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Autore: scriveremibasta    20/06/2016    1 recensioni
Inuyasha e Kagome hanno avuto il loro "lieto fine"...ma cosa potrebbe accadere dopo? Siamo sicuri che sia finito tutto lì? O c'è dell'altro?
Per ora, unica certezza: la sfera, non sembra essere scomparsa così facilmente.
Tratto dal primo capitolo:
"L'uomo lo guardò con la coda dell'occhio, mentre i ricordi raffioravano nella sua mente: corpi senza vita, lacrime, grida, bambini che correvano, orde di demoni, i suoi genitori...tutto era impresso nella sua mente come fosse accaduto ieri...e, invece, erano passati più di dieci anni. Quando l'aveva vissuto, gli era sembrato tutto così reale...era stato solo un bambino a quel tempo...e la perdita dei genitori l'aveva scosso molto...ma, ancora di più, ciò che aveva visto l'aveva segnato fin nel profondo: occhi inniettati di sangue, una furia accecata dalla follia che aveva raso al suolo un intero villaggio; l'aveva guardato solo per pochi secondi ma non avrebbe mai potuto dimenticare quello sguardo, così rabbioso, ferito...disperato. La follia per un amore perduto."
Genere: Commedia, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Inuyasha, Kagome | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: Lemon, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quando il giusto desiderio verrà espresso, la sfera sarà estinta per sempre da questo mondo e la sua potenza tornerà nel corpo della prescelta. Alla sua morte, questo grande potere tornerà al mondo sotto forma della biglia e così per ogni generazione che verrà. In questo modo, io, non morirò mai”
Keiichi lesse mentalmente la piccola didascalia sotto ad una delle tante testimonianze storiche del Giappone. Era un piccolo disegno in carboncino, su una pagina piuttosto ingiallita che raffigurava un demone dai lunghi tentacoli con in mano una biglia completamente nera. La cosa che più l’aveva turbato era quella strana similitudine con la storia che gli raccontava il nonno quand’era bambino...ci doveva essere per forza un nesso; quella che lui aveva sempre visto come una leggenda doveva avere un fondo di verità.
Si voltò verso la finestra dell’aula, ignorando la spiegazione del professore mentre i corti capelli neri venivano mossi dal vento che entrava da essa. Gli occhi blu notte squadravano la folta vegetazione che circondava l’edificio mentre mille pensieri gli vorticavano in testa. Era da un po’ di giorni che notava di qua e di là qualcosa che lo collegasse alla storia del nonno, come se, la protagonista del racconto, avesse vissuto realmente in questa città…come se, quella vita, avesse lasciato segni. Come per dire che lei c’è stata, che ha vissuto e che, un tempo, faceva parte di quest’epoca…prima di lasciarla, prima di lasciare tutto e seguire il suo unico vero amore. Keiichi assottigliò gli occhi, mentre i ricordi gli ritornavano in testa; pronto a coglierne ogni piccolo particolare.

-Nonno! Ehi, nonno! Raccontamela, raccontami di nuovo quella storia!- un ragazzino scuoteva la manica del kimono del vecchietto di fronte a lui, con un sorriso genuino in volto.
-Avanti, piccolo Keiichi, sta’ calmo- cercava di quietarlo il vecchino, sorridendo anche lui alla curiosità del nipote -Prometti di fare il bravo e ti racconterò tutto ancora una volta- cedette, poi, alle suppliche del bimbo. Il piccolo gli rivolse un sorriso radioso, scoprendo un’arcata dentaria incompleta.
-Promesso!- urlò, sorridendo subito dopo -Prometto di fare il bravo, Souta-ojiisan!- continuò poi, più pacatamente. Il nonno sorrise, pronto per raccontare ancora una volta quella fantastica storia.
-A quel tempo, avevo solo dieci anni ma ricordo i fatti come se fosse ieri. Mia sorella, una quindicenne altruista e gioiosa, scoprì quello che, in principio, era un semplice pozzo sigillato e ci finì dentro. Tutto accadde per colpa mia, per colpa del fratello che l’aveva obbligata a trovare il gatto di famiglia…ma non credo sia una vera è propria colpa visto ciò che successe dopo…- il vecchio Souta si fermò lì, per creare un po’ di suspense che, tuttavia, venne interrotta dal gridare del bimbo.
-E poi? Cos’è successo poi?! Dai nonnooo!- lo esortò a continuare, infatti, il più piccolo. L’altro scoppiò a ridere -Suvvia Keiichi, non essere così frettoloso! Dai tempo al- provò a dire il nonno.
-Tempo- lo interruppe Keiichi -Lo so, ma sbrigati- continuò, poi, mettendo il broncio.
La storia poté continuare.
-Stavo dicendo, non è stata propriamente una colpa visto che quel fratellino rompiscatole ha fatto conoscere alla sua sorellona il vero amore…inizialmente ero molto restio all’idea di lasciare mia sorella a quel cane burbero ma, poi, mi sono resoconto che non c’era altro modo per vederla felice e protetta. Comunque, ora arriviamo alla parte che ti piace di più: la sfera dei quattro spiriti. Quel gioiello che ha mosso i fili delle vite di tutti loro per molto tempo, il gioiello che doveva essere ricomposto da mia sorella e dal fratellone Inuyasha. Non so molto altro, solo che, dopo aver sconfitto colui che dovevano sconfiggere, mia sorella è tornata qui in lacrime. Lo stesso modo in cui, quel giorno, se n’è andata per sempre. Se, ora, provo a immaginare com’è continuata la sua vita, un moto di malinconia e felicità mi assale…perché so che mai più la rivedrò ma che lei sarà felice insieme alla persona che ama. E, il sorriso che mi spunta nel sapere che lei è felice, è il regalo più prezioso che questa vita mi potesse fare-
Souta terminò di raccontare con delle lacrime agli occhi, sotto lo sguardo affascinato di Keiichi -Nonnino, non piangere- gli sorrise, quello, asciugandogli le lacrime -È una storia molto bella…ma, dimmi, qual è il nome della sorella dell’ojiisan?- gli chiese, poi, con una scintilla di curiosità negli occhi.
Il nonno lo guardò sorpreso, poi si ricompose -Kagome, il suo nome è Kagome- gli rispose.


-Vi conviene studiare bene perché questo sarà nel prossimo test-
-Si prof!-
Keiichi uscì dalla scuola con aria assorta, non poteva perder tempo a studiare, doveva assolutamente capire se la storia che gli raccontava il nonno fosse vera e, soprattutto, cosa c’entrava lui con tutto questo. Corse dritto a casa, ignorando i tentativi di discorso del suo amico Eiji e finendo per investire delle vecchiette per tre volte consecutive; era appena diventato un pericolo pubblico. Arrivò al tempio di corsa, salendo le scale velocemente ed ignorando il poco fiato che gli era rimasto: non c’era tempo da perdere. Passò di fronte al Goshinboku, quello che una volta era un albero rigoglioso ma che, ora, iniziava a farsi vecchio; accanto all’albero, un abitacolo e, dentro di esso, il famigerato pozzo del racconto. Era grazie ad esso che era nata quella fantastica storia dalla dubbia concretezza...ed ora, lui, doveva provarne l’esistenza. O, meglio, avrebbe dovuto scoprire se era vera o meno.
Sospirò, come per infondersi coraggio. Poi, le porte dell’abitacolo vennero spalancate e il ragazzo poté entrare. Trattenne il fiato, di fronte ad una simile struttura, così vecchia e misteriosa al tempo stesso. La puzza di chiuso faceva capire che quel posto non era stato aperto per molto tempo, il legno del pozzo era vecchio così come tutto quello che ricopriva l’abitacolo, ai rispettivi quattro angoli del soffitto vi erano delle ragnatele ma niente ragni; cosa che fece preoccupare particolarmente il ragazzo.
Si avvicinò piano, mentre la luce lo illuminava da dietro. Poggiò un ginocchio sul pozzo, pronto a spiccare il salto che avrebbe deciso la sincerità del racconto del nonno. Ma…gli andava veramente bene così? Un racconto simile…valeva la pena gettarlo via in questo modo? Ci aveva creduto per tutto questo tempo…ed ora, avrebbe gettato in mare la sua intera infanzia? Poteva farlo? Poteva…davvero farlo?
Stette a guardare il fondo del pozzo per un po’, mentre le numerose domande di prima lo confondevano sempre di più, lasciandolo immobilizzato sul posto, col ginocchio poggiato nel bordo della struttura.
Ebbe un cedimento e, quando si stava per rialzare ed andare via, qualcuno lo distrasse.
-Vorresti provare?- chiese, una voce che conosceva perfettamente.
-Nonno!- esclamò voltandosi verso il vecchio sulla soglia, un sorriso ad incorniciargli il volto stanco e rugoso.
-Allora, Keiichi…vuoi provarlo? Vuoi scoprire se questo vecchio pazzo ha ragione?- gli chiese ancora, con voce misteriosa.
-Ma che stai dicendo nonno?- non capì Keiichi -Quella storia è soltanto una leggenda…giusto?- provò poi, cercando l’approvazione del vecchio Souta; ma quello gli rivolse uno dei tanti sorrisi che gli faceva da bambino, come per dirgli “Se è questo quello che credi…”.
A Keiichi non restò altro che guardarlo, in silenzio, mentre la luce del crepuscolo gli illuminava le vecchie spalle. Poi, un’altra voce li richiamò. Era quella del padre di Keiichi, Chihiro, che richiedeva la presenza dei due per la cena.
-Andiamo- disse il nonno, dirigendosi in casa.E a Keiichi non restò altro che seguirlo.
“Non capisco perché il nonno tenga tanto a quella storia…e soprattutto non riesco a comprendere perché non mi faccia capire se sia vera o meno” pensò Keiichi, sdraiato sul letto della sua camera, mentre il flebile venticello estivo che entrava dalle imposte spalancate della finestra lo faceva rilassare. Non sapeva proprio cosa pensare, se suo nonno doveva dirgli qualcosa basta che lo faceva e punto, non c’era bisogno di simili segreti. Non erano mica uno di quei tanti servizi clandestini che vedeva protagonista nei film Thriller!
Sospirò, pensando che, se voleva scoprire qualcosa, avrebbe dovuto farlo da solo; senza l’aiuto del nonno. Gettò un occhio alla finestra, sotto la quale c’era un tettuccio: ottimo per fuggire senza far rumore. Si alzò dal letto e uscì dalla camera pronto a dare la buona notte a tutti “Nessuno deve sospettare che io sia ancora sveglio”. Ed aveva ragione, nessuno avrebbe dovuto sapere che voleva gettarsi in un pozzo.
-Bene- sussurrò, una volta di fronte alla struttura -O la va o la spacca- sibilò, poi, prima di buttarsi dentro al pozzo.
Da quel momento cambiò tutto.

-Nonno, come ha fatto Kagome-san a trovare il pozzo?- chiese, il piccolo Keiichi.
-A quel tempo, si trovava nell’hokora. Ed anche oggi è lì, ma ti consiglio di non entrare in quel posto- gli rispose il vecchio Souta.
-Perché?- chiese l’altro.
-Perché, chissà, anche tu potresti essere il prescelto della sfera…-


-Ahia! Accidenti che botta!- esclamò tastandosi la testa. Doveva aver fatto un bel volo…aveva un enorme bernoccolo sulla nuca! Beh, almeno ora sapeva che la storia non era affatto vera…era come se si fosse tolto un macigno dal petto, quella situazione l’aveva stressato fin troppo…e, ehi, ma si era sempre potuto vedere il cielo stellato dall’hokora? Qui c’era qualcosa che non andava…o aveva sbattuto così forte la testa da vedere il cielo dove non poteva essere visto o quella storiella non era poi tanto falsa…si stupì nell’accorgersi di sperare che fosse la prima. Già, quella situazione si era protratta anche per troppo tempo…era normale sperare che tutto fosse solo una semplice storia. E stupido lui che si era anche preso l’impegno di investigarci su.
“Devo smetterla con questa cosa…ora tornerò su e ci dormirò sopra” annuì, convinto di ciò che aveva pensato. Iniziò l’arrampicata, agevolata da dei rami d’edera che non aveva notato fino ad allora e, una volta arrivato in cima, quello che vide lo destabilizzò talmente tanto che rischiò di ricadere nel pozzo: davanti a lui vi era un enorme radura circondata da alberi di ogni tipo; l’erba di campo, i fiori illuminati dalla luce lunare…no, qui c’era veramente qualcosa che non quadrava. Ma, soprattutto, dove diamine era finito?!
-Stupido me, che mi sono buttato da un pozzo…devo aver battuto davvero la testa, allora!- sibilò, girandosi da ogni parte della radura per avere una visione più chiara del tutto. Un venticello lo colpì in pieno e, pur essendo estivo, lo fece rabbrividire. Era anche logico, indossava il pigiama! Stupido lui che non si era vestito per bene prima di buttarsi da un pozzo. E, stupido lui che ci aveva anche provato!
Dannazione…
-Perfetto ora mi metto a fare anche come una ragazzina…- sussurrò -Beh, vediamo di cercare dei centri abitati- cambiò poi discorso; visto che la cosa più logica da fare, in questi casi, non era di certo pensare a quanto fosse femminuccia. Iniziò a camminare, stando ben attento a dove mettesse i piedi e, soprattutto, a cosa ci fosse intorno a lui. Chissà quali animali selvaggi nascondeva quella radura. Camminò per un bel po’, finché non giunse ai piedi di un grande albero; molto più familiare degli altri.
-Il Goshinboku!- sussurrò, poggiando una mano sulla spessa corteccia ed osservandone la chioma resa scura dal buio della notte. Nel passare lo sguardo di ramo in ramo, però, scorse una figura distesa in uno dei più robusti ed alti; apparentemente dormiente. Un sorriso da ebete delineò le sue labbra, schiudendole e facendogli assumere un espressione da pesce lesso: quella figura era la sua salvezza! Finalmente sarebbe potuto tornare a casa!
O forse no?
-Ehi! Signore! Mi sente? Si svegli, ho bisogno di aiuto!- urlò e, non ricevendo risposta continuò -Ehi! Insomma, mi ascolti! La prego! Signore, mi ascolti!- vide la figura muoversi, in modo stizzito e piuttosto assonnato. Poi, scomparve. Semplicemente. Keiichi non poteva crederci -Ma dov’è finito?- si chiese, guardandosi intorno ma non riuscendo a trovare nulla che potesse, neanche lontanamente, assomigliare ad una figura umana.
-Ehi, tu, ragazzino!- una voce femminile lo fece sussultare. Eppure non c’era nessuno qui…
-…chi sei?- chiese Keiichi, deglutendo; in risposta sentì una risata roca e cristallina allo stesso tempo che lo fece rabbrividire.
E se fosse stata, tipo, un’assassina? Cosa avrebbe dovuto fare? Non conosceva nessun tipo d’arte marziale, come si sarebbe potuto proteggere?
-Chiedi sempre chi sei ad ogni persona che incontri?- gli domandò in modo beffardo, quella voce.
-F-fatti vedere!- sbottò Keiichi, piuttosto stanco di quel giochetto.
-Oh...ma io sono  proprio davanti a te…- sussurrò la voce, in risposta -Guarda in alto- e finalmente Keiichi poté vedere il volto della sua interlocutrice. O, almeno, in parte. Tutto ciò che riusciva a vedere era una veste sgargiante e due occhi color ambra che lo scrutavano dall’alto.
-Scendi giù! Non ti farò del male- la chiamò lui, come se fosse una bambina. Quella rise, della stessa risata di prima: roca e gutturale, cristallina e limpida.
-Tu farmi del male?- lo schernì lei -Non devi essere di queste parti, tu- constatò, poi -Sennò sapresti perfettamente che, se solo volessi, potrei ucciderti senza alcun complimento…non ti accorgeresti nemmeno di star morendo sai?- continuò, infine, con voce incredibilmente seria che fece accapponare la pelle al ragazzo.
-N-no aspetta- si difese quest’ultimo -Io non intendevo dire in alcun modo…- disse ma non seppe continuare la frase; strappando un sorrisetto alla ragazza in cima all’albero che, tuttavia, non poté vedere.
-Sei divertente, ragazzino- esordì quella, accavallando le gambe e mettendosi più comoda
-Ascolterò la tua richiesta d’aiuto- annuì, invitandolo a parlare. Keiichi fece per dire qualcosa ma venne interrotto.
“Ma un po’ di pace no, eh?”

Per poco non gli venne un infarto. Cioè, gli avevano appena lanciato…delle frecce?!
No, scherzi a parte, dov’era finito? Uomini feudali che ti lanciano le frecce e ragazzine sopra ad alberi che minacciano di ucciderti…o stava sognando o…cosa? Non c’era altra spiegazione logica accidenti!
-Ehi tu, straniero! Cosa ci fai qui?!- fece un uomo, capelli neri legati in un codino ed abiti medievali, una fiaccola in mano ed uno sguardo che non prometteva nulla di buono; dietro di lui, un gruppo di uomini.
-Eizo-san- lo chiamò uno di quelli -Pensi che sia uno di quei casi? Osserva il suo abbigliamento- gli bisbigliò, poi.
Eizo annuì -Se è così dovremmo portarlo da Daichi-sama- disse, porgendo la fiaccola ad uno dei suoi compagni. Poi si girò verso Keiichi -Da dove vieni, ragazzo?- gli chiese. Ma non ottenne risposta, dal canto suo, infatti, il ragazzo, era completamente paralizzato. Ancora non ci credeva che dei veri uomini medievali gli stavano parlando…e onestamente non voleva nemmeno farlo! Era tutto un sogno, e non bisogna mai badarci troppo, ai sogni.
-Accidenti, non parla- fece l’uomo che prima aveva bisbigliato a quello che pareva chiamarsi Eizo. Tra il gruppo si iniziò a fare strada un sussurrarsi di pareri; insopportabilmente ovvi a seconda di Keiichi.
-Sta’ calmo, Arata- lo quietò Eizo -Ed anche voi, state calmi!- si rivolse, poi, al resto del gruppo
-Di sicuro il ragazzo è instabile- constatò, infine. Quattro o cinque persone nel gruppo annuirono, in accordo con le parole dell’uomo.
-Lo porteremo da Daichi-sama, lui saprà cosa farne- venne deciso e, stavolta, tutti annuirono. Ora, l’unico da convincere era Keiichi che, da parte sua, aveva iniziato a chiedersi chi diamine fosse questo “Daichi-sama” e, soprattutto, cosa continuavano a blaterale quei due uomini dalla dubbia provenienza.
-Seguici, ragazzo- lo invitò l'uomo. E, perché no? Ne erano già accadute troppe di cose, cos’altro poteva esserci?
-Oh, lui non seguirà proprio nessuno!-
Ecco, per l’appunto…cos’altro poteva esserci?!
Keiichi si fermò dai pochi passi che aveva fatto e così fecero gli altri. Accidenti, tra tutte le cose di cui poteva scordarsi…si doveva dimenticare proprio della più importante, pericolosa e chi più ne ha più ne metta?! Mannaia a lui, mannaia.
-Kaori!- sussurrarono tutti, dalla sorpresa. Keiichi, invece, rimase zitto, osservando la ragazza di fronte a lui, illuminata dalla debole luce delle torce. Era un po’ più alta di lui, indossava un haori rosso fuoco tenuto in vita da un haori-homi dello stesso colore, legato con un fiocco al fianco. I capelli, argentei quasi bianchi le arrivavano un po’ più sotto delle scapole ed erano mossi sulle punte. Le gambe erano lasciate scoperte dall’haori che, di fatto, le arrivava un po’ più sopra della metà della coscia ed erano fasciate in delle calze lunghe e nere, quasi trasparenti. Ai piedi, non portava alcun paio di scarpe. Il braccio, alzato a proteggerlo da eventuali attacchi, era coperto dalla sgargiante manica dell’haori, che le arrivava un po’ più sotto del polso secco. La mano era aperta, piccola e delicata, aveva dei lunghi artigli. La cosa che, però, lo lasciò di stucco furono delle piccole orecchiette da cane in cima alla testa; morbide e delicate al solo guardarle.
-Kaori, che ci fai qui?- chiese, Eizo, ridestando Keiichi dall’osservare la graziosa ragazza di fronte a lui. Per un attimo, si era dimenticato di essere in un posto completamente diverso da casa sua.
-Beh, non so come la vedi tu, ma questo bosco è la mia casa, Eizo- rispose, beffardamente, l’interpellata; alzando le spalle in una pura forma di presa in giro.
-Ti sbagli, Kaori, questo bosco non è casa tua…- ribatté l’uomo, incupendosi -Questo è il bosco di Inuyasha- terminò, con aria ancora più cupa. Keiichi ebbe un sussulto nel sentire quel nome. Anche Kaori, invece, sembrò incupirsi ma durò solo un secondo, poi un ghigno le delineò le labbra sottili, scoprendole i canini bianchi e letali.
-Questo bosco mi appartiene- disse, scandendo ogni parola -Come qualunque cosa che vi è dentro- continuò facendo un ampio gesto con la mano e guardando il gruppo di uomini di fronte a lei.
-Capisco ma- provò a dire Eizo.
-Quindi- venne interrotto dalla ragazza -Anche questo ragazzo mi appartiene- terminò, voltandosi verso di lui con un sorriso furbo.
-Ehi, ehi...- fece Arata -Ora non esagerare! Dacci il ragazzo e basta, o useremo le maniere forti!- la avvertì, continuando.
Kaori lo guardò male -Darvelo?- chiese, fingendo di non capire -Per farlo finire come Chiharu?- urlò, poi, colma d'ira. Keiichi la guardò stringere i pugni, tremando dalla rabbia.
"Deve far male" pensò, ricordandosi dei lunghi artigli e di come, se avesse chiuso i le mani, le avrebbero graffiato il palmo. L'uomo che aveva parlato prima rise di gusto, cosa che fece arrabbiare più di quanto già non lo fosse la ragazza; dal canto suo, invece, il ragazzo, non ci stava capendo proprio nulla.
-Ti piace ridere delle disgrazie altrui, Arata?- lo pizzicò l'altra.
-Smetti di abbaiare, Kaori- la zittì l'interpellato -Non ti si addice...e, comunque, quello sporco mezzo-demone è stato punito perchè se lo meritava, cosa che, anche tu, in effetti, ti meriteresti...non credere d'essere stata risparmiata perchè figlia del grande demone cane! L'unica che valeva d'avvero era la Divina Kagome, nella vostra famiglia!- le sputò, con tutto l'odio che aveva nei suoi confronti. Solo in quel momento, Eizo, che aveva l'aria di essere il più ragionevole, intervenne:
-Arata- lo chiamò -Sta' calmo...non ricordi quello che ci ha detto Daichi-sama?- gli sussurrò, poi, mentre il gruppo dietro di loro annuiva. Kaori pensò seriamente di gettarsi contro l'uomo per ucciderlo, anche Keiichi aveva una certa quantità d'astio nei confronti di quello...odiava le persone come lui, da quel che aveva capito era successo qualcosa di triste...forse qualche scandalo...eppure quell'uomo, che sembrava essere coinvolto, non mostrava il minimo dispiacere; e, questo, lui, lo odiava. Strinse i denti, ora si metteva persino ad odiare gente a caso...e per conto di un'arrogante, brusca, violenta ragazza! Cioè, era impazzito? Perchè arrivare a tanto? E, sopratutto, perchè si sentiva in dovere di proteggere quella ragazza? La sentiva familiare, come se l'avesse già conosciuta...come se...

Lacrime di dolore gli rigarono le guancie mentre la vista si faceva via via più appannata.
-Mamma, papà...!- singhiozzò, cercando di asciugarsi le lacrime alla bell'e meglio. Fuori stava piovendo a dirotto, con tanto di fulmini e tuoni ad aumentare la sua già alta ansia; cosa avrebbe potuto fare? Era caduto e si era tagliato e sbucciato in più punti le ginocchia, tutto perchè, non solo era andato nel bosco di nascosto ma aveva anche oltrepassato quello che, la mamma, chiamava "limite della coscienza". Era stato troppo curioso, col risultato di essersi fatto male. Poi, per fortuna, aveva trovato rifugio tra le radici di una quercia nodosa; in una tana scavata da qualche animale selvatico e si era messo in salvo, sperando che quell'animale non avesse fatto ritorno non prima di domattina.
Singhiozzò, abbracciandosi le gambe e cercando di trovare conforto e calore nel suo stesso abbraccio -Io- iniziò, con voce rauca -Devo essere forte- finì, poi, tirando su col naso. La mamma non avrebbe di sicuro voluto vederlo così, gli diceva sempre che lui doveva affrontare qualunque cosa gli riservasse la vita, senza piangere e trovando la felicità nelle piccole cose. E lui, avrebbe fatto proprio così.
-Ehi, e tu chi saresti?- una voce femminile lo distrasse, facendogli alzare la testa che, prima, aveva nascosto nelle ginocchia. Davanti a lui, una ragazzina che doveva avere qualche anno in più di lui occupava l'entrata della tana, impedendo il passaggio della già da sè flebile luce.
-C-cosa?- mormorò, non capendo.
-Ehi, si ascoltano le persone quando parlano!- sbottò quella, ignorando la sua risposta e procedendo a passo spedito verso di lui; che, da parte sua, dovette scacciarsi contro il tronco della quercia. -Ti ho chiesto chi sei- esclamò quella -Rispondimi!- gli urlò, poi, facendosi sempre più vicina.
-O-okay?- fece Keiichi; osservandola meglio potè notare che aveva i capelli neri ed era più bassa di lui, indossava un kimono rosso fuoco. Non sembrava cattiva, solo impertinente.
-Avanti- lo esortò, quella.
-S-si! Mi chiamo Keiichi- rispose, ridestandosi. Iniziava a stancarsi di quella ragazzina che gli urlava nelle orecchie, lui voleva solo tornare a casa dalla mamma e dal papà...non aveva tempo da perdere appresso alle ragazzine impertinenti!
-Bene, Keiichi- esordì la bimba -Ora puoi andare- gli sorrise poi, invitandolo ad uscire.
-Eh?!- esclamò lui -N-non puoi mandare via la gente di punto in bianco! È da maleducati!- la sgridò, mettendosi seduto normalmente. L'altra mise il broncio.
-Uffaaaa! Cosa vuoi che me importi? Io faccio ciò che voglio! E questo è il mio nascondiglio! Quindi esci!- gli rispose, piuttosto arrabbiata. Keiichi fece un'espressione tra lo stupito e l'infastidito; come si permetteva quella bimbetta a parlargli così??
-Per la cronaca- fece, assumendo il tono che aveva papà quando gli faceva notare qualcosa di importante -Questo è il MIO nascondiglio, perchè l'ho trovato prima IO. TU sei venuta DOPO- la assalì verbalmente, marcando con enfasi le parole "Mio-Io" e "Tu-Dopo".
L'altra non seppe cosa rispondere, finendo per stare zitta e arrossire -Uffaaaa! Sta' zitto! Sei noioso!- lo apostrofò, incrociando le braccia al petto e voltando la testa di lato per non far vedere la sua rabbia. Keiichi si sentì punto dall'ultima affermazione della bambina.
-E tu invece sei precipitosa e impertinente!- le rispose, di rimando.
-Buon per te che l'hai capito!-
-Bene!-
-Benissimo!-
Beh, per lo meno i graffi e le sbucciature non dolevano più.


"Cos'era quello?" si chiese, portandosi una mano alla testa e aggrottando le sopracciglia; la bambina del suo passato...che avesse un nesso con tutto questo? Ma perchè? E, se si, che nesso? Cosa diamine stava succedendo?
-Uomini! Cosa fate nel bosco di Inuyasha?- una voce a lui sconosciuta richiamò l'attenzione di tutti.
-Daichi-sama!- esclamarono in coro, quelli.
-Acc...è qui- sussurrò, invece, Kaori presa da un improvviso senso di fastidio; nella sua mente, sembrava fosse scattato un campanello d'allarme.
"Daichi-sama?" si chiese mentalmente Keiichi, osservando il nuovo arrivato. Quindi...lui era Daichi-sama? Quello di cui tutti parlavano? Quello a cui doveva essere portato? Quel Daichi-sama? "E chi altri sennò idiota?" si ribbeccò mentalmente; ce n'era solo uno di Daichi-sama che conosceva il gruppetto di uomini...no?
Era un uomo abbastanza giovane, pelle abbronzata ed occhi color nocciola chiaro e profondo; di quel nocciola limpido e tagliente che ti mette facilmente in soggezione. I capelli, lunghi e color castano scuro, erano legati in una bassa coda. Aveva un volto piuttosto ovale, severo ma non per questo cattivo; i lineamenti erano appena accennati e davano al giovane uomo un senso di calma e gentilezza. Indossava un normale Kimono bianco neve con ricamati dei geroglifici in filo d'oro nelle maniche; sopra di esso quello che a  Keiichi sembrava un grembiule rosso chiaro legato ad una sola spalla con un nodo. Al collo un rosario buddhista celeste.
-D-Daichi-sama, cosa ci fate qui?- chiese Eizo, osservando il sacerdote e gli altri due uomini armati di lance che lo scortavano. Dal canto suo, Daichi non rispose, si limitò ad osservare prima il gruppo di uomini per poi passare a Kaori (che distolse subito lo sguardo) e infine a Keiichi che si sentì subito in soggezione per quello sguardo.
-Non posso nemmeno vedere come stanno i miei uomini?- chiese l'uomo, osservando con più attenzione il ragazzo. "Cosa vuole da me questo?" venne spontaneo chiedersi da parte sua, Keiichi. Era da un bel po' che non parlava, forse avrebbe dovuto farsi...sentire? Quelli stavano decidendo tutto per lui, accidenti!
In poco tempo si sentì osservato da tutti e, dal canto loro, anche lui cominciò a passare lo sguardo sulle persone presenti. "No, no...altro che parlare..." pensò, nervoso e improvvisamente preoccupato "Qui me la devo dare a gambe!"
-Daichi-sama- chiamò Eizo, titubante. L'altro si mise subito in ascolto.
-Cosa c'è?- chiese, invitandolo a parlare.
L'uomo deglutì -E-ecco- fece, avvicinandosi al giovane uomo; poi iniziò a sussurargli parole che, purtroppo o per fortuna, Keiichi non riuscì ad ascoltare.
Cosa stavano complottando? Forse parlavano di lui? "Accidenti, se non riesco a sentirli non so come finirò!".
-Capisco- concluse Daichi, annuendo. Poi si rivolse ai due -Vogliate, gentilmente, seguirmi?- li invitò. Keiichi azzardò un passo ma dovette ripensarci: evidentemente il sacerdote non aveva ancora finito.
-Kaori- disse ancora quello, il ragazzo vide scattare le orecchiette della ragazza.
-Che vuoi?- chiese brusca, quella.
-Perchè sei qui? Non avevamo detto che-chiese ancora il giovane uomo, venendo poi interrotto.
-Ti sbagli, tu l'avevi detto- rispose scocciata l'altra -E se anche fosse stato, non posso ancora lasciare questo posto- concluse, poi.
-Capisco- sorrise il sacerdote -In tal caso, sentiti libera di usare i miei uomini qualora ce ne fosse bisogno- la avvertì, sempre con lo stesso sorriso.
-Tsk- fece Kaori, girando la testa da un'altra parte; le guance leggermente arrossate che fecero ridacchiare Daichi.
-Bene!- esordì -Vuoi seguirmi, ragazzo?- si rivolse, poi, a Keiichi.
Quello deglutì "Mi posso davvero fidare?" pensò, sotto lo sguardo attento della ragazza.

-Fammi indovinare- fece il sacerdote, mentre camminavano per il bosco -Tu vieni dal futuro!-
esclamò, infine, voltandosi verso il ragazzo qualche passo dietro di lui. Questo ne fu scioccato: come faceva a sapere del passaggio nel pozzo? Che significava che veniva dal futuro? Quella storia lo stava letteralmente mettendo k.o...quando sarebbe tornato a casa non avrebbe mai più voluto sentire parlare di quel racconto! Di pozzi, di sfere e tant'altro! Mai. più.
Sospirò "Sempre se ci ritorno a casa...è quasi l'alba, si proccuperanno un casino se non mi vedono!" poi guardò il giovane uomo -Senta...- iniziò -Lei mi deve aiutare- continuò, sotto lo sguardo stupito del gruppo di uomini; mica aveva parlato, prima!
-Ah ma quindi parli!- esclamò l'altro, provocando l'ilarità del gruppo. Keiichi divenne una statua di sale. Cioè...lui pensava...che non sapesse parlare?! Ma chi erano questi tizi?!
-Eh?- si lasciò sfuggire, guardando il sacerdote come fosse un alieno.
No, davvero...cosa (diavolo, cavolo, diamine) stava succedendo??!
-Quindi- fece Daichi, una volta giunti nella sua capanna ed una volta aver ascoltato la storia del moro-Tu vieni da un mondo completamente diverso dal nostro...al di là del pozzo...e sei venuto qui per mano di una storia raccontatati da tuo nonno?-
-Proprio così- confermò Keiichi.
Ci fu un attimo di silenzio dove i due si guardarono negli occhi; il ragazzo come se dovesse convincere l'uomo a credergli e, quest'ultimo, riflettendo sulla storia. Poi, l'uomo scoppiò a ridere con grande stupore e fastidio dell'altro. Si sentiva preso in giro.
-Suvvia ragazzo! Raccontane una più seria!- fece tra le risate -Ammettilo...sei venuto qui soltanto per caso!- lo schernì, infine. Keiichi iniziava a dubitare che quello fosse un sacerdote.
-Ti dico che è vero!- esclamò, battendo le mani per terra.
-Si certo...- gli concesse l'altro -E di che cosa parla questa storia che ti ha detto tuo nonno?-
-Di Kagome-san che- cominciò a raccontare il ragazzo; ma venne interrotto.
-Cosa?- si stupì, infatti, Daichi -Kagome...hai detto?- gli chiese, con una nuova luce negli occhi; ormai le risate erano cessate.
-Si, perchè?- non capì, invece, il ragazzo.
-Oh Kami...questo è molto interessante- riflettè il giovane uomo -Vieni con me- gli disse, poi, uscendo dalla capanna. Keiichi lo seguì a ruota.
Cosa c'era, adesso?
-E-ehi! Aspetti!- esclamò il ragazzo, quando il sacerdote si mise a correre; la fiaccola in mano e il fuoco che si spostava ad ogni sua falcata. "Ma quanto è veloce?" pensò Keiichi, a qualche metro di distanza da lui. Doveva essere abituato a correre quel tipo! Era un fulmine, accidenti!
-Forza ragazzo, non fermarti!- lo esortò quello, con voce affannata per la corsa.
"È una parola!".
Arrivarono ben presto ad una caverna nel bel mezzo dell'erba alta; Keiichi ansimando terribilmente e il giovane uomo con sguardo serio, a coprire l'entrata della caverna un telo di stoffa usurato dal tempo.
Non appena quest'ultimo fu aperto, il ragazzo sentì un insopportabile odore di chiuso mischiato a quello che sembrava odore di...morto?!
-Ehm...dove siamo, esattamente?- chiese titubante, guardandosi intorno e non sentendosi tanto sicuro di volere una risposta. I lati della caverna erano umidi, bagnati e pieni di muschio percorso a tratti da insettini; cosa che fece venire la pelle d'oca al moro. Alla destra, un po' più giù dell'entrata, c'era un poggia-torcia dove il sacerdote potè mettere quella che portava in mano così da rischiarare l'ambiente circostante. Le pareti rocciose continuavano fino a qualche metro, poi andavano a formare un vicolo cieco. Alla fine della grotta, un piccolo altare in marmo e qualche ciotola sparsa per terra.
-Qui siamo nella grotta maledetta- spiegò Daichi, avvicinandosi all'altare ed accarezzandone la superficie coperta da un panno sporco -Perchè maledetta? Perchè qui è dov'è finito un demone e ne è iniziato un'altro- continuò, poi.
-In che senso?- chiese Keiichi.
L'uomo lo guardò con la coda dell'occhio, mentre i ricordi raffioravano nella sua mente: corpi senza vita, lacrime, grida, bambini che correvano, orde di demoni, i suoi genitori...tutto era impresso nella sua mente come fosse accaduto ieri...e, invece, erano passati più di dieci anni. Quando l'aveva vissuto, gli era sembrato tutto così reale...era stato solo un bambino a quel tempo...e la perdita dei genitori l'aveva scosso molto...ma, ancora di più, ciò che aveva visto l'aveva segnato fin nel profondo: occhi inniettati di sangue, una furia accecata dalla follia che aveva raso al suolo un intero villaggio; l'aveva guardato solo per pochi secondi ma non avrebbe mai potuto dimenticare quello sguardo, così rabbioso, ferito...disperato. La follia per un amore perduto.
-Ehi, signore mi sente?- lo richiamò il ragazzo, facendolo sussultare. Era talmente perso nei suoi ricordi che si era totalmente dimenticato della sua presenza.
-Si?- chiamò -Ah, si si, ragazzo- farfugliò, poi, girandosi verso di lui -Ti dovevo raccontare la storia di questa grotta giusto?- chiese e, all'annuire del ragazzo, iniziò a narrare:
-Tutto iniziò cinquant'anni dopo la sconfitta del mezzo-demone Naraku, quando io avevo dodici anni e stavo iniziando ad apprendere le arti di monaco. Miroku, mio nonno, mi aveva insegnato la maggior parte degli esorcismi, raccontandomi qualche volta le storie del suo precedente maestro, mentre la nonna Sango mi spiegava l'arte dello sterminatore di demoni, aiutata dal prozio Kohaku. I miei nonni erano entrambi molto vecchi, ma non per questo scansafatiche; avevano tre figli, uno morì in giovane età mentre le altre due, gemelle, vennero divise perchè una di queste scappò nell'adolescenza. Quella che rimane, è mia madre. I nonni ne andavano molto orgogliosi, le volevano molto bene ed erano convinti che mi avrebbe cresciuto bene- ci fu una pausa, dove i due si guardarono negli occhi, poi Daichi riprese -Vivevamo tutto sommato bene, io ero felice ma sapevo che questa felicità non sarebbe durata per molto, quindi cercavo di godermela nel miglior modo possibile. Avevo ragione, solo non pensavo che sarebbe finita in quel modo. Inuyasha, amico di mio nonno e mezzo-demone cane, viveva felicemente con la sua famiglia; amava molto sua moglie Kagome ed era un ottimo padre per sua figlia...ancora non riesco a capire come abbia fatto ad impazzire...ma, comunque, la divina Kagome era un'umana e, a differenza dei mezzodemoni e dei demoni in generale, noi umani siamo meno longevi di loro. Resta il fatto che morì. Non so bene com'è andata la vicenda ma, il mezzo-demone, è completamente impazzito e, abbandonando completamente la figlia, a quel tempo solo una bambina, ha raso al suolo il nostro villaggio- concluse, una nota di frustrazione e amarezza nella voce e i pugni stretti -Ciò che hai visto mentre venivamo qui è ciò che ne rimane- spiegò a Keiichi e, nella sua mente, si iniziarono a formare immagini di case distrutte, fossi, strade interrotte e molti, molti cimiteri.
-Capisco- fece il moro -Ma non comprendo come- cercò di parlare ma venne interrotto dall'uomo.
-Aspetta- fece quello -Non abbiamo ancora finito- spiegò, di seguito -In questa grotta era stato deposto il corpo senza vita della divina Kagome, proprio in quell'altare- e lo indicò -E, la caverna, viene definita maledetta perchè qui è dove sono "nati" i due mezzi-demoni più forti che noi avessimo mai conosciuto...il mezzo-demone Naraku e il mezzo-demone Inuyasha. Ognuno dettato dalla pazzia per un amore perduto- Keiichi deglutì, ripensando alle parole che gli diceva sempre suo nonno e di come, adesso, non riuscisse a ricordarle.
Poi il sacerdote continuò.
-Io- iniziò -Persi i miei genitori e la mia felicità. Gli ultimi anni li ho passati con i miei nonni a migliorare quanto appreso prima, poi loro morirono ed io diventai sacerdote del villaggio con un unico scopo in mente: fermare Inuyasha. Colui che, ora, controlla tutte le nostre vite e sta cercando di resuscitare la sfera dei quattro spiriti per riportare in vita la sua amata. Ed è qui che vieni tu- guardò Keiichi, con una nuova scintilla negli occhi.
-I-io?- chiese quello, indicandosi.
-Si- annuì l'altro -Tu- confermò, infine. Poi prese un profondo respiro -Tu, che sei venuto dal futuro per mezzo di tuo nonno e la storia della divina Kagome devi avere di sicuro un nesso con tutto questo. E quel nesso è che, nel tuo corpo, porti la sfera dei quattro spiriti- finì, guardandolo intensamente.  Keiichi strabuzzò gli occhi.
-COSA?!-

Cosa cosa cosa? Cosa (diamine) aveva ascoltato?! Lui...aveva dentro di sè la sfera dei quattro spiriti?! Ma anche no! Era un ragazzo normale, andava a scuola e studiava molto. Cioè poco. Cioè niente. Ma, comunque, non era questo quello che importava! Lui non poteva in alcun modo avere una cavolo di biglia rosa dentro al suo corpo! Non era scientificamente provato ed era impossibile. Semplicemente impossibile. E tutto questo era un sogno. Sicuro.
-Accidenti- fece, col fiatone e piegato sulle ginocchia -Questi qua sono tutti pazzi!- ansimò, guardandosi intorno. Non appena aveva sentito quelle...cretinaggini ecco, era letteralmente scappato come se fosse inseguito dal demonio in persona ed era arrivato al punto di partenza. Sentiva il cuore battere forte, pompargli nelle tempie e mandargli scosse di adrenalina per tutto il corpo; era una sensazione bella, tolto il fatto che stava per morire asfissiato. E si era anche sorpreso di se stesso...neanche alla staffetta aveva corso così in fretta!  Suo padre sarebbe stato fiero di lui e...accidenti suo padre! Se n'era completamente dimenticato! Era quasi l'alba, mancava poco! E lui doveva essere assolutamente a casa.
-Cavolo- imprecò -Devo trovare il modo di tornarci, però!- si guardò intorno ma non riuscì a vedere nulla che potesse aiutarlo; oltre al pozzo naturalmente...no, aspetta, il pozzo?! Giusto! Se era venuto da lì allora sarebbe dovuto tornare in altrettanto modo! "Sono un genio!" pensò con un ghigno, avvicinandosi alla struttura. Presto sarebbe tornato a casa.
O no?
-Ehi ragazzino!- Keiichi alzò gli occhi al cielo "Mai na' gioia" pensò girandosi e ritrovandosi di fronte la ragazza di prima, appoggiata ad un albero con un sorrisetto da schiaffi.
-Che vuoi?!- chiese scontroso e annoiato. Perchè cavolo non lo lasciava in pace?!
-Stai andando via?- chiese quella, con tutta sorpresa del ragazzo. Questo la guardò con gli occhi spalancati, notando solo ora come un ciuffo argenteo della ragazza fosse separato dal resto dei capelli e come, attorcigliato ad esso, ci fosse un nastro rosa. Cosa intendeva dire?
-Non vedo come possa interessarti...- fece in modo strafottente. Odiava quanta confidenza si prendeva quella lì...e poi, chiamarlo ragazzino...che cavolo, non sembrava più vecchia di lui!
Kaori, da parte sua, tradì solo una scintilla di fastidio che gli attraversò gli occhi per un istante, poi il suo sorrisetto si allargò -Nulla- fece, con il tono di chi la sa lunga e staccandosi dall'albero -Stavo solo chiedendo- finì, poi, andandosene.
Keiichi rimase lì impalato, tremava per la rabbia e il fastidio che le dava quella là; si sentiva tremendamente nervoso. Era stata lei a porgli quella domanda...e lui le aveva solo risposto. Perchè diavolo era finita in quella maniera allora?! Ce l'aveva sempre vinta lei! Ed era così insopportabile che sarebbe potuto morire! Digrignò i denti e, stizzito, fece qualche passo verso il pozzo fino ad arrivargli davanti. E, al diavolo tutto! Storie folli, sacerdoti, villaggi, amori perduti, mezzo-demoni pazzi e, sopratutto, ragazze! Ne aveva le tasche piene, sarebbe tornato a casa e ci avrebbe dormito su. Si, avrebbe fatto così.
-Al diavolo- sibilò, rivolto a qualcuno di non definito -Ne ho abbastanza di quella lì- fece rabbioso, salendo con un ginocchio nel pozzo; era pronto a gettarsi e abbandonare tutto, dall'inizo alla fine. Fece un profondo respiro e, con un forte slancio, potè finalmente gettarsi.
L'ultima cosa che sentì prima di essere circondato da una luce blu fu un "Ci vediamo, ragazzino!" a cui gli venne naturale rispondere con un unico, importante pensiero che gli era sempre girato in testa da quando l'aveva conosciuta:
"Che insolente!"

E chissà che non avrebbe cambiato opinione in seguito...  

Angolino piccino picciò <3
Ciauuuu a tutti!
È la mia prima storia che pubblico ma non quella che scrivo. Fin'ora, infatti, ho sempre voluto scrivere per me stessa ma adesso questa cosa non mi va più bene e, quindi, eccomi qua...ma questo non c'entra nulla con quello che ho scritto sopra...quindi passiamo alla storia.
ALLORAAAA xDDD
Ammetto che mi annoia leggere le storie dopo la fine di un opera, preferisco le AU ma questa idea mi ronzava in testa da un po' e dopo aver letto un'altra storia ambientata dopo la fine di Inuyasha ho deciso di mettermi sotto a scriverla. Ed ammetto che mi è venuta una trama niente male...prima volevo che fosse una ragazza la protagonista ma poi mi son detta "Perchè non mettere un po' di diversità una volta tanto? Se ne vedono a bizzeffe di protagoniste femmine!" ed ecco che è venuto fuori il personaggio maschile. L'ho chiamato Keiichi pur sapendo che questo nome era stato già preso da un'altra autrice che ha fatto una storia simile alla mia perchè questo nome significa "figlio prezioso come un gioiello"  e mi servirà in seguito.
Mi scuso per eventuali fastidi per aver preso un nome già usato.
Mi scuso anche per eventuali errori.
Non so quando pubblicherò il secondo ma credò che una settimana dovrà passare, visto che ci metto molto tempo a scriverli e li correggo ogni volta rileggendoli...poi c'è anche l'ispirazione e altri blah blah vari...in poche parole: siate pazienti xD.
Per quanto riguarda altre info sul capitolo, il sacerote Daichi è vestito come Miroku solo che i colori non sono blu e nero ma rosso e bianco (i colori di Kaede e Kikyo in pratica).
Keiichi ha il pigiama per tutto il tempo...e...non credo ci sia altro...
Ah si! I suffissi "san" e "sama" per chi non li conoscesse vengono usati rispettivamente per chi non ha un rapporto intimo con l'individuo e per chi dimostra grande devozione verso di lui. Ad esempio, in Inuyasha Miroku dovrebbe riferirsi alla "Divina Kagome" come "Kagome-sama" e Kagome chiama Kaede con il san perchè non ha un rapporto stretto.
Spero abbiate capito.
Poi, l'ultima cosa, "ojiisan" significa nonno. Quindi Souta-ojiisan è un modo per chiamare il proprio nonno.
Mi piaceva troppo rendere un po' più orientale la mia fiction e quindi ho usato i suffissi che si usano in giappone xDD spero che non vi dia fastidio e in caso mi scuso.
Spero che abbiate capito tutto e che sopratutto vi sia piaciuto il cap! :DD
Al prossimo aggiornamento :D
Ciau! <33
   
 
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