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Autore: cielscheckmate    18/06/2016    1 recensioni
Una ragazza - una ragazza fantasma, per puntualizzare - non ricorda nulla del perchè non è piú viva, o chi era prima di morire. Non conosce neppure il suo nome, eppure è curiosa per il suo passato. Cerca indizi ovunque, invisibile agli occhi del mondo. Finchè non incontra qualcuno che può vederla, e che l'aiuterà. La nostra cara protagonista non si sentirà più tanto sola, anche quando affronterà momenti difficilissimi e scelte orribili, alla ricerca di chi era prima.
NB: avevo già postato questa storia sul mio profilo wattpad, ohwowser, ma ho deciso di postarla anche qua.
Genere: Drammatico, Horror, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Drowned, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
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No Past 

chapter three.
 
Il mattino seguente, mi svegliai che il sole era appena sorto. 
La luce dorata investiva la collina, nel silenzio piú grande. Neanche un rumore, non il clacson di una macchina, non l'abbaiare di un cane. Niente di niente. 
La cittá ancora dormiva, e sembrava che l'unica ad essere sveglia fossi io. 
Ricordavo vagamente ciò che avevo visto la sera precedente, anche se lo sguardo vuoto del ragazzo dai capelli biondi e i vestiti verdi e il sangue sul pavimento erano fotografie stampate nella mia testa. Mi venne da pensare alle fotocamere istantanee, per qualche strano motivo. Nonostante ricordassi qualcosa dell’accaduto, mi sembrava che mancasse qualche pezzo. Non mi ero mai ubriacata, ma avevo sentito spesso i discorsi di persone che avevano bevuto molto la sera precedente: dicevano che i ricordi tornavano in flash, continuamente, e che anche dopo settimane non riuscivano a scoprire quale fosse la parte mancate del racconto, quella fondamententale. Ipotizzai che fosse cosí che si sente un ubriaco: derubato dei ricordi del giorno precedente, con la mente vuota, o non del tutto vuota, ma priva dei frammenti fondamentali. A loro differenza, io non avevo nessun ricordo. E non era stato l'alcol a portarmeli via. 
Sospirai, alzandomi con lentezza. Guardai nel punto esatto in cui ero stesa: i ciuffi d'erba non erano neanche piegati. 
Decisi di camminare un po' tra le vie deserte, immerse nella tranquillità del mattino presto. 
Superai il vecchio magazzino, tentando di guardarlo il meno possibile.
I negozi chiusi, le luci nelle case spente, la città dormiente. Mi chiesi se il mondo, prima che diventassi un fantasma, fosse uguale o diverso: d'altrone non sapevo neppure in che epoca ero morta. 
Pensai a quanto bello sarebbe stato trovare il mio cadavere e saltarci dentro, non sentirmi più cosí leggera. 
Sospirai, lanciando uno sguardo al parco e alle giostre vuote. Mi sedetti sull'altalena, ed immaginai come avrebbe reagito una persona normale al vedere quell'oggetto oscillare senza un soffio di vento. Avevo molto tempo per pensare a quelle cose, dato che nonostante avessi molte domande e cose da dire, non avevo nessuno con cui poter parlare. E anche se gli esseri umani avessero potuto vedermi, perchè parlare ad un fantasma? Non sapevo neppure che aspetto avevo. Lo specchio non mi aiutava evitando di riflettere la mia immagine, ma probabilmente ero un disastro ed ero anche parecchio inquietante, anche se devo ammettere che mi piaceva immaginarmi come una ragazza molto bella, morta tragicamente in un'incidente o cose cosí. Mi domandavo anche come facevo a sapere di non essere un maschio, in realtá. Era solo una sensazione, un mero appiglio nel bianco della mia mente, che era un immenso foglio bianco.
Era tempo, ormai, che passavo ore al cimitero della città, studiando le lapidi e sperando di trovare qualche indizio, quindi decisi di incamminarmi lì, per leggere gli ennesimi nomi che ormai sapevo a memoria. Durante il tragitto, mi sforzai davvero di far riemergere qualcosa dagli angoli bui, dai più nascosti anfratti della mia testa. Ma per quanto ci provassi, niente riusciva a trovare una strada fuori da tutto quel buio, una fioca luce a rischiarare il cammino.
Spinsi delicatamente il cancello del cimitero, che si aprì cigolando. Lanciai uno sguardo alla prima lapide, senza neanche bisogno di concentrarmi per leggerne il nome.

Rose Marie Quinn, 1964 – 1997.
“Andiamo, non ti ricorda proprio niente? Qualcosa, un qualcuno importante per te?” pensai tra me e me.
Mossi qualche passo sul terreno sterrato, guardandomi intorno ancora. Di solito mi concentravo anche sulle tombe degli uomini, tentando di ricordare qualcosa sui miei genitori.

John Brown, 1958 – 1997.
“Non potrebbe essere mio padre? Forse...’’
  • Che cosa stai cercando? – Una voce terribilmente terrificante, qualcosa di diverso dalle voci umane, mi avrebbe fatto accapponare la pelle. Se avesse potuto, ovviamente. Ma non fu quello il motivo che mi spaventò, no. Mi vedeva.
Non avevo il coraggio di voltarmi e guardare, di rendermi conto di chi fosse. Se avessi avuto un cuore, uno che funzionasse almeno, sono sicura che avrebbe battuto talmente forte da balzarmi fuori dal petto. Tentai di rassicurarmi, dicendo a me stessa che anche se avesse voluto farmi del male, le sue braccia avrebbero attraversato il mio corpo, e io non avrei sentito alcun dolore. Fissai il mio sguardo su uno dei fiori sulla lapide di quell’uomo, e soffiai contro uno di questi. Si mosse a malapena, e mi venne in mente che forse avrei potuto scappare anche io.
Però, incontrare qualcuno che potesse verdermi non era sempre stato ciò che avevo sempre voluto? Ciò mi spinse a girarmi, raccogliendo gli unici brandelli di coraggio che avevo dentro di me.
Ciò che vidi mi bloccò al mio posto, e sentii qualcosa pungermi gli occhi.
Come diavolo ci è arrivato LUI qui?
 
   
 
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