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Autore: _Kurai_    12/06/2016    5 recensioni
Tornare sulla Terra era sempre stato il sogno di Oikawa, e nelle poche settimane in cui gli era stato concesso di fare il mestiere dei suoi sogni si era incantato spesso a contemplare lo splendore di tutto quel blu punteggiato di verde che galleggiava nello spazio profondo attorno a lui.
Aveva fatto in tutto tre passeggiate spaziali dopo aver passato l'esame con il massimo dei voti e con un anno di anticipo, prima di quel maledetto giorno.
Quel maledetto giorno che aveva segnato l'inizio della fine.
Ma poteva forse essere un nuovo inizio? O sarebbe stato solo un modo diverso per ucciderli?
Genere: Angst, Science-fiction, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over, OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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One Hundred and One 

Il bracciale metallico gli stringeva impietosamente il polso, mentre quattro piccoli aghi gli pungevano la carne, lievemente intorpidita. Intorno a lui, decine e decine di persone con il suo stesso sguardo, allo stesso tempo deluso e pieno di aspettativa.

Tooru deglutì, abbassando lo sguardo sulla mano che stava sfiorando la sua. Quella mano che mai si sarebbe aspettato di stringere di nuovo, appartenente a quella centounesima persona che non avrebbe dovuto esserci.

Invece Hajime era lì, al suo fianco, assicurato al sedile della navicella con spesse cinture di sicurezza, con il viso contratto e l'espressione seria.

Erano appena decollati.

Hajime era salito all'ultimo momento, con lo sguardo dritto davanti a sé, senza esitazione. Non aveva detto nulla da quando si era seduto nel posto accanto a Tooru, che al contrario si era concesso un lungo sospiro che significava allo stesso tempo “Sono felice che tu sia qui con me” e “Sei un idiota, almeno tu avresti dovuto salvarti!”.

Non c'era bisogno di parole, tra loro due. Non ce n'era mai stato.

 

Tornare sulla Terra era sempre stato il sogno di Oikawa, e nelle poche settimane in cui gli era stato concesso di fare il mestiere dei suoi sogni si era incantato spesso a contemplare lo splendore di tutto quel blu punteggiato di verde che galleggiava nello spazio profondo attorno a lui.

Aveva fatto in tutto tre passeggiate spaziali dopo aver passato l'esame con il massimo dei voti e con un anno di anticipo, prima di quel maledetto giorno.

Quel maledetto giorno che aveva segnato l'inizio della fine.

Ma poteva forse essere un nuovo inizio? O sarebbe stato solo un modo diverso per ucciderli?

 

* * *

 

Così noioso, così stupido, così dannatamente prevedibile.

Kenma soffiò via sbuffando una ciocca bionda da davanti agli occhi, poi tornò a perdersi nei suoi pensieri. Rimpiangeva il piccolo computer che aveva costruito da solo con componenti rubate da Kuroo in giro per le varie stazioni, che gli aveva tenuto compagnia per i tre lunghi anni che aveva trascorso a nascondersi, rinchiuso nel suo abisso personale di dolore nel quale solo Tetsurou riusciva a entrare.

Tre anni prima i suoi genitori erano stati mandati in quarantena nella zona apposita sulla stazione Walden e non erano più tornati. Il giorno che erano venuti a prelevarli Kenma si era nascosto in un armadio e vi era rimasto per ore, mentre mute lacrime gli inondavano il viso.

Era rimasto lì dentro per due giorni, poi si era presentato sulla porta della misera unità abitativa dove Kuroo – il suo unico amico - viveva da solo e, senza una parola, gli era letteralmente crollato addosso.

Aveva dovuto nascondersi, temendo che prima o poi le guardie avrebbero prelevato anche lui. L'avevano cercato a lungo, ma alla fine sembrava che le acque si fossero calmate: nonostante ciò Kenma aveva continuato a vivere nascosto nell'armadio di Kuroo per la maggior parte delle lunghe giornate scandite dalle luci circadiane dell'Arca.

Nonostante tutto, era convinto che i suoi genitori fossero ancora vivi da qualche parte.

O almeno così lo rassicurava Kuroo ogni volta che durante la notte si svegliava, sorpreso dagli incubi.

Aveva deciso di credergli.

 

Non lo vedeva da tre mesi, da quel terribile giorno in cui Tetsurou era corso da lui per avvisarlo dell'arrivo di un controllo ed era arrivato troppo tardi, giusto in tempo per essere tramortito con la frusta elettrica e poi incriminato.

Era stato prelevato anche lui, ma ad attenderlo c'era stato un freddo laboratorio in cui degli scienziati gli avevano iniettato alcune strane sostanze per un paio di giorni, per poi trasportarlo in una cella senza alcuna spiegazione. Lì era rimasto fino al momento in cui l'avevano convocato per imporgli quel dannato braccialetto metallico.

Kuroo in quegli anni aveva rubato diversi libri dalla biblioteca per Kenma, nonostante fosse tassativamente proibito.

Kenma amava soprattutto i libri di storia, e sapeva che quando gli uomini vivevano ancora sulla Terra e avevano ancora territori da scoprire, pieni di rischi, incognite e minacce, avevano avuto una certa propensione a mandare avanti i prigionieri, gli schiavi, gli scarti della società.

Non bastavano secoli, millenni di errori: gli uomini sbagliano sempre allo stesso modo, da sempre.

Erano lì, in cento (in realtà centouno, se voleva contare anche quella guardia entrata di straforo quando si stava ormai per chiudere il portellone, per motivi a lui ignoti) ragazzi sotto i diciotto anni, destinati altrimenti ad essere condannati a morte appena dopo la maggiore età, a causa di vari tipi di crimini per cui l'Arca aveva deciso di punirli.

Erano lì, destinati ad atterrare su un pianeta probabilmente ancora impestato di radiazioni, pronti a giocare alla roulette russa con la morte.

Del resto, in ogni caso non ci sarebbe stata altra scelta.

 

* * *

Asahi non riusciva a impedirsi di tremare impercettibilmente.

Nishinoya, la sua (piccola) roccia, al suo confronto sembrava in viaggio per una piacevole gita fuori porta, niente di eccezionale o rischioso.

Niente che comportasse un serio pericolo di morte, vari tipi di incognite, scarsità di cibo e mezzi di comunicazione e altri spiacevoli imprevisti molto probabili.

In fondo Yuu si era sempre comportato così, e non aveva battuto ciglio neppure quando era stato messo in cella con lui per aver cercato di difenderlo dalle accuse che gli erano state rivolte.

Asahi era il figlio del precedente Cancelliere dell'Arca, e qualcuno aveva deciso di incastrarlo per punire suo padre e cercare di estrometterlo del tutto dal Consiglio. Aveva funzionato, e ogni notte Azumane fissava il muro scrostato della cella in preda ai sensi di colpa: se solo non fosse stato così debole e facile da ingannare, forse non avrebbe finito per rovinare la vita a suo padre. Come se non fosse bastato aver indebolito la madre con la sua nascita: la donna non era sopravvissuta ai suoi due anni, a causa di una malattia che poteva solo essere rallentata con dei medicinali razionati, il cui approvvigionamento oltre il consentito aveva fatto perdere il posto di Cancelliere al padre.

Per quanto Asahi si fosse sempre comportato bene, era stato quindi incluso nel numero dei Cento inesperti esploratori (o carne da macello, come aveva detto Tanaka con una certa sfumatura di orgoglio assolutamente fuori luogo nella voce) destinati a toccare il suolo terrestre dopo un centinaio di anni nello spazio, passati a razionare aria e cibo e ad applicare discutibilmente le leggi.

In tutto questo, Nishinoya era stato il suo sole. Gli si era perfino parato davanti – nonostante la più che significativa differenza tra le loro stature – quando le guardie erano venute a prelevarlo, riuscendo in qualche modo a disarmarne una a mani nude, anche se aveva finito per seguire la sua stessa sorte e ottenere anche qualche giorno di isolamento per aver colpito una guardia.

Era tornato sorridendo, come se nulla fosse successo.

Gli era rimasto accanto, senza chiedere nulla.

Talvolta Azumane pensava che, se gli angeli fossero esistiti veramente e non avessero lasciato i pochi uomini sopravvissuti alla guerra nucleare soli nell'immensità del cosmo, uno di loro avrebbe sicuramente avuto le sembianze di Yuu.

 

* * *

 

Il viaggio sarebbe durato meno di venti minuti, ma era comunque un tempo più che sufficiente per perdere la calma. Intorno a Kuroo iniziavano a verificarsi scene di panico e agitazione, man mano che i piccoli oblò rivelavano una porzione sempre maggiore del pianeta che si faceva via via più vicino. Kenma era silenzioso come al solito, la testa leggermente inclinata di lato, a un soffio dalla sua spalla. Se solo avesse voluto avrebbe potuto appoggiarsi a lui, e Tetsurou l'avrebbe protetto, come aveva sempre fatto. Anche se l'ultima volta aveva fallito.

Kuroo sospirò. Non voleva pensarci, non in quel momento.

Alzò lo sguardo: una voce inequivocabile aveva appena attirato la sua attenzione, con il suo volume insopportabilmente alto. Ecco Koutarou con il suo enorme carico di irresponsabilità che galleggiava per la navicella, divertendosi come un bambino per l'assenza di gravità.

Era durissima avere pazienza con lui, ma Tetsurou era uno dei pochi che riusciva a farsi ascoltare da Bokuto (anche se solo in occasioni particolari); dopo essere stato confinato per aver aperto un portellone per sbaglio in una zona off limits per i non addetti ai lavori, causando una perdita di pressione che avrebbe potuto avere tremende conseguenze (“volevo solo vedere cosa sarebbe successo schiacciando quel pulsante!”) quel ragazzo non sembrava aver imparato nulla.

“Ehi, vedi di tornare al tuo posto e riallacciarti la cintura: l'atterraggio non sarà uno scherzo” sospirò Kuroo, ricevendo in risposta una stupida parodia di un saluto militare.

 

Improvvisamente ci fu uno scossone, e Bokuto si trovò catapultato contro la parete opposta della navicella.

Un enorme “te l'avevo detto” rimase inespresso dalle labbra serrate di Kuroo, troppo occupato a cercare di dominare sé stesso per non perdere la calma; tutto intorno a lui stava tremando, molti urlavano e qualcuno aveva un colorito verdognolo a causa della turbolenza. Bokuto sembrava svenuto e continuava a galleggiare privo di sensi in mezzo a loro, come a mettere un'indesiderata ciliegina su quella torta di terrore e caos.

Poi, tutto si accese di arancione.

Stavano attraversando l'atmosfera, e l'esterno della navicella era avvolto dalle fiamme.

Kenma era pallidissimo e teneva gli occhi chiusi, mentre le sue mani avevano le nocche bianche per lo sforzo di stringere i pugni fino ad affondare le unghie nei palmi.

 

Tutte le luci si spensero, mentre almeno una decina di spie rosse si accendevano contemporaneamente.

 

* * *

 

“Non va per niente bene” Tooru strinse più forte la mano di Hajime, poi la lasciò andare prima di mettersi ad armeggiare con la cintura di sicurezza “Bisogna fare qualcosa o ci schianteremo, Iwa-chan… solo io so come stabilizzare questo affare, qui”.

“No. Non puoi farlo.” Hajime gli strinse quasi dolorosamente il polso poco sopra il bracciale, trattenendolo.

“Cosa stai dicendo? Vuoi che ci schiantiamo? O non ti fidi di me, Iwa-chan?”

“Non sto dicendo questo, idiota. Li ho sentiti dire che la navicella è controllata solo da remoto, non puoi fare nulla. Possiamo solo sperare.”

Tooru lasciò cadere le mani lungo i fianchi, sconfitto, mentre tutt'intorno le urla di panico iniziavano a farsi insopportabili e la navicella prendeva sempre più velocità avvicinandosi al suolo.

 


Dopo una settimana di chiusone con la stupenda serie tv di "The 100" è nata questa strana creatura, un crossover che fa incontrare le ambientazioni della serie post-apocalittica con i personaggi di Haikyuu che tanto amo: questo è solo l'inizio, un piccolo preludio prima che gli eventi entrino nel vivo.
I punti di vista cambieranno nel corso della storia, e per questo ho preso ispirazione dal libro di Kass Morgan al quale il telefilm è ispirato: ci saranno infatti riferimenti sia all'universe del telefilm che a quello del libro, che differiscono su molti aspetti. La storia non ricalcherà quella originale (sennò sarebbe troppo facile) e ad un certo punto il rating potrebbe alzarsi, ma lo scoprirete solo vivendo~
Ed ecco che inizia questa nuova piccola sfida (è il mio primo crossover)... siete pronti a partire?

_Kurai_

 

 

 

 

 

   
 
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