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Autore: BrokebackGotUsGood    19/06/2016    7 recensioni
In cambio di dettagli su un caso particolarmente intrigante, Sherlock, seppur inizialmente riluttante, si ritrova ad accettare di vedere uno psicologo, scelta che Mycroft, preoccupato per le condizioni del fratello, ritiene necessaria.
Nessuno degli esperti contattati dal maggiore degli Holmes, però, sembra essere intenzionato ad andare oltre la prima seduta.
Nessuno...tranne uno.
[Johnlock]
Ispirata al film ''Good Will Hunting''
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Bonjour :3
Dunque...come avete letto nell'intro, questa storia è ispirata a "Good Will Hunting" (come si capirà soprattutto nei capitoli successivi), quindi chi ha visto il film può farsi più o meno un'idea di come verrà sviluppata questa storia :3
Se non l'avete visto, invece, ve lo consiglio, non solo perché potreste comprendere maggiormente la ff, ma anche perché sono sicura che lo adorereste a partire dal fatto che c'è Matt Damon :)
Quindi questo è il prologo, in cui non approfondisco molto la situazione di Sherlock, poiché sarà Sherlock stesso a farlo più avanti, e... niente, let's get started ;)



 

Prologo



 

«Ho tutto perfettamente sotto controllo. Gradirei che la smettessi di assillarmi con le tue indesiderate e inutili opinioni»
«I miei sono solo consigli, Sherlock»
«Beh, inutili e indesiderati rimangono. Non ne ho bisogno»
«Non è l'impressione che abbiamo io e mamma»
«Non dovevi occuparti delle imminenti elezioni coreane? La tua presenza qui comincia a farsi piuttosto...ingombrante, direi».
Sherlock gli diede le spalle, facendo volteggiare teatralmente la lunga e raffinata vestaglia di seta blu, e afferrò il violino senza la delicatezza che solitamente gli riservava, per poi appoggiarvi sopra il mento e cominciare a strofinare energicamente l'archetto sulle corde, emettendo quei suoni striduli che di solito invogliavano suo fratello a lasciare l'appartamento.
Ma non quella volta.
Quella volta Mycroft estrasse la sua agenda dalla tasca dell'elegante giacca grigia e iniziò a sfogliarla con aria apparentemente impassibile, tradita soltanto dalla lieve nota di disapprovazione che trasparve dalla sua voce.
«Lunedì scorso un uomo di nome Garret Wilson ti ha denunciato per stalking».
Sherlock si interruppe bruscamente, sospirando con più che percettibile irritazione.
«L'ho semplicemente seguito fino a quella che, secondo le mie deduzioni ovviamente corrette, era la scena del crimine. Avrei potuto dimostrare la sua furia omicida, se solo la polizia non fosse stata così idiota da credergli».
Il maggiore degli Holmes non lo ascoltò e andò avanti a leggere. «...Giovedì sei stato arrestato per oltraggio a pubblico ufficiale e scagionato solo grazie all'intervento dell'ispettore Lestrade...»
«Quel poliziotto se lo è meritato»
«...Nei giorni successivi hai mostrato un atteggiamento parecchio aggressivo (e non solo verbalmente) nei confronti di chiunque ti rivolgesse la parola, Molly Hooper del St. Bartholomew's Hospital mi ha riferito di averti sorpreso più volte a frustare i cadaveri dell'obitorio e infine, cosa che riterrei decisamente motivo di maggiore preoccupazione, sei stato a un passo dall'overdose per la seconda volta in due settimane. Secondo la mia inutile e indesiderata opinione, fratellino, non hai per niente tutto sotto controllo».
Le sue labbra si distesero in uno dei sorrisi fittiziamente benevoli che avevano la capacità di irritare Sherlock quasi quanto la disarmante incompetenza di Scotland Yard.
«Non cambierò idea, Mycroft» disse il minore con voce bassa e grave, continuando a dargli le spalle e guardando la vita londinese scorrere fuori dalla finestra del salotto. «Non vedrò uno psicologo. I nostri genitori ci hanno provato innumerevoli volte nel corso della mia adolescenza e non credo abbiano mai ottenuto risultati soddisfacenti, o mi sbaglio?».
Finalmente si voltò per guardare Mycroft negli occhi, ricambiando il suo sorriso con una certa aria di sfida.
A quanto pareva le radici della convinzione che lui avesse bisogno della terapia non erano ancora state estirpate, e ora si erano insediate anche nella mente di suo fratello.
«Non ho nessuna intenzione», continuò, «di rivolgermi ad uno di quegli incompetenti che hanno sempre preteso di etichettarmi come psicopatico basandosi semplicemente sul mio interesse per gli omicidi seriali».
Mycroft sospirò, disegnando delle linee sul tappeto con il suo inseparabile ombrello. «Questa volta è diverso, Sherlock, parliamo di una situazione ben più grave di un'innata passione per il mondo del crimine. Si tratta non solo delle tue bizzarre abitudini, ma anche del tuo rapporto con il mondo che ti circonda e, di conseguenza, con le... sostanze di cui fai uso»
«Di conseguenza?» chiese Sherlock con astio e stizza.
Calò un istante di silenzio teso, durante il quale i due fratelli mantennero gli sguardi fissi l'uno sull'altro; quello del minore si assottigliò, diventando tagliente e penetrante come una lama.
«Pensi che io mi droghi perché mi sento solo? È questo che stai cercando di dire? Oh, Dio, e la gente pensa che sia tu quello intelligente».
L'altro non si lasciò toccare da quel commento e inclinò leggermente la testa di lato, riprendendo a giocherellare con l'ombrello.
«Te lo ricordi...Barbarossa?».
Di nuovo silenzio.
L'espressione dura e fredda di Sherlock sembrò vacillare per un momento, complice il leggero tremore del labbro inferiore e il velo di malinconia che ombrò i suoi occhi chiari. «Non sono più un bambino, Mycroft»
«No, certo che no. Eppure necessiti ancora di qualcuno che ti tenga d'occhio».
Quella conversazione stava imboccando sentieri pericolosi e Mycroft ne era perfettamente consapevole; per questo, una volta raggiunto il suo scopo di indebolire le difese del fratello con quello spiacevole ricordo, decise che era arrivato il momento di passare all'azione.
«Nell'arco di cinque giorni, un serial killer la cui identità non è ancora nota ha ucciso tre membri dell'MI6. Non è mai stata ritrovata alcuna arma del delitto, l'assassino è magistralmente riuscito a passare inosservato manomettendo i sistemi di sicurezza e sembra non aver lasciato tracce, se non un simbolo di riconoscimento sui cadaveri simile ad una lettera greca. Non hai un caso degno di nota da un bel po' di tempo, se non erro».
Sherlock serrò la mascella e, dopo avergli lanciato un'ultima occhiata di disprezzo, prese a girovagare nervosamente per il soggiorno.
«Vai avanti»
«Ti fornirò ulteriori dettagli...se accetterai di fare delle sedute di sostegno psicologico»
«Questo è uno sporco ricatto!»
«È un patto, Sherlock. Prendere o lasciare».
Era in momenti come quelli che Mycroft diventava particolarmente insopportabile, tuttavia Sherlock pensò di prendere in considerazione l'idea.
Sapeva che non sarebbe servito a nulla e che la diagnosi sarebbe stata sempre e inevitabilmente la stessa (rifiuto categorico di contatto umano se non per necessità, propensione ad assumere comportamenti aggressivi, inusuale interesse per enigmatici delitti, abitudini inquietanti inerenti la sperimentazione sui cadaveri: psicopatico), ma pensò che spaventare un altro psicologo con la sua innata capacità di ricostruire la vita di una persona da un dettaglio apparentemente insignificante avrebbe potuto rivelarsi un gradito divertimento.
Sarebbe stato rapido e indolore e in fondo, per un caso così allettante, ne sarebbe valsa la pena.
Fece un sorrisetto sghembo, uno di quelli che non promettevano nulla di buono, e si fermò davanti al fratello maggiore, che attendeva pazientemente una risposta.
«Affare fatto».

   
 
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