute e la tua esistenza per aiutare qualcuno che aveva bisogno di te, che sarebbe morto se tu non fossi intervenuto. Questo non può che rendermi orgoglioso di mio figlio e dell’uomo che stai diventando, anche se mi aspetto una maturità maggiore nel gestire situazioni del genere la prossima volta-
L’ultima parte sembrò più che altro una minaccia, tanto che James si affrettò ad annuire lasciandoche l'angolo sinistro delle sue labbra salisse impercettibilmente verso l'alto; non aveva dimenticato di essere arrabbiato con lui, ma era pur sempre suo padre, il famoso Auror che sognava di eguagliare da quando aveva due anni e che aveva cercato di compiacere in ogni modo da molto, molto prima.
L’uomo si sedette accanto a lui, sul letto, faticando un po’ per gestire la gamba rigida.
-Ti va di parlarne?-
James si voltò di scatto.
-Di cosa dovremmo parlare?-
Gli occhi verdi scavarono impietosi nei suoi, come solo a loro era permesso fare.
-Del fatto che Sirius ti ha ferito-
Per poco non scoppiò a ridere.
-Ferito? Ferito?! Lui… Che grandissimo bastardo…  Enorme pezzo di… Io… Non… Ha buttato all’aria le nostre vite! E Remus… Remus è distrutto, completamente! Hai idea di quello che gli sarebbe capitato se… Se avesse anche solamente graffiato Piton?!-
Charlus si passò stancamente una mano tra i capelli.
-Purtroppo ne ho un’idea ben precisa. Sirius ha commesso un errore molto grave, James, ma…-
L’ira malamente tenuta sotto controllo fino a quel momento tornò a ribollire come magma nella sua gola.
-“Ma” cosa, papà? È pentito? Sta male? Be’, è proprio così che deve andare! E comunque è tutto da dimostrare, che sia davvero pentito! Dopotutto è stato addestrato a raccontare balle da sempre!-
I lineamenti di suo padre di irrigidirono.
-James, non sta fingendo. Mi ha raccontato tutto, e posso garantirti che…-
-Hai idea di quante panzane mi ha rifilato in questi anni? Che non lo picchiavano più, che non avevano mai usato Maledizioni contro di lui… Chissà quante altre cazzate mi ha raccontato senza che io me ne accorgessi perché sono stato così stupido da fidarmi di lui!-
Aveva alzato la voce ed era saltato in piedi, senza curarsi che qualcuno potesse ascoltare le sue parole. La collera era così tanta che il desiderio di fare a pezzi ogni cosa per un attimo prese il sopravvento su quel briciolo di ragione che era stato risparmiato dal suo dolore.
-Sai bene perché ti ha nascosto quelle cose, negli anni, e non mi sembra che tu sia stato così sincero con lui da poter recriminare per le sue omissioni-
Un brivido freddo percorse il collo del ragazzo a quelle parole significative, che lo scoprivano colpevole; suo padre non gli diede il tempo di riprendersi prima di partire ancora una volta alla carica.
-Ha cercato di proteggerti come meglio poteva. Ti vuole bene, non voleva che stessi m…-
-Si, certo, raccontati pure queste balle! Io ho smesso di credergli, è un Black come tutti gli alt…-
-Ti ricordo, James, che tua madre porta quel cognome-
Fu come se suo padre l’avesse colpito come uno schiaffo in pieno volto. Rimase bloccato in piedi, di fronte all’Auror che lo guardava con durezza, cercando di capire perchè si sentisse come se avesse picchiato un dodicenne o maltrattato un gattino.
-Ho appena detto di essere fiero di te. Non lasciare che la tua rabbia ti renda cieco. Non dimenticare cosa ti ho insegnato. Sirius ha fatto ciò che ha fatto per sua scelta, non perché è cattivo per natura. Nessuno lo è. Siamo padroni delle nostre vite, te lo ripeto da quando avevi un anno, James-
Il suo tono si addolcì improvvisamente e la furia di James aumentò per quella delicatezza riservata a colui che in quel momento era il suo peggior nemico e la sua dannazione.
-Mi ha parlato, James, proprio come tu mi stai parlando ora. Ed è completamente a pezzi, è spaventato, e credimi se ti dico che sono abbastanza bravo a capire se le persone che ho di fronte mentono o no-
-Be’, forse puoi sbagliare anche tu di tanto in tanto!- gli rispose alzando ancora la voce, solo per il puro piacere di indispettirlo, di ferirlo, di punirlo perché…
-Certo che sbaglio, come tutti. Ho sbagliato molto nella mia vita, ma cerco di fare del mio meglio. E ti garantisco, se puoi credermi, che Sirius è sinceramente sconvolto. Non ti sto chiedendo di parlarci ora, o di perdonarlo subito, ma solo di non nutrirti di quei pregiudizi che facilmente il rancore porta con sé. Sirius è una parte importante della tua vita e della nostra, per quanto potrai fingere di odiarlo entrambi sappiamo che non è così che stanno le cose e che rimarrà comunque tuo fratello e il figlio che io e tua madre amiamo come se fosse nostro da sempre-
-Ma cosa ne sai tu, eh, di quello che provo io?!-
Suo padre, contro ogni sua previsione vista l'ironia cattiva insita nelle sue parole, sorrisemestamente e scese dal letto a fatica; posò una mano sulla sua spalla e il ragazzo dovette trattenersi dallo scrollarla via.
-So che stai andando in pezzi, James, ed è giusto che sia così. Se davvero di lui non ti importasse nulla non soffriresti così. Sei deluso, arrabbiato, sconvolto, e questo non è sbagliato. È  sbagliato negare il dolore per orgoglio. L’orgoglio, James, è l’unica arma in grado di distruggere i legami indissolubili come quello che unisce te e Sirius-
Stavolta non riuscì a trattenersi; voltò le spalle a suo padre con stizza e si avvicinò alla tenda che circondava il piccolo spazio attorno al suo letto.
-Non c’è più nessun legame. Lui ha già distrutto ogni cosa-
E scostò la tenda, dirigendosi al capezzale di un imbarazzato Remus che mandava giù un bicchiere di pozione che sua madre, con un sorriso gentile e allegro, gli porgeva.

James correva, correva nella Foresta Proibita schivando rami e radici, correva ignorando animali e Creature Magiche, ignorando le frecce dei Centauri che cercavano invano di colpirlo per fare di lui la sua cena.
Aveva picchiato Sirius. L’aveva picchiato e aveva pianto, e l’aveva lasciato sanguinante dove lui l’aveva atteso sapendo che sarebbe andato a reclamare il suo debito. L’aveva picchiato, aveva pianto, l’aveva insultato e poi era scappato via come un codardo, lasciandolo ai margini della Foresta coperto di sangue.
Ed era ormai quasi un mese che correva nella Foresta Proibita fino a rimanere senza fiato, ogni mattina all’alba, per smettere di rivedere il viso di Sirius coperto di sangue e tempestato dai suoi pugni. Per non pensare. I sentimenti di Prongs erano da sempre più ovattati di quelli di James.
Quasi sorrise all’idea che quel dolore doveva essere davvero grande, se perfino nella sua forma di Animagus gli strappava il cuore in mille brandelli senza un attimo di sosta.
Aveva riversato addosso a Sirius una quantità di odio riguardevole, in quei pochi incontri faccia a faccia che avevano avuto da quella maledetta notte, e continuava a ignorarlo più che poteva ogni singolo minuto che era costretto a passare nella sua stessa stanza, ma pareva proprio che quella politica non sortisse grandi risultati.
Era la venticinquesima alba che passava correndo per la Foresta Proibita e nemmeno una stilla di quella sofferenza che lo attanagliava da quando Sirius l’aveva tradito aveva abbandonato il suo corpo insieme al suo sudore; ogni mattina sollevava le palpebre per fuggire ai propri incubi, infilava gli occhiali e voltava il capo per fissare il suo letto, sperando di scorgere il suo occupante dormire rannicchiato sul fianco e non osando confessare nemmeno a se stesso questo desiderio. Ma il baldacchino di Sirius era sempre, inesorabilmente vuoto.
Gli faceva male il labbro, ancora spaccato nel punto in cui il suo ex migliore amico l’aveva colpito un paio di giorni prima. Vederlo con Lily gli aveva mandato il sangue al cervello e ciò che non riusciva ancora a spiegare nemmeno a se stesso era di chi, in realtà, fosse stato geloso quando li aveva sentiti ridere insieme.
Lui non rideva più. Non da quando aveva perso Sirius.
Per la rabbia caricò un albero giovane e lo abbattè col suo palco, per pentirsi immediatamente dopo del suo gesto inutile e cattivo.

-E cosa dovrei fare? Continuare a vivere grazie alla carità di qualcuno? Io non ho un soldo, Remus! Non ho una casa dove stare! Non posso e non voglio dipendere dagli altri. E, in più, questo posto non ha nessuna attrattiva per me, ormai. Guardami! Le uniche persone a cui voglio bene ora mi odiano, vivo in un aula piena di polvere e dormo su uno stupido letto duro quanto un tavolo! Non ho famiglia, non ho amici, non ho denaro, non ho nulla! La mia vita se l’è preso nel culo e io non posso più restare qui. Non ce la faccio. Io… Vi vedo… E non ce la faccio-
Non pensò. Non rifletté, non cercò giustificazioni, non si chiese se fosse giusto né se lo meritasse, non ascoltò nessuna della voci che continuavano ad urlare nella sua testa da venticinque giorni senza mai lasciarlo in pace.
L’unica cosa che comprese fu che Sirius era disperato. Solo, sperduto, spaventato, dolorante, paralizzato, spezzato.
Proprio come lui.
Aveva saputo da subito che Sirius era pentito, nonostante avesse finto di non crederlo. Aveva saputo da sempre che avrebbe dato qualunque cosa per rimediare al suo danno, perché per Sirius l’amicizia era sacra e, nonostante James si fosse sforzato di dimenticarlo, non era una cosa che si poteva facilmente rimuovere il fatto che avesse scelto loro, in quella guerra tra il mondo e i Black.
Era stato accecato dal dolore, dalla delusione, dalla gelosia, dall’orgoglio, dalla paura. Dalla paura che Sirius un giorno, prima o poi, se ne andasse, lasciandolo solo di nuovo. E lui non sapeva respirare senza Sirius.
Sarebbe forse sopravvissuto a qualunque cosa, ma non a perdere lui. Perché James aveva fatto di Sirius il suo mondo, l’aveva eletto ad amico, fratello, confidente… Ne aveva fatto l’altra parte di sé, impegnandosi ad essere per Sirius la metà di cui aveva bisogno. E forse anche lui, quel giorno sull’Espresso per Hogwarts, aveva indosso un cartello con su scritto “Sono qui per Sirius Black”.
-Ora basta dire cazzate-

-Mi hai sentito? Non ti lascerò mollare tutto. E tu non sei solo. Hai noi. Hai me. Io non me ne vado, Sirius-
“Mai”.

 
Note:
l'inizio della storia si colloca, come scritto nella presentazione, a cavallo tra il capitolo 30 e il 31 de "La Chiave di Volta"; la seconda parte invece si può posizionare prima del capitolo 33.
Per chi ha letto la storia da cui è tratta la shot credo siano necessarie delle spiegazioni circa le reazioni di Charlus e Dorea, che qui sono molto più pacate; questo è dovuto al fatto che qui viene narrato il primo incontro tra i genitori e James, che quindi sono più comprensivi nei confronti del figlio e gli perdonano la rabbia e l'insubordinazione, mentre all'incontro col Preside e Sirius Charlus cerca di frenare suo figlio a causa della presenza di Silente e perchè in qualche modo vuole proteggere Sirius dalla furia cieca di James, che sa ferire molto bene. Il fatto che nel capitolo 31 James insinui che non accetterà più Sirius nella loro famiglia, nonostante il discorso che sia Dorea che Charlus gli fanno in questa storia sul fatto che Sirius resta in ogni caso loro figlio, fa scattare Charlus definitivamente a protezione del più debole tra i due, ma anche della propria integrità di genitore che non si tirerà indietro di fronte al primo ostacolo che gli si pone davanti.
Le parti in corsivo virgolettate nella chiusura della OS sono frasi che James pronuncia alla fine del capitolo 33.

 
 
 
   
 
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