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Autore: Koori_    15/06/2016    3 recensioni
[Alex X Pete]
La trucca che mi diede da rovellarmi il planetario, fratelli, fu che avevo locchiato più il vecchio Pete che quella quaglia di
sua moglie. Si era fatto proprio un malcico cinebrivido e dimostrava molti più anni con quella peluria sulla biffa, la
ciangotta profonda e quell'aria tipo martino istruito e maturo e tutta quella sguana.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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E niente, ho ripescato questa fanfiction scritta la bellezza di tre anni fa, quando ero chiusissima nel mio periodo Arancia Meccanica. L’ho scritta in linguaggio nadsat per essere almeno coerente con il libro, l’avevo pubblicata su un vecchio account e aveva ricevuto recensioni abbastanza positive, quindi bah, perché non ripubblicarla?
Ho scelto di trascrivere la scena a cui mi sono ispirata, quindi queste prime righe non sono parole mie, ma dell'autore Anthony Burgess. Buona lettura!
 
«Questa quaglia seduta al tavolo con questo martino era proprio cinebrivido, non il genere che vorresti subito sbattere giù e fargli il vecchio vaevieni, ma con delle macerie e una biffa cinebrivido e un truglio sorridente e un criname biondo
biondo e quel genere di sguanate. E poi il martino che stava con lei e che aveva un cappello sul planetario e la biffa voltata, si girò a un tratto per locchiare il gran tamagno orologio sul muro di questo sosto, e allora locchiai chi era e lui locchiò chi ero io. Era Pete, uno dei miei tre soma dei giorni di Georgie e Bamba e lui e me. 
Era Pete che sembrava tanto più vecchio anche se non poteva avere molto più di diciannove anni, e aveva un po' di baffi e un comune completo da giorno e questo cappello.»
[...]
«Non riuscivo a levargli i fari di dosso, fratelli. Era un martino maturo, tipo, con una ciangotta da poldo grande e tutto.»

 

Succo d’arancia… meccanica
 

La trucca che mi diede da rovellarmi il planetario, fratelli, fu che avevo locchiato più il vecchio Pete che quella quaglia di sua moglie. Si era fatto proprio un malcico cinebrivido e dimostrava molti più anni con quella peluria sulla biffa, la ciangotta profonda e quell'aria tipo martino istruito e maturo e tutta quella sguana. Ma gli si locchiava nei fari che era lo stesso Pete di tanto tempo addietro, solo più civilizzato eccetera.
Eppure mi si era piazzato nel planetario,fratelli, tanto che sperai persino di locchiarlo di nuovo in uno di quei sosti dove si gluta caffè o dove pareva a lui.
Tra quegli sguanosi bastardi e traditori dei miei soma, lui era stato l'unico a curarsi di trattare il Vostro Umile Narratore con quei modi tanto gentili e someschi. E la sua quaglia, com'era la sua targa..? Georgina?
Georgina. Mi si piazzò subito nel planetario la biffa di Georgie, quel vecchio bastardo. Certo, lui di essere gentile non ne aveva più occasione, se ne stava sotto questa sguanosa terra ed era lì che doveva restare, a farsi mangiare dai vermi.
Mentre pensavo questo, cari fratelli, pistonavo verso casa ed ero già vicino ai Flatblocks  I8A.
Quindi feci right right right con la testa, parlando a me stesso, e mi dissi di star buono finché non si giungeva nella mia migna tana. Avrei snicchiato bella musica e avrei messo a riposo il Gulliver, come ogni cupa.

E invece no, neanche per sogno, cari fratelli. Mi ritrovai si nella mia migna tana, e si, snicchiavo bella musica, ma no, non riuscivo a mettere a riposo il Gulliver già troppo affaticato.
Cominciai a fare strani sogni e c'era anche Pete, ma non erano come gli sguanosi incubi che il planetario mi fabbricava quando ero nella Prista, no, tutto il contrario.
Credeteci o baciatemi le bacche, fratelli, c'eravamo io e Pete senza nessuna Georgina attorno, e ce ne stavamo lì come una qualsiasi felice coppietta martino-quaglia, e io che gli infilavo almeno un metro di slappa nel truglio come se non ci fosse un domani, e Pete che lasciava fare e che ci stava, pure.
Mi svegliai a truglio e fari spalancati e con una spiacevole sorpresa sotto le lenzuola, fratelli, proprio tra le mie giovani gambe da malcico eterosessuale.
E fu lì, tutto solicello nella mia migna tana, che capii che qualcosa non andava.



 
   
 
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