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Autore: Melina     16/04/2009    3 recensioni
- Anche quest'anno – cominciò Hutch - sei riuscito a farmi sentire in colpa perché non sono un tipo da smancerie natalizie e... - ...e da euforico sentimentalismo, sì lo so – Dave finì la frase per l'amico sorridendo e guardandolo affettuosamente – e mi piaci così, lo sai.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non possiedo i personaggi di Starsky e Hutch. Questa fiction non è intesa come infrangimento di nessun diritto di autore, ed è senza fine di lucro.

Questa è la mia primissima fanfiction ed è dedicata a un'amica speciale, il cui appoggio ha fatto si che la pubblicassi invece di lasciarla sepolta nei meandri del mio pc...
Grazie per essere stata sempre sincera e presente.
Ti voglio bene.

...Starsky&Hutch...

I CAN READ YOUR MIND

Se c'era un giorno dell'anno in cui l'agente Hutchinson rimaneva a casa senza uscire nemmeno per un caffè era il 25 dicembre, il giorno di Natale.
In totale contrapposizione con il proverbiale “spirito natalizio americano” Hutch si chiudeva nel suo appartamento e se ne stava tutto il giorno stravaccato sul divano a trangugiare quei suoi soliti intrugli vitaminici, e con la puntina del giradischi tra i solchi di un 45 di buon Jazz anni 50.
Si era appena sistemato così, pronto a dimenticare l'esistenza del Natale, quando il campanello della porta si mette a suonare.
– Entra Starsk... è aperto – rispose Hutch pensando che avrebbe dovuto aspettarselo che il suo partner non lo avrebbe lasciato solo nemmeno un secondo, non nel giorno di Natale.
– Hey biondino, sei anche veggente adesso? - la voce di Starsky era fresca e riposata, come se il disperato inseguimento del giorno prima lo avesse riempito di vitalità invece di stancarlo a morte.
– Piantala e chiudi la porta – nel tono di voce di Hutch non c'era irritazione o fastidio, ma piuttosto l'orgoglio di non voler mostrare al mondo che l'unica persona capace di tirarlo su in quel momento era appena entrata da quella porta.
– Cos'è tutto questo entusiasmo? Stento a riconoscerti – disse Starsky con quel suo tono ironico e leggermente imbronciato a cui Hutch era così abituato ma che non mancava mai di farlo sorridere – Piuttosto, che ne è stato della tua educazione impeccabile? Non mi inviti neanche ad accomodarmi? - disse mentre stava già entrando con quella sua solita camminata molleggiata.
– Sì, come se non fossi mai venuto a casa mia... andiamo Starsk!
Mentre Hutch parlava Starsky stava già trotterellando verso il frigorifero.
– Hey Hutch... - una voce dalla cucina.
– Lo so, ho finito le birre – si scusò Hutch, e senza nemmeno voltarsi per vedere l'espressione stupita di Starsky mentre apriva la bocca e alzava l'indice per replicare, Hutch concluse con tono tra divertito e saputello...
– ... e sì, ti leggo nel pensiero – Starsky era già riuscito a fargli tornare il buon umore.
– Sono davvero impressionato! - disse Starsky tornando a mani vuote dalla cucina, e appena arrivato davanti al divano sul quale Hutch stava seduto cambiò tono, diventando molto più serio, e con dolcezza disse:
– Ah, comunque... Buon Natale, Hutch – tirando fuori dalla giacca un pacchettino incartato alquanto maluccio.
Hutch, visibilmente commosso, si rivolse all'amico guardandolo dritto negli occhi.
– Starsk, non dovevi... veramente... lo sai che i regali di Natale per me non sono importanti...
– Dai, falla finita e aprilo. Mi sto solo vendicando per quella specie di arbusto, che tu ti ostini a chiamare albero, che hai fatto piantare a nome mio l'altr'anno! - disse con una risata – No, dai seriamente... è soltanto un pensiero – questa volta Starsky parlava con serietà e calore.
Hutch scarta il pacchetto senza rompere la carta, nella scatola c'è solo una fotografia che li ritrae mentre, sorridenti, brindano con un boccale di birra al bar di Huggy. Ebbene sì, erano quelli i regali che a Ken piacevano davvero: niente cose scontate, niente maglioni o mazze da golf, solo puro amore, e quello era il solo regalo che il suo Starsky poteva fargli... sempre senza contare gli allevamenti di formiche, ovviamente.
– Te lo ricordi? - chiese Starsky con un filo di voce.
– Grazie... - rispose Hutch sempre a tono bassissimo e con la voce rotta dall'emozione, adesso aveva alzato lo sguardo umido di lacrime per guardare Dave in faccia, ma non riusciva a dire altro.
– Allora, te lo ricordi Hutch? - Nella voce di Starsky c'era qualcosa... qualche cosa che Ken non aveva mai sentito prima nella voce dell'amico, e questo qualcosa gli aveva fatto dimenticare per un attimo il motivo per cui detestava il Natale così tanto.
- Anche quest'anno – cominciò Hutch - sei riuscito a farmi sentire in colpa perché non sono un tipo da smancerie natalizie e...
- ...e da euforico sentimentalismo, sì lo so – Dave finì la frase per l'amico sorridendo e guardandolo affettuosamente – e mi piaci così, lo sai.
- Invece a te il Natale è sempre piaciuto, eh? E' una delle cose di te che proprio non capisco, e vorrei che... - Hutch si bloccò a metà della frase per poi riprendere come parlando tra sé - Già, ora ricordo... e non lasciare che nessuno dei due cambi... aveva detto... - stava sussurrando Hutch, intanto Dave aveva cambiato espressione alle parole dell'amico, un'ombra aveva oscurato il suo volto e inumidito i suoi occhi blu.
- Oddio buddy, non mi sono reso conto di... insomma, non voglio rovinarti il giorno di Natale, so che ci tieni tan... - Hutch non aveva potuto finire di pronunciare la parola perché aveva notato delle lacrime rigare il volto del suo Starsk, ma stranamente queste lacrime erano accompagnate da un sorriso dolcissimo.
- Ma... Starsk... cosa... io credevo... - balbetta sorpreso Hutch – insomma, Terry era...
- Terry... - Dave accenna una risata – non era a lei che pensavo.
- Be', se è per questo nemmeno io pensavo a lei quando ho detto... - stava cominciando Hutch.
- Pensavo a te – lo interruppe Starsky fissandolo dritto in quegli occhi azzurri così fieri e allo stesso tempo così innocenti – e a quanto mi sei stato vicino, e al fatto che non hai dimenticato quel biglietto,
nemmeno ora, dopo anni.
- Non avrei mai potuto dimenticarlo... non avrei potuto dimenticare lo sguardo che avevi quella sera a casa tua... - Hutch stava guardando Dave mentre un velo di lacrime aveva appannato i suoi occhi dal momento stesso in cui aveva ricordato quella sera.
Il fatto che anche Hutch stesse pensando a Dave poco prima, e non a Gillian, come faceva tutte le volte che parlavano di Terry, non era solo l'ennesima conferma di quanto loro due fossero sulla stessa lunghezza d'onda, ma bensì una nuova certezza, una rivelazione: adesso erano veramente solo loro due e nessun altro. Né Terry né Gillian erano più lì a bloccare i loro sentimenti reciproci.
“Me and thee, Starsk” pensava Hutch, e ora era sicuro che anche Dave lo sapeva.
Mentre Starsky si stava lentamente spostando dal tavolino al divano, per sedersi di fianco ad Hutch, lui non riusciva a fare a meno di guardarlo sempre con le lacrime agli occhi.
- Eccoti – Dave guardava fisso il suo Hutch ma riusciva a vedere solo quegl'occhi, che ad un tratto aveva scoperto diversi, una nuova luce brillava nell'azzurro dello sguardo di Ken.
- Sono qui – disse Hutch con la voce più tenera e rassicurante di questo pianeta, anche se leggermente tremante dall'emozione – sono sempre qui, buddy.
- Finalmente ti ho trovato – aggiunse Starsky sempre guardando a fondo negli occhi di Hutch, che intanto era diventato tutto rosso e aveva abbassato lo sguardo, schiudendo la sua bocca in un sorriso carico di emozione e di stupore.
- C... cosa vuoi dire, Starsk? - disse Hutch senza alzare gli occhi, ma sapeva benissimo a cosa l'amico si stesse riferendo, avevano in mente la stessa cosa, nello stesso momento, e Hutch pensava che tutto quello che doveva fare era riuscire a guardarlo... e le parole gli sarebbero scivolate fuori senza sforzo. Era come sempre tra di loro, ma anche tutto diverso, tutto più intenso.
- Guardami Hutch... ti prego biondino, guardami – Dave aveva posato una mano sulla guancia di Ken e stava lentamente sollevando il suo mento in modo da potergli vedere gli occhi.
- Starsk... non è facile, ma devo dirtelo, lo devo a te come lo devo a me stesso... insomma... Terry, Gillian... loro sono... cioè, noi... no, volevo dire... io... - Hutch non riusciva ad articolare una frase completa, e continuava a distogliere lo sguardo da Dave per paura di arrossire, ma quanto a quello non c'era pericolo di peggioramento visto che era già ben più rosso della Torino di Starsky.
Dave non riusciva a trattenere una serie di sorrisini divertiti; Hutch riusciva sempre a suscitare in lui un'infinita tenerezza, e cercava di fare la persona seria mentre il suo partner si stava sforzando di non tremare, riflesso che non stava certo riuscendo a padroneggiare.
- Hey, biondino... non c'è bisogno che ti sforzi tanto, lo so cosa mi vuoi dire – disse Dave con voce ferma e rassicurante cercando di tranquillizzare Hutch, che sotto il tocco della mano di Starsky sulla sua spalla aveva iniziato a smettere di tremare, e man mano si stava calmando. Quando fu abbastanza tranquillo per recepire quello che Starsky gli stava dicendo, Hutch lo guardò con un'espressione tra sorpresa e riconoscente.
Nello spazio di una frazione di secondo ad Hutch sembrò di riuscire a condividere ogni pensiero e ogni sensazione con Starsky solo guardando i suoi occhi blu. Ora sapeva tutto, e sapeva che anche Dave provava la stessa cosa. Ormai non c'era più bisogno di nessuna parola, di nessun gesto. Tra di loro non c'erano che pochi centimetri che piano piano si stavano riducendo a millimetri... le loro fronti si toccarono poco prima delle loro labbra, e quando il bacio finì le loro teste rimasero a sfiorarsi per vari minuti.
- Starsk... - riprese Ken dopo un lungo silenzio, la sua voce era un sussurro, e la sua fronte era sempre appoggiata a quella di Dave.
- Sì Hutch? - rispose Dave altrettanto sussurrando, mentre gli carezzava dolcemente la coscia con il pollice.
- Io ti... - cominciò Hutch, questa volta con voce decisa.
- Shhhhh... - lo zittì Starsky premendo l'indice sulle labbra di Ken ancora umide – Lo so. Ti amo anch'io, biondino. Come vedi non sei l'unico a saper leggere nel pensiero – concluse Starsky con voce calda e suadente, una voce che Ken non avrebbe mai più dimenticato. Ken potè solo sorridere. E quel sorriso, il sorriso di Hutch, era la cosa che rendeva più felice Starsky, così come le lacrime del suo biondino lo facevano soffrire terribilmente.
Si baciarono e si strinsero ancora, e ancora... Hutch non saprebbe quantificare il tempo che era passato, e non gli importava nemmeno, tutto quello che voleva, quello che aveva sempre voluto era lì tra le sue braccia. Quando si staccarono il sorriso sognante di Ken era l'esatta fotocopia di quello di Dave, e nessuno dei due sembrava esserne stupito.
Non c'era più niente intorno a loro, niente né sopra né sotto, Venice Place era svanita. Tutto il mondo di Ken era negli occhi di Dave e viceversa, e dopo un lungo istante passato a guardarsi, tutto quello che Starsky riuscì a dire fu:
- Così non vale però, dovevi dirmelo che il tuo regalo era questo... avrei messo almeno un fiocco sulla scatola del mio! - e sorridendo stava carezzando piano i biondi capelli del suo partner.
- Già, e io avrei comprato le birre! - disse Hutch con una risata mentre si lasciava cadere appoggiandosi allo schienale del divano, ma senza mai distogliere lo sguardo da Starsky. Anche Dave ora stava ridendo alla battuta, e quelle risate così familiari confermarono ad entrambi che nulla tra di loro era cambiato. Proprio nulla.

   
 
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