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Autore: PandorasBox    18/06/2016    1 recensioni
[Frazel Supernatural!AU]
Non dovrebbero stare insieme e questo lo sanno entrambi, c’è una sorta di lista di regole non scritte riguardo quel che una strega può fare o non fare e tra queste, ne è più che sicura, rientra il frequentare un mutaforma.
Perché i mutaforma, le hanno ripetuto fino allo sfinimento, sono subdoli e volubili, non si può sapere a che partita stiano giocando né con quale squadra. I mutaforma sono i mercenari del mondo magico ed Hazel se n’era sempre tenuta alla larga.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Frank Zhang, Frank/Hazel, Hazel Levesque
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Oh have my soul, it’s destined
It’s written in the sky
Let me not be blinded by this hurt
Set him loose I’m ready
For the stars to guide me

 


Le mani di Frank sono gentili, non lo avrebbe mai creduto e non lo crede neanche ora, mentre le accarezza i capelli pian piano, li intreccia con calma e pazienza perché restino al loro posto, in ordine. Perché gli piace il suo viso, le ha sempre detto, e gli piace ancor di più quando è scoperto, quando non rischia di mangiare i suoi capelli baciandola.

«Stai piangendo?» le chiede, sottovoce, ed Hazel scuote prontamente il capo perché, no, non può più farlo ma vorrebbe tanto e non sa il perché. O, meglio, lo sa ma non vuole ammetterlo.

Getta un’occhiata agli scuri accostati della finestra, aspetta le prime luci di un’alba che non arriva, si stringe di più a Frank.

«Siamo ancora in tempo.» mormora calmo, però può sentire quella punta di dolore nella voce e no, lei il suo tempo lo ha finito da un bel po’.

«Non ne abbiamo bisogno.» risponde solo.

E aspettano.

 

Non dovrebbero stare insieme e questo lo sanno entrambi, c’è una sorta di lista di regole non scritte riguardo quel che una strega può fare o non fare e tra queste, ne è più che sicura, rientra il frequentare un mutaforma.

Perché i mutaforma, le hanno ripetuto fino allo sfinimento, sono subdoli e volubili, non si può sapere a che partita stiano giocando né con quale squadra. I mutaforma sono i mercenari del mondo magico ed Hazel se n’era sempre tenuta alla larga.

Poi era arrivato Frank e qualcosa era cambiato, poi era arrivato Frank e lei era stata pronta a rompere ogni regola perché era giusto così.

 

*
 
 

Il villaggio in cui vive è piccolo, poche case sparse davanti all’uscita della Gola, è più un rifugio per viandanti che attraversano il Regno che altro. Il villaggio, raccontano, è nato così: in origine era solo una locanda per  forestieri e pellegrini poi qualcuno aveva deciso di rimanere in quel luogo in cui le cose sembravano accadere per magia ed erano cominciate a nascere altre case e, in queste case, dei bambini che poi sarebbero diventati grandi ed avrebbero costruito altre case e concepito altri bambini.

Hazel non può ricordare quei giorni perché non era ancora nata ma sua zia Ecate sì, ed a volte glieli racconta, ed Hazel adora guardarla mentre quel viso tanto giovane e tanto vecchio torna indietro e fa tornare in vita di cose di cui gli uomini hanno perso la memoria.

Il villaggio in cui vive è un recinto per il paranormale, in ogni caso, e chi attraversa la Gola lo sa, per questo lo sceglie come punto di appoggio. Perché chiunque abbia bisogno di attraversare il Regno sa di non poterlo fare solo sulle sue gambe ed è disposto a pagare qualsiasi cosa. È così che la famiglia di Hazel vive da generazioni è così che, probabilmente, vivrà anche lei.

Un viandante arriva e chiede il loro aiuto, paga la loro magia come questa vuol essere pagata (e la magia raramente vuole dei soldi, la magia non è così gentile) e se ne va. Ne ha visti centinaia passare sotto la sua finestra, ne ha sentito altrettanti bussare alla sua porta, di alcuni ricorda a malapena il volto, di altri ricorda la voce, di altri ancora ha completamente perso la memoria.

Era stato così per anni ma poi era arrivato Frank.


Aveva bussato alla loro porta all’alba di un giorno di metà autunno, lo aveva fatto perché è all’alba che la magia è più potente ed al contempo vulnerabile, quando si mostra in tutta la sua potenza senza cercare di mascherarsi e, per questo, è più facile che si perda.

Cinque colpi, come convenuto, anche questo viandante viene per loro e non ha bussato per sbaglio.

«Vai ad aprire.» le dice sua madre, sistemandosi il vestito, sistemandosi i capelli, tentando di rendersi presentabile mentre stringe tra le mani una tazza di porcellana da cui, come al suo solito, sorseggia qualcosa.

«Mi aiuta a vedere e sentire» le dice sempre ma Hazel è convinta che la aiuti a dimenticare.

Quello che si trova davanti è un ragazzo, deve provenire dalle terre dell’Est anche se i suoi vestiti non suggeriscono la stessa cosa, che le chiede di poter entrare ed Hazel sente che qualcosa non va. Alle sue spalle sente la tazza di sua madre cadere a terra ed infrangersi in mille pezzi.

«Esci subito di qui.» dice Marie, ma il ragazzo rimane immobile sulla porta, sulle spalle la sua sacca ai suoi piedi scarpe pesanti: non è né dentro né fuori casa sua ed Hazel sa che questo è pericoloso, perché le cose in bilico sono sempre pericolose quando si parla di magia.

«Chiedo solo di poter avere il vostro aiuto, come qualsiasi viandante. Posso pagare.» dice i ragazzo, ed il suo accento non è dei paesi dell’Est e la sua intera figura comincia a sembrare un immenso controsenso ai suoi occhi.

«Posso dirvi il mio nome, così potrete fidarvi di me.» continua il ragazzo e c’è urgenza nella sua voce, urgenza e bisogno, preoccupazione, paura.

«Non avrai nulla di tutto ciò. Hazel, chiudi la porta!»

La prima volta in cui si incontrano Hazel chiude la porta e torna a letto, Frank rimane davanti alla loro porta fino all’arrivo del giorno per poi sparire dietro la porta della locanda.



 

Nel giro di poco più di due settimane tutto il villaggio parla di Frank, lo straniero arrivato per restare, una cosa che non succedeva da quasi cinquant’anni. Perché nessuno resta ai piedi della Gola, se può, nessuno sano di mente, nessuno che non ne abbia motivo. In casa sua si sono raccolte tutte le streghe del villaggio, persino Rachel è uscita dal suo antro e si è stretta nel suo grande scialle colorato come se avesse paura di qualcuno, di qualcosa.

«Ricorda quel che ti abbiamo sempre detto suoi mutaforma.» sussurra, entrando in casa, giocando nervosamente con le punte dei suoi capelli rossi mentre i suoi bracciali tintinnano «Ricordalo sempre.»

Hazel viene fatta uscire dalla stanza prima ancora che si comincino a bruciare le erbe e, rintanata nella sua camera, non le resta molto da fare oltre che pensare.

I canti, le voci delle streghe al piano di sotto diventano sempre più forti per poi spegnersi del tutto e ricominciare all’improvviso. Cantano tutta la notte ed il giorno dopo.

Cantano senza preoccuparsi di mangiare e bere, senza preoccuparsi di quel che succede attorno a loro.

È di sera che Frank torna a bussare alla loro porta, questa volta senza lo zaino in spalla, questa volta stringendo in mano qualcosa.

«Chiedo il vostro aiuto. Posso pagarvi!» dice il ragazzo prima ancora che Marie possa chiudere la porta «Posso dirvi il mio nome, dirlo a tutte voi, potrete usarlo contro di me. Sono Frank e non rispondo a nessun altro nome, non ho più modo di scappare.» afferma poi ed Hazel vede chiaramente le mani di sua madre stringere il legno della porta, lo sguardo del giovane puntarsi su di lei ed una strana sensazione nel petto.

«Entra.» sputa Marie, come se non volesse, come se odiasse ogni suono, «Non voglio il tuo pagamento: aiuta mia figlia e noi, tutte noi, aiuteremo te.»


Quando era piccola, molto piccola, un viandante aveva regalato a sua madre una predizione.

Era una predizione sulla sua maledizione, su come questa sarebbe sparita, sulla persona che avrebbe reso possibile tale prodigio. Sua madre aveva provato a pagare il viandante (perché le profezie che non vengono pagate sono spesso più pericolose)  ma l’uomo non aveva voluto i suoi soldi, aveva anzi chiesto di poter vedere Hazel e poi se n’era andato senza rivolgerle parola.

«Lei è potente, Marie Levesque.» aveva detto a sua madre, prima di girare i tacchi e riprendere il cammino: nessuno lo aveva ospitato per la notte.

Marie non le aveva mai rivelato le parole di quella profezia, ma le aveva dato la speranza di un domani più libero ed Hazel aveva deciso di non fare domande perché, a volte, le parole devono riposare un po’ prima di poter essere usate di nuovo.

«Le parole hanno potere.» le ripetono ogni giorno ed Hazel ha imparato con il tempo ad usarle con cura, ha scelto le migliori per poter chiedere a sua madre di essere lei la persona che aiuterà il forestiero. «Ti proteggeremo.» è quel che sua madre le risponde, tornando dalle altre, i loro canti che ancora riecheggiano per la casa.

Seduta sulla scomoda panca della piccola cucina, mentre prepara le erbe che verranno poi bruciate, Hazel scruta la figura seduta accanto a lei, le sue spalle larghe ed i suoi occhi buoni ma accesi di qualcosa che non capisce. Quel ragazzo è un enigma, un puzzle con un’immagine chiara ma delle tessere difficili da incastrare.

Sente le sue mani iniziare a sudare, il rumore di qualcosa che cade ed una pietra ai suoi piedi, brillante, chiara.

«Non raccoglierla!» dice, prima ancora che Frank possa abbassarsi, prima ancora che possa toccarla; ma Frank è immobile e le sorride con gentilezza, scosta la pietra con un piede perché si allontani dalla vista della ragazza, affinché la sua attenzione possa tornare su di lui.

È quella la sua maledizione ─brillante ed impossibile da non notare, come quelle pietre- ed è accompagnata dai ricordi di una vita che non dovrebbe più esserci perché finita da un pezzo. È tornata da anni ma le sembra di aver lasciato indietro un pezzo di sé, non ha ancora capito se la sua sia solo una sensazione o se sia la verità, non riesce più a sentire le cose come un tempo.

Lei stessa, si dice, è qualcosa che la sua “famiglia” non dovrebbe accettare, perché nessuno torna come se n’è andato ed è pericoloso..

«Per quale motivo mia madre non vuole aiutarti?» chiede al ragazzo e lo vede chiaramente tendersi, lo sente sospirare.

«Perché sono qualcosa di molto pericoloso.» sono le prime parole «Però ora sono anche il più vulnerabile degli uomini perché tengo la mia vita in tasca e la verità nascosta.» risponde ed è come se attendesse qualcosa, qualsiasi cosa, come se aspettasse di essere cacciato ma Hazel non si muove, non ha motivo di farlo.

Continua a gettare foglie sul braciere, non si sente in pericolo ed ha imparato a fidarsi delle sue sensazioni.

«E questa è la tua vera forma?» chiede invece e l’espressione che si disegna sul viso di Frank è di genuino stupore, c’è una punta di gratitudine nei suoi occhi.

«È quella che mi risulta più facile mantenere, quella a cui è più facile tornare. Ogni volta che permetti alla tua forma di mutare qualcosa di te resta indietro, non si torna mai del tutto.»

«In nessun caso si torna del tutto.» lo corregge Hazel e Frank si stringe nelle spalle: si vede che le crede e si vede che non ha molto altro da dire.

«Non è una cosa che amo fare.»
«È da questo che vuoi che ti liberi?»

Vede Frank scuotere la testa ed alzarsi, misurare  a grandi passi la piccola stanza, ed Hazel si sente confusa, nella sua testa riecheggiano i canti delle altre streghe ed il fumo del braciere le dà alla testa.

È come se la sua vista fosse sfocata e, al contempo, più a fuoco che mai, tutto è chiaro e confuso e le sembra di non capire.

«Non è così che deve accadere...» sente Frank mormorare, lo vede avvicinarsi alla porta e la sua mano è veloce a correre verso il polso dell’altro, afferrarlo perché resti, perché quel che è cominciato non può essere lasciato a metà, sono le regole!

E altrettanto veloce è il ragazzo a divincolarsi dal quella presa, finché tra le mani della ragazza non rimane che qualcosa di piccolo e ronzante che scivola via dalla sua presa, che trova presto la sua via di fuga, sparendo.

Ai piedi di Hazel alcuni rubini e topazi occhieggiano, crudeli, e non ha neanche le forze per scostarli dalla sua vista, sul tavolo un sacchetto di pelle.

Sente qualcosa pulsare al suo interno.

Lo nasconde prima che sua madre entri in quella stanza, allarmata, prima che possa fare domande, prima che possa cantare per lei parole che non ha bisogno di sentire.

Continua a nasconderlo per molto tempo.

 
*

Per mesi al villaggio nessuno ha notizie del forestiero che una notte è sparito lasciando i suoi averi e senza fare rumore. Nel vento corrono voci che raccontano di qualcosa di crudele e pericoloso, di fini tremende e di ritorni impossibili, di orsi, di lupi e di strane leggende.

«Nessuno sano di mente tornerebbe.» dice Termine nel giorno di mercato, in piedi sul limitare della sua locanda alle porte del villaggio ed Hazel sfiora quel sacchetto cucito sotto i suoi vestiti, lo sente pulsare, si sente in dovere di controbattere.

«Non può non tornare, so che ha dimenticato qualcosa di importante.»

«Nessuno può tornare due volte al villaggio, signorina.» è la risposta beffarda di Termine, poggiato contro lo stipite della porta ─ perché a lui la magia ha chiesto un prezzo alto, lo ha condannato a vivere tra le quattro mura della sua locanda senza ma i poter uscire davvero, senza mai poter essere altrove che lì, a controllare chi arriva  e chi va.

«Chiunque può tornare se non l’ha lasciato davvero.» e l’uomo si stringe nelle spalle, accoglie con un sorriso una bambina che gli porge un cesto di verdura, la ringrazia. Hazel saluta con un cenno della mano ed attraversa le strette vie, il vociare della gente attorno a lei.

Dal tetto di fronte un’aquila sembra osservarla ed Hazel ricambia il suo sguardo, si chiede da quando in qua quei grandi uccelli, abbiano deciso di avvicinarsi tanto al villaggio.

Dietro di lei il vento trascina l’eco di una risata.

   
 
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