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Autore: WikiGabry    09/06/2016    1 recensioni
Alessandro "Sandro" Rovani è un ragazzino ebreo italiano, emigrato da piccolo in Francia con i genitori per sfuggire alle leggi razziali del 1938.
Nel 1943, durante l'occupazione tedesca di Parigi, lui ed il suo migliore amico Ethan, un ragazzino ebreo inglese (anche lui emigrato dal paese d'origine), verranno catturati e spediti prima in un campo di transito nel Centro e poi ad Auschwitz: cosa accadrà loro?
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Olocausto
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Dal giorno dell'arrivo dei nazisti, la vita di noi ebrei parigini cambiò in peggio.
Tutti noi israeliti fummo costretti a portare un simbolo della nostra religione, la stella di Davide, sul nostro vestiario.
I tedeschi permisero però agli adulti di continuare il proprio lavoro e a noi bambini di iniziare o proseguire il nostro percorso scolastico, a differenza di quanto accadeva in Germania o in Italia nel medesimo periodo.
Io ed Ethan cominciammo quindi regolarmente le elementari nel settembre del 1940: eravamo abbastanza bravi a scuola (stazionavamo sull'8 di media) ed i professori apprezzavano molto noi ed i nostri interventi, ma non potevamo dire lo stesso di buona parte della gente di Parigi...
La fornaia del mio quartiere, ad esempio, da quando i tedeschi erano entrati a Parigi, affermava di voler vendere il suo pane (il migliore della città) solo a degli "ariani"...
Quando avevo sentito per la prima volta quest'ultima parola, avevo storto la bocca, quasi divertito, non sapendo cosa volesse dire.
Ma io ed Ethan scoprimmo a nostre spese il significato del vocabolo, e fummo costretti a chiedere al padre di un nostro compagno di classe cattolico di comprare ogni settimana il pane anche per noi, con i franchi che gli avremmo fornito al momento.
Per fortuna, egli era un brav'uomo, e non si fece troppi problemi, accettando di buon grado, ma noi ebrei rimanevamo sempre molto, troppo discriminati.
L'arrivo dell'estate era per me ed Ethan il momento migliore dell'anno, e non solo per il contemporaneo avvento delle vacanze...
Io ed il mio migliore amico, infatti, agli inizi di giugno del 1941, avevamo scoperto un piccolo torrente in un boschetto nei pressi di Parigi e, dopo molte occhiate dolci fatte ai nostri genitori, avevamo ottenuto il permesso di andarci da soli, in bicicletta: il ruscello era ben nascosto nella piccola foresta, per cui nessuno, ad eccezione di noi due e delle nostre famiglie, conosceva la sua posizione, e quindi eravamo del tutto esenti da insulti razzisti.
Il momento di entrare in acqua, inoltre, era un'autentica liberazione: togliendoci i nostri vestiti, ci liberavamo per almeno un'oretta e mezza di quella maledetta stella, che oramai stavamo iniziando ad odiare e che pesava moltissimo sul nostro cuore...
La stagione calda era quindi diventato sinonimo di libertà per me ed Ethan, ma presto questo diritto ci sarebbe stato negato...

Era la fine di novembre del 1943, e la neve aveva già imbiancato Parigi e buona parte della Francia occupata, ricordando ai bambini cristiani che non mancava troppo tempo al Natale.
Nonostante il gelo, la situazione in città era assai bollente: tra noi ebrei si respirava un clima di tensione, legato alla possibilità (estremamente alta) di una deportazione di massa nei lager.
Il ricordo del rastrellamento del Velodromo d'Inverno (avvenuto poco più un anno prima, il 16/17 luglio 1942), era ancora molto nitido nelle menti di tutti, e la paura di un nuovo rastrellamento si faceva sentire al massimo...
La sera del 28 novembre, in concomitanza con l'inizio della conferenza di Teheran, io ed Ethan, di ritorno di una battaglia a palle di neve contro i nostri (pochi) amici "ariani" durata tutto il pomeriggio, filammo nel bagno delle nostre rispettive case e ci facemmo una doccia: a voi, probabilmente, questo dettaglio non sembrerà importante, ma per me ed il mio migliore amico quella era l'ultima volta che la parola "doccia" stava a significare "getto d'acqua che si fa cadere sul corpo per pulizia"...
Cenammo regolarmente, poi, intorno alle 22:30, il telefono suonò e mio padre si bloccò di colpo, con un'espressione di terrore dipinta in viso.
Alzò la cornetta con le mani tremanti e disse:-Sì....Come?! Adesso?!...Quanto tempo abbiamo?...Ok...Grazie, Annette...Ciao...
Ripose la cornetta e mormorò:-Sono alle porte del quartiere...
Mia madre capì, riunì rapidamente alcune cose da mangiare e da bere, le mise in una grossa borsa e corse fuori dalla porta di casa, andando a bussare freneticamente alla porta dei Kane (il cognome di Ethan e dei suoi genitori), ripetendo più volte la frase che papà aveva mormorato poco prima.
Anche William e Diana appresero la situazione e misero insieme viveri.
Gli unici a non capire, manco a dirlo, eravamo io ed Ethan:-Sbrigatevi, bambini-ci incitò Diana-Dobbiamo correre nei sotterranei!
-Ma...-cominciò Ethan
-Andiamo nei sotterranei!-ripeté William-Il perché ve lo spieghiamo dopo...
Io corsi quindi rapidamente in casa, e presi il mio ormai celebre pallone: sapevo che solo tra le mie mani sarebbe stato al sicuro...
Scendemmo quindi nei sotterranei, e ci rinchiudemmo dentro alla cantina della famiglia Kane, che era a malapena sufficiente per contenere tutti noi sei.
Fu lì che io ed Ethan riuscimmo ad ottenere una spiegazione:-I tedeschi stanno rastrellando tutti gli ebrei di Clignancourt, ed arriveranno qui entro l'alba...-spiegò mio padre
-Dobbiamo impedire che ci prendano, per cui passeremo la notte qui...-aggiunse William
Io ed Ethan, quindi, ci stringemmo l'un l'altro, un po' per riscaldarci, un po' perché avevamo una paura incredibile di quanto stava per accadere:-Sembra di essere in un film...-mi sussurrò Ethan
-Già-concordai io-In un film dell'orrore, però...
Poi ci tirammo una coperta addosso, ed i nostri genitori ci imitarono: stavamo per passare la notte più lunga e brutta della nostra vita...

Gli adulti riuscirono a dormire un po', ma io ed Ethan non potemmo fare a meno di tenere gli occhi spalancati, con il terrore che qualche nazista bussasse alla porta, con l'intenzione di prelevarci.
Il nostro incubo si materializzò intorno alle 6:30 del mattino, quando un violento colpo di spranga ammaccò gravemente la porta d'acciaio della cantina.
In meno di mezz'ora, essa venne completamente danneggiata e scardinata: un uomo con la divisa delle SS si affacciò all'uscio, ci squadrò e, con un marcato accento teutonico, ghignò:-Bene, bene...Vi ho trofati, zporchi ebrei...
Il suo compagno, un collaborazionista francese, ci ordinò:-Uscite subito di qui!
Noi ubbidimmo, mansueti: il tentativo di nasconderci era fallito...
I due soldati ci condussero fuori dal palazzo, comunicandoci che potevamo portare con noi i nostri viveri.
Poi il francese notò il mio pallone:-Ti piace il calcio?-mi domandò
-Sì...-mormorai io
-Non potresti portare con te questo pallone...-commentò lui
Al solo pensiero mi vennero le lacrime agli occhi, ed il soldato collaborazionista, forse impietosito dai miei occhi lucidi, disse:-Ma per questa volta, posso fare un'eccezione...
Io sorrisi, anche se non ne avevo molta voglia, e l'uomo ci scortò presso una grande folla di ebrei: l'incubo stava per cominciare...
   
 
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