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Autore: miss potter    20/06/2016    3 recensioni
“Non devi nascondere il tuo corpo. Non c’è niente di sbagliato nel suo aspetto o nel modo in cui si muove, in cui lo muovi quando pensi che non ci sia nessuno a guardare…”
La voce di Magnus vantava la musicalità del canto di un usignolo.
“Sì, ma tu non chiamarmi tesoro.”
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Magnus Bane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Non mosse un muscolo, teso come una corda di violino: non avevano mai parlato, sul serio, di un rapporto completo. Avevano… sperimentato qualcosa, certo, con l’immensa soddisfazione di entrambi, ma senza spingersi più in là perché semplicemente non c’era mai stata occasione di esplorarsi, prima che esternamente, nell’animo più profondo. E Magnus desiderava riservare quel momento speciale a quando tutti e due si fossero sentiti intimamente più connessi. E quella sera avevano compiuto un passo da gigante verso quell’obiettivo, mano nella mano.

“Va… tutto bene?” domandò preoccupato Alec, notando come il suo ragazzo si fosse imbambolato, apparentemente incantato in contemplazione delle rune sul proprio addome muscoloso.

Magnus si riscosse, sospirando profondamente. Gli sorrise dolce.

“Ma certo, tesoro,” rispose, le dita rispettosamente adagiate sui fianchi di Alec. “Solo che…”

Si maledisse da solo il secondo dopo aver pronunciato tali parole: Alec parve esserne… ferito?

Il ragazzo si irrigidì corrugando le folte sopracciglia scure.

“Ho… sbagliato qualcosa?” accennò con un filo di voce facendo per spostarsi dal grembo di Magnus, il quale non perse un secondo di tempo prima di stringerlo a sé, le braccia intrecciate dietro la schiena del compagno.

“Shh, tranquillo. Sei…” e soffiò, come a sottolineare quanto Alec sapesse togliergli il fiato. “… straordinario. Ma stasera sono successe tante cose. Vorrei solamente… discuterne ancora un po’ con te, parlarne davvero, seriamente. Sollevare leggermente il piede dall’acceleratore, non so se mi spiego…”

Alec non parve convinto.

“Sì, ma… tu mi vuoi? Nel senso… quel senso?”

Magnus si morse un labbro per non scoppiare a ridere. Oh, il suo Alexander…

“Più di quanto mille discorsi possano spiegare,” replicò avvicinandosi con smisurata lentezza con le labbra a quelle dell’ansioso, incantevole Shadowhunter. Deviò all’ultimo secondo il loro percorso, baciando così il mento di lui con devozione. “Dopo che mi hai concesso un assaggio di ciò che mi aspetta, che ci aspetta…” ed un altro bacio sulla curva della mandibola sotto l’orecchio. “Voglio che sia assolutamente tutto perfetto, quando accadrà.”

E quindi, finalmente, lasciò l’ennesimo delicato bacio sull’angolo delle labbra di Alec, il quale reagì nascondendo malamente un sorriso timido sulla guancia incipriata dello Stregone. Abbassò piano piano le palpebre, ancora gonfie dal pianto di poco prima, ed inalò: dopobarba al sandalo.

“E quando? Quando accadrà?”

“Presto, mia piccola, focosa fenice,” miagolò Magnus, e per farsi perdonare l’indugio lasciò che la propria bocca sorridente navigasse per l’oceano di latte del collo di lui. “Adoro il tuo profumo.”

Alec roteò gli occhi, senza riuscire a celare un ghigno paziente.

“Non definirei il sapone grezzo dell’Istituto ‘profumo’. E sei un fuoriclasse, tu, a cambiare discorso, mm?”

“Ah, ma io non parlo del sapone dell’Istituto, mio caro. Io parlo – e non ho affatto cambiato discorso – del tuo profumo. Quello che solo la tua pelle ha.”

Il ragazzo dagli occhi blu inarcò un sopracciglio, permettendo a Magnus di esplorargli quella zona del collo così sensibile.

“E che profumo ha la mia pelle, sentiamo?”

Fu il turno di Magnus, ora, ad inspirare a pieni polmoni, il naso possessivamente incollato alla curva del collo del suo ragazzo.

“Mm, il profumo della biancheria fresca, del cotone, della purezza…” sussurrò spennellando quella tela intonsa di piccoli baci a fior di labbra, una punta di lingua giusto per inserire un po’ di colore e movimento alla composizione. “Del semplice candore del bucaneve che però spicca in un mazzo caleidoscopico di altri fiori.”

“… Bucaneve?” Alec rabbrividì sotto quel tocco così riguardoso ed insieme elettrizzante.

Magnus tornò a osservarlo, lo sguardo adorante di un credente a cui si è appena palesato un angelo.

“Sboccia prima di tutti gli altri fiori facendosi poco a poco strada nella neve, resistendo alle temperature rigide del tardo inverno. È il fiore più vigoroso ed assieme pieno di grazia del mondo, secondo il mio modesto parere… Mi ricorda qualcuno.”

Alec arricciò il naso, divertito, e gli baciò velocemente la punta del naso.

“Ora te ne intendi anche di fiori?”

“Ehi, sto cercando di essere poetico; un po’ di rispetto, giovanotto!” Esclamò lo Stregone prima di mordicchiargli il mento squadrato, e dunque farlo davvero ridere per la prima volta dopo quel momento di umana debolezza.

Alec si sforzò, senza grandi risultati, a sopprimere quella risata cristallina nell’incavo del collo robusto dello Stregone, le guance rosse d’amore che in quel momento lo facevano assomigliare più ad un papavero che ad un bucaneve, in realtà… Tornò a baciare Magnus con rinnovata passione, le mani grandi a circondargli la mandibola come una coppa da cui avrebbe assaporato il nettare più squisito. Quando si separarono, dopo una quantità di tempo indefinita, Alec si accorse di essersi lasciato sdraiare di schiena sulle lenzuola oramai stropicciate, piacevolmente intrappolato tra le braccia poderose di Magnus e le gambe a fasciare i fianchi dello Stregone, quest’ultimo a sovrastarlo col fiato corto.

“Mi manca il tuo letto…” commentò Alec accarezzandogli a pieni palmi il petto da cui pendevano minimo un paio di collane, arrossendo ancor di più. “Questo è troppo piccolo.”

Magnus catturò tra le proprie dita quelle di una mano dello Shadowhunter, sfiorandone il dorso con le labbra, nocca dopo nocca, ed infine il polso.

Alec strinse le labbra, poiché le proprie mani erano una delle prime cose di cui si vergognava a causa delle svariate cicatrici, dei tagli e dei calli, delle unghie scheggiate e delle cuticole mangiucchiate. Tuttavia, da come Magnus le trattava, pareva che questi non avesse mai visto nulla di più bello e meritevole di attenzioni in tutta la sua lunghissima vita.

“Anche tu manchi al mio letto, se è per questo…” disse fissandolo come un gatto in agguato dietro a un gomitolo di lana. “E a me manca svegliarmi accanto a te su suddetto letto.”

Alec rise nuovamente, lambendogli un fianco con un ginocchio e godendosi così quella piccola, dolcissima frizione di pelle contro pelle.

“Mi chiedo proprio cosa si possa fare a riguardo.”

Lo Shadowhunter non dovette aggiungere altro: il ragazzo lanciò un grido di sorpresa, soffocato in seguito da una risata a pieni polmoni quando Magnus, entusiasta, lo sollevò agilmente e senza fatica dal letto a una piazza accompagnandolo attraverso un Portale creato in un batter d’occhio accanto all’armadio, come un novello sposo con la sua amata tra le braccia attraverso la porta di casa.

“Sei completamente pazzo,” ridacchiò Alec tenendosi saldo al collo del suo ragazzo. Attraversando il Portale, lo assalì la classica sensazione che attanaglia lo stomaco quando si sogna di cadere… ma decise di non dare tutta la colpa di ciò a quell’incanto.

“Di te,” replicò questi al settimo cielo, raggiungendo il salotto del loft e dunque la soglia della camera da letto.

Che poi, camera da letto. Oltre ad essere la stanza più spaziosa dell’appartamento, la camera di Magnus appariva come una delle alcove di un ricchissimo pascià: l’enorme letto a baldacchino matrimoniale di ebano, meravigliosamente intagliato, troneggiava al centro di essa, le tende color rosso indiano appena scostate in un silenzioso ed ammiccante invito. Su di esso erano cosparsi almeno una decina di cuscini di velluto nero. Questa settimana, erano state scelte sontuose lenzuola di seta color senape, ed un copriletto verde smeraldo con fantasie arabeggianti di fili dorati. Se il corredo orientale con le carpe giapponesi ricamate a mano dell’ultima volta che Alec aveva visitato questa stanza gli era sembrato estremamente raffinato, ora non poté fare altro che lasciare cadere la mascella e boccheggiare senza parole.

“Se non ti conoscessi, direi che l’hai preparato…” disse infine mentre veniva adagiato sul morbido materasso con la delicatezza che si riserva ai neonati.

Il tessuto pregiato – e probabilmente molto antico – delle lenzuola avvolse la pelle secca del Nephilim in un abbraccio caldo, esotico, che però profumava incredibilmente di casa.

Magnus si limitò a fare spallucce e a nascondere sotto i baffi un ghigno colpevole prima di raggiungerlo, a gattoni, la camicia lasca sul petto di cui Alec poté ammirare la superficie glabra, color caramello. Gli salì una certa acquolina.
“Poche storie, Shadowhunter…” e la parola gli uscì in un mugolio troppo simile alle fusa di un gatto. “Spero che la nuova sistemazione sia di tuo gradimento.”

Quando Magnus arrivò a baciargli lascivamente una spalla, Alec si ricordò di essere a torso nudo: doveva aver lasciato la maglietta sul proprio letto all’Istituto. Oh, beh…

“Mm, tantissimo.”

Lo Stregone dai luminosi occhi color dell’oro lasciò scorrere le proprie avide labbra lungo tutta la linea del costato del suo Alexander, costringendolo a farsi esplorare e ad adagiarsi più comodamente sul letto. Si abbandonò nel mare di cuscini soffici, le braccia sopra la testa, i muscoli completamente rilassati così come anche i tratti del volto. Gli occhi socchiusi, Alec restò ad osservare le manovre caute e rispettose della bocca del Nascosto, ora all’altezza dell’ombelico, ora su una delle ossa sporgenti del bacino…

“Come diavolo fai a pensare di non possedere un corpo attraente?” sussurrò Magnus quasi più tra sé che ad Alec, il quale schiuse appena le labbra liberando un piccolissimo gemito di apprezzamento quando Magnus si decise finalmente a spogliarsi della camicia.

“Di fronte a te, chiunque si sentirebbe in soggezione,” fu la timida risposta di Alec.
Lasciato cadere l’indumento da qualche parte sul pavimento, Magnus sollevò lo sguardo d’ambra ammiccandogli sibillino.

“Chiunque. Ma tu non sei chiunque, o sbaglio?”

La luce soffusa della stanza mescolata con il riflesso della skyline della città che non dorme mai producevano incantevoli giochi di luce sulla pelle liscia e nerboruta di Magnus, seguendone le curve delle spalle massicce e quella meno armoniosa dei fianchi, la parabola della zona lombare dove la linea dei pantaloni lasciava giusto ad intendere agli occhi ora spalancati di Alec le meraviglie che sotto vi si celavano.

Affondò le dita di una mano nella chioma di lui, ancora unta di prodotti per capelli, separandone le ciocche e facendole ricadere morbide lungo gli zigomi alti del ragazzo a carponi accanto a sé.

Magnus scosse appena la testa, ed in un battito di ciglia sia trucco che acconciatura erano svaniti: ora Alec poteva finalmente ammirarlo in tutta la sua più naturale e primitiva beltà, gli occhi a mandorla addolciti, una volta privati dell’eye-liner, le labbra carnose non più rivestite di balsamo e brillantini, le guance più piene senza il loro contour. Una piccola cicatrice risaltava chiara vicino al sopracciglio destro… Sembrava ancora più giovane, e un po’ più fragile.

“Come vedi, anch’io sono meno perfetto di quanto vorrei dare a vedere.”

Ad Alec si strinse il cuore, poiché sapeva quanto a Magnus costasse dire ciò, lui che dell’apparenza per secoli aveva fatto il suo cavallo di battaglia ed il suo scudo più efficace. Tuttavia, adesso erano solo loro due, il mondo chiuso fuori, quel mondo crudele, fatto di giudizi e preconcetti, ed ogni arma poteva essere finalmente messa da parte. Ora Alec si sentiva solo un diciottenne libero di vivere la propria adolescenza concedendosi il lusso della tenerezza e delle emozioni.

Gli gettò le braccia al collo, improvvisamente bisognoso che ogni centimetro del proprio corpo goffo fosse a contatto con quello maestoso di lui.

“Sei perfetto…” pigolò, tra un bacio e l’altro. “E so che vuoi aspettare, ma voglio farti sapere che—che io ti desidero. Tanto.”

Fu come un pugno assestato in pieno stomaco, per Magnus. Perché la chimica, come la magia, semplicemente non mente, e non poteva ignorare il formicolio al centro del ventre generato ogni volta che Alec, consciamente o meno, gli si offriva a quel modo. La portata principale su di un piatto d’argento.

Magnus, forse per la prima volta in tutta quella serata, tremò visibilmente.

“Alexander, aspetta…” disse reggendosi con una mano alla testiera del letto per non gravare troppo sul corpo del più giovane, alla sua totale mercé. “Vorrei solamente che questa notte non si trasformasse in un pretesto per dimenticare il dolore, lo stress… Non desidero che tu viva tutto questo come un ulteriore motivo d’ansia, ma… voglio anche che tu non rimpianga nulla, ecco.”

A differenza di poco prima, le labbra di Alec si distesero in un sorriso indulgente.

“Sì, lo so. E non sai quanto ti sia grato per questo. E so anche che preferisci parlarne, prima… ma—la verità è che non ne so quasi niente,” confessò quest’ultimo, la nuca immersa in un morbido cuscino di pelliccia. “Non—saprei davvero cosa dirti.”

Profondamente intenerito, Magnus apprezzò la comprensione di Alec, come anche quel pallido tentativo di interscambio su un tema tanto complicato; si distese al suo fianco, senza interrompere le carezze distratte ma affettuose sull’addome piatto di lui. Poi, appoggiò la testa su un braccio piegato, così da tenere il viso struccato alla stessa altezza di quello di Alec. Lo guardava premuroso, dritto negli occhi.

“In realtà, essendo un bisogno perfettamente naturale, è l’istinto che ti guida per la maggior parte del tempo; importante è che non manchino mai intesa e comunicazione, sia verbale che non, da parte di entrambi. Ti chiederò sempre il permesso prima di fare qualsiasi cosa, spesso mi fermerò, rallenterò, ti guarderò negli occhi per capire se possa permettermi di andare oltre. Presterò orecchio ad ogni suono, osserverò ogni tuo cambio di espressione al fine di rendere l’esperienza il più gradevole possibile… e ti domanderò che cosa preferisci, come lo preferisci. E non dovrai avere nessuna vergogna a comunicare con me, in qualsiasi momento.”

Alec lo ascoltava con l’attenzione che aveva sempre prestato ai suoi allenatori, come se si stesse preparando per l’ennesima missione ad alto rischio; ma il volto di Magnus appariva rilassato, con quel suo sorriso sbarazzino di sempre addosso e gli occhi brillanti, appassionati, e zelanti, satolli dell’amore autentico che si dedica alle cose belle e delicate. Lo trattava come un umano, non come un ingranaggio di una macchina da assalto, una volta rotto facilmente sostituibile. Lo trattava e maneggiava come se avesse a che fare con un’antica e inestimabile opera d’arte, da proteggere e preservare.

Gli si strinse addosso, le braccia raccolte al petto in un bozzolo di seta e carne color avorio.

“Non sono mai stato un allievo particolarmente brillante, ma farò del mio meglio per imparare il più possibile col suo aiuto, professor Bane”, lo stuzzicò parlandogli sulle labbra in un sorriso frizzante prima di regalargli un altro bacio mozzafiato.

Sulle labbra turgide dello Stregone si accese un ghigno che si ammorbidì solamente per rispondere al bacio offerto da Alec; lo strinse nuovamente a sé, immergendosi nel silenzio quasi religioso della stanza interrotto solo dai suoni umidi della danza delle rispettive labbra e dai respiri irregolari, concitati. Avrebbe volentieri stregato la notte stessa, Magnus, pur di costringere la luna ad indugiare più a lungo nella volta celeste, regalando loro qualche ora in più da spendere assieme, lontani miglia da ogni dovere e pensiero: solo loro due, un duetto coordinato di cuori follemente innamorati l'uno del canto dell'altro... ed un letto fottutamente comodo.
 
  
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