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Autore: NonnaPapera    11/06/2016    1 recensioni
I cinque draghi consiglieri, il re e la regina lo circondavano sempre più strettamente girandogli intorno con impazienza.
Avrebbero potuto tranquillamente assumere sembianze umane ma Hakun sapeva bene che non l’avrebbero fatto; perché rinunciare ad essere degli essere enormi ed immensi se si pensa di dover ingaggiare battaglia da un momento all’altro?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Piccole Fiabe Moderne'
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“Perché sei venuto sulle nostre terre?” domandò un gigantesco drago multicolore che Hakun immaginò essere il portavoce del re.
“Per vedere Skurren e potergli parlare” rispose pacatamente l’uomo.
“Non sei per nulla intelligente, Incantatore di Draghi” tuonò la voce profonda e rabbiosa del Re dei Draghi mentre muoveva impaziente e infuriato la lunga coda rossa.
“Che senso ha venire sulle nostre montagne? In casa nostra, davanti a noi che ti siamo nemici naturali?”
rincarò la dose il consigliere di palazzo, un enorme drago bianco con un occhio cieco.
“Vengo in pace, per parlare” rispose senza scomporsi Hakun tirandosi dietro l’orecchio una ciocca dei suoi lunghissimi capelli neri.
“Per parlare?!” rispose incredula la regina, moglie sempre saggia e fiera del Re dei Draghi, ora pareva tremare d’impazienza “Vieni stringendo in mano la tua arpa magica. L’arma che può soggiogarci e assoggettarci fino alla morte. Questo non è un atteggiamento che rispecchia le tue espresse intenzioni”
Hakun abbassò lo sguardo sul lunghissimo strumento incantato che aveva sotto il braccio, ci aveva riflettuto molto prima di avventurarsi sulle montagne nere e aveva valutato altrettanto attentamente se portare con sé o meno l’arpa magica.
Quello era il suo retaggio, il simbolo visibile e indiscusso dell’enorme divario che c’era tra la sua stirpe magica e quella dei Grandi Draghi Piumati.
Era giunto alla conclusione che doveva tentare il tutto per tutto, mostrare al Gran Consiglio che era disposto a qualunque rischio e a qualsiasi rinuncia pur di dimostrare i suoi veri sentimenti.
“E’ un dono per voi. Non ho intenzione di suonarla… e se anche fossi così folle da tentarci, siete in numero troppo elevato perché io riesca ad intonare abbastanza note per soggiogarvi prima che voi mi trafiggiate a morte il cuore”
Il re dei Draghi sbuffò aria calda dalle narici e il kimono bianco di Hakun si sollevò svolazzandogli attorno al corpo flessuoso.
“Menti” concluse dopo aver valutato ciò che l’umano aveva detto.
Hakun sospirò infastidito, non era disposto a cedere senza ottenere quello che gli stava a cuore.
“Perché dovrei mentirvi?”
“La domanda è: perché non dovresti? Lo hai già fatto. So bene come ti sei comportato con il mio amatissimo figlio.” Ruggì la regina.
I cinque draghi consiglieri, il re e la regina, lo circondarono sempre più strettamente girandogli intorno con impazienza.
Avrebbero potuto tranquillamente assumere sembianze umane ma Hakun sapeva bene che non l’avrebbero fatto; perché rinunciare ad essere degli esseri enormi ed immensi se si pensa di dover ingaggiare battaglia da un momento all’altro?
Li capiva ma al contempo stava iniziando ad essere molto teso per la situazione.
Sapeva che portare avanti le sue ragioni sarebbe stato difficile ma nel profondo aveva sperato che la forza dei suoi sentimenti fosse talmente evidente da semplificargli l’impresa.
“Non ho mai mentito a Skurren” disse con convinzione Hakun.
“Mio figlio è devastato dal dolore” ringhiò il re, portando il muso a meno di un metro dal corpo dell’uomo.
“Non sapevo fosse un drago, quando l’incontrai aveva sembianze umane. Semplicemente gradimmo la reciproca compagnia. Lui non mi disse mai chi era e lo stesso feci io, non pareva importante. Nessuno dei due immaginava chi fosse in realtà l’altro”
“Sì, ma dopo lo scopristi. Skurren ci ha raccontato che… avete giaciuto insieme” rispose la regina dopo un attimo d’esitazione, indecisa se proteggere l’intimità del figlio o andare a fondo alla faccenda.
Iniziava ad essere incuriosita da quell’umano che si era avventurato da solo nel loro territorio solamente perché voleva avere un colloquio con il figlio.
“Sì, è esatto”
“Perciò appena lo hai visto nudo ti sei immediatamente reso conto della sua natura, è impossibile non notare, o non sentire al tatto, il simbolo della nostra stirpe sulla schiena di ognuno di noi, nonostante questo ti sei approfittato dei sentimenti che lui provava per te e gli hai taciuto chi eri!” insistette uno degli atri consiglieri.
Hakun sospirò, conscio del fatto che quello era un tasto dolente. Quando si era accorto chi era Skurren avrebbe dovuto dirgli che lui era un Incantatore. Il terrore che l’altro scappasse mille miglia lontano da lui però gli aveva impedito di avvisarlo. Aveva sbagliato, così come lui aveva deciso in quel momento di intimità che la natura di drago dell’altro non gli interessava, avrebbe dovuto dare l’opportunità di scegliere anche a Skurren.
“Ho commesso un errore” ammise Hakun chinando il capo “Ero innamorato. Sono innamorato di lui e l’idea di perderlo per ciò che ero mi spaventava a morte” concluse sinceramente, sperando che almeno questa volta gli credessero.
“Menti” sbuffò adirato il re.
“Io gli credo” sorprese tutti la regina, inclinando la testa e assumendo lentamente delle sembianze umane.
Gli altri draghi la fissarono con sgomento ma il re, poco dopo, iniziò a mutare anche lui.
“La mia amata compagna non ha mai sbagliato giudizio in cinquant’anni.” disse sospirando rivolto al Consiglio, così tutti gli altri draghi seguirono l’esempio dei reali.
Hakun si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo, anche se la parte più difficile sarebbe stata quella di convincere Skurren, non i suoi genitori.
Hakun si inchinò sollevando con due mani l’arpa e porgendola in direzione del re.
“Questa è per voi, in segno della mia buona fede e dei sentimenti che provo per vostro figlio”
“Se non vado errato gli Incantatori si tramandano gli strumenti magici di generazione in generazione.” constatò il drago bianco che ora si era trasformato in un uomo nerboruto sulla cinquantina con un occhio completamente cieco.
Hakun annuì senza cambiare posizione e spiegò: “Sì, erano le nostre armi durante la guerra magica e venivano passate di padre in figlio tramandando anche le melodie antiche”.
“Perché vuoi donarlo a noi?” chiese curiosa la regina.
“La guerra magica è finita da cento anni. L’odio e la diffidenza però sussistono ancora oggi da entrambe le fazioni. Io non ho mai usato l’arpa per uccidere, assoggettare o ferire nessun drago e penso che anche Skurren non abbia mai colpito nessun mago o incantatore. Quest’arpa è solo un simbolo di ciò che ci divide, se l’accetterete come dono alcune delle barriere che ci separano cadranno”
“Saresti disposto a rinunciare all’emblema del tuo retaggio pur di stare con mio figlio?” domandò incredulo il re.
“Sì” disse semplicemente Hakun.
Il re e la regina si guardarono intrattenendo una conversazione di sguardi silenziosi, infine la regina sorrise.
“E sia… accettiamo il tuo dono. Sappi però che non faremo alcuna pressione su nostro figlio perché ti ascolti, la decisione spetta solo a lui”
“Non mi aspettavo nulla più di questo, grazie mille Vostre Maestà” rispose grato Hakun.
Ora sarebbe venuto il difficile e l’ex-incantatore pregò che Skurren potesse perdonarlo per tutte le omissioni che aveva deliberatamente mantenuto tra loro.
Stava giusto per domandare come poter raggiungere il suo amato, tra quelle infinite montagne, quando una forte folata di vento gli fece svolazzare e sollevare i lunghi capelli neri e muovere la stoffa candida delle vesti che indossava.
Uno splendido drago nero volò sulla sua testa, planandogli intorno con movimento circolare fino ad atterragli accanto.
“Skurren” inspirò sorpreso Hakun.
Il drago si tramutò velocemente in un giovane uomo con i capelli corti neri e lucenti, due occhi di un marrone chiarissimo da apparire quasi gialli e un sorriso disteso sul volto.
Hakun trattenne il fiato per un istante ma poi non riuscì più a contenersi e gli si gettò addosso sperando che l’altro non lo respingesse.
Skurren allargò le braccia e lo accolse in un abbraccio caldo e accogliente.
“Mi dispiace, mi dispiace… mi dispiace così tanto”
“Lo so” annuì il drago accarezzando la lunga chioma del compagno, “Ho sentito ogni singola parola che hai detto” rivelò con un sorriso furbo.
“Tu… hai sentito?”
“Sì, tutto quanto”
“Potrai mai perdonarmi per averti taciuto chi sono?”
“Non c’è nulla da perdonare amore mio, nulla” sospirò grato di sapere finalmente che Hakun non gli aveva mentito per qualche sordido motivo e, maggiormente grato, di riavere l’uomo che amava tra le braccia.
Si baciarono con trasporto, ignari di tutto, mentre i genitori di Skurren e i consiglieri abbandonavano sorridendo silenziosamente il posto per lasciare ai due innamorati il giusto spazio.


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