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Autore: taisa    15/04/2009    8 recensioni
Vegeta è vedovo con due figli, che per aiutarlo faranno di tutto pur di restare sempre al suo fianco. [Pairing: Bulma/Vegeta]
Genere: Romantico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bra, Trunks, Vegeta
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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ALWAYS BY YOUR SIDE

ALWAYS BY YOUR SIDE

*

Il peso del silenzio

*

Il chiavistello della porta lasciò intuire all’uomo che vi sostava davanti che i padroni di casa gli avevano accordato l’accesso all’abitazione. Lui, intanto, attese di essere ricevuto. Le mani nelle tasche e una posizione del tutto rilassata, osservando l’uscio che lentamente si aprì.

Dovette ammettere immediatamente che si aspettava un padrone di casa un po’ più alto, poiché la bassa statura del piccolo abitante lo costrinse ad abbassare notevolmente lo sguardo. Ad accoglierlo, un metro più in basso del previsto, un paffuto e proporzionato visino che lo scrutò per diversi istanti con un’espressione vispa.

“Ciao” esordì lui, osservando la bambina di dieci anni che era corsa ad aprire. Lei lo guardò ancora per un secondo, come per assicurarsi quale fosse l’identità del visitatore. Una volta giunta a una probabile conclusione mentale, la piccola sorrise cordialmente, riconoscendo il nuovo venuto. “Ciao Goku” gli rispose amichevole la bambina dai capelli azzurri, regalando all’ospite un sorriso sincero. In altrettanta misura, Son Goku, rispose con un’espressione simile, attendendo ancora pochi istanti. “Mi fai entrare, Bra?” le domandò alcuni secondi dopo. La piccola annuì fermamente, permettendo all’amico di famiglia di varcare la soglia.

Goku, tuttavia, non fece in tempo nemmeno a guardarsi attorno, poiché fu attratto da una voce conosciuta giungere dal salotto della casa da lui spesso frequentata. “Hai finito? Io non ce la faccio più!” si lamentò una voce giovanile; costringendo Goku a rivolgersi alla piccola di casa, in un silenzioso permesso di introdursi maggiormente nell’abitazione, come se ne avesse bisogno, peraltro. Difatti, Bra, si limitò a rispondere con uno sguardo fugace, facendogli strada allo scopo di raggiungere la sala da cui provenivano le voci. “E’ questione di un secondo, smettila di lamentarti” gli rispose una seconda voce, rendendo in qualche modo sempre più curioso l’uomo.

La prima cosa che vide, entrando in soggiorno, fu la sagoma di un ragazzo di ventitré anni dai capelli neri, mentre sorreggeva una grossa televisione che non pareva per nulla leggera. Il giovane, che dava le spalle all’ingresso, non si avvide subito del nuovo venuto, ignorando la sua presenza. Continuando a rivolgersi verso un fantomatico interlocutore. “Era questione di un secondo anche cinque minuti fa! Ti prego, Trunks, fai in fretta, questa cosa pesa” lagnò il ragazzo per l’ennesima volta. Il carico dell’elettrodomestico diminuì notevolmente, lasciando interdetto il giovane per pochi istanti. Successivamente si rivolse dal lato opposto, riconoscendo il suo salvatore. “Papà!” esclamò rivolto al genitore che si era subito offerto di aiutarlo.

Goku gli sorrise semplicemente, senza avere il tempo di rispondere. Ad anticiparlo, infatti, fu Trunks, che sbucò da dietro il mobiletto sopra il quale, Goten, era impegnato a sorreggere l’ingombrante elettrodomestico. “Ciao Goku” lo salutò a sua volta, facendogli cenno con la mano nella quale reggeva un cacciavite. “Che state combinando?” domandò rivolto al ragazzo più grande, che pareva essere artefice di… beh, qualunque cosa fosse.

“Sto cercando di modificare la televisione. Vogliamo ottenere una migliore recezione” spiegò il giovane padrone di casa, volgendo lo sguardo verso alcuni cavi che pendevano dal televisore e finivano in un foro all’interno del mobilio stesso in maniera inusuale. Goku, che solo allora si rese conto dei fili elettrici, inarcò incuriosito un sopracciglio, mollando la presa dell’apparecchio, lascando nuovamente il povero Goten alle prese con un peso non indifferente. L’uomo si sporse in avanti, allo scopo di osservare il lavoro del tecnico, costatando un secondo più tardi che a lui parevano solo un sacco di corde colorate, nulla di più.

“Gli do una mano anch’io” si pavoneggiò la piccola Bra, cui era stato affidato il semplice compito di passare gli strumenti al fratello maggiore. Goku sorrise alla piccola, tornando poi a osservare il lavoratore. “Sei sicuro di saperlo fare? Non sarà pericoloso?” gli domandò apprensivo. Il giovane Brief si lasciò andare in un sospiro malinconico, mentre i suoi occhi si scostarono istintivamente a osservare il tappeto che copriva il pavimento. “La mamma…” esitò per un istante “… la mamma mi aveva insegnato qualche trucco” affermò senza riuscire a nascondere una certa commozione, assieme a quel leggero tremolio che scosse la sua voce nel pronunciare quella frase.

Goku osservò il ragazzo, lasciando intravedere nella sua espressione un moto di comprensione. I suoi occhi, in seguito, si posarono sulla bambina, che nel frattempo aveva stretto le sue piccole dita sull’attrezzo che stava diligentemente tenendo. A lei, infine, rivolse un piccolo gesto d’affetto, carezzandole gentilmente il capo dall’insolito colore.

“Truuuunks!!” si agitò Goten, ormai sul punto di crollare; attirando su di sé l’attenzione di tutti. “Ah, sì scusa” gli rispose l’amico, riscuotendosi dai suoi pensieri, che avevano evidentemente lasciato un segno tangibile nel suo stato d’animo. Trunks, tuttavia, sparì di nuovo dietro il mobilio, riprendendo a trafficare silenziosamente con i cavi, così come stava facendo pochi minuti prima. L’uomo parve tornare a sua volta alla realtà, sbirciando oltre il mobiletto allo scopo di scrutare, anche parzialmente, il lavoro dell’altro. “Per curiosità, vostro padre lo sa cosa state combinando?” gli domandò inarcando un sopracciglio, diventando evidentemente pensieroso. Trunks esitò per un attimo, esibendosi in una smorfia indecifrabile. Pochi secondi più tardi le sue mani tornano, frenetiche, a trafficare con quella che pareva una centralina nascosta. Allungò una mano verso la sorella che, senza bisogno d’istruzioni, gli consegnò il nuovo attrezzo. “Lo sa, ma non ha detto nulla” rispose in un secondo momento.

“Mh” mugugnò distrattamente Goku, reduce da qualche pensiero. Restò in silenzio per una manciata di secondi, infine rivolse lo sguardo al corridoio. “A proposito di vostro padre, dov’è? Sono qui proprio per parlare con lui” rivelò infine, passando lo sguardo sui due fratelli Brief. A rispondergli fu Bra, osservandolo con una piccola smorfia che parve essere il risultato di alcune elucubrazioni fanciullesche. “E’ nella palestra ad allenarsi” lo informò, “Ultimamente non fa altro” si lamentò poi, attirando lo sguardo del maggiore, in una sorta di rimprovero silenzioso. Goku sospirò, “Capisco, allora lo raggiungo” annunciò uscendo dalla stanza, non senza aver riservato ai tre operai un cordiale cenno di saluto con la mano.

“Ora poi appoggiarlo Goten” gli comunicò l’amico. “Ahhh! Finalmente!” esclamò l’altro liberandosi del peso e appoggiando la televisione sul mobile, producendo un rumoroso tonfo.

*

I pesi si sollevarono con una notevole facilità, quasi come se, quei trenta chili, ne pesassero solo la metà. I suoi occhi fissarono l’asta in metallo sulla quale aveva poggiato le mani, parallela al suo corpo. Pochi secondi ancora e le sue braccia si fletterono, tornando ad avvicinare quella pesante asta alla panca sulla quale era sdraiato. Si lasciò giusto il tempo per tirare il fiato, prima di tornare a sollevare l’attrezzo.

Qualcuno bussò alla porta già aperta, col chiaro intendo di attirare la sua attenzione. Ma lui non sembrò intenzionato a concederla a nessun altro, a parte quel particolare pezzo di metallo che continuava ad avvicinarsi e allontanarsi da lui con una certa regolarità. Nemmeno i passi del nuovo venuto parvero interessare l’atleta, che volutamente ignorò ogni forma di vita.

Un volto famigliare apparve poco sopra l’asta, allo scopo di dimostrare all’intrepido ginnasta la sua presenza. Come se volesse assicurarsi a tutti i costi di essere visto. L’uomo che si mostrò ai suoi occhi gli sorrise, senza tuttavia suscitare l’effetto sperato, ovvero un minimo di attenzione. “Ehilà, Vegeta” lo salutò, giocando la sua ultima carta.

Il silenzio che riempì la stanza si sarebbe tranquillamente potuto riassumere come il saluto dello sportivo. Quella, infatti, sembrava la sola possibilità di dialogo tra lui e il resto del mondo. Ma Goku lo conosceva da anni; non si sarebbe lasciato intimidire dal suo sguardo perennemente imbronciato e dalle parole che richiudeva nei suoi lunghi silenzi. Tanto più, non temeva di dover attendere la conclusione dei suoi esercizi. Restò lì, immobile, a osservarlo mentre sollevava i pesi; conscio che prima o poi si sarebbe stufato dell’indesiderato spettatore, smettendo quindi di allenarsi.

E così fu. Vegeta, infatti, ripose l’attrezzo ginnico sulle apposite sbarre sopra la sua testa. Senza dire una sola parola si sedette sulla panca e afferrò un asciugamano dal suolo. Con tutta calma continuò a ignorare la presenza alle sue spalle, prendendosi tutto il tempo necessario per asciugarsi le mani dal sudore e per eliminare alcuni frammenti di gesso con il quale si era sporcato le mani prima di iniziare i suoi esercizi.

Goku lo osservava con la medesima tranquillità, le braccia incrociate e lo sguardo rivolto verso quello che era un suo amico da molto tempo. Vegeta gli dava le spalle, tuttavia, per lui era sufficiente. Lo leggeva nei suoi movimenti, lo vedeva chiaramente come se glielo stesse gridando a squarciagola. Quello stato d’animo non lo aveva ancora abbandonato. Erano ormai due mesi che gli pesava sulle spalle come un macigno silenzioso che sembrava voler insistentemente nascondere a tutti; a se stesso per primo.

“Che diavolo vuoi?” furono le prime parole che gli rivolse, con quella tonalità cavernosa che rendeva pesante ogni sua parola, molto più di quelle che lui stesso non esprimesse; o riuscisse a esprimere. “Nulla di particolare, ero solo venuto a vedere come stavi” minimizzò il visitatore, accompagnato da una sonora alzata di spalle. Solo allora, Goku guadagnò la prima occhiata consapevole dal padrone di casa, che si limitò a squadrarlo di sottecchi.

Vegeta si alzò dalla panca con movimenti flemmatici, passandosi la pezza sulla testa, forse per estraniarsi dal mondo e dall’interlocutore stesso. “Vedo che hai un mucchio di tempo da perdere” gli rispose con un sarcasmo crudele, o forse solo difensivo.

L’altro sbuffò senza troppo rammarico. Alzò gli occhi al soffitto per pochi istanti, prima di tornare a guardare il compare. Lo osservò ancora una volta, in silenzio, mentre s’impossessava di una bottiglietta d’acqua posta sul tavolo della piccola palestra. “Senti, ti va di andare a bere una birra con gli altri stasera? Così, gusto per svagarsi un po’” lo invitò cordiale, accompagnando la frase con uno dei suoi immancabili sorrisi. Vegeta si voltò verso di lui, per la prima volta, lo guardò da capo a piedi e aggrottò le sopracciglia, più di quanto non fossero già increspate. “No” rispose lapidario sorseggiando la bevanda.

Goku non ebbe tempo per alcuna replica, l’altro si allontanò in quello stesso istante, uscendo dalla stanza. A lui non restò altro che osservare una porta chiusa, costatando che il silenzio era appena diventato meno pesante.

*

CONTINUA…

*

*

Diciamo che è una specie di esperimento personale. Ringrazio quindi in anticipo chi di voi vorrà seguire questa mia “follia”.

  
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