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Autore: Ninfea Blu    15/06/2016    17 recensioni
Storia già pubblicata in una raccolta qui su EFP, che ripropongo singolarmente, sperando di farvi cosa gradita. Oscar e André, una serata di cui forse resterà traccia, passata a bere in una locanda di Parigi, tra piccole confessioni e bizzarre richieste... Per chi lo ha letto, c'è un riferimento ad una scena tratta dal manga, che riconoscerete senza dubbio. Buona lettura.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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In vino veritas

In vino veritas

 

 

Questa storia non è inedita; è già stata pubblicata qui su EFP all'interno di una raccolta pubblicata da Neruda. La ripropongo per chi magari ancora non l'avesse letta, sperando di farvi cosa gradita; chi invece la conosce già, spero abbia piacere di ritrovarla. Presente riferimento al manga.

Buona lettura.

 

 

§§§

 

 

 

 

Fuori nel cielo della notte invernale c’era una grande luna bianca.

Una notte da lupi mannari, con un vento freddo che faceva gonfiare i nostri mantelli.

Cavalcavamo senza fretta verso Parigi. Oscar aveva voglia di bere.

Lo facevamo un po’ troppo spesso ultimamente, per stordire le nostre coscienze.

Arrivammo in città a quell’ora in cui inizia la vita notturna delle feste nei palazzi, e le carrozze viaggiano ancora lungo le strade principali della capitale. Qualche viandante solitario camminava rasente i muri delle case passando sotto la luce dei lampioni ad olio.

Guidammo i nostri cavalli verso il quartiere di Saint Germain.

Scegliemmo un’ osteria in una stradina dietro la chiesa, dove eravamo stati altre volte, un locale tranquillo, pulito, frequentato da gente umile. Non volevamo dare nell’occhio, cosa non facile quando Oscar indossa la sua uniforme scarlatta, ma forse in quel posto nessuno avrebbe badato troppo a noi.

Eravamo lì seduti, io e lei al nostro tavolo, in un angolo defilato sotto una finestra che dava sulla strada, e avevamo già scolato una mezza bottiglia di vino Borgogna, quando sentimmo i soliti commenti poco gentili sulla regina passare di bocca in bocca tra gli avventori.

Osservai Oscar un istante; sapevo già cosa stava per fare. La bloccai col braccio, prima che mettesse mano all’elsa della spada che portava al fianco. Impulsiva come al solito.

E io non avevo proprio voglia di fare a pugni quella sera. Volevo solo stare un po’ tranquillo.

La trattenni, minacciandola di trascinarla fuori di peso.

“Se ti azzardi ad attaccar brighe con qualcuno, giuro che ti lego in sella a Caesar e ti riporto a casa con la forza. Stai calma e bevi il tuo vino. Per una volta vorrei tornare a casa intero, senza bernoccoli sulla testa.”

Neppure lei aveva voglia di fare a botte, si limitò a sbuffarmi in faccia, ridacchiando.

“Ahh, Andrè guastafeste! Peccato, mi sarei divertita un po’. Perché devi sempre fare il cane da guardia?”

Biascicò alzando la mano col bicchiere. Avvertii l’odore alcolico del suo alito caldo.

“Perché non mi pare divertente tornare a casa che due occhi neri e qualche dente in meno.” Obiettai deciso.

Bevemmo parecchio quella sera, annegando in un vinello leggero e dolce i nostri inconfessabili, rispettivi tormenti amorosi. Oh, sì, erano quelli; io lo sapevo, ma Oscar no.

Ma il vino in certe situazioni fa diventare sinceri e lei, che aveva bevuto più di me, si lasciò andare in confidenze che da sobria non mi avrebbe mai fatto.

“Ah, questa vita è davvero assurda. Andrè, ti chiedi mai perché io sia nata donna? Lassù devono aver commesso qualche errore quando hanno distribuito le anime.”

“Errore è essere venuti qui stasera; domani ci penserà mia nonna a farci passare la sbornia; con me userà il mestolo e con te l’olio di ricino. Forse è meglio il mestolo…” Sospirai bevendo un altro sorso.

“Le ordinerò di non punirti. Hai passato l’età dei castighi da un pezzo…”

“Oh, non per lei!” Esclamai convinto.

Seguì un breve silenzio; fu Oscar a interromperlo in un modo apparentemente fuori dal contesto.

Parlò portando una mano alla fronte a sollevare la frangia di capelli biondi che le ricadevano sugli occhi lucidi.

“André, accetta il consiglio di una che ti vuole bene: non innamorarti mai! È un ordine. Hai capito?”

- Una che mi vuole bene…

“Agli ordini, colonnello!”

Ho risposto un po’ brillo, mentre quella sua frase sorprendente mi martellava nel cervello un po’ annebbiato dai fumi dell’alcool. Lei intanto continuava quella sua incredibile esternazione.

“Vedi come si sta male? Io sto male… per quello scemo di Fersen che è andato a combattere in America… tu non devi star male, te lo proibisco.”

Per fortuna ero abbastanza padrone di me, da non confessarle subito che la sua preoccupazione arrivava un po’ tardi.

Sarei rimasto lì con lei tutta la sera a ubriacarmi, se fosse servito a farla stare meglio.

Se fiumi di alcool potessero annegare, distruggere il suo amore malsano per lui.

Ma neppure io riuscii a trattenere tutte le parole che premevano per uscire.

“Ma io sto male solo se ti vedo così… dovresti smetterla Oscar di tormentarti per lui. Non ne vale la pena, lo capisci?” e mentre parlavo, continuavo a versarle da bere e la sua lingua sembrava non avere freni.

“Beh, sì Andrè, hai proprio ragione… non ne vale la pena.”

Ammise ridendo. Ma la piega delle labbra era amara.

“Io sono un soldato. Però io vorrei… vorrei che almeno una volta guardasse oltre la divisa… vorrei sapere cosa si prova…”

 

- Posso farlo io, Oscar. Io ti guardo da sempre come una donna… una bella donna.

 

Dio, era davvero ubriaca ed era solo la prima bottiglia di quella sera.

Avevamo finito il nostro vino rosso e l’oste ci aveva portato la seconda. Non sarebbe stata l’ultima.

“Adesso basta Oscar, stai esagerando con l’alcool. Poi tornare a casa sarà difficile.”

Cercai di sottrarle la bottiglia, ma lei fu più veloce.

“Lasciami bere Andrè, stasera non farmi da guardiano. Lo sai, sei fortunato tu…”

“Sarà per quello che ho un gran mal di testa…bella fortuna…” avevo ancora voglia di ironizzare.

“No, dico sul serio. Non hai problemi di cuore, tu. ”

La guardai negli occhi e a quel punto della serata, la mia lingua tenuta a freno fino a quel momento, si sciolse completamente.

“Questo chi l’ha detto?”

Allora il suo sguardo azzurro e incredulo si piantò fisso su di me. Mi parve attentissima alle mie parole. E mi venne il sospetto che non fosse così ubriaca come credevo.

“Che vuoi dire? Che non è così?”

Di colpo, mi sembrò come se la sbornia le fosse passata in un batter d’occhio.

“No. Non è così, madamigella. Siete male informata.”

Per scherzo, ero passato al lei, piegandomi in un curioso inchino. Mi guardò con un’ espressione tra l’ironico e l’apprensivo.

“Anche tu soffri per amore, Andrè? Non me l’avevi mai detto!”

“Tu non me l’avevi mai chiesto. Non vale la pena parlarne. Preferisco berci sopra.” E mi versai un altro goccio di vino che ingoiai in un sorso.

“Dai, accidenti, non fare il misterioso, dimmi chi è. La conosco? Scommetto che è una delle cameriere di palazzo… - disse puntandomi l’indice sotto il naso - quella Giselle. Ho notato come ti guarda… le guance le s’imporporano ogni volta che le parli per sbaglio… è lei, vero?”

“Giselle? Che spirito d’osservazione… No, non è lei; non è una cameriera. In realtà è di nobili origini.”

“Una nobile? Dici sul serio?”

“Certo. Sono serissimo!”

Perché non mi ero morso la lingua? La bottiglia fece un tonfo sul piano del tavolo. Dovevo apparirle allucinato e il suo commento seguente pareva confermarlo.

“Devi essere impazzito…”

Non so perché, mi divertì la sua espressione incredula, mentre un sorriso le increspava lieve le labbra.

“Sì, sono un folle Oscar! - Esclamai con impeto, ridendo. – Perché solo un folle può innamorarsi di una donna così: è cocciuta come un mulo, qualche volta prepotente, selvaggia… e io sono pazzo di lei e stasera voglio bere alla sua salute.”

E giù un altro sorso di vino in gola, e qualche rivolo rosso rubino mi scivolò sulla pelle sporcando il collo della camicia. Mi asciugai le labbra con il dorso della mano.

“Oh, Andrè, non dovevi; lo sai che non potrai mai sposarla… sarai costretto a restare sempre con me. Mi farai da attendente a vita.”

“Già… vedi che fortuna?”

“Non mi hai ancora detto chi è…” Insisteva curiosa, e una luce strana le faceva brillare lo sguardo.

“Meglio che tu non lo sappia… - forse per quella confidenza non ero abbastanza ubriaco – non ti piacerebbe sapere chi è.”

“L’ho incontrata? A Versailles, magari.”

Bevve velocemente un altro bicchiere, prima di piantarmi i suoi occhi addosso come spilli. Li sentivo pungere. Io aprii la bottiglia numero tre e versai una dose generosa a me e a lei. Ma perché era tanto curiosa?

“Oh, sì… anche a palazzo.”

Non riuscivo a stare zitto, né a mentire. Tentavo di portarla fuori strada, ma non ero certo di riuscirci.

Anzi, non ci riuscivo per nulla.

“Frequenta Palazzo Jarjayes?!!”

 

- No!!!

 

“Oh, sì… abitualmente.”

“Aaah! Ho capito!!”

Esclamò all’improvviso, quasi avesse avuto una rivelazione e io mi bloccai a guardarla ad occhi sbarrati, non del tutto lucido. Non poteva essere. E non era.

“Di nobili natali, frequenta la mia casa… Sei innamorato della piccola Rosalie! Non ci posso credere!”

A quelle parole assurde, scoppiai a ridere senza ritegno sbattendo una mano sul tavolo; non riuscivo più a fermarmi, mentre Oscar  mi osservava con l’espressione più stranita che le avessi mai visto.

Passavano i secondi e io non smettevo di ridere come un matto, mentre lei lentamente realizzava di aver detto qualcosa di totalmente ridicolo e inverosimile.

“Io innamorato di Rosalie!? Ma vuoi scherzare!?”

Ero costernato e mi trattenevo la pancia per il dolore, mentre Oscar pareva vagamente infastidita dalla mia ilarità.

“Non ti piace Rosalie? Ma è una fanciulla così dolce e spontanea… fresca come il vento di primavera… - sorrise agitando una mano nell’aria - se fossi un uomo, io la sposerei subito.”

“Allora, ringrazia il cielo di non essere un uomo… Per carità, gran brava ragazza, dolce e gentile, ma fa concorrenza alle fontane di Versailles! Più che il vento, ricorda certe piogge torrenziali irrefrenabili. No, no Oscar, la cara Rosalie non fa per me.”

“Ma allora, chi è questa donna fortunata?” Tornò alla carica il colonnello.

“Una persona molto diversa da Rosalie. Una donna molto vicina alla nostra regina…”

“No… allora… è la contessa di Polignac?”

La guardai basito, incapace di ribattere; aveva un’espressione serissima da cui mi lasciai ingannare per un secondo. Mi stava prendendo in giro, perché scoppiò a ridere subito dopo, battendo il pugno sul piano di legno del tavolo.

“Aahh, ci sei cascato, André! Dovresti vedere la tua faccia in questo momento: è impagabile!”

Di nuovo, portò il bicchiere alle labbra rosse quanto il vino, e bevve il liquido in un lungo sorso.

“Sei terribilmente ubriaca, si capisce dalle sciocchezze che dici. Per stasera dovremmo finirla qui. Sarà meglio uscire da questo posto, finché ci reggiamo sulle nostre gambe.”

E cercai di alzarmi, ma lei mi artigliò il polsino della giacca tentando di farmi sedere al mio posto.

“Eh, no! Non te la cavi così, caro il mio rubacuori. Non voglio andarmene proprio adesso. Siediti André, è un ordine. Sono il comandante delle guardie reali! – Puntualizzò alzando il tono di voce, tanto che tra gli avventori qualcuno si voltò a guardarci. - Decido io quando è ora di andare.”

“Testona che sei!! Peggio per te… e anche per me che sto qui a darti retta.”

Mi versai dell’altro vino, barcollando; la terza bottiglia era agli sgoccioli, ormai.

“Ed è bella?”

“Oh, bellissima. Magnifica…”

“Accidenti, ti piace davvero tanto, eh?”

In risposta, emisi un lungo sospiro. “Troppo.”

“Voglio sapere altro: dimmi se l’hai almeno baciata.”

Rimasi un attimo interdetto.

Ci misi un po’ a rispondere, mentre ricordavo l’ultima volta che eravamo stati a bere in una locanda, solo una settimana prima. Portavo ancora i segni della rissa di quella sera, e ricordavo che l’avevo portata in braccio lungo un tratto di strada e l’avevo baciata, per la prima volta. Era semisvenuta tra le mie braccia e approfittando della sua incoscienza, avevo posato le mie labbra sulle sue.

Mi era sembrata dolce e tenera.

“Allora, mi vuoi rispondere? Ti vergogni di me?” Mi incalzò.

“No! Ma questa è una cosa riservata. E io…”

“Avanti André, non fare il prezioso… ti giuro che non lo dico a nessuno, neppure a tua nonna…”

“Ebbene sì… - mi avvicinai al suo viso e la guardai dritto negli occhi - l’ho baciata a sua insaputa.”

Sputai fuori con tono malizioso, ridendo in maniera sommessa.

La vidi sgranare le sue iridi azzurre e forse un po’ di rossore le colorò le guance pallide, ma poteva essere l’effetto del vino che aveva nel sangue.

“Oh… come a sua insaputa? Si sarà accorta che la stavi baciando… se tu mi baciassi André, io me ne accorgerei…”

 

- Ma di che sta vaneggiando?

 

“Non se stessi dormendo, mio bel colonnello!!”

“L’hai baciata mentre dormiva? E perché?”

 

- Perché altrimenti, mi avresti passato a fil di spada…

 

“Perché era svenuta tra le mie braccia…”

Ridacchiai allegro, levando in alto il bicchiere e sembrava quasi un vanto da parte mia.

“Che uomo che sei, André; fai svenire le donne ai tuoi piedi.”

Scherzò lei, ma la sua voce aveva una strana sfumatura. Non le era passata la curiosità, e avevo il vago sospetto che si sentisse eccitata da ciò che le avevo raccontato, o forse più da ciò che tendevo a omettere. Di lì a poco si fece più diretta, perfino sfacciata.

“Ed è stato bello baciarla?”

Mi chiese con voce bassa e stranamente roca e io non riuscii a sottrarmi alla sua provocazione.

“Oh, è stato molto bello… ed eccitante.”

Ci fissammo negli occhi per un lungo istante e non ero più tanto sicuro che fosse solo l’alcool a guidare le parole e le azioni. Forse le barriere personali tra noi erano ormai crollate del tutto e le emozioni della serata oltrepassarono gli argini imposti dalle coscienze.

“Io non sono mai stata baciata da un uomo… non so cosa si prova…”

Ero troppo confuso, troppo ottenebrato dal vino per capire dove stesse correndo con la mente; avevamo perso le nostre inibizioni, ma non sapevo fino a che punto lei avesse perso le sue. Non osavo immaginarlo.

Restò in silenzio per un po’ e io restai in attesa non sapevo bene di cosa.

Sentivo le viscere torcersi senza motivo apparente.

I suoi occhi erano lucidi forse a causa dell’alcool; al fuoco delle candele, capivo solo che brillavano di quella fiamma proibita che a volte li anima.

E quando quello sguardo acceso si fissò ostinato su di me, qualcosa di oscuro tremò dentro il mio corpo.

“André, se io ti chiedessi di fare una cosa, tu la faresti?”

“Che cosa, Oscar?”

Non esitò.

“Tu mi baceresti, André?” Sussurrò.

Il mio respiro si fermò, mentre lentamente portavo l’ultimo sorso alle labbra, i miei occhi inchiodati ai suoi, adesso carichi di aspettativa.

“Vuoi che lo faccia qui, ora?”

Sollevai vagamente lo sguardo a guardarmi intorno. Una rapida occhiata all’ambiente e lo trovai semideserto. Molte persone se n’erano andate.

L’oste, un uomo corpulento e rubicondo, stava pulendo il piano del banco con uno straccio unto. La locandiera serviva gli ultimi boccali di birra ad un tavolo lontano dal nostro.

“Sì.”

La sua risposta. Semplice e diretta. Nessuna incertezza nella voce.

C’era l’alibi del vino; forse l’domani nessuno di noi avrebbe ricordato nulla di quella serata. Chissà, magari anche lei contava su questo. O forse avrei ricordato solo io.

“Sei decisamente ubriaca Oscar… e anch’io non sono proprio lucido…”

“Significa che non vuoi baciarmi?”

“No, significa che non so come potrebbe finire.”

“Hai paura, André?”

“No…”

Posai il bicchiere ormai vuoto sul tavolo.

Mi accostai lentamente al suo volto. Mi fermai un attimo prima di arrivare alla sua bocca; mi aspettavo si sarebbe tirata indietro e volevo darle il tempo di ripensarci, ma Oscar non si mosse.

I suoi occhi come spilli, erano puntati nei miei. La sua bocca stava per sfiorare la mia.

E fu lei a muoversi per prima, ma non per allontanarsi.

Sentii le sue labbra calde posarsi tenere sulle mie.

Basta un attimo a dimenticare tutto, dove sei e dove andrai, mentre il cuore martella nelle orecchie e la testa gira.

Il gusto del vino nella bocca, il suo sapore di donna confuso col mio; non ricordavo dove finivo io e iniziava lei.

Il nostro bacio diventava via via più audace e profondo, mentre la forzavo con dolcezza a lasciarmi entrare e lei mi invitava, mi seduceva, non opponendo alcuna resistenza.

Mi invadeva e si lasciava invadere.

Le nostre labbra si accarezzarono a lungo, mentre sentivo le sue dita leggere che correvano alla mia nuca, mentre la stringevo possessivo e lei si abbandonava alla mia stessa eccitazione, all’esigenza di bere fino in fondo il sapore di quel bacio. Ci stavamo divorando affamati.

E la fame accese qualcosa di oscuro anche in lei, perché sentii la sua mano su di me, scendere pericolosamente verso il basso. Troppo in basso.

E ricordai all’improvviso, che non eravamo padroni di noi. Troppo alcool scorreva nelle nostre vene e non ci saremmo riconosciuti nudi in un letto l’indomani. E avremmo incontrato la vergogna nei nostri sguardi.

Fu così che la fermai e abbandonai la sua bocca con uno strazio immenso.

Ma io non mi sarei fermato mai.

“Oscar…”

Pronunciai il suo nome in un sussurro rauco.

Ritrovai i suoi occhi aperti, spilli offuscati da alcool e desiderio, identico a quello che leggeva nel mio sguardo. Non so chi di noi fosse più ubriaco. Non so quanto stessimo fingendo.

Il silenzio sigillò le nostre voci per un istante.

Col respiro un po’ affannato, Oscar lentamente si ricompose, posando i palmi delle mani sul tavolo, prima di lasciar uscire le parole.

Quelle che attendevo per poter parlare.

“Avevi ragione André…”

“Su cosa?”

“Su quello… che si prova; - un sussurro flebile – è stato bello… e terribilmente eccitante.”

Un vago sorriso le aleggiava sulle labbra. Altro silenzio.

“Sì è fatto tardi… meglio andare, Oscar…”

 

- Prima che possa accadere altro tra noi…

 

“Sì, va bene…”

Stranamente docile.

Prendemmo i nostri mantelli e uscimmo dalla locanda. Rimontammo in sella e attraversammo la notte fredda. Una notte da lupi mannari con la luna piena. O forse era la luna che alza le maree e accende le passioni degli amanti. Il fiato usciva come fumo dalla bocca. Non sentivamo freddo; sangue e cuore erano troppo caldi.

 

 

***

 

Una notte calda di luglio.

Una notte di fuochi e di bagliori in lontananza.

Una luna piena, rossa come il sangue, quello che esce dalla mia ferita alla testa, che tu hai lavato con le tue mani bianche e gentili, che scorre impetuoso nelle nostre vene, che forse scorrerà per le vie di Parigi, domani all’alba.

Qui, la passione ci ha trovati e travolti.

Abbiamo gettato le nostre uniformi in un angolo, sulla riva di questo fiume che scorre come il nostro destino. Ti ho baciato mille volte mentre affondavo nel tuo grembo umido e caldo.

Ti bacio ancora, qui nudo al tuo fianco, stretto nel tuo abbraccio.

Il tuo corpo esile e bianco sotto il mio.

E improvviso, il ricordo di una notte lontana scivola tra i miei pensieri e le tue labbra schiuse.

“André, ti ricordi una serata di qualche anno fa? In quella locanda, a Saint Germain…”

Sono un po’ sorpreso e non lo nascondo. Quante volte anch’io ho ripensato a quella folle serata.

Un delirio segreto.

“Sì. Avevamo bevuto parecchio…”

“Non era quella, la prima volta che mi baciavi, vero?”

Gioco con una ciocca dei tuoi capelli; non ti rispondo ma sorrido, e tu continui a parlare.

“Il giorno dopo ho dato la colpa al vino. Era una buona scusa. Credevo che non avrei ricordato nulla; sarebbe stata la dolce follia di un momento… ma ho ripensato a quella sera mille volte…”

“Pensavo fossi ubriaca…”

“Lo ero, ma non abbastanza. Ti ho ingannato André, ma solo da poco ho capito perché l’ho fatto.”

Ti ascolto in silenzio e sfioro il tuo viso con le dita.

Starei qui, su questa sponda tutta la vita a guardarti per quanto sei bella.

“Non avevo abbastanza coraggio. Avevo bisogno di un po’ d’amore e lo volevo da te, soltanto. Non sai quanto ti ho desiderato, prima di questa sera. Mi bastava pensare a quel nostro bacio per volerti da impazzire. Ma ti ho tenuto lontano, come una stupida.”

“Non sono mai stato lontano, Oscar…”

“Lo so, e non lo sarai mai, amore mio.” Sussurri piano.

Mi baci di nuovo; le tue labbra lasciano carezze invitanti sulla mia pelle e sento le tue gambe nude intrecciarsi alle mie. Ti voglio anch’io, Oscar.

Questa notte non c’è alcool nè vergogna nei nostri sguardi, solo tanto amore.

 

 

 

 

 

 

Fine

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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