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Autore: Frerakey    10/06/2016    0 recensioni
- Coming out -
Due parole che mi spaventavano più di qualsiasi altra cosa.
Volevo che nessuno sapesse, ma allo stesso tempo volevo che qualcuno mi sorprendesse a guardare un ragazzo e mi dicesse “Buttati, vai da lui”.
Un racconto di sentimenti ed emozioni che un concerto di Troye Sivan è in grado di trasmettere.
(con riferimenti reali al concerto del 2 maggio all'Alcatraz di Milano)
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Troye Sivan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E ora che farò?
Che ne sarà di me?
La curiosità mi distrugge e il vuoto mi divora.
Eppure solo qualche ora fa mi sentivo così vivo. Il cuore batteva nel mio petto, potevo sentirlo. Forte e chiaro.
Ma ora, ora mi sento come se tutto fosse scomparso, nel nulla, senza lasciare traccia.
I ricordi iniziano pian piano a sbiadire e le emozioni ritornano in quello scrigno che per tutti questi anni avevo tenuto chiuso dentro di me.
Lui. Lui era stato l'unico a riuscire ad aprirlo. Una persona di cui in fondo non so niente. Una persona che di me non sa niente ma che, eppure, sembra sempre sapere così tanto.


In piedi schiacciato in quella folla mi mancava il respiro.
Odio stare in mezzo alle persone, la solitudine è sempre stata parte di me.
La presenza di anche solo poche persone sconosciute mi mette a disagio e mi fa mancare il fiato, ed ora ero lì, pressato tra milioni di loro senza poter muovere un muscolo.
Mi sentivo strano, mi sentivo diverso. Ho paura di schiacciare i piedi a qualcuno dietro di me e di strappare i capelli a qualcuno davanti. Cerco di mantenere il controllo. Chiudo gli occhi e respiro profondamente. Sento i battiti del mio cuore diminuire gradualmente fino a tornare a una velocità nella norma.
Riapro gli occhi e noto sorpreso che un ragazzo, qualche fila più avanti a me, mi sta guardando.
Mi sorride.

Nessun ragazzo mi aveva mai sorriso così.

Qualche ragazza lo aveva fatto alle feste. “Buttati” mi avevano detto “vai da lei”.
Ma io non potevo, non volevo.
Mi dava fastidio quando le persone mi chiedevano scherzando se fossi gay ma allo stesso tempo detestavo come nessuno notasse che guardavo il dj, il barista o un ragazzo qualunque, nello stesso modo in cui quelle ragazze guardavano me.
- Coming out -
Due parole che mi spaventavano più di qualsiasi altra cosa.
Volevo che nessuno sapesse, ma allo stesso tempo volevo che qualcuno mi sorprendesse a guardare un ragazzo e mi dicesse “Buttati, vai da lui”.
Ogni tanto volevo che qualcuno mi costringesse a parlare. Volevo che qualcuno mi insultasse fino a farmi piangere per costringermi a confessare tutto al mondo.

Così che io avessi potuto arrabbiarmi con lui , riversare su di lui tutte le mie sofferenze ma poi essere libero.

Volevo qualcuno da poter incolpare. Volevo aver qualcuno a cui poter dire “è tutta colpa tua se ora sto così”. Mi sentirei male, certo, ma forse poi smetterei di pensare che è tutta colpa mia.

perché lo è.

Volevo che tutti sapessero.
Ma ero sopraffatto dal terrore al solo immaginare l'espressione delle persone nel momento in cui lo venissero a sapere.
Ogni sera, quando andavo a dormire, volevo svegliarmi la mattina dopo ed accorgermi che tutti sapevano tutto. Volevo svegliarmi e accorgermi di aver saltato quel maledetto periodo che mi impediva di agire, quella prima volta in cui entri in classe e tutti lo sanno e ti guardano come se fossi un'altra persona, come se la persona del giorno precedente fosse morta sepolta da una montagna di bugie.
Vorrei poter saltare la prima volta in cui dopo averlo detto vedi tuo padre. E lui non parla, si limita a guardarti con quello sguardo che fa ogni volta in cui fai qualcosa di sbagliato, quello sguardo che nasconde le parole “ma dove ho sbagliato con te?”. E tu vorresti potergli urlare contro che non sei stato tu ad avergli chiesto, quella maledetta notte, di non usare un cazzo di preservativo. Ma non puoi. Non puoi perché lui ti risponderà di non aver detto niente del genere e che non ti discrimina per questo, perché non è mica omofobo. Ma tu sai che non è così.
Sai che le persone dicono di non essere omofobe per mostrarsi aperte e gentili ma la verità è che lo sono tutti. Solo quando non avrai più bisogno di dire “non sono mica omofobo” allora non lo sarai davvero più. Solo quando un ragazzo in lacrime ti dirà di avere un problema e ti confesserà di essere gay e tu, al posto di rispondere “davvero?” o “non me lo aspettavo” o “ io non ti discrimino per questo”, risponderai sollevato “ah, solo questo? E io che pensavo avessi davvero un problema.”
Non volevo fare coming out, ma volevo che tutti sapessero.
Mi ero sempre ripetuto che non avevo bisogno di un ragazzo per essere felice.
Ma non era vero. Ne avevo. Avevo bisogno di essere amato ma soprattutto avevo bisogno di amare.
Il ragazzo mi stava ancora guardando. E solo in quel momento capii che quel ragazzo avrebbe potuto cambiarmi la vita, avrebbe potuto rendermi felice.
Sì, mi immaginavo già le uscite clandestine con lui e i baci e le carezze.

E forse i miei amici avrebbero capito. E non avrei avuto bisogno di fare coming out.

Dovevo fare qualcosa. Dovevo fargli capire che anche io ero interessato a lui.
Non era neanche particolarmente bello, non aveva nulla di particolare.
Fu questo a farmi capire quanto fossi disperato.
Non mi importava che fosse bello, simpatico, gentile. Gli avrei lasciato prendermi il cuore per poi farlo a pezzi e buttarlo in un bidone della spazzatura insieme a tutte le mie speranze.
Gli avrei lasciato fare tutto questo in cambio di un bacio, un semplice bacio in grado di ridare vita alla mia anima che da troppo tempo si sentiva morta o che, forse, non aveva mai vissuto.
Mi sarebbe bastato ricambiare il suo sorriso.
Ci provai ma non ci riuscii. Mi resi conto che per troppo tempo avevo represso i miei sentimenti e ora mi sembrava strano poter esserne libero. No, mi terrorizzava.
“Forza, sorridi!” mi ripetevo: “Ti basta sorridere e lui verrà da te”
Ma ormai era troppo tardi. Girò il volto e tornò a parlare con delle persone vicino a lui.
Si era già voltato e con lui la mia speranza di essere felice.
Il mondo mi cadde addosso.
Se solo avessi reagito...

Ma poi, poi mi accorsi di sentirmi stranamente meglio. Mi accorsi di sentirmi a casa.
Mi girai e alla mia sinistra vidi due ragazze tenersi per mano.
Alla mia destra due ragazzi si stavano abbracciando.
Più avanti altri due ragazzi bisticciavano sul fatto che Connor fosse più figo di Troye oppure no.
Venni avvolto da un calore che non avevo mai provato prima.
Mi sentii strano. Quasi...normale.
Non riuscii a trattenere un sorriso e mi accorsi di star piangendo solo quando la ragazza pressata su di me, alla mia sinistra, mi chiese se stessi bene. “Sì” mi limitai a rispondere. Ma in realtà avrei potuto elencare mille emozioni diverse che stavo provando in quel momento.
O forse no?
Forse non esistono parole adatte a descrivere quello che stavo provando.

Ed è proprio per questo che un etero non capirà mai a fondo il significato di questo testo.

Le luci si spensero e lui salì sul palco iniziando a pronunciare quelle parole che per ore, giorni, mesi, avevo sentito in continuazione senza mai stancarmene.
Ma questa volta era diverso. Non era la stessa voce che ascoltavo sdraiato sul letto con le lacrime agli occhi. Non era la stessa voce che mi teneva compagnia sull'autobus la mattina e neanche quella che mi aiutava ad addormentarti. Questa volta la voce era più pulita, più vera. Potevo sentirlo.
Lo vidi lì e mi sembrò di poter sentire il suo cuore battere allo stesso ritmo del mio.
E per un attimo dimenticai la canzone, il testo, le urla delle persone, le spinte. E fu il silenzio.
C'era solo lui.
Lui che aveva combattuto tutto e tutti per arrivare a cavalcare quel palco e ad urlarci nelle orecchie di non aver paura di essere noi stessi.
Lui era stato più forte di me.
Probabilmente tutto quello che avevo provato io in quei tremendi ultimi anni lo aveva provato anche lui.
Probabilmente anche lui si era sentito spaventato, solo, diverso e confuso.
Ma lui non aveva fatto come me.
Non si era lasciato divorare dal terrore.

Aveva lottato. E aveva vinto.

In poco tempo arrivò il momento della mia canzone preferita: Heaven.
Non vedevo l'ora che iniziasse quando mi accorsi che Troye aveva deciso di introdurla con un discorso.

Ho scritto questa canzone sull'essere omosessuale perchè questo è quello che sono, e volevo scrivere una canzone sulla confusione del momento in cui lo scopri per la prima volta, su quando hai sui 14 anni e pensi al tuo futuro e capisci che un giorno magari avrai dei figli o troverai un partner. Questa canzone è su quel terrore e quella confusione ma è anche sul realizzare che se nessuna di queste cose succederà non mi importa.
Perchè io sono gay, e ne sono fottutamente fiero.”

Mentre pronunciava quelle parole mi sembrò rivolgersi proprio a me, sembrò guardarmi dritto negli occhi. Tra tutte quelle persone lui stava parlando con me, ne ero sicuro.
Non poteva essere altrimenti.
Ma com'era possibile?
Come poteva lui sapere così tante cose di me?
Come poteva conoscermi più di qualsiasi mio amico, parente, più di quanto io conoscevo me stesso?
Come faceva a conoscere le parole esatte che avrei voluto sentirmi dire?
Cantai quella canzone con la voce tremante e le lacrime agli occhi.
Urlai quelle frasi che sentivo così mie con tutta la forza che avevo in corpo.

Feeling like my heart's mistaken so if I'm losing a piece of me maybe I don't want heaven”

Mi guardai intorno e mi accorsi che migliaia di ragazzi urlavano quelle parole proprio come facevo io.

Ma allora forse...

forse è per questo motivo che Troye sapeva quello che stavo provando.
Perchè non ero l'unico a provarlo.
Non ero solo.
Non ero diverso, ero come tutti gli altri.
Loro come me avevano pianto, avevano urlato, si erano sentiti persi e confusi.
Avevano temuto il coming out e forse alcuni di loro erano anche riusciti a farlo.

Fu la prima volta in cui mi sentii normale.

Ritornai a guardare Troye e sorrisi.
Avrei così tanto voluto poter avvicinarmi a lui.
Non per toccarlo, chiedergli un autografo o una foto.
Solamente per dirgli grazie.
Per fargli capire quello che lui stava facendo per me. Anzi, per noi.

Spesi il resto della serata col sorriso sulle labbra, godendomi la musica e pensando solo a divertirmi.


Oh, Troye.
You're so much more than just a lost boy.

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La mattina seguente mi svegliai senza forze. Mi vestii, feci colazione, presi il pullman e andai a scuola.
E ora che farò?
Che ne sarà di me?
La curiosità mi distrugge e il vuoto mi divora.
Eppure solo qualche ora fa mi sentivo così vivo. Il cuore batteva nel mio petto, potevo sentirlo. Forte e chiaro.
Ma ora, ora mi sento come se tutto fosse scomparso, nel nulla, senza lasciare traccia.
I ricordi iniziano pian piano a sbiadire e le emozioni ritornano in quello scrigno che per tutti questi anni avevo tenuto chiuso dentro di me.
Lui. Lui era stato l'unico a riuscire ad aprirlo. Una persona di cui in fondo non so niente. Una persona che di me non sa niente ma che, eppure, sembra sempre sapere così tanto.
Tutto sembrava così grigio e triste.
E' davvero tutto finito?
Nessuno mi avrebbe più guardato come aveva fatto quel ragazzo?
Quel mondo, quello dove mi sentivo normale, era ormai lontano e sbiadito come in un sogno.
Mi coprii il viso con i palmi delle mani e davanti a me lo rividi.
Quel ragazzo esile che a soli vent'anni aveva salvato le vite di milioni di ragazzi tra cui quella del sottoscritto.
Correva da una parte all'altra del palco senza mai fermarsi e senza mai smettere di sfoggiare un luminosissimo sorriso che avrebbe potuto riportare la pace nel mondo.
Lui era fiero di quello che era ed io ero fiero di lui.

No, quella non era una fine.
Era un inizio.
L'inizio della mia vita. La vita che non avevo mai avuto il coraggio di vivere.

Non avrò più paura.
Sarò fiero di me e non mi farò abbattere.
Combatterò e vincerò.

Perchè io sono gay
e ne sono fottutamente fiero.

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PER FAVORE COMMENTATE!!

Per prima cosa voglio riuscire a migliorare per questo vi chiedo di commentare facendomi sapere come vi è sembrata la storia, le vostre impressioni e consigli.
Apprezzo qualsiasi commento,critica o suggerimento.
Grazie

Hope you like it
Frerakey

   
 
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