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Autore: Starishadow    18/06/2016    0 recensioni
[Prince of Stride: Alternative]
(Reiji Suwa x Shizuma Mayuzumi - game!verse)
Reiji sa benissimo di cosa trattano gli incubi di Shizuma, sono gli stessi che tengono sveglio lui, ma i suoi continuano anche nella veglia, sotto forma di senso di colpa.
Forse una notte in cui nessuno dei due sembra essere destinato a prendere sonno potrà aiutare i due ragazzi a superarli una volta per tutte.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Actually,I'm grateful


Reiji non era sicuro di sapere cosa l’avesse svegliato quella notte mentre si sollevava a sedere e si guardava attorno sbadigliando leggermente.
La sua stanza era buia e silenziosa, tranquilla come sempre, e la sveglia sul suo comodino segnava le 4 di mattina.
“Beh dato che sono sveglio potrei anche alzarmi e iniziare ad allenarmi”, si disse, mentre ancora lasciava vagare pigramente il suo sguardo su tutta la camera: per quanto l’idea di godere delle ore silenziose e solitarie dell’alba lo allettasse, il calore delle coperte era altrettanto invitante.
Anche se in effetti mancava qualcosa, ora che ci pensava.
Da qualche tempo era abituato a non svegliarsi da solo nel suo letto, alla sensazione di avere un corpo caldo e un profumo familiare al suo fianco.
«Shizuma?», chiamò timidamente, accendendo la luce sul suo comodino e tornando a guardarsi intorno, ora decisamente confuso e leggermente preoccupato. Era successa anche un’altra volta qualcosa di simile, e Reiji non era affatto entusiasta all’idea di ripetere l’esperienza.
Abbandonando ogni desiderio di prolungare la sua permanenza nel suo letto, scese rapidamente e si affrettò lungo i corridoi del dormitorio più in fretta e più silenziosamente possibile fino alla stanza dell’altro ragazzo, entrandovi senza troppi complimenti.
Come sospettava l’altro era lì, raggomitolato sul letto, e il suono di versi di paura strozzati e del suo respiro irregolare colpirono Reiji come uno schiaffo.
“Non di nuovo”, si disse correndo ad inginocchiarsi accanto al futon dell’altro, afferrando una delle mani che l’altro teneva strette al petto.
«Shizuma, svegliati», chiamò dolcemente, spostandogli ciocche di capelli rosati dal viso, accigliandosi nel notare come avesse la fronte madida di sudore. «Va tutto bene, sono qui, tu sei qui… non sta succedendo ancora».
Sapeva che le probabilità che l’altro riuscisse a sentirlo erano basse, ma continuò a provare lo stesso, scuotendo delicatamente il ragazzo di cui era innamorato da anni, ma che solo di recente era diventato effettivamente il suo compagno.
Vederlo così vulnerabile e fragile, preda del suo incubo peggiore, e sapere di essere stato lui la causa di tanto dolore gli faceva venire voglia di prendersi a schiaffi, si detestava per quello che aveva fatto, e in tutta sincerità non si capacitava ancora di come Shizuma avesse potuto perdonarlo in così poco tempo come aveva fatto.
Continuò a tenere stretto l’altro e sussurrargli parole di conforto, consapevole che poteva fare ben poco per lui, e quando finalmente gli occhi grigi di Shizuma - neri nella penombra della camera - si aprirono di scatto buttò fuori il fiato che non sapeva di aver trattenuto fino a quel momento.
Ma fu la calma solo di un momento: appena riprese conoscenza di quanto lo circondava, Shizuma iniziò a tremare violentemente, le gambe bloccate dal groviglio di lenzuola che si era creato con i suoi movimenti, e meno riusciva  a muoversi, più aumentava il terrore nel suo sguardo.
“Oh”, Reiji fu rapido ad intervenire, mettendo le mani sulle spalle del ragazzo e fissandolo negli occhi, assicurandosi di avere la sua attenzione prima di fargli cenno di aspettare e aiutarlo a liberarsi.
«Stai tranquillo, è passato, vedi? Riesci a muoverti… Quel periodo è finito», sussurrò, accogliendo il maggiore fra le sue braccia e lasciando che quello riprendesse il controllo del proprio respiro e smettesse di tremare.
«Non c’era bisogno di andartene, sai?», gli disse dopo un po’, strofinandogli leggermente le braccia con le mani tentando di offrirgli un po’ di calore e conforto.
«Non volevo svegliarti», ammise l’altro con voce bassa e debole, abbandonando il solito tono formale ora che erano solo loro due e tormentandosi le labbra mentre continuava ad alternare respiri rapidi e incontrollati ad altri più lenti e profondi, premendosi di più contro Reiji, «quando ho capito che non riuscivo ad addormentarmi sono venuto di qua».
C’erano mille cose che il ragazzo dai capelli viola avrebbe voluto dirgli in quel momento: chiedergli scusa per l’ennesima volta, tanto per iniziare, promettergli che non se ne sarebbe mai andato, dirgli che non doveva combattere tutto quello da solo, che ormai era passato, ma ogni frase che poteva aver pensato sparì dalla sua mente quando Shizuma alzò il viso verso di lui, cercando quasi alla cieca le sue labbra, e lui si apprestò ad accontentarlo abbassando il capo e andando a sfiorarle con le sue, prima di premere con un po’ più forza e ripetere il processo, notando con soddisfazione che già solo quel piccolo gesto sembrava aver fatto diminuire in parte il tremore dell’altro.
Continuando a tenerlo stretto lasciò vagare ancora un po’ le sue labbra sulla pelle dell’altro, toccandola a malapena, lasciandogli baci leggeri sulle guance, sulla punta del naso, sule tempie e infine sulla fronte, dove si soffermò più a lungo.
«Sono qui», sussurrò infine, posando il capo sopra il suo.«Ora sei al sicuro», promise, sollevato quando sentì Shizuma rilassarsi finalmente fra le sue braccia.
Mentre aspettava che l’altro cedesse finalmente al sonno, Reiji tornò con la mente a quel giorno, consapevole che non avrebbe mai smesso di sentirsi in colpa al riguardo, non importava quante volte Shizuma o chiunque altro avesse tentato di dirgli che lui non c’entrava nulla.
Per quanto l’altro ragazzo ora sembrasse felice di essere un relationer - e uno dei migliori in circolazione - e di tutto quello che era successo dopo, Reiji non riusciva a impedirsi di chiedersi come sarebbero state le cose se lui non gli avesse messo addosso tutta quella pressione, anni prima, accecato dal desiderio di vincere ad ogni costo.
Aveva messo a rischio Shizuma, il suo migliore amico, la persona che era sempre pronta a mettere da parte se stessa per rendere felice lui, e tutto per vincere una stupida gara, gara che avrebbe dovuto essere annullata date le condizioni pessime del tempo.

«Non riesco a correre più veloce di così!».

La voce affannata e spaventata della versione quindicenne di Shizuma lo perseguitava ancora, certe notti, così come il grido a malapena trattenuto e il successivo trambusto che veniva dall’auricolare che testimoniava una caduta.
Ricordava lui, Asuma e gli altri membri della squadra di cui facevano parte all’epoca che chiamavano il suo nome, mentre abbandonavano le postazioni e correvano verso di lui, nonostante la pioggia impedisse loro di vedere.
“Non pensarci ora!”, si disse, aumentando leggermente la stretta su Shizuma; ora lui era lì, fra le sue braccia, stava bene ed era al sicuro… ma quegli incubi lo tormentavano, così come il terrore di scoprire di nuovo di non poter camminare.
Reiji sapeva che c’erano volte in cui, tuttora, i muscoli delle sue gambe si lamentavano e venivano attraversati da fitte, era il motivo per cui l’altro ragazzo non aveva più potuto correre.
Tentò di non ripensare alla volta in cui i medici gli avevano dato quella notizia, allo sguardo basso e triste dell’altro, all’espressione di disgusto che attraversava il suo sguardo ogni volta che si faceva scivolare dal letto alla sedia a rotelle.
Ed era stata solo colpa sua, Reiji se l’era sempre detto, aveva sempre immaginato quegli sguardi, quelle lacrime che Shizuma tentava invano di nascondere, quei gemiti di dolore strozzati, rivolti a se stesso.
Il maggiore non avrebbe mai fatto una cosa simile, naturalmente, aveva continuato a volergli bene e ad ammirarlo come sempre, iniziando a imparare addirittura a dipendere da lui, per quanto fosse decisamente riluttante, soprattutto all’inizio, ma Reiji aveva deciso di farlo per lui: se Shizuma non lo odiava per quello che gli aveva fatto, si sarebbe odiato da solo, abbastanza per tutti e due.
Forse anche tre, dato che nemmeno Asuma sembrava intenzionato a incolparlo per aver rovinato la vita di suo fratello.
«Mmmh, Reiji…?», la voce di Shizuma lo colse di sorpresa, pensava che l’altro ormai fosse crollato.
«Shhh, mettiti a dormire, Shizu!», lo rimproverò delicatamente, spostandosi leggermente per far stare più comodo l’altro, ma sapeva bene di non avere molte speranze con quel cocciuto.
«Non ci riesco… sento gli ingranaggi nella tua testa che fanno troppo rumore mentre ti insulti da solo», replicò l’altro, a metà fra il serio e il sarcastico.
Giusto.
Accidenti a Shizuma e la sua telepatia!
«Cercherò di farli girare più silenziosamente», rispose con un sorrisino, lasciandogli un bacio fra i capelli, seguito da un altro e un altro ancora.
«Non è quello», mormorò il maggiore, chiudendo di nuovo gli occhi e trattenendo uno sbadiglio. «Devi smettere di pensarlo».
«Shizu, non posso! Se non ti avessi detto di non rallentare, se ti avessi dato retta…».
Potè praticamente sentire Shizuma che alzava gli occhi al cielo, e quasi si congratulò con se stesso per essere bravo a leggere il ragazzo quanto quello era bravo a leggere lui… e il tutto senza essere telepatico!
«Se, se, se… Se io avessi dato retta a me stesso invece che a te, se non avessi mai iniziato a correre, se invece che fare amicizia con te fossi rimasto
a starmene da solo per i fatti miei… vogliamo fare questo gioco tutta la notte?».
Era un tono che usava raramente con lui, di solito era riservato ad Asuma quando lo faceva irritare, e Reiji si morse le labbra, capendo di essere stato sconfitto.
«Va bene, cercherò di non darmi la colpa», sospirò.
«Anche perché in realtà io ti sono grato».
Grato? E per cosa? Per avergli fatto passare un mese in coma? Per avergli fatto perdere un anno di scuola? Per aver…
«Non ero un granché a correre, ma non avrei mai preso in considerazione di poter essere un relationer se tutto questo non fosse successo, e ora non saremmo qui», specificò l’altro, mettendosi più comodo contro di lui. «Non vorrei nient’altro, Reiji… smettila di tormentarti».
E Reiji avrebbe potuto mentirgli, promettergli che l’avrebbe fatto, ma mentire a Shizuma era impossibile per due motivi: il primo era che l’altro poteva quasi leggergli nel pensiero, il secondo - e più importante - era che Reiji non era mai stato capace di tenere qualcosa nascosto al migliore amico, anzi, forse era stato proprio grazie a questa sua incapacità che erano finiti insieme.
«Non ci riuscirò mai, e lo sai».
Stavolta Shizuma si allontanò da lui, con suo disappunto, e presto sentì due mani tiepide posarsi sulle sue guance:
«Reiji, non ti chiedo mai di fare qualcosa per me, e lo sai, non mi piace giocare questa carta…», certo, perché Shizuma aveva sempre preso un po’ troppo sul serio il suo compito di supportare Reiji e stargli accanto, «ma ti prego, fallo almeno per la mia salute mentale! Non è stata colpa tua, in nessun modo, e dopo che è successo sei stato l’unico ad avere fiducia in me, sei stato tu a farmi capire che non tutto era perduto, che sì, non potevo più correre, ma non dovevo per forza lasciare per sempre il mondo dello Stride, sei stato tu a non farmi sentire completamente inutile», Reiji in quel momento fu decisamente grato che la stanza fosse abbastanza buia da permettergli di vedere solo in parte lo sguardo determinato dell’altro, e da nascondere il rossore delle sue guance, anche se forse Shizuma poteva sentirle più calde sotto i suoi polpastrelli? «Quando dico che ti sono grato, lo dico sul serio, Reiji-sama».
E d’un tratto, il minore rivide un’altra scena, come se fosse davanti ai suoi occhi proprio in quel momento: due ragazzini, uno seduto su una sedia a rotelle, l’espressione cupa e la postura rigida, e un altro accovacciato vicino a lui, un volantino fra le mani mentre tentava di convincere l’altro a guardarlo.

«Coraggio, Shizu! Sarebbe l’occasione per tornarci! Possiamo ancora correre insieme tu, io e Asuma!».
La voce del ragazzino inginocchiato era energica e determinata, ma aveva un che di implorante, mentre l’altro scuoteva la testa tenendo gli occhi chiusi.
«Perchè no, Shizuma? Non… non vuoi più…?».
«Perchè fa male, Reiji! Come fai a non capirlo? Io volevo correre con voi, non stare seduto dietro uno schermo a tenere d’occhio i vostri movimenti e farvi incontrare!».

Il Reiji adulto sussultò al ricordo della voce esasperata di Shizuma, dei suoi occhi che si riempivano di lacrime.

«Ma tu lo fai già, Shizu! Il compito di un relationer è collegare tutti i corridori, metterli in comunicazione, far sì che tutte le loro emozioni si incontrino e proseguano in armonia verso la vittoria, e tu fai già tutto questo ogni giorno, perché non vuoi almeno provare?».

Shizuma osservò Reiji in silenzio, aspettando che l’altro tornasse al presente, sapeva che entrambi stavano rivivendo lo stesso ricordo nelle loro menti, e sorrise trionfante quando i loro occhi si incontrarono di nuovo.
«Era il minimo che potessi fare», borbottò Reiji chinando il capo, nonostante Shizuma non gli avesse ancora liberato il volto.
«No, avresti potuto propormelo, accettare il mio rifiuto e finirla lì. Invece tu mi hai iscritto a quel corso per relationer, hai falsificato la mia firma, hai ottenuto quella di mio padre e mi ci hai letteralmente trascinato con la forza», replicò l’altro con un sorrisino al ricordo. «Anzi, forse “spinto” sarebbe il termine più corretto».
Reiji gli lanciò un’occhiata di traverso per quell’ultimo commento, prima di sospirare e avvicinare di più il viso al suo, inevitabilmente attratto dalle sue labbra come se tutto in sé sapesse perfettamente dove trovarle anche nella penombra.
«Hai ancora gli incubi su quell’incidente», sussurrò. «E io non posso fare nulla per farli passare».
Sentì la risata silenziosa di Shizuma e la sua pelle reagì come sempre, fremendo sotto piccoli brividi incontrollati.
«Sì che sai come fare, stupido… Come hai fatto stanotte, come hai fatto finora e come - spero - farai tutte le altre notti: svegliami, riportami al presente, ricordami che tutto quello è passato…», non serviva vedere per sapere che anche lui si era avvicinato al suo viso, sentiva le labbra del maggiore sfiorare le sue mentre parlava. «Rimani accanto a me finché non mi addormento… manda via gli incubi con un bacio».
Reiji non gli diede il tempo di sorridere a quelle ultime parole, premendo con forza le sue labbra contro quelle delicate e calde dell’altro, tirandolo più vicino a sé fino a quando entrambi non furono di nuovo sdraiati sotto le coperte.
«Va bene», sussurrò contro la bocca dell’altro, «va bene, Shizuma… ma tu non scappare più da me quando hai paura, perché anche io ti sono grato quando mi permetti di stare così, con te… Se posso cacciare via i tuoi incubi, anche i miei diventano un po’ più deboli».
Rimasero vicini finché non si addormentarono, abbracciati, con la presenza dell’uno che teneva lontani gli incubi dell’altro, entrambi grati per quello che, alla fine, avevano ricevuto.
 

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Nota dell’autrice:

Okk, prima FF su Prince of Stride! :D
Innanzitutto devo dire che io sono una persona orribile che doveva pubblicare questa storia mesi e mesi fa in onore del compleanno di _Takkun_, ma poi non sono mai riuscita a finirla e quindi eccoci qui T_T mi dispiace essere così tremendamente ritardataria OAO
Secondo, la storia è basata su quanto si trova sulla wiki di POS riguardo a Reiji e Shizuma, ossia che il secondo è diventato relationer in seguito a un “incidente” per cui Reiji si sente responsabile, da queste informazioni mi sono presa un paio di licenze poetiche ed eccoci qua ^^
Spero che vi sia piaciuta, a presto!
 
Starishadow
   
 
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