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Autore: cateca    12/06/2016    2 recensioni
<< Scusa, ti chiedo scusa. - mi dice, ma si vede che lo ha detto senza essere veramente dispiaciuto  - Accetto il tuo aiuto. >> dice semplicemente e mi guarda in attesa. 
Lo scruto cercando di ponderare la situazione: è un presuntuoso del cavolo ma dice di aver bisogno del mio aiuto in una materia della quale non gli frega un accidente. 
<< Va bene ti aiuto, ma sappi che non lo faccio per te. >>
< Classica frase da sedicente menefreghista. - Lo fulmino. - OK, la smetto. >>
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sono davanti alla casa di Meredith e mi fa male la pancia.

Il mio abitino blu a righe bianche si riflette sulla pozza d’acqua davanti a me e per qualche secondo m’incanto a guardarlo, per cercare di ritardare il mio incontro con Mer. Ho preso un’importante decisione e, stranamente, non ho bisogno di Lola per parlarne.

Egocentricamente, ho bisogno di una persona a cui interessa veramente di me e che non mi stia a sentire solo per cinque minuti per poi sviare il discorso su se stessa, proprio quando io ho bisogno di un amico con cui parlare.

Faccio un bel respiro e mi incammino verso la porta di casa, mi metto a posto i capelli dietro alla schiena prima di bussare. Toc, toc. Aspetto qualche secondo e sento la voce della mamma di Mer, Serena, che mi urla che sta arrivando e poco dopo apre la porta, aggiustandosi i capelli.

<< Ciao Seph! Come stai, tesoro? >> mi saluta allegra ed io mi esibisco nella Seph più amichevole di sempre, non che ci voglia sforzo con Serena, che  sempre molto simpatica.

Si affaccia sulla scalinata per urlare a Mer di scendere e mi accompagna in cucina, cominciando a preparare del the e mettendo dei biscotti su un piatto. Ci scambiamo dei convenevoli sulla scuola e sulle cose futili della vita mentre la mia pancia non smette di farmi male, tale è l’ansia che mi sta divorando. Quando scende Mer, Serena prende le sue cose e ci lascia da sole, uscendo per andare a fare la spesa, così il mio stomaco si libera leggermente.

<< Non puoi capire quanto io abbia bisogno di parlarti. - attacco non appena sento la porta di casa chiudersi. Mer è leggermente sorpresa così fa un’espressione interrogativa ed io comincio il mio monologo. – Mi è venuta in mente un’idea che può provocare conseguenze o bruttissime, o bellissime, nessuna via di mezzo. >>

Meredith scoppia a ridere e prende il the per versarlo nelle due tazze che ci aveva preparato Serena. Afferro un biscotto e me lo infilo tutto intero in bocca.

<< O sei esagerata, o la tua idea è di entrare in una banca con passamontagna e fucile. >>

Sorrido, versando un cucchiaino di zucchero nella tazza. Mi appoggio sul tavolo, guardando Mer dritta negli occhi.

<< Mi piace Michael. - sputo. La reazione di Meredith non è quella che mi aspettavo: sorride seraficamente, soffiando sul suo the per farlo raffreddare. – Ma dai, credevo sputassi il the dallo stupore! >>

<< Seph, l’intero mondo stava aspettando che tu realizzassi questa cosa! Io e Cal ne stavamo parlando proprio ieri pomeriggio, è palese.>>
Mer prende un sorso dalla sua tazza ed io ripeto ciò che ha detto, imitandola con la voce in falsetto.

<< Quindi non c’è nessuna grande sorpresa? >> chiedo e Mer scuote la testa, ridacchiando. Mi abbandono sulla sedia, facendo la finta offesa.

<< Detto questo, qual è la tua grande decisione? >> mi chiede la mia amica soffiando sulla tazza per far raffreddare il liquido.

<< Ho deciso che glielo dico. >> soffio e Mer spalanca leggermente gli occhi, avvicinandosi a me.

<< Sei sicura? >> mi chiede ed io annuisco.

<< Me ne sono accorta l’altro giorno, quando tu parlavi di Calum e mi sono resa conto che ciò che provi tu per lui è esattamente uguale a ciò che provo io per Michael. È così strano, ma è così. >>

<< Alleluia! Mi hai fatto vincere la scommessa con Calum, io gli ho detto che te ne accorgevi prima della fine della scuola! - Mer sorride e batte velocemente le mani, poi prende le mie e le stringe tra le sue. – Devi assolutamente dirglielo! In sostanza, lui si è dichiarato, quando stavate sul tetto a scuola, quindi io penso… >> bla bla.

Mer si esibisce in un discorso di incoraggiamento, assicurandomi di quanto io piaccia a lui e quindi la cosa è reciproca e bla bla bla… il mio cervello si spegne un attimo e vedo solo la bocca di Mer che si muove e dei suoni indistinti.

La mia idea è di andare a casa sua e “dichiararmi” al suo cospetto. La sola idea, però, mi terrorizza. Da quando ho avuto questo pensiero, ho pensato di rinunciare tremila volte: un attimo mi sento fiduciosa e pronta ad andare da lui sicura e ottimista, un momento dopo le mie paure prendono il sopravvento e la mia testa mi dice che non ce la farò mai, che andrà tutto per il verso sbagliato.
Guardo Mer che attende un mio cenno vitale, così mi sveglio dal coma.

<< E se va male? >> quasi sussurro e lei inclina la testa.

Mer inclina molte volta la testa, dovremmo farle un collarino.

<< Data la situazione tra voi due, o lui ha battutto la testa e ha avuto un’amnesia, o andrà tutto bene, tesoro. >>

Mi mordo le labbra, riflettendo. Mer continua a parlare, cercando di tranquillizzarmi, e le sono veramente grata per questo. Ora però, tocca a me.
 
 


 
Cammino piano per il corridoio, cercando di non fare rumore. Vado verso la camera dei miei e apro leggermente la porta socchiusa, per vederli entrambi belli addormentati sul letto, accompagnati dalla sinfonia notturna del russare di papà. Accosto la porta e scendo le scale, prendo le chiavi sul davanzale e apro la porta con molta cautela, per non farmi sentire.

Sto sudando per quanto sono in ansia e il mio cuore va a mille. Prendo la mia bici e ci salgo su, mettendo i fiori che ho comprato per Mer sul cestino anteriore. Inizio a pedalare allontanandomi da casa e l’adrenalina che mi scorre nelle vene è pari al 99% della massa corporea.
Dio, sono una ribelle.

Pedalo velocemente, sentendo l’aria fresca della notte sul viso e non mi sono mai sentita meglio. Ci vuole poco meno di cinque minuti per arrivare a casa di Meredith in bici, così arrivo subito lì, senza nemmeno accorgermene.

Poso la bici sul muro dell’edificio e impugno il piccolo mazzo di fiori. Lo poso sul tappeto davanti al portone d’ingresso e sto un attimo a guadarlo, fiera di me.

Ritorno alla mia bici e ci salgo su, cominciando a pedalare velocemente, allontanandomi dalla casa di Mer. Per arrivare da Michael ci vuole leggermente di più, ma comunque poco, essendo tutti della stessa scuola è raro che qualcuno abiti dall’altra parte della città.
Man mano che mi avvicino alla casa di Michael sento la paura che si addensa sullo stomaco, come sempre. Sono un mix di adrenalina e paura, di smania di andare da lui ma anche bisogno di lasciar perdere. Il mio cervello sta andando in tilt, è come se le mie gambe ormai pedalassero da sole, non comandate dalla mia mente.

Arrivo in poco tempo sulla via della casa di Michael e rallento di botto, rendendomi conto del fiatone assurdo che ho, a causa della velocità e del poco esercizio fisico che faccio di solito.

Per riprendere fiato percorro la via a due l’ora, e dopo un centinaio di metri arrivo davanti all’edificio che stavo cercando. Sono venuta qua solo una volta e non ci sono mai entrata, avevo solo accompagnato Michael a lasciare la borsa prima di andare a fare un giro.
Poso la bici sul marciapiede, lasciandola a terra con noncuranza. Fisso la casa, immobile, mente la mia mente febbrile compone tremila scenari diversi di come potrà andare a finire.

Sono divisa tra l’ottimismo e il pessimismo: da una parte penso che andrà tutto bene, che gli piaccio davvero e che quindi avrò un lieto fine per la giornata. Dall’altra so che lui ha cambiato idea, che non gli interessa più di me, che era una cotta passeggera, o che magari nemmeno era una cotta e voleva solo qualcuno con cui pomiciare. Sto per abbattere la mia stabile sanità mentale, così faccio un passo verso la casa.

Cammino tremolante verso il retro dell’edificio, dove c’è la camera di Michael. L’unica volta che sono venuta qua, lui non aveva le chiavi, quindi abbiamo semplicemente posato lo zaino sotto la sua finestra. La camera è al piano terra ed ha una grande porta-finestra che collega la stanza al giardino.

Girato l’angolo dell’edificio arrivo verso la fatidica finestra. Le luci della camera sono accese, ma lievi, vuol dire che è ancora sveglio, o magari si è addormentato e le ha dimenticate accese, o forse si è svegliato per fare pipì.

Scuoto la testa, sto impazzendo. Mi appiattisco al muro, per fare qualche respiro profondo ed esaminare ciò che sto facendo.
Nonostante il vortice di pensieri nella testa e la coscienza di quanto sia paranoica come mai, lascio perdere tutto. Sento le mani tremare ma ormai non mi posso tirare indietro, ho preso la mia decisione e quella metterò in atto.

Conto fino a tre e mi affaccio alla finestra.

Il mio cervello si spegne.

Cacchio, ultimamente si spegne troppe volte.

Il mio corpo si paralizza istantaneamente, mentre sento le mani che involontariamente si chiudono a pugno. La scena che mi si presenta davanti agli occhi è qualcosa che nella mia mente non avevo immaginato, perché non avevo minimamente pensato che Michael potesse avere un’altra.

Lui è di spalle rispetto a me, ed è seduto sul letto, mentre una tizia castana che sta cavalcioni sopra di lui lo sta baciando. Riconosco che è lui dai capelli chiarissimi e dalle spalle, anche se tutta me stessa si sta sforzando per convincersi che magari non è lui, andando contro l’evidenza.

Mentre rimango ferma come un palo davanti alla finestra, sento qualcosa dentro al corpo, come se i miei organi fossero stati compressi. Non fa fisicamente male, però, la sensazione è semplicemente quella di un vuoto al posto della gabbia toracica.

 Mi rendo conto che adesso sto capendo tutte le persone che dicono di avere il cuore spezzato, e l’espressione è davvero giusta. Sono ancora immobile, impalata davanti al vetro e guardo i due, mentre sento le palpebre pesanti, come se finora avessi sforzato la vista. Chiudo gli occhi per qualche secondo.

Quando li riapro Michael e la tizia sconosciuta stanno cambiando posizione. La ragazza nel muoversi guarda verso la finestra e spalanca gli occhi, bloccandosi.

Mi muovo fulminea, scappando dalla sua visuale, e nemmeno io so dove trovo la reattività nel mio corpo, che era rimasto fino ad adesso immobile. Nel silenzio della notte sento la finestra che viene aperta mentre fuggo via, quasi scivolando facendo la curva dell’angolo dell’edificio.

Dopo quasi essere cascata decido di rallentare la corsa, finendo per camminare velocemente, sorpasso il pino davanti alla casa e prendo la mia bici da terra. Impugno con tutte e due le mani il manubrio e accompagno la bici sulla strada.

Improvvisamente sento una mano che mi stringe il braccio, che mi obbliga a fermarmi dal camminare. Michael mi si para davanti e la sua espressione mi  inchioda. Mi aspettavo di vederlo arrabbiato come una belva, invece il suo sguardo è confuso, come se gli fossi piovuta giù dal cielo, e forse è così.

Evito subito il suo sguardo, e mi scrollo di dosso la sua mano, camminando via da lui con la mia bici. Non riesco ad affrontarlo, non riesco nemmeno a guardarlo in faccia perché farlo è come aprire una ferita grossa come una voragine. Sapere che fino a qualche secondo fa era con qualcun’altra che non era me mi fa sentire male, mi fa schifo. Sento un leggero sintomo di nausea, e mi chiedo se sto esagerando io o è così che ci si sente in queste situazioni.

Dei passi mi inseguono e di nuovo Michael si mette di fonte a me, obbligandomi a fermarmi. Lo guardo male, e per la seconda volta lo supero. Prendo a camminare velocemente, per andare via da questa situazione.

<< Phone… >>

La voce di Michael è debole, non mi insegue, rimane lì.

Salgo sopra la bici e pedalo via da lui, a cento l’ora, e finalmente comincio a piangere, come la cretina che sono.









Hello.
Non ho nulla da dire se non grazie a chi legge, a chi passa di qui per caso, a chi apprezza le cacchiate che scrivo, rendete molto spescial tutto ciò.
Perdonatemi per il ritardo, ho avuto una settimana piena di emozioni, perchè nella mia scuola se sei racomandato sei aiutato, perchè voglio vivere in Austria tra i prati, le montagne e le capre, perchè il ballo di fine anno ha fatto schifo e io sono triste per questo mondo sfasciato.
Se volete parlare con me del disagio della vita, io sono qui.

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Baci.

 
   
 
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