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Autore: Winry977    16/06/2016    0 recensioni
[https://it.wikipedia.org/wiki/The_Boy_and_the_Beast]
Tutti narravano del primo allievo di Kumatetsu. Eppure, non stava scritto nemmeno in un libro che egli avesse avuto un secondo discepolo degno del suo nome e all'altezza di Kyuuta.
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quello stesso pomeriggio erano già fuori, in terrazza, a prepararsi per l’incontro. Entrambi si riscaldavano, l’uno saltellando sul posto e provando i propri pugni contro l’aria, l’altra sgranchiva le gambe, stirandole e facendo diversi esercizi. L’unico pubblico che assisteva comprendeva Tatara e Hyakushuubou, seduti su una panchina di legno.

Sora indossava dei pantaloni larghi che le permettevano di potersi muovere facilmente ed una canottiera, al contrario del maestro di Kyuuta, che non si era fatto troppi problemi a lasciarsi addosso solo i pantaloni: era scalzo e a petto nudo, anche se con tutto quel pelo, non si poteva definire del tutto nudo.

-Allora!- Kyuuta li interruppe. Reggeva una sorta di piatto abbastanza grande e dorato, per suonare il gong di inizio combattimento. -Niente scorrettezze,- guardò il suo maestro in modo provocatorio -Kumatetsu.

-Che c’entro io?- sbuffò lui, scocciato e non cogliendo lo scherzo.

-Tu c’entri sempre… ma comunque!- non gli diede tempo di ribattere. -Avete un solo round a disposizione, quindi, che vinca il migliore.

-Ma senti, quante diplomazie inutili.- si mise in posizione di difesa, continuando a saltellare sulle gambe. Sora, da parte sua, non aveva detto nulla, aveva alzato la guardia anche lei, restando tuttavia immobile sulla sua postazione. Si sentiva rilassata, almeno per quel momento.

-Pronti?- il ragazzo batté il gong.

Il primo passo fu compiuto dall’orso. Kumatetsu scattò in avanti, preparandosi a caricare un calcio diretto all’addome. Sora riuscì a calcolare due probabilità: poteva essere realmente indirizzato al suo stomaco così come poteva essere una finta.

Vinse la seconda possibilità: Sora si abbassò, evitando un calcio che in realtà sarebbe stato diretto dritto in faccia.

Ora toccava a lei: dalla sua posizione, piegata sulle ginocchia, sferrò un calcio, a sua volta, alla gamba portante dell’orso, squilibrandolo. Subito, approfittandone della situazione, si alzò all’altezza del ventre dell’avversario e colpì con un affondo, per poi allontanarsi di scatto dall’avversario, ora semi piegato su se stesso.

-Ma come, Kumatetsu che si fa mettere KO in questo modo da una ragazzina?- lo provocò Tatara.

Sora intanto, si studiava le nocche del suo pugno destro, facendo attenzione con la coda dell’occhio all’avversario. Erano rossissime e doloranti, era stato quasi come colpire un tronco d’albero. I muscoli dell’orso erano senza dubbio massicci come lui stesso dava a vedere. Nonostante le sue capacità ed i suoi riflessi fossero ben sviluppati, Sora calcolò che, primo: non poteva assolutamente farsi colpire da lui, un pugno l’avrebbe mandata al tappeto, figurarsi un suo calcio; secondo: avrebbe potuto sferrargli altri tre pugni per mano, prima di cominciare a lesionarsi veramente le mani.

Mentre Kumatetsu si preparava a riattaccare e man mano si avvicinava a lei, Sora capì che doveva basare quello scontro sulla propria difesa, se non voleva restarci secca.

Riuscì a schivare altri due calci e più di un pugno diretto al viso e alla pancia, ma non poteva andare avanti in quel modo. Anche perché, in un momento di distrazione dovette parare un calcio col suo avambraccio: quando la tibia dell’orso entrò a contatto con il braccio della ragazza, lei avvertì una fitta lancinante che si propagava da lì fino a tutta la schiena.

Fino a quel momento si era spostata solo fisicamente, non si era voluta proteggere con i propri arti proprio perché cominciava a temere la forza del suo avversario, che lui, d’altro canto, manifestava al massimo della potenza.

Di attaccare con i calci, non se ne parlava, l’orso avrebbe afferrato con estrema facilità le sue gambe, qualora avesse mirato alla faccia, come invece lui si ostentava a fare. Poteva, però, fare affidamento sulle ginocchia. “Io ci provo” pensò, approfittando della vicinanza. Caricò con il ginocchio, ma questo non raggiunse la destinazione: Kumatetsu si era scansato, arrivando, in modo impercettibile alle spalle di Sora.

Il colpo alla nuca fu così veloce che lei nemmeno lo sentì arrivare: il dolore si diffuse in tutta la schiena e la testa, la vista le si offuscò; lei crollò sul pavimento, restando in ginocchio, i gomiti sulle piastrelle impolverate, mentre la testa, tra le mani, le girava.

-Beh, tutto qui?- sentì la voce dell’orso che si allontanava.

No, che non era tutto lì. Assolutamente. Sora, attese che almeno la vista si ristabilisse. Quando si rialzò le tempie le pulsavano, il colpo alla nuca la fece barcollare.

-No.- ansimò. -Non è tutto qui.- Vide Kyuuta che si stava avvicinando a lei per aiutarla; lei alzò una mano in segno di non avvicinarsi. -Non è finita.

-Ragazzina, non ti reggi in piedi ed io ho vinto.

-Lei è in piedi.- disse insicuro il ragazzo. -In teoria, dovrebbe continuare, ma…

-Niente “ma”!- Sora alzò la voce. Ci fu un breve periodo di silenzio. Kumatetsu stava studiando a sua volta la situazione. Poteva scegliere: lasciarla lì oppure insegnarle una lezione.

-Peggio per te, ragazzina.- si riavvicinò al ring.

-Il mio nome…- scattò in avanti. -E’ Sora!- la sua gamba aveva bluffato: se prima era stata indirizzata verso il fianco scoperto dell’orso, ora si era ripiegata e puntava alla pancia. Doveva essere veloce. La ginocchiata affondò nel ventre dell’orso, il secondo colpo -un pugno dritto dritto sul mento- era pronto e già ben piazzato sotto la faccia di Kumatetsu.

Tuttavia…

Poco prima che lui potesse perdere l’equilibrio, afferrò il braccio di Sora, e la scaraventò verso l’orlo della terrazza. Le scarpe di lei bruciarono sul terreno, non riuscendo a fermarsi né ad aggrapparsi a qualcosa per evitare di cadere. La spinta era stata troppo violenta; sarebbe caduta di sotto.

Il suo tallone sbatté con il gradino che separava il cemento dal vuoto, e perse l’equilibrio. “Ho perso?” pensò mentre cadeva. Guardò il muretto. “Non voglio.” Riuscì ad afferrarlo con una mano. Tutto il suo peso dipendeva dalla sua mano. Cacciò un urlo. -NON VOGLIO!- tirò su con tutta la forza che le rimaneva, portando anche l’altra mano, prima penzoloni, sul muretto. Tentò un’altra volta di tirarsi su, ma più ci provava, più si indeboliva.

Il problema non era solo cadere: forse la caduta le avrebbe fatto male, sarebbe stato come cadere dal balcone al primo piano di una casa qualunque. Il problema era che se avesse mollato, per lei sarebbe significato arrendersi.

-Maledizione!- tentò un’altra volta. I polsi le facevano male e ad ogni tentativo scricchiolavano in modo impressionante, le mani le facevano male, i polpastrelli e le unghie erano sul punto di sanguinare e le bruciavano da morire.

Improvvisamente una mano si avvolse attorno al suo braccio sinistro e la tirò su. Ricordava perfettamente quella presa così forte. Sora si trovò faccia a faccia con Kumatetsu. -Certo, ragazzina…- gli sanguinava il labbro e si teneva lo stomaco con l’altra mano. -… che ci sai fare.- e per la prima volta le rivolse un sorriso.

  
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