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Autore: Arwen297    16/06/2016    2 recensioni
“Quando la mia ora sarà arrivata, l'arcobaleno brillerà anche là sopra, al di là delle nuvole.”
Omaggio alle vittime della strage di Orlando, che ha colpito gli USA qualche giorno fa.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Haruka/Heles, Hotaru/Ottavia, Michiru/Milena, Usagi/Bunny | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
- Questa storia fa parte della serie 'In memoria degli angeli '
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Note dell'autrice:

Non ci sono parole davanti a fatti del genere, e mi vergogno profondamente di appartenere a una specie animale così crudele come l'uomo. Non riesco mai a giustificare ne riesco a provare a capire gesti del genere, credo che siano incomprensibili. Mi viene solamente da chiedere scusa a tutta la comunità LGBT per questa strage, ma non perché siete esponenti di questa comunità, ma perché siete persone, e un attacco e tante morti di persone innocenti è innaccettabile nel 2016 con tutta questa tecnologia ed evoluzione umana in questo senso.

Detto questo, vi auguro buona lettura, non so come sono riuscita a mettere insieme, è da stamattina che tra varie interruzioni ci sto lavorando, e sono le 3.10 di notte al momento della pubblicazione. Ammetto che non ho revisionato perché l'orario e gli impegni dei prossimi giorni non me lo consentono, quindi segnalate tutti gli errori che trovate.

Broken Rainbows

Idea di Arwen297 – Personaggi di Naoko Takeuchi


Dedicata alle vittime della strage

del 12 Giugno 2016, di Orlando.


I suoi occhi blu si posarono sull'orologio appeso alla parete, mentre finiva di mettere il mascara e il rossetto che aveva scelto per quella serata. Era in perfetto orario ma sapeva anche che Haruka, la ragazza che frequentava da qualche mese, spesso e volentieri si presentava in anticipo agli appuntamenti sotto casa sua.

Quella sera sarebbero andate in compagnia delle altre in un locale conosciuto in zona come un ritrovo per omosessuali, le loro amiche non lo erano ma avevano comunque accettato con entusiasmo la loro proposta, complice il fatto che nessuna di loro lo conosceva.

L'idea era stata proprio la sua quel pomeriggio, ed era felice del fatto che le ragazze non si fossero fermate alla classificazione conosciuta in zona nata in onore del fratello della proprietaria, omosessuale anche lui per l'appunto. Sarebbe stata una bella serata, ne era sicura.

Aprì l'armadio per prendere il cappotto nero e lo indossò, le arrivava circa a metà coscia, poco sotto il vestito nero con il corpino pieno di glitter che aveva scelto. Le gambe erano coperte dal leggero tessuto dei collant fino al ginocchio. Da li in poi a loro si aggiungeva lo strato degli stivali alti con tacco in velluto sempre nero.

Afferrò la borsa dal letto e prese le chiavi dimenticate il giorno prima sulla scrivania, dopo di che si diresse verso l'uscita dell'abitazione.

Poco dopo le squillò il cellulare, segnale che l'altra era giunta a prenderla. Accelerò il passo nell'impanzienza e nell'emozione di rivederla ancora, di rivedere ancora i suoi occhi verdi circondati da capelli biondi come il grano e il suo fisico longilineo.

«Buona sera sirenetta». La voce vellutata dell'altra le accarezzò dolcemente i timpani non appena entrò in macchina. La chiamava così da quando le aveva confessato di amare il mare più di qualsiasi altra cosa presente sulla faccia della Terra, lei lo stesso giorno le aveva confidato di sentirsi molto affine al vento.

Strana la coincidenza di come fossero in natura legati i due elementi, strano come lo fossero anche loro fin dal primo momento che si erano incontrate.

«Buona sera Ruka». Rispose, usando il diminutivo del nome giapponese dell'altra, erano entrambe di origini orientali, e entrambe avevano uno dei loro genitori di puro sangue giapponese. Si protese nella direzione dell'altra per darle un bacio, ogni volta che le loro labbra si sfioravano sentiva un estremo bisogno di ossigeno. Quello stesso ossigeno che era la presenza stessa dell'altra a donarle.

«Sei uno splendore stasera, mi toccherà essere gelosa e marcare il territorio al Pulse». Le sussurrò a fior di labbra dopo averla osservata per bene.

«Ma smettila, sai benissimo che a me interessi solamente tu e non guarderei nessun'altra». La rassicurò lei, sorridendo. Sapeva farla sentire bellissima anche con poco. Anche con la sua gelosia.

«Sarà meglio andare, le altre ci staranno aspettando ormai da un bel pezzo fuori dal locale». Esclamò, ignorando le parole dell'altra di proposito. Quando si trattava di Michiru, non ci vedeva più. Era sua, sua e basta. E nessuno poteva permettersi di metterle gli occhi addosso. Nessuno poteva permettersi di farle del male. Come le aveva detto più volte in passato, l'avrebbe protetta da qualsiasi pericolo.



***



Erano passate più di due ore da quando erano entrate al Pulsed, erano giunte a destinazione circa una quarantina di minuti più tardi e avevano trovato come previsto le loro amiche ad aspettarle fuori. Come immaginava Usagi non si era presentata, troppo impegnata a passare il tempo libero con il nuovo ragazzo con cui stava uscendo, per quanto quel comportamento non le piacesse molto aveva ormai imparato a farci l'abitudine. E come ogni amica che si rispetti era sempre stata pronta a consolarla nel momento del bisogno, l'instinto però le suggeriva che questa volta sarebbe stato quello giusto. Questo Mamoru le sembrava la persona adatta alla biondina dai lunghi codini che conosceva ormai dai tempi del liceo.

«Tutto a posto?». La voce di Hotaru, la più giovane del gruppo la riportò alla realtà formata da musica moderna, bassi accentuati e rumore in quantità smisurata.

«Si sono solamente un po' stanca, ho ballato fino ad ora con Haruka e ora la sto aspettando. E' andata a prendere qualche cosa da bere». Rispose lei, cercando di mettere a tacere la strana agitazione che era insorta nell'ultima mezz'ora, troppo simile a quella che sentiva a volte, quando poi si verificavano fatti non felici nella sua cittadina. Il suo era un dono che non conosceva nessuno, e che preferiva tenere per se: aveva troppa paura che non lo capissero e che la giudicassero; e ne aveva fin troppe di rogne in famiglia per via della sua sessualità. Senza aggiungere anche le pre-cognizioni che la colpivano ogni tanto.

«Ti ho vista un po' assorta nei tuoi pensieri e pensavo che ci fosse qualcosa che non andasse». Le spiegò l'altra sistemandosi la frangetta corvina.

«Tutto a posto stai tranquilla, te come stai?». Le chiese a sua volta, cercando di farsi sentire sopra al rumore della musica. Si perché per lei quello era un rumore, nulla a che vedere con la musica classica che tanto amava. Mentre con lo sguardo osservava Setsuna scatenarsi in pista da ballo.

«Bene dai, non c'è male», le rispose al brunetta.

«Tieni Michi». Era Haruka a parlarle nell'orecchio, non l'aveva sentita arrivare, e sobbalzò appena, prima di prendere il bicchiere con dentro un aperitivo alla frutta alcolico.

«Mi hai fatta spaventare, non ti avevo vista arrivare». Assaggiò il liquido ghiacciato che portò subito sollievo al suo corpo accaldato dal calore del locale e dai balli fatti fino a quel momento. « Che ore sono?».

«Manca poco alle due, è ancora presto...». Le parole della sua compagna furono interrotte da dei rumori fin troppo poco equivoci. Erano molto simili a degli spari, ed erano vicini troppo vicini.

Ma che diavolo sta succedendo? Questa musica non ha effetti sonori del genere. Pensò preoccupata. Gli occhi verdi che guardavano nervosi tra la folla per cercare di captare qualcosa di più.

La sua preoccupazione non sfuggì alla violinista, come al solito in fin dei conti.

«Haru qualcosa non va?».

Poco dopo la domanda della ragazza, la bionda tra le luci vide un qualcosa che non avrebbe mai voluto vedere: nel locale c'era un uomo armato. E stava sparando, vide diverse persone cadere inermi sotto i suoi colpi, e ciò che la spaventava di più era il fatto che si dirigeva velocemente verso la loro direzione.

Si voltò improvvisamente verso la ragazza che amava, che fissava terrorizzata ciò che stava avvenendo sotto i suoi occhi, Hotaru invece come la maggior parte delle persone dentro a quelle mura non si era accorta di nulla. Non c'era tempo da perdere, dovevano nascondersi, cercare di scappare. Cercare di mettersi in salvo in qualche modo. E subito. Prese per mano Michiru, e la scosse appena per riportarla in se.

«Dobbiamo scappare, scappa più veloce che puoi, corri verso i bagni Michi..io ti sto dietro. Hotaru fai la stessa cosa anche tu». Urlò per farsi sentire sopra alla musica. Le due ragazze alle quali aveva parlato sembrarono animarsi improvvisamente mentre si alzavano in piedi il più veloce possibile. Le seguì subito dopo, tenendo il polso della sua compagna. Intorno a loro ora, parecchie urla. Se le persone si fanno prendere dal panico moriremo tutti come in una trappola per topi. Dobbiamo fare in fretta.

«Corrì Michiru più forte che puoi». Urlò, accelerando verso i bagni. Farsi strada tra la calca di persone terrorizzate e quelle ancora ingnare era sempre più difficile, lo era senza interrompere il contatto con la sua sirenetta.


Erano a poca distanza dai bagni quando sentì uno sparo più vicino degli altri e la presa intorno al suo polso venire meno, d'istinto si girò e vide la ragazza di cui era innamorata cadere in terra.

No, no.. Haruka no! Ebbe l'istinto di girarsi, ma fu bloccata dalla loro amica che la tirò via infilandosi nel bagno insieme a lei.

«Haruka, devo sapere come sta.. non posso lasciarla di la..no non posso». Sentiva il panico invaderle il corpo fino a farle attorcigliare le viscere. La paura causata dalla situazione si sommava a quella data dal non sapere come stesse l'altra.

«Non puoi andare di la ora Michi, ci sarà l'inferno per favore». Le disse sottovoce Hotaru, sentirono poco dopo altre persone arrivare terrorizzate nel bagno. Sentirono porte chiudersi, e un silenzio surreale riempire la stanza. L'unico rumore nitido e persistente il battito del loro cuore nelle orecchie. Vide l'amica tirare fuori il cellulare dalla tasca dei jeans per chiamare il padre nella speranza che sentisse per avvisare i soccorsi.

Ma per lei l'unico pensiero fisso era la sua compagna, non osava pensare al destino che l'aspettava. Non sapeva se lei fosse ancora viva, se fosse solo inciampata o se fosse stata ferita, e quell'essere all'oscuro di tutto era un'incognita insopportabile. In sala la musica si era fermata già da un pezzo, e alle loro orecchie arrivarono altri spari, altre grida. Il tutto ad alimentare la loro ansia: non appena il pazzo si sarebbe accorto dei bagni per loro sarebbe stata la fine; era certa che non avrebbe più rivisto le persone che amava, non avrebbe più potuto portare avanti i suoi sogni in campo musicale, per i quali fin da piccola aveva donato anima e corpo. Non avrebbe più potuto...

La porta principale dei bagni si aprì una seconda volta, e dei passi lenti e calcolati risuonarono nell'ambiente, consapevole di chi poteva trovarsi dall'altra parte le venne quasi instintivo trattenere il respiro per non produrre alcun rumore, gli occhi blu puntati in quelli quasi violacei di Hotaru.

Seguì il movimento dell'ombra sul pavimento, la vide allontanarsi leggermente dalle porte, il respiro leggermente affannato. Dopo pochi istanti le sue orecchie furono colpite da una raffica di spari, seguiti da un dolore lancinante in diversi punti del corpo.


Buio.



***



Quando riaprì gli occhi sopra di lei c'era un soffitto sconosciuto accompagnato da un odore quasi fastidioso di disinfettante, mosse leggermente la testa verso destra e si rese conto di essere in ospedale. Qualche secondo dopo la sua mente registrò la presenza di diverse fasciature sul corpo, per quanto aveva dormito? Quanto tempo era passato da quando...

Haruka, devo sapere come sta.. devo saperlo. Chissà quanto tempo è passato.

«Stai calma, non muovertì è meglio se per ora non ti alzi». La voce di Usagi giunse alle sue orecchie, i suoi genitori chissà dov'erano.. probabilmente nemmeno erano andati in ospedale.

«Usagi.. dove sono? Quanto tempo è passato?». Le fasciature erano veramente fastidiose.

«Sei in ospedale Michi, e ti hanno operata sono passati circa quattro giorni da quando è successo..». Le spiegò l'amica.

«Hotaru e Haruka come stanno? Dove sono?». Chiese di getto, con il cuore in gola. Una parte di lei sapeva già, si ricordava pochissime cose di quella notte, e riguardavano loro, aveva paura di sapere la risposta. Una risposta che tardò ad arrivare, e che la costrinse a spostare il suo sguardo sul viso della biondina in cerca di spiegazioni, quelle stesse spiegazioni che erano dipinte sul viso di lei senza lasciare una dubbia interpretazione visti gli occhi azzurri e lucidi.

«No...no... non ci credo..non può essere possibile.. non può essere andata così». Il cuore le accelerò nel petto, improvvisamente le sembrava che dovesse esplodere per il dolore che quel viso che la guardava in silenzio le aveva comunicato; non poteva crederci, era solamente uno scherzo. Non potevano essere morte. «Usagi dimmi che non è vero...dimmi che è solo uno scherzo e che loro sono sane e salve».

«Mi dispiace … il...il funerale lo hanno fatto ieri a entrambe...abbiamo chiesto se era possibile poter aspettare che tu ti fossi svegliata e ripresa...ma purtroppo non è stato possibile... mi dispiace amica mia...». Mormorò mortificata l'altra, abbassando lo sguardo sulle ginocchia, per trattenere le lacrime. Aveva sperato tanto di non dover essere lei a darle quella notizia, ma purtroppo il destino aveva voluto diversamente.

«Non..non è colpa tua Usagi...». Le lacrime le rigarono le guance, forse avrebbe dovuto rimanere tranquilla viste le fasciature di cui nemmeno era a conoscenza della causa grazie ai suoi vaghi ricordi.

Unica cosa di cui era certa e che Haruka non sarebbe stata più al suo fianco, e tutti i loro sogni erano andati spezzandosi così da un momento all'altro in quella che doveva essere una semplice serata tra amiche senza pretese particolari; e in parte era solamente colpa sua: era stata lei a proporre quel locale, se non lo avesse fatto non sarebbero stati tutti in quella condizione. Non sarebbe stata in quel letto di ospedale, ma sopratutto loro sarebbero state ancora vive.

«Si sa almeno perché lo ha fatto?». Parlare le era immensamente difficile, avrebbe solamente voluto urlare, piangere e urlare.

«Solo che probabilmente era un cliente abituale del locale, e quindi si pensa che non abbia accettato la sua omosessualità e che quindi sia un attacco omofobo..alcuni dicono che faceva parte di una cellula terroristica.. troppo presto per dirlo».

Come poteva un omosessuale commettere un gesto così crudele, ammazzare altre persone, altre vite.. solo perché non riusciva ad accettare la propria esistenza. Che male aveva commesso lei? E tutti gli altri? E la sua Haruka sopratutto, il suo grande amore, che l'aveva protetta fino all'ultimo mettendo a repentaglio la sua stessa vita per permettere a lei di vivere la sua; ma che senso aveva vivere senza la sua amata? Nessuno. Non avrebbe avuto alcun senso. Come non aveva senso la motivazione di un attacco così folle.

Haruka ti prego perdonami, ovunque tu sia se mi senti cerca di farlo. Avessi saputo ciò che ci attendeva non avrei mai proposto di andare li amore mio...non lo avrei mai fatto.

Non avrebbe mai messo in pericolo le persone che amava, e nonostante tutto non era riuscita a proteggerle come avrebbe voluto e dovuto fare.

Michiru non potevi proteggerle, in altre circostanze si, ma in questa no. Era imprevedibile per tutti una strage del genere.

Cercò di consolarsi, mentre tentava di capire le motivazioni che avevano portato a un gesto simile, era impossibile anche solo pensare che chi le aveva sparato fosse guidato dall'odio per se stesso in primis, un odio da proiettare sugli altri come lui. Altre persone, perché al di là dell'orientamento sessuale loro erano persone, non pupazzi e oggetti. Era forse così difficile da capire? Era forse così insensato accettare il loro modo di essere, le loro preferenze del tutto naturali.. forse nella società in cui vivevano lo erano.

In fondo non avevano fatto del male a nessuno, la sua Haruka non aveva fatto nulla. Si a volte era un po' impulsiva, ma tolto questo era buona, dolce e anche fragile sotto certi aspetti. Senza dimenticare Hotaru, uccisa solamente perché si trovava li quella sera, a prescindere dal suo orientamento e così tutte le loro amiche.

I singhiozzi le salirono forti, non riuscì più a trattenerli. Al solo pensiero di essere rimasta nuovamente sola dopo aver trovato l'amore della sua vita si sentiva morire.

Avrei dovuto morire io non te, avremmo dovuto morire insieme.. io ora come faccio senza di te? Senza il tuo appoggio in tutto? Come supererò tutto questo?

Avvertì la presenza nel suo campo visivo della bionda giusto un attimo prima di essere abbracciata.

«Forza Michiru..non è colpa tua... fatti forza.. non potevi saperlo, nessuno di noi avrebbe mai potuto immaginare una cosa simile. L'uomo alle volte è cattivo, agisce senza senso..senza preoccuparsi degli altri e del dolore che provoca a chi lo circonda. Ma non accusarti, non è colpa vostra. E' colpa esclusivamente di quell'assassino, che purtroppo hanno ammazzato i poliziotti perché meritava di marcire in galera». Poteva solamente immaginare il dolore che sentiva la sua amica. E lei non era nemmeno così brava a consolare. «Chiamo l'infermiera, così magari ti da un tranquillante, hai bisogno di riposare e non devi agitarti». Le bisbigliò all'orecchio ottenendo in risposta solamente l'ennesimo singhiozzo.



***



Era stata dimessa quel giorno stesso dopo circa una decina di giorni, durante i quali i suoi genitori e le sue amiche si erano alternate in ospedale per non lasciarla mai sola visto il trauma che doveva superare. Aveva insistito per fare una tappa al cimitero per vedere finalmente la sua tomba, le avevano detto che anche quella di Hotaru era nello stesso cimitero e così sarebbe stato tutto più semplice, quando andava da una sarebbe andata a far visita anche all'altra.

I suoi genitori avrebbero voluto accompagnarla fin dalla lapide, ma aveva rifiutato, voleva andarci da sola, voleva ancora una volta essere solo loro due e sentirla vicina come più volte era accaduto nei mesi precedenti.

Non le fu difficile individuare la lapide, era ancora piena di fiori tra i quali faceva bella mostra di se il suo casco preferito. La sua compagna lo aveva utilizzato sempre nei mesi precedenti; erano andate insieme a comprarlo e in qualche modo i disegni che lo adornavano rappresentavano anche loro. I suoi occhi si posarono sulla foto che avevano scelto i genitori della ragazza, ricordava come fosse il giorno prima anche le circostanze in cui avevano scattato quella foto; erano al mare con le altre, e in quel ritratto era rappresentata Haruka così com'era: orgogliosa, forte e a tratti anche fragile. Erano i tratti del suo carattere che più l'avevano fatta innamorare.


Amore mio, che brutto scherzo che mi hai fatto questa volta, mi dicevi sempre che mi avresti protetta da qualsiasi cosa e fino all'ultimo non ti sei affatto smentita. Ma ora io senza di te, da sola su questa Terra cosa posso fare? Come posso andare avanti e ricostruirmi una vita? Avevamo tanti progetti da realizzare insieme...dovevamo andare a convinvere appena ne avevamo la possibilità e ora tutto ciò che rimane di noi e solo un insieme di ricordi che fanno un male cane. Me l'hai fatta davvero grossa... troppo davvero...ero convinta di aver trovato il mio filo rosso*, l'altro capo del gomitolo del destino e a quanto pare nonostante faccia così male non sarai tu.


Si abbassò per accarezzare la superficie liscia del marmo, prima di appoggiare le tre rose rosse che aveva comprato appositamente.


Da quando mi sono svegliata in ospedale e ho saputo che tu non eri più in questo mondo, non ho mai smesso di darmi la colpa per tutto quanto. Se non avessi proposto il Pulse a quest'ora non saremmo qui..di noi ci sarebbe tanto altro e non solo questa superficie fredda a contatto del mio palmo. Non so nemmeno se potrai mai perdonarmi ovunque tu sia... non riesco nemmeno a capire come ne verrò fuori da tutto questo senza di te. Senza il tuo appoggio e la tua forza..


La mano corse ad asciugare le lacrime prima che le scivolassero sul viso, bagnandolo.


Scusami amore mio, e perdona anche il tuo assassino se puoi, sono arrivata alla conclusione che era solo un disperato.. che non aveva capito niente della vita. Pieno di frustrazioni e pervaso dall'incapacità di accettare se stesso così com'era.

Sono una stupida a pensare che tu mi possa sentire... solo un'illusa.


I suoi pensieri sembravano un fiume in piena, così come le sue lacrime che le scendevano sul volto. Mentre lo sguardo si alzava a osservare meglio la lapide, ad accarezzare il volto una leggera brezza.


Sarò forse sciocca ma voglio credere che questo leggero venticello sia un tuo segno... ti amo, e non smetterò mai di farlo. Mai.


Sulla lapide oltre alla data di nascita e di morte, era incisa in lettere in corsivo di colore dorate altre parole, di cui si era accorta solamente in quel momento:

Quando la mia ora sarà arrivata, l'arcobaleno brillerà anche là sopra, al di là delle nuvole.”

Alzò gli occhi verso il cielo e ammirò l'arcobaleno che era uscito subito dopo la pioggia che l'aveva accolta al suo arrivo al cimitero, fu consapevole del fatto che nel bene o nel male, gli arcobaleni dopo le tempeste sarebbero sempre esistiti e con loro anche lei sarebbe stata nel suo cuore.




* La leggenda del filo rosso è originaria del Giappone, narra che alla nascita ciascuna persona sia legata a un filo rosso. All'altro capo del filo c'è la persona a cui essa è destinata a condividere la vita, e tutti i passi fatti dal giorno della nascita in poi non sono altro che piccoli passetti verso l'incontro dell'altra metà della mela legata all'estremità opposta di questo filo
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