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Autore: Kei_Saiyu    15/04/2009    5 recensioni
[Seconda classificata al contest "Poison" di VavvyMafoy91]
«E la palla rotola! Rotola! Rotola! E la palla rotola! My poor Prince.»
Una bambina dai lunghi capelli color carbone gioca tranquilla al di là di quel mondo irreale.
È lei che canta.
La stanza dove gioca è colma di rose rosse.
L’invasore assottiglia gli occhi, soffermandosi su quel particolare.
No. Non sono rose.
La bambina si inginocchia, afferrando quella che, almeno lui suppone, essere la palla che tanto decantava.
La vede voltarsi e sorridere radiosa, mentre chiude amabilmente gli occhi.
Ha un volto famigliare.
La vede avvicinarsi lentamente a lui e poggiare una manina pallida sul vetro, continuando a sorridere come se avesse trovato un nuovo compagno di giochi.
Genere: Dark, Horror, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Itachi, Altri, Sasuke Uchiha, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Commento/Sclero: Allora, non so cosa sia uscito fuori da questo delirio. Come al solito, finisco a mattina inoltrata e dopo una notte in bianco e… ucciderò il cane del vicino! è_é che diamine hai da abbaiare fino alle 4:31? Accoppatelo!

Sclero a parte, è strana sta storia, veramente molto °-°. Però mi ispirava ù_ù.

La canzoncina che si ripeterà spesso, va cantata seguendo la musichetta del camioncino dei gelati americano ù_ù.

Penso basti… ah, Orochimaru non ha l’uso delle braccia, per questo c’è Kabuto, ma usa tranquillamente altro XD.

Umh… quello che fa Itachi al pg a sorpresa, non è nel manga (fortunatamente per Reki), ma è una cosa che chiedeva la trama. Oltre a renderla tra il dark e l’Horror XD.

Sono arrivata Seconda *O* Yay! Rileggendo la storia, però, ho in mente di renderla long. In realtà si potrebbe benissimo definire una raccolta di one-shot collegate dalla filastrocca.

Quindi… aspettatevi un seguito ù_ù

Complimenti a tutte le partecipanti ^O^ e lasciate un commentino, non siete mica cani che non sanno scrivere ù_ù che vi costa? Un minuto ella vostra vita? Rendereste felice qualcuno almeno XD

 

 

 

 

 

 

Enchant Fragrance

[Incense]

 

Capitolo 1: [Chi ha ucciso il pettirosso?]

 

 

Chi ha ucciso il pettirosso?

Io, ha detto il passero,

con un mio arco ed una mia freccia,

Io ho ucciso il pettirosso.

[Le filastrocche di Mamma Oca]

 

«E la palla rotola! Rotola! Rotola! E la palla rotola! My poor Prince.»

Buio.

Oscurità.

Tenebre.

Semplici sinonimi indicanti un’assenza di luce.

Dove gli occhi non possono arrivare, costringendo chi vaga in quel luogo ad adoperare i restanti sensi.

Udito:

Una voce infantile canta una nenia macabra e sconosciuta, ma che risveglia un sentimento nostalgico a chi l’ascolta.

«E la palla rotola! Rotola! Rotola! E la palla rotola! My poor Prince.»

Olfatto:

Un odore dolce e rilassante, che sa di erbe e alcol; di selvatico; di qualcosa che è impossibile descrivere, ma che impregna le pareti di una stanza dai contorni indefiniti.

Gusto:

Amaro. La fragranza penetra insistente nelle narici, giungendo così alla bocca; poggiandosi dolcemente sulla lingua per farsi assaporare, facendosi beffe di chi ha ingannato con il suo buon profumo, rilasciando invece un gusto amaro.

Tatto:

Inutile. Le mani non possono poggiarsi a nulla.

Vagano nel vuoto oscuro che circonda la strana dimensione circostante. Impossibile identificare un punto fisso.

Nessun sole che indica l’Est o l’Ovest.

Nessuna stella che porta a Sud o a Nord.

Si passa così al sesto senso, che ad alcuni porta bene, ad altri conduce verso la morte.

Istinto puro, che guida in quel cammino oscuro, apparentemente senza senso, una figura cieca e priva del tatto.

Testa alta; spalle ritte; sensi allerta; mano alla spada.

La voce infantile echeggia tra le pareti invisibili, indicandogli la direzione da prendere.

Nessuna svolta. Nessuno svincolo. Nessun ostacolo.

C’è solo lui. E quella voce.

Passi piccoli e rumorosi. Passi lenti e cadenzati; silenziosi.

Luce.

Una piccola luce che brilla in un punto lontano, ma che pare stranamente anche vicino.

Risa. Qualcosa che rimbalza a terra. Risa. Fruscio. Risa. Passi.

Di nuovo.

All’infinito.

Eterno.

Nauseante.

E l’intruso di quel mondo, continua a camminare lentamente, avvicinandosi un po’ di più. Allontanandosi un po’ di più.

Risa. Parole sconnesse. Canto.

In un misto di euforia e terrore, quando brividi gelidi percorrono la schiena fino al cervelletto.

Tu-tum. Tu-tum. Tu-tum.

Un cuore che batte lentamente, rilassato per un motivo sconosciuto, quando invece dovrebbe accelerare, ansioso di scovare un qualsivoglia nemico.

Fine.

L’irretire dei sensi.

Tutto pare ovattato, come le tenebre avvolte attorno al suo corpo in un macabro abbraccio.

Caldo.

Troppo.

Fastidioso.

L’invasore di quello spazio proibito e astratto, avanza per un tempo infinito; incalcolabile.

Secondi? Minuti? Ore?

Il corpo colmo di una stanchezza strana, costruita apposta per lui.

Tessuta in una tela forte e mai fragile.

Non appiccicosa, ma delicatamente avvolgente.

E l’odore è più forte, tanto che penetra senza sosta fino al cervello.

Confondendo ogni senso; spingendolo a continuare senza una meta stabilita.

Ed il ritornello di quella strana canzone continua. Immutata come la prima strofa. E la seconda.

«E la palla rotola! Rotola! Rotola! E la palla rotola! My poor Prince.»

Ora ha la luce davanti a sé, che illumina i lineamenti giovani ed ancora delicati del volto.

Capelli neri come la pece, occhi del demonio. Rossi come il sangue.

Pelle nivea come la luna più lucente.

Porta la mano sinistra, dalle dita affusolate, verso la luce che tanto lo attrae.

«Così stupidamente simile ad una falena.»

Ed è quasi un  parallelismo.

Lui, che ha sempre vissuto nel buio del passato, ora vaga anelando a quella luce.

Tatto.

Le dita sfiorano qualcosa di freddo e liscio, come di un vetro bel levigato ed intuisce che è uno specchio.

Vista.

Vaga con lo sguardo la superficie riflettente, aspettandosi che questa rimandi la sua immagine.

Occhi vuoti.

Labbra dalla piega dura.

Rigido. Composto. Esausto. Vecchio.

Dannatamente vuoto.

Come il suo stato d’animo.

Nessun sentimento di paura o eccitazione.

Ma è solo immaginazione della sua mente, perché il riflesso non c’è.

In compenso, una bambina dai lunghi capelli color carbone gioca tranquilla al di là di quel mondo irreale.

È lei che canta.

La stanza dove gioca è colma di rose rosse.

L’invasore assottiglia gli occhi, soffermandosi su quel particolare.

No. Non sono rose.

«…Papaveri.»

Constata a bassa voce.

La bambina pare sentire quell’affermazione e ferma i giochi. Ed il canto.

Si inginocchia afferrando quella che, almeno lui suppone, essere la palla che tanto decantava.

La vede voltarsi e sorridere radiosa, mentre chiude amabilmente gli occhi.

Ha un volto famigliare.

La vede avvicinarsi lentamente a lui e poggiare una manina pallida sul vetro, continuando a sorridere come se avesse trovato un nuovo compagno di giochi.

Muove le piccole labbra rosse, proferendo con voce stranamente adulta:

«Non è ancora tempo per te, Sasuke-chan1

Troppo adulta. E troppo famigliare.

La bambina apre gli occhi, scoprendo iridi nero brillante dal taglio grande, nonostante allungato.

Indossa un grazioso kimono nero, ricamato con cura da tanti piccoli petali rosa di ciliegio.

Sasuke sgrana gli occhi, domandandosi se è mai possibile che quella bambina sia proprio colei che crede.

Qualcuno ride malizioso e beffardo, ma non viene avvertito e ritorna alla sua oscurità, lasciando che il ragazzo estraneo giunga alle sue ovvie conclusioni.

«…Kaa-san2

Sì.

Mikoto Uchiha sorride ancora, ma il suo sguardo è malizioso; sbarazzino.

«E la testa rotola! Rotola! Rotola! E la testa rotola! My poor...»

Accusatorio.

Una lama lucente affonda senza la minima esitazione nel piccolo collo niveo.

Un taglio netto. E la testa rotola.

Due tonfi.

E quella che credeva essere una palla, tenuta saldamente fra le mani della Mikoto bambina,  si rivela invece un’altra testa. Quella di Fugaku Uchiha.

Il bianco perlaceo dell’osso. La carne tenera rossa appena recisa con dovizia e precisione.

Un secondo.

Ed il sangue fluisce a fiotti, imbrattando lo specchio.

E la sua mano ancora poggiata sul vetro.

La linfa pregna di una vita appena recisa davanti ai suoi occhi, pare prendere coscienza e, lentamente, ricopre il tessuto chiaro dei vestiti che indossa.

Tu… tum… Tu… tum… Tu… tum.

Il respiro mozzato in gola.

Gli occhi sgranati dall’orrore; dal terrore reverenziale che quella scena ha riportato alla sua mente.

Flash.

Due cadaveri. Un vivo.

Due vittime. Un carnefice.

Un bambino.

Dolore. Disperazione. Incredulità.

Incubo! Incubo! Incubo!

Le labbra socchiuse, che lentamente si aprono in un muto grido di rabbioso.

Ed un volto, fin troppo conosciuto, si delinea nello specchio.

Il proprio riflesso mischiato a quello dell’assassino.

Occhi rossi. Lunghi capelli neri racchiusi in una coda bassa. Profondi segni, simili a cicatrici, ai lati del naso. Bocca inflessibile. Sguardo insondabile.

Voce bassa e sensuale.

«E la testa rotola! Rotola! Rotola! E la testa rotola! My poor Otooto3

La persona che tanto ha amato da bambino, si avvicina, sorpassandolo con tranquillità il vetro; attraversando inesorabilmente lo specchio.

Prima il viso. Poi il braccio sinistro, coperto da una manica nera con il ricamo di una nuvola rossa.

Sasuke rimane immobile, bloccato da una forza sconosciuta.

Gli arti pesanti ricadono inerti sui fianchi.

Il cervello funziona normalmente, ma il corpo non recepisce alcun comando.

Il chakra, non riesce ad impastarlo.

Ed è costretto ad osservare inerme, come un topo in trappola, Lui.

Suo fratello.

Che lo afferra per i capelli spingendoselo contro, mentre porta la bocca verso il suo orecchio, domandando in un gelido sussurro:

«Chi ha ucciso Kaa-san e Tou-san4?

…»

 

 

Un uomo dai lunghi e ben curati capelli neri, si alza - ed esce - dal corpo che ha sotto di sé.

Gli occhi dall’iride serpentina, dal taglio allungato e truccati di viola, brillano di una lussuria appena placata, accentuata dal ghigno sinistro e soddisfatto che gli incornicia il volto scarno.

Sasuke Uchiha apre stancamente gli occhi, impiegando qualche secondo per capire dove si trova.

Fa un istante mente locale, fissando, senza vedere realmente, Orochimaru che lascia la stanza, sghignazzando soddisfatto.

Sposta lo sguardo sul letto sporco di sperma, storcendo a malapena il naso dallo schifo che prova, tanto la stanchezza l’opprime.

Sbuffando piano, chiude gli occhi infastidito, sicuro che stia dimenticando qualcosa.

E non che Orochimaru se lo è appena fottuto.

Si ricorda di quando il Sannin - e Kabuto, anche se non lo considera nemmeno - è entrato nella stanza per richiedere, come sempre, i suoi servigi particolari.

Sa anche che prima di prenderlo ha fatto qualcosa, ma ecco una cosa che non ricorda di preciso.

Alzandosi lentamente a sedere, non preoccupandosi nemmeno di coprirsi l’intimità, riflette.

Orochimaru che entra nella stanza.

Lo ricorda.

Orochimaru che si avvicina al comodino e…

Un odore dolce e rilassante risveglia i suoi sensi.

Volta di scatto il viso verso destra, trovando un bastoncino di incenso quasi del tutto spento, ma che emana ancora un lieve profumo.

Lo afferra saldamente, stringendo le labbra in una piega dura e rabbiosa.

Ora Ricorda. Tutto.

Orochimaru che, ghignando mellifluo, gli spiega di come quell’incenso lo avrebbe favorito nella concentrazione.

Stringe il pugno, mandando in frantumi la base ancora accesa del bastoncino.

«Oppio. E assenzio. Itachi.»

«Chi ha ucciso Kaa-san e Tou-san?

Io. »

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tsuzuku…

Traduzioni (anche se ormai dovrebbero saperlo pure i muri) e note:

1Sasuke-chan: la particella -chan, generalmente è usata per le ragazze e letteralmente significa “piccola”. Mikoto, lo usa anche con Sasuke, quindi…

2Kaa-san: Madre.

3Otooto: Fratello minore. Non serve la maiuscola, ma è una mia piccola deformazione professionale, oltre al fatto che, come si è notato, nelle parti inglesi c’è una maiuscola, una minuscola e ancora una maiuscola ù_ù.

4Tou-san: Padre.

La faccenda del “Prince”, riguarda un piccolo gioco di Mikoto di mia invenzione. Le mamme, si sa, quando siamo piccoli magari ci chiamano: principesse o principi. Perché lei non dovrebbe farlo? ù_ù così è nato il “Prince”. Il “poor”, povero, è facilmente intuibile XD

Per l’oppio e l’assenzio, c’è una specie di leggenda. Si pensa, ma non è attestato storicamente, che nell’ottocento l’assenzio venisse adulterato con l’oppio, mischiando questo veleno con la droga per prenderne le proprietà. Quindi rimane sì veleno, ma con le proprietà della droga.

   
 
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