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Autore: suni    16/04/2009    15 recensioni
“Il bambino sta dormendo, devi solo dare un occhio caso mai lui…ma non succederà,” si affrettò ad assicurare pragmatica, scorgendo il rifiuto negli occhi del marito. “Sta ronfando come un ghiro, non si sveglierà mai,” aggiunse sicura.
Sasuke emise un altro rantolo sofferente, contrariato, prima di puntare i gomiti contro il materasso per sostenersi.
“Va bene,” brontolò magnanimo. “Vai pure.”
Sakura annuì con un sorriso, volteggiando fuori, mentre lui si tirava a sedere controvoglia, sbattendo ripetutamente le palpebre.

Legata a Balena.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Balena'
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Dita

Ahm. Per cominciare diamo a Cesare quel che è di Cesare: la colpa è tutta di sour, che a tarda sera mi ha passato un’immagine che mi sono sentita in dovere di osservare estasiata per cinque minuti prima di decidere che dovevo scrivere immediatamente qualcosa. Subito. E l’ho fatto.

Per correttezza e sperando di non contravvenire a regole di sorta – ho guardato il regolamento ma non ho trovato il paragrafo giusto, ritengo – l’immagine in questione è questa:


Father and Son


E naturalmente non mi arrogo alcun diritto su essa. Appartiene a Damleg come potete vedere dal link e la storia qui presentata non vuol essere in alcun modo un’appropriazione indebita ma semmai un omaggio.

 

Idealmente, la colloco tra Balena e Casa Uchiha, Cucina, ma non ha un’ambientazione particolare. Se non le avete lette, fa lo stesso.

E, per inciso, non ci riesco a vederlo OOC. Scusate, devo avere un disturbo mentale grave.

 

A presto.

suni

 

Dita

 

 

Sasuke sbadigliò a fondo, stiracchiandosi tra le lenzuola fresche. Abbandonò pigramente la testa contro il cuscino mentre il suo corpo registrava il freddo del posto vuoto accanto a lui. Socchiuse gli occhi soltanto per trovare la conferma dell’assenza di Sakura, che stranamente non aveva neanche sentito alzarsi. Pazzesco, quanto riuscisse a dormire profondamente da quand’era nato Itachi. Tranne quando era il pianto del bambino a destarlo, cosa che avveniva al suo minimo singulto, Sasuke aveva ritrovato il sonno profondo dei suoi primissimi anni di vita.

“Buongiorno,” lo riscosse la voce di Sakura, bassa e avvolgente.

Sasuke sollevò lo sguardo, scorgendo la moglie già vestita sulla porta della stanza da letto. Strizzò gli occhi con una smorfia che poteva vagamente rimandare a un sorriso, storcendo il naso.

“Ciao,” mormorò distrattamente.

Sakura accennò un sorriso, stringendosi le braccia intorno al petto.

“Ti volevo solo dire,” iniziò, sottovoce, “che la vecchia Yoko non sta bene, devo andare a vedere. Probabilmente è questione di un attimo, ma pensa tu a Itachi,” continuò, alzando poco a poco la voce.

Sasuke sbuffò rumorosamente, tediato.

“Devi andare adesso?” borbottò ritroso.

Sakura lo osservò severamente, rassegnata.

“E’ adesso che sta male, U,” osservò condiscendente. “Il bambino sta dormendo, devi solo dare un occhio caso mai lui…ma non succederà,” si affrettò ad assicurare pragmatica, scorgendo il rifiuto negli occhi del marito. “Sta ronfando come un ghiro, non si sveglierà mai,” aggiunse sicura.

Sasuke emise un altro rantolo sofferente, contrariato, prima di puntare i gomiti contro il materasso per sostenersi.

“Va bene,” brontolò magnanimo. “Vai pure.”

Sakura annuì con un sorriso, volteggiando fuori, mentre lui si tirava a sedere controvoglia, sbattendo ripetutamente le palpebre. Tese la mano alla cieca per afferrare il leggero kimono nero da camera e se lo infilò sospirando mentre si tirava in piedi, stoico. Gettò sul pavimento un’occhiata minacciosa, quasi volesse intimidire le pantofole perché si palesassero all’istante, ed eccole occhieggiare al fondo del letto. Trascinò i piedi fino a raggiungerle e poi ciabattò fuori dalla stanza alla veloce, per assentarsi meno possibile. Inutile rimettersi a dormire, perché ormai era sveglio e l’assenza di Sakura lo rendeva vagamente inquieto; non era sicuro di aver capito come si dovesse tenere in braccio un bambino molto piccolo, e se suo figlio si fosse messo a piangere l’unico modo in cui avrebbe saputo farlo smettere sarebbe stato annegarlo, ma preferiva evitare quell’eventualità.

Fu perciò con leggero nervosismo che scrutò la culla in cui riposava Itachi, al ritorno dalla sua gita in cucina. Poggiò il bicchier d’acqua appena riempito sul tavolino da notte e si chinò sul lettino del bimbo, per verificare che stesse proprio dormendo, poi si trattenne per qualche secondo a guardare.

La cosa minuscola che si chiamava Itachi era davvero immersa nel sonno. Aveva le manine – microscopiche e cicciottelle – contratte sul lenzuolo e la sua faccia tonda sembrava estremamente concentrata nel dormire. Dalla cuffietta da notte che Sakura gli aveva calcato in fronte sbucavano quattro degli otto peli corvini che al momento gli adornavano la testa e le sue labbra erano strette coscienziosamente.

Era veramente una bestiola strana, ma Sasuke era sicuro di non averne mai viste di così interessanti, specie quando Itachi era innocuo e addormentato.

Si ritrasse con un lungo espiro, lasciandosi cadere a sedere sul letto. La stanza vuota gli rimandò soltanto il lieve cigolio delle assi sotto il suo peso, così flesse le gambe e si diede leggermente la spinta dondolando ancora, e poi un’altra volta. Non aveva nulla da fare, a parte star lì a controllare e sperare che Itachi dormisse fino al rientro della madre. Sbuffò di nuovo, rimbalzando più energicamente, e abbandonò indietro la schiena con un  sobbalzo del letto. Il cuscino rotolò di lato, urtando la lampada sul suo comodino, e quella precipitò a terra di schianto.

“Dannazione,” sibilò Sasuke, storcendosi indietro e tendendo il braccio per recuperarla. S’immobilizzò in quella scomoda posizione innaturale nell’udire un terrificante mugugno provenire dalla culla di Itachi.

“Oh, no,” mormorò atono.

Il mugugno si riprodusse più alto, implacabile.

“Nononononono,” ripeté fervidamente Sasuke catapultandosi ginocchioni in avanti, le mani aggrappate al bordo della culla: ma era troppo tardi. Le braccia di Itachi erano già tese verso l’aria e ancor prima che lui potesse chinare la testa il lattante aveva già lanciato il primo energico strillo di quello che divenne nel giro di pochi secondi un pianto insistente.

“No! Non si fa, Itachi!” esclamò Sasuke autorevole, senza nemmeno riuscire e sovrastare i suoi vagiti sofferenti. Osservò con nuovo terrore la faccia ora violacea del figlio, distorta in una maschera di infantile disperazione, mentre le urla crescevano ancora d’intensità. Se non l’avesse fermato gli sarebbero sicuramente esplosi i polmoni, sembrava avrebbero ceduto da un istante all’altro. Era raccapricciante.

“Itachi, ti ho detto di smettere immediatamente!” ribadì, dondolando furiosamente la culla. Il bambino non gradì, poiché emise un urlo ancor più rabbioso e ferito. “Itachi, guarda che…” aggiunse grave, prima di ringhiare stizzito. Ecco a dar retta a sua moglie cosa succedeva.

Si tirò finalmente in piedi cercando di guardare lucidamente alla situazione: se Sakura fosse stata presente, avrebbe sicuramente preso in braccio il figlioletto, per cominciare. Con aperto sprezzo del pericolo, Sasuke si piegò quindi sul lettino e sollevò la coperta dal corpo di Itachi, afferrandolo saldamente con entrambe le mani per tirarlo fuori.

“E sta’ fermo!” sibilò indispettito, mente quello gli sgusciava come una saponetta e si agitava come un ossesso. “Sta’ fe… Ma cosa sei, un pitone? Fermo!” intimò, riuscendo finalmente in qualche modo a bloccare la trota urlante che era Itachi, stretto contro il suo petto e insaccato malamente tra le sua mani, di sghimbescio. 

Il piccolo strillò indignato e Sasuke si affannò a raddrizzarlo alla bell’e meglio, concentrato nel tentativo di non farlo cadere. Se lo ribaltò tra le braccia quasi a caso finché non ritrovò la sua testa nella giusta posizione e il suo sedere nel palmo della mano, suo malgrado. Fu in quel momento che Itachi, d’improvviso, spalancò due occhi neri inaspettatamente profondi ed afferrò istintivamente il dito indice della sua mano, sospesa nel cercare una collocazione utile.

Sasuke s’immobilizzò di schianto mentre il bambino smetteva di piangere improvvisamente come aveva cominciato, aggrappato al suo dito. Lui restò lì impalato con le labbra semiaperte, senza nemmeno respirare, e Itachi strattonò piano la sua mano e, parendo soddisfatto, emise un soffio che lui impiegò qualche secondo a identificare: rideva.

Espirò rumorosamente, attonito, girando istintivamente la testa intorno.

Sak…!” iniziò rauco, prima di ricordarsi di essere solo. Allora mosse ancora le labbra senza produrre suoni e poi, inconsapevolmente, emise a sua volta un’inedita, silenziosa risata incredula di meraviglia, tanto genuina e inconsueta che gli grattò la gola. Osservò Itachi che di nuovo soffiava e poi agitava ancora il suo dito, entusiasta, e crollò seduto sulla seggiola accanto alla culla come se le gambe non avessero potuto reggerlo oltre – gambe che invece l’avevano retto in tante battaglie all’ultimo sangue.

Itachi parve gradire quella nuova posizione che permetteva al suo giaciglio vivente maggior stabilità, perché tirò ancora leggermente il suo dito - e Sasuke accostò la mano alla sua pancia tonda quasi da sfiorarla - quindi storse il visetto in un sentito sbadiglio.

Sasuke continuò ad osservare rapito i suoi occhi sparire lentamente dietro le palpebre, non osando quasi prendere aria per non disturbarlo. Il modo in cui quel corpo così piccolo gli pesava sugli avambracci era assolutamente straordinario, come il fatto che servissero cinque di quelle minuscola dita paffute per circondarne una sola delle sue. Eppure sembravano proprio fatte apposta, come se lui fosse esistito per quello.

Strana, la vita.

 

 

Sakura si affrettò su per le scale silenziosa, balzando leggera da un gradino all’altro. Si lanciò verso la porta della stanza da letto con un sorriso incoraggiante e uno sbuffo pronto a lasciarle dolcemente le labbra. Convinta che avrebbe dovuto semplicemente congratularsi col marito per il gran gesto compiuto, formulò già mentalmente la frase con cui avrebbe sottolineato che, proprio come aveva previsto, Itachi stava ancora tranquillamente dormendo e lo sforzo di sorvegliarlo dopotutto non era stato fatale. Nell’oltrepassare la soglia, si bloccò quasi a mezz’aria ad occhi sgranati.

Sasuke era seduto accanto alla culla, di spalle alla finestra. Teneva stretto a sé con un braccio Itachi, in una presa di una naturalezza sconcertante, ed aveva un dito intrappolato nella mano del bambino addormentato. Lo guardava ammaliato, il capo chino verso di lui, le spalle rilassate e il sole chiaro del mattino riverberante tenue tutt’intorno. Sakura li osservò perdendo qualche respiro, muta. Le venne in mente che a quanto pareva forse un tempo era stata male, forse aveva sofferto; ma adesso, mentre Sasuke percepita la sua presenza si voltava a guardarla vagamente imbarazzato, non se lo riusciva proprio a ricordare.

   
 
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