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Autore: Lady Mnemosyne    21/06/2016    3 recensioni
Sai quando la tua giornata sta scorrendo normale, uguale ad ogni altra, ma all'improvviso ti rendi conto di qualcosa che non avevi mai notato prima? E' come un lampo che illumina tutto di colpo. Questa poesia nasce da uno di quei lampi, che nel mio caso è stata una domanda: perché scrivi?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nunc te cognovi: ora so chi sei

 
Che cosa fai, figura misteriosa,
in quella stanza buia, a notte fonda
con un fosco silenzio tutto intorno?
Riempi fogli e fogli di parole,
pensieri scritti fitti cui nessuno
permetti si avvicini tranne te.
Ma cos’è che ti spinge a questa corsa
pazza e furiosa contro il fondo abisso
della pagina bianca che hai di fronte?
‒ Scrivere mi fa bene ‒ vai dicendo,
ma io credo che tu menta a te stessa.
La verità è che temi le emozioni,
le fuggi in ogni modo e se ti coglie
l’ombra vaga di qualche sentimento,
lo strappi via da te con la violenza
che ha l’inchiostro sulla carta bianca.
Tu fuggi le emozioni, questo è il fatto,
ne hai una paura folle, disperata,
perché non si controllano, non può,
non sa la mente decifrarne il codice
e devi abbandonartici alla cieca,
sperando di non farti troppo male.
Purtroppo hai già sofferto molte volte
per i tiri mancini di una sorte
usa a colpire sotto la cintura
e non ti fidi più di chi ti esalta
il sentimento che ti apre il cuore
o l’emozione che lo fa gioire.
Così ti chiudi nel tuo cieco mondo,
chiudi la porta a chiave e di nascosto
estirpi via da te ogni ricordo
di qualunque emozione, ogni sua traccia,
sia tristezza o follia, gioia o dolore.
Spingi dentro la mano, fino al cuore,
all’anima indifesa, poi ne strappi
con violenza uno stralcio cruento,
frenando a fatica quelle urla
che sarebbero mortali a chi le ascolta,
tanto è il dolore che portano dentro.
Ma quando arriverai a un punto tale
che non ti resterà che un sol brandello
dell’anima che un giorno avesti intera,
dimmi: cosa farai?
Dilanierai anche quella condannando
ciò che hai ancora da vivere quaggiù
alla grigia apatia dei saggi stoici?
Ti auguro che qualcuno arrivi presto
a bussare alla tua porta chiusa
e che non si scoraggi quando tu
gridando lo caccerai lontano,
anzi, la sfondi a forza di spallate.
Vedrà giacere in terra tutti i brani
della tua misera anima distrutta
e li raccoglierà ad uno ad uno.
Lo guarderai esanime cucire
di nuovo insieme quello che hai diviso,
finché non ti offrirà una nuova veste
che possa avvolgere il tuo stanco cuore.
Avrai il coraggio di accettare il dono?
 
 
 
N.d.a. La parte in latino del titolo è parte del verso 5 del carme 72 di Catullo
   
 
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