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Autore: Jude_InTheSkyWithDiamonds    12/06/2016    0 recensioni
Senza di lui, era niente.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pigramente il polpastrello del pollice destro, premuto contro la coda della freccia scura, ne carezzava il legno lucido. Il muscoli contratti del braccio, piegato verso dietro, iniziavano a dolere. Si lamentavano, richiedendo a gran voce di mandare la freccia nel suo centro, di rilassarsi finalmente. Ma Alec sembrava esser diventato sordo alle loro richieste.
I limpidi occhi azzurri – che sembravan più brillanti, grazie alle scure ombre che li circondavano – erano concentrati. Fissi in quel punto che, lo sapeva bene, sarebbe riuscito a trapassare.
Il capo leggermente piegato, la postura rigida e le palpebre strette.

Era quello l'unico momento in cui riusciva a trovar pace dopo la rottura con Magnus. 

Il cuore bruciante, il costante pensiero agli occhi da gatto dello stregone – quelli stessi occhi dalle mille sfumature che gli piaceva osservare per ore – sembravano attenuarsi durante gli allenamenti. Durante i combattimenti.
Il tempo di scoccare una freccia. Il tempo di centrare il suo obbiettivo. Di colpirne il cuore e trapassarlo. E poi tornava ad essere il suo cuore quello rotto. Spezzato. Con quella lancia intenta a trafiggerlo.

Alec non dormiva da giorni. Non riusciva a star sdraiato in un letto senza di lui. Senza il suo odore. Il calore del corpo magro ma muscoloso di lui contro il proprio. Le sue braccia.
Gli mancava tutto di Magnus Bane.
Gli mancava la sua casa, dallo strambo arredamento che aveva ormai imparato ad amare, perché era il suo arredamento. I suoi mobili che avevano il suo odore.
Gli mancava il presidente Miao, spesso raggomitolato ai piedi del letto dopo quegli amplessi che gli facevano dimenticare ogni cosa. In quei momenti non pensava più a Jace, a Valentine. A ciò che avrebbero provato, che avrebbero detto, i suoi genitori se avessero scoperto di lui e Magnus. Non importava nulla se non lui. Le sue mani, la sua bocca...

Ed erano tornati quei pensieri. Quei pensieri che gli affollavano la mente, che disturbavano il sonno già agitato di Alec.
Abbassò l'arco, per un frazione di secondo, per poi tornare in quella posa con uno strattone che fece scricchiolare le ossa. Lasciò andare la freccia, che si conficcò con un sibilo ed un sonoro “clang” nella lattina di coca cola mezza accartocciata che aveva deciso d'usare come bersaglio.
Abbassò nuovamente le braccia, socchiudendo le palpebre e sentendo quasi la carezza di Magnus sulla guancia. Sospirò – un sospirò strozzato, nella quale sembrava possibile leggere tutto il suo dolore – guardando poi l'arco come se volesse lanciarlo a terra, distruggerlo. O usarlo contro se stesso, per punirsi di quella sciocchezza che aveva fatto. Era stato un idiota. Lo sapeva. Sapeva di stare sbagliando, eppure aveva continuato. 

Ma alla fine l'abitudine ebbe la meglio.
Lo poggiò contro un mobile, sollevando con un gesto affettato la manica del maglione sbrindellato che indossava, per poi prendere dalla tasca dei pantaloni il cellulare. Lo fissò in silenzio, indeciso, per poi accenderlo ed iniziare a digitare con furia sui piccoli tasti.
Alec Lightwood non aveva intenzione di arrendersi. E se Magnus avesse continuato a non rispondere ai suoi sms... avrebbe semplicemente dovuto mandargliene degli altri. 

  
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