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Autore: Becky_99    22/06/2016    7 recensioni
Il giorno più importante della vita di Clarke è arrivato.
Il suo matrimonio.
Ama l'uomo che la aspetta all'altare, dovrebbe. E nonostante qualche esitazione sa che sta facendo la cosa giusta.
Ma poi il testimone di nozze si alza in piedi per il discorso, e la ragazza non può fare a meno di chiedersi se avessero ragione Octavia e Raven.
Ha forse appena fatto il più grande sbaglio della sua vita?
[Bellarke] [Dedicata ad Erika. Finale a sorpresa, Ragazza Impossibile...]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, Octavia Blake, Raven Reyes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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I may now pronounce you husband and wife

 

"I'm in the corner, watching you kiss her,
I'm right over here, why can't you see me,
I'm giving it my all, but I'm not the guy you're taking home,
I keep dancing on my own

So far away but still so near
The lights go on, the music dies
But you don't see me standing here
I just came to say goodbye"
Dancing on my own_Calum Scott




L'unica cosa che sente in quel momento é un leggero tramestio di sottofondo.
Si gira dall'altro lato per tornare a dormire, ma la luce che filtra dalle tende gli arriva direttamente sulle palpebre, e nascondere la testa sotto al cuscino non gli pare la cosa adatta da fare.
Anche se lo vorrebbe così tanto.
Apre gli occhi lentamente, uno dopo l'altro, e si ritrova in un letto che non è il suo, in una camera che non è la sua.
Gli gira la testa per un attimo, prima che flash sconnessi della sera precedente gli passino davanti.
Un viaggio in taxi dall'altro lato di Manhattan, un addio al celibato, qualche bicchiere di troppo in quel bar dove Wick aveva insistito per andare, Robert che rideva all'idea del giorno seguente.
Il giorno seguente?
Il matrimonio.
Il matrimonio di Clarke.
Il matrimonio di Clarke e Robert.
Si volta verso il comodino e ingoia la pasticca di aspirina bevendo un sorso d'acqua, ringraziando chiunque sia stato così previdente.
"Blake, penso sia il caso di portare il tuo culo giù da quel letto" urla una voce indistinta dalla porta della 'sua' camera.
"Cosa ho fatto di male per essere svegliato dalla tua voce soave alle 8 di mattina, mi chiedo, Reyes" si lamenta Bellamy stropicciandosi gli occhi come un bambino.
"Ti sei ubriacato, colpa tua, non mia" risponde lei entrando in camera e aprendo le tende, facendo entrare tutto il sole di una bella domenica di aprile.
Il ragazzo si rintana sotto le coperte, ma Raven lo batte sul tempo tirando via il lenzuolo.
"Fatti una doccia, mangia qualcosa e preparati, devi essere in chiesa alle 10" gli ricorda la ragazza uscendo
"Dovete essere entrambi in chiesa alle 10!" urla sulla soglia della porta, prima di chiudersela alle spalle
Dalla stanza accanto alla sua sente un lamento, e si ricorda di essersi fermato a casa di Wick a dormire, visto che il suo appartamento è più vicino al bar in cui si sono ubriacati ieri sera e anche più vicino alla chiesa in cui devono andare.
E si spiega anche la presenza di Raven senza che nessuno le abbia aperto la porta.
"É la tua fidanzata, almeno avrai avuto un risveglio più piacevole del mio" commenta Bellamy passando di fronte alla stanza dell'amico
"Se con 'più piacevole' intendi 'un bicchiere d'acqua gelata in testa' allora concordo" risponde l'altro, mentre si trascina fuori dal letto con i capelli bagnati.

Mentre Bellamy si fa una doccia sperando di lavare via il mal di testa pulsante insieme all'odore di alcol che gli impregna la pelle, a qualche chilometro di distanza, in un appartamento, Clarke è chiusa in camera con Octavia.
Sono sedute tutte e due sul letto a gambe incrociate, indossano ancora i loro pigiami a maniche corte, e stanno mangiando caramelle da una busta abbandonata in mezzo a loro.
Clarke affonda una mano nel sacchetto di orsetti gommosi e se ne infila uno in bocca, masticando lentamente, lo sguardo perso in un punto indefinito tra le lentiggini dell'amica di fronte a lei.
Octavia del canto suo cerca di studiare i lineamenti dell'amica, che la fissa da dieci minuti senza in realtà vederla. L'ha svegliata con un sorriso, le ha preparato la colazione facendo appello a quel poco di conoscenze culinarie che suo fratello Bellamy e il fidanzato Lincoln sono riusciti a farle apprendere, e l'ha guardata ingoiare i pancake ai mirtilli con un'espressione vaga, persa, quel sorriso letteralmente incollato sul volto.
Ma Octavia la conosce da secoli, e sa che se Clarke tira le labbra in un sorriso finto è solo perché non sa cosa fare.
Sente le chiavi di Raven fare rumore sul piano della cucina, e pochi secondi dopo l'amica ha aperto la porta della camera ed è seduta insieme a loro, un paio di caramelle già in bocca.
Clarke le sorride vagamente, giusto per farle sapere che ha notato la sua presenza, e la mora si volta verso la ragazza con espressione interrogativa.
"Si è svegliata stamattina con quell'adorabile sorriso finto e ora mi sta fissando da un quarto d'ora" sussurra Octavia recuperando il cellulare dal comodino e controllando l'ora.
Hanno ancora tempo.
Tempo per capire per quale motivo Clarke non riesce a smettere di pensare a qualcosa, mentre ammira l'intonaco decisamente scrostato della stanza.
Ma non serve neanche, il tempo.
Sanno già entrambe qual'è il problema.
"Non era finto" un sussurro nel silenzio della casa.
Clarke, che è momentaneamente uscita da quello stato catatonico in cui era.
"Il sorriso di stamattina non era finto" ripete alle amiche, dopo essersi schiarita la voce.
Raven fa quella cosa strana con le sopracciglia di cui Clarke si lamenta sempre perché dice che non è una risposta adeguata a nessun problema, e Octavia alza semplicemente gli occhi al cielo.
Nessuna delle due vuole in realtà litigare con una sposa, nonché loro migliore amica, il giorno del suo matrimonio.
"Come vuoi tu, Griffin, ma devi ammettere che eri abbastanza inquietante mentre fissavi il vuoto" commenta Raven.
"Non stavo fissando il vuoto, stavo solo pensando" risponde la bionda, trovando la strada alle caramelle senza guardare.
"Clarke, so che dirai di si in qualsiasi caso, ma va tutto bene?" chiede Octavia posando una mano sul ginocchio dell'amica.
Clarke si riappiccica in faccia quel sorrisetto collaudato e annuisce
"Certo" afferma.
E Raven vorrebbe ucciderla così tanto che si trattiene solo perché pensa al cibo del ricevimento che altrimenti si perderebbe.
"Clarke, abbiamo bisogno di un attimo di onestà qui" commenta Raven "stai per sposarti, penso sia normale avere qualche dubbio, qualche incertezza" continua
"Ma la vera domanda che devi porti è 'sono davvero pronta a sposare Robert?'" chiede Octavia all'amica, ignorando la smorfia di Raven a cui non è mai andato molto a genio il fidanzato di Clarke.
La bionda per la prima volta la guarda davvero ed esita.
Per un momento di troppo.
Poi annuisce.
"Sei davvero sicura?"
"Sicura sicura?"
"Sicura al livello di 'cambio la vita per lui'?"
"Sicura sicura sicura?"
"Convinta al 100%?"
"Sicura sicura …"
"Si" risponde Clarke pur di non sentire di nuovo Raven mettere in fila la stessa parola infinite volte.
Le due amiche si scambiano un'occhiata, perché conoscono Clarke, e sanno che se fosse stata sicura non si sarebbe neanche fermata a pensarci.
Ma oggi sono le sue damigelle, e il loro dovere è solo quello di supportarla, quindi sorridono entrambe.
"Allora andiamo a sposarci" afferma Raven alzandosi dal letto e trascinando le altre con lei.

La chiesa è un edificio basso a Manhattan, non molto lontano dal fiume, con il rosone dipinto di mille colori, le vetrate alte e colonne slanciate. I banchi sono allineati in modo preciso, l'altare leggermente rialzato da qualche scalino. Fiori colorati decorano sia l'esterno che l'interno della costruzione, creando un gioco di armonie e profumi unico.
Gli invitati sono già arrivati, lo sposo attende all'altare, sistemandosi i gemelli della camicia.
Bellamy e Wick aspettano davanti al portone della chiesa la macchina della sposa, occupata anche dalle due damigelle con cui dovranno attraversare la navata.
Marcus li raggiunge di fretta, salendo i gradini a due a due, mentre Abby saluta i ragazzi con un cenno della mano e poi cammina velocemente verso il suo posto in prima fila, come madre della sposa.
"Gran giorno, eh?" dice l'uomo aggiustandosi la cravatta.
Ha le mani che gli sudano e potrebbe davvero svenire da un momento all'altro.
Clarke gli ha chiesto di accompagnarla all'altare qualche settimana fa, e lui, shoccato dalla richiesta, non ha esitato a dirle di si.
Quella ragazza dai capelli biondi e gli occhi gentili era sempre stata come una figlia, ancora prima che si innamorasse di Abby, e il suo cuore si era riempito di orgoglio per quella che ormai era una donna di fronte a lui che gli chiedeva di esserci per lei nel giorno più importante della sua vita.
Bellamy e Wick sorridono all'uomo, e mentre parlano di qualcosa non molto importante, una macchina nera con un enorme fiocco bianco si accosta al marciapiede, e Marcus apre la portiera.
Clarke afferra la mano di Wick che la aiuta ad uscire, e, mentre scendono le damigelle, la bionda si ritrova davanti a Bellamy.
E non sa perché è così nervosa, così indecisa, così interessata ad ignorare la voce nel suo cervello che la sta torturando dalla mattina. 
Si ripete che è solo perché Bellamy è il suo migliore amico, e vuole che approvi la cosa, che le dica che va tutto bene, che sia al suo fianco anche se pensa stia sbagliando.
Il ragazzo è immobile di fronte all'amica, gli occhi che gli brillano. Clarke è bellissima fasciata nella stoffa bianca, la gonna dell'abito che le scivola dolcemente sui fianchi e si allarga fino a toccare terra. Ha i capelli raccolti in un intreccio complicato, sicuramente opera di Octavia, e un'espressione corrucciata.
"Sei… Bellissima, principessa" le sussurra, e poi, senza preavviso, si avvicina e l'abbraccia.
Un breve abbraccio, che non le rovini il trucco o non gli sgualcisca la giacca, il tempo necessario a Clarke per bisbigliare
"Dimmi che sto facendo la cosa giusta" con tono quasi supplichevole.
Bellamy esita.
Un momento di troppo.
"Penso sia il caso di andare" li informa Kane, posando una mano sul braccio della sposa.
Clarke si volta verso di lui tirando di nuovo fuori quel sorriso odioso e si posizionano, a braccetto, dietro a Raven e Wick e Octavia, che aspetta il fratello.
Le note di un pianoforte e un'arpa riempiono la chiesa, e le due damigelle si voltano.
Non sarebbero loro se non facessero l'ultimo tentativo.
"Sei sicura sicura?" chiede Raven
"C'è ancora tempo per scappare" propone Octavia.
Ma Clarke sa che si sbagliano.
Non c'è più tempo.
E Bellamy vorrebbe trovare il coraggio di voltarsi e correre via con Clarke, per farla ridere di nuovo, per farle vedere il mondo, per farle capire quanto la ama e quanto sia stato stupido.
Ma non può.
Quindi sorride e offre il braccio alla sorella, per poi percorrere la navata insieme.

Il ricevimento si svolge in una sala non molto lontana dalla chiesa, nulla di particolare, qualche tavolo rotondo con centrotavola di fiori, gli invitati sono per la maggioranza dalla parte dello sposo. La sposa ha solo la madre e Marcus, e qualche altro amico oltre a quelli già seduti al suo tavolo.
Prima che inizi il pranzo, Raven e Octavia, da brave damigelle, si sentono in dovere di fare un discorso, in coppia, su quanto sia difficile vedere la propria migliore amica sposarsi, e su quanto le vogliano bene.
Uno di quei discorsi che sembrano banali ma non lo sono, che lascia tutti leggermente commossi, prima del brindisi.
Ovviamente non manca la minaccia di Raven alla fine, perché "se la fai soffrire, dovrai rendere conto a noi" conclude rivolta allo sposo con un sorrisetto per nulla accomodante.
Clarke aveva avvertito il direttore di sala che probabilmente qualcuno avrebbe fatto un discorso, quindi mentre le due ragazze si risiedono, i camerieri aprono la porta e stanno per uscire.
Se non fosse che si alza un'altra persona dal tavolo degli sposi e si schiarisce la voce.
Octavia guarda di traverso il fratello, Raven si accomoda meglio sulla sedia, perché è sicura sarà un discorso con le scintille.
"Salve a tutti, so bene che il discorso delle damigelle è già stato molto bello e commovente e che avete probabilmente tutti fame, ma da testimone e migliore amico della sposa ci tengo a dire anche io due parole"
Raven e Octavia conoscono troppo bene quel sorriso per non capire che ha in mente qualcosa, ed entrambe hanno un orribile presentimento.
"Ho conosciuto Clarke anni fa, quando una domenica mattina mi ha urlato contro per il, cito testuali parole, 'bifolco primitivo' che ero, a casa mia. A sua discolpa, continua a dire che non aveva ancora avuto la sua dose di caffeina quotidiana, secondo me, non poteva sopportarmi e basta" la platea ride mentre a tutti gli amici che erano presenti torna in mente quella domenica di troppi anni prima.

È fine settembre, e il caldo dell'estate ancora non ha lasciato completamente il passo al fresco dell'autunno, il semestre alla New York University è iniziato da meno di un mese, le camere sono state assegnate così come gli orari dei corsi, ma per tutto il campus si respira ancora un'aria di tranquillità e estate.
Soprattutto grazie a persone come Octavia Blake, che continuano a girare in shorts e canottiera non curandosi dello sguardo leggermente critico dei professori più anziani.
"Stai già studiando?!" quasi urla la ragazza entrando in camera e lasciandosi cadere sul letto, cellulare in mano.
"Per qualche miracolo sono riuscita ad entrare a medicina, penso di dover almeno provare a tenermi il posto" commenta Clarke dall'altro lato della stanza, un libro aperto sulle gambe, un evidenziatore al suo fianco.
Le due si conoscono da qualche anno, avendo frequentato gli ultimi due anni di liceo nella stessa scuola, e Octavia è, ovviamente, riuscita a farle diventare compagne di stanza all'università, con qualche telefonata e riscuotendo favori in cui Clarke non vuole essere immischiata. Con quella ragazza c'è sempre la piccola probabilità che sia qualcosa di illegale.
Clarke era finita a medicina, e non le sarebbe neanche dispiaciuto troppo, dopotutto fare il medico e aiutare gli altri non era tanto male, se non fosse che la madre l'aveva praticamente costretta e quindi la ragazza odiava il corso di studi perché le era stato imposto.
Octavia era andata per tutta un'altra via, buttandosi sulla facoltà di storia, e le invidiavano un po' tutti, al campus, in quanto gli inquilini delle camere erano scelti anche accoppiando ragazzi dello stesso corso di studi.
La mora storce il naso "non dovresti sperare di essere cacciata, invece che tenuta per i corsi?" chiede.
Clarke ci pensa, dopotutto l'amica ha ragione, ma poteva andarle molto peggio, poteva, che so, ritrovarsi a filosofia invece di medicina.
Prima che la bionda possa rispondere Octavia scansa il pensiero con un gesto della mano.
"Comunque non importa, oggi torna Bellamy, e, di comune accordo, festa grande a casa nostra" afferma la ragazza alzandosi e cercando qualcosa nell'armadio.
Sono le 9 di mattina e lei si è già cambiata un paio di volte.
Clarke sorride e scuote la testa mentre vede Octavia affogare nel cumulo di vestiti che è diventato il loro armadio in soli venti giorni di scuola. Anche se conosce l'amica da un paio d'anni, non ha mai visto il fratello. Sa che è qualche anno più grande di loro, che appena ha finito il liceo ha lasciato qualsiasi cosa, e si è preso cura della madre, malata da anni di Alzheimer, e ha mandato Octavia a studiare in un'altra città.
Clarke lo capisce, ha voluto dare un'opportunità in più alla sorella, le ha trovato una stanza in un palazzo per studenti, anche se poi, appena ha conosciuto Clarke ha praticamente vissuto da lei per un paio di anni, le ha pagato l'Università con i soldi di un lavoretto che si è trovato e le manda un biglietto ogni volta che può.
Quando Octavia si volta ha un sorriso enorme sul volto, e l'amica pensa di non averla mai vista così felice, e non vede l'ora di conoscere questo fratello di cui tutti parlano.
"Sbrigati, siamo già in ritardo! Il volo atterrava alle 8.30 e passavano a prenderlo Jasper e Monty!" esclama, e le chiude il libro di biologia, per poi trascinarla fuori dalla stanza.
"Ma non ho neanche bevuto un caffè" si lamenta la bionda, aggiustandosi la maglietta storta.
"Gli altri sono già a casa, ci saranno barili di caffè Clarke!"
Sbagliato.
Completamente sbagliato.
Appena hanno varcato la soglia dell'appartamento dei Blake, che gli era stato lasciato dal padre, Clarke ha salutato con un cenno assente tutti i ragazzi seduti sul divano e si è diretta verso la cucina senza pensarci.
Raven era accanto al frigorifero, alla ricerca di qualcosa di commestibile, e le aveva sorriso, lamentandosi di qualcosa, ma l'altra non l'aveva neanche ascoltata.
"È finito il caffè!" quasi urla dalla cucina, a voce abbastanza alta che la sentano tutti.
Le voci indistinte di Jasper, Monty e Harper arrivano legate una sopra l'altra mentre tutti cercano di giustificarsi e discolparsi per aver bevuto l'ultima tazza di caffè.
"L'ho finito io" afferma una voce sconosciuta che zittisce tutte le altre.
Clarke e Raven escono dalla cucina e si ritrovano in salotto, dove i due ragazzi e Harper si stanno litigando il divano per il posto migliore per assistere alla scena senza dire una parola, Octavia alle spalle di quello che deve essere Bellamy.
In piedi di fronte a lei c'è un ragazzo che la supera di tutta la testa, i capelli neri scompigliati e bagnati gli ricadono in ciocche scomposte sul viso, gocciolando su una maglietta di qualche taglia più grande, sui pantaloni della tuta.
Ha i piedi nudi sul parquet e la fissa, con un'aria di sfida, con quegli occhi profondi e curiosi.
Solo le ragazze colgono la gravità della situazione.
Qualcuno ha finito il caffè, e potrebbe essere stato il Presidente, ma Clarke lo ucciderebbe lo stesso.
Nessuno priva quella ragazza della caffeina.
"Non ti è sembrato un po' egoistico, finirti una caffettiera?" chiede retoricamente la bionda.
"Non pensi che avessi davvero voglia di caffè, principessa?" risponde lui con tono saccente.
E se poteva essere pronta a sopportare la mattinata senza caffè, al principessa la cosa degenera troppo velocemente.
I due iniziano ad urlarsi contro, il resto della truppa immobile, mentre Clarke e Bellamy si lanciano addosso insulti e battutine ironiche, Raven che si gode la scena come mai in vita sua.
La porta si apre ed entra Murphy con un "siamo arrivati!", dietro di lui Monroe, e invece di far sparire il sorriso che ha in faccia, la litigata di fronte a lui lo fa solo ingrandire.
Zoe chiude la porta dietro di sè e si avvicina a Octavia, che le spiega il problema caffè, mentre Murphy e Raven ridacchiano.
" Perché, ti sembra un comportamento molto maturo tirarmi tovaglioli addosso?!" urla Bellamy, deviando le palline di carta dirette nella sua direzione, e Raven non sa neanche come ci sono arrivati a tirarsi oggetti, ma ride lo stesso.
"Mai vista tutta quella tensione tra due persone" commenta John alla ragazza accanto a lui, che annuisce.
"Sono abbastanza sicura che troveranno un modo per diminuirla" allude lei ridendo
"Dieci dollari che finiscono a letto prima della fine del mese" propone Murphy allungando una mano.
Raven non se lo fa ripetere neanche una volta.
"Prima della fine dell'anno", rilancia, poi tornano alla litigata nello stesso istante in cui Clarke si becca un cuscino in faccia e Bellamy un libro sul braccio, e trattengono una risata perché tengono alla loro vita.


"E quella non è stata decisamente la nostra ultima litigata, anzi… Per quanto lei continui a sostenere che sia io il "bambino", ogni volta che discutiamo, diciamo che anche lei ha la sua parte di colpe. È sempre nervosa finché non beve il quarto caffè giornaliero, è una perfezionista, e, Robert, ricordati di comprare coperte abbastanza grandi, perché si ruba sempre il lenzuolo e ha i piedi gelati"
Gli invitati e lo sposo ridono alla descrizione della ragazza, e nessuno si chiede come faccia Bellamy a sapere delle lenzuola. Octavia ride silenziosamente assieme a Raven all'espressione di Clarke, che cambia ad ogni parola del migliore amico, il sorriso che aveva all'inizio e si portava da quella mattina ora una patina sbiadita. Le due ragazze vedono troppe emozioni dietro lo sguardo un po' perso dell'amica, e sanno che una parte di lei ha capito tutto, quella parte che sa quanto Bellamy è importante, quanto è speciale, e quanto in realtà sono complementari. Quella parte che tiene a ogni ricordo costruito con lui, a ogni attimo insieme, quella parte che le fa sciogliere un po' il cuore ogni volta che lui la guarda e le sorride in quel modo unico.
Ma le damigelle vedono anche l'altro lato dell'amica, quello razionale e preciso, ripetersi che è impossibile, che Bellamy non sta rimandando a quella sera, né a tutti i loro momenti, per un motivo.
È solo il suo migliore amico che fa un discorso al suo matrimonio.
Il lato razionale vince sempre, ovviamente, anche se le due amiche facevano il tifo per la fazione opposta, e Clarke prende un respiro profondo, pensando che Bell non lo sta facendo apposta.
Ma l'unica cosa che riesce a pensare è che è troppo tardi.
E quella notte in cui si sono litigati le lenzuola, non può significare più nulla.

E' dicembre inoltrato, e la truppa di amici ha deciso di fare una vacanza tutti insieme.
Hanno affittato una baita nel Vermont, al confine con il Canada, per festeggiare l'interruzione delle lezioni all'università, e hanno tutti intenzione di godersi i pochi giorni di libertà prima di essere costretti a tornare alla vita frenetica di New York.
La macchina arranca sulla strada in direzione della baita, e finalmente arriva a destinazione.
La prima a saltare giù dalla vettura è Raven, gli occhi brillanti e un sorriso enorme sulla faccia, mentre raccoglie una manciata di neve e la tira a Wick appena sceso.
Lui la guarda un po' storto, ma poi sorride e inizia a portare un paio di bagagli dalla macchina alla porta di casa.
Clarke e Octavia li raggiungono, stringendosi nei loro maglioni pesanti. Erano arrivate il giorno prima, affittando una macchina a caso, godendosi il viaggio dalla Grande Mela alla montagna con la musica a volume troppo alto e il riscaldamento acceso.
Murphy, Bellamy e Zoe scendono dalla vettura, ognuno con un borsone sulle spalle, e salutano le ragazze che si propongono di dar loro una mano con i bagagli.
Appena sono tutti all'interno della casetta, il caminetto e una stufa accesa, seduti sul divano, sulle poltrone o sul morbido tappeto, Octavia pensa sia il caso di sganciare la bomba che è cosciente rovinerà il pomeriggio, se non la vacanza, ad almeno due persone in quella stanza.
"Già che siamo tutti qui, ci sarebbe un problema di cui dobbiamo discutere tutti..." accenna la mora, e quasi spera che nessuno l'abbia sentita.
Ovviamente non è così fortunata.
"Che problema, O?" chiede Bellamy e la sorella sperava così tanto che almeno lui non l'avesse notata.
"Un problema di letti" sussurra lei, e poi nasconde la faccia dietro un cuscino.
Quando ha il coraggio di alzare la testa tutti sono girati verso di lei e vorrebbe sotterrarsi, invece che sostenere tutti quelli sguardi. Ma è una Blake, quindi invece di scappare si raddrizza e cerca di spiegare la situazione senza che la conversazione degeneri.
"A quanto pare, i letti sono di meno di quelli che ci aspettavamo..." cerca di spiegare
"Blake, cosa vuol dire?" domanda Raven con uno sguardo assassino.
"Che tu e Wick avete una stanza e un letto matrimoniale, io dormo sul divano, ciò lascia due letti matrimoniali" continua la mora "Quindi, a meno che Murphy non voglia dormire con Clarke, penso che sia ovvio che..." ovviamente non riesce a finire la frase.
Bellamy e Clarke iniziano a ribellarsi alla cosa, si lamentano, si urlano contro e Raven vorrebbe semplicemente chiedere perché non ci dorme Octavia con Bellamy, visto che sono fratelli, ma coglie il sorrisetto divertito dietro al volto dell'amica, e capisce che c'è molto di più di un problema di letti qui.
"Sentite!" urla per sovrastare le voci dei due ragazzi che ora hanno iniziato a discutere sulle coperte "o così, o prendete la macchina e tornate a New York" dice Raven, e vede sia Clarke che Bellamy prendere in seria considerazione l'idea, ma si è già fatto buio, e a nessuno dei due va di affrontare un viaggio di quattro ore in auto.
Allora annuiscono entrambi, sconfitti, e invece Octavia ha quel sorriso soddisfatto che significa solo che tutto è andato come aveva calcolato.
"Noi saremo stanchi" afferma Murphy, mentre Monroe concorda con un cenno della testa e uno sbadiglio così finto che non ci crede nessuno "quindi andiamo a letto" continua, alzandosi e dirigendosi verso le scale, in legno come tutto il resto della costruzione.
"Murphy, i  muri di questa casa non sono insonorizzati" gli ricorda Raven, ridendo.
"Ti scandalizzi, Reyes?" domanda senza neanche girarsi verso di lei, a metà della scala
"Ti piacerebbe!"
Sia Bellamy che Clarke cercano di rimandare il più possibile il momento in cui dovranno andare a letto, ma quando lei si accorge che le si chiudono gli occhi e lui sbadiglia per l'ottava volta in tre minuti, capiscono che è il caso di ritirarsi in camera da letto. 
Si conoscono da più un anno, ormai, e non hanno neanche un brutto rapporto. Certo, litigano ancora troppe volte per cose inutili, ma hanno trovato una specie di equilibrio, considerato che si vedono spesso, un po' perché è il fratello della sua migliore amica, un po' perché da quando è tornato stabilmente a New York vive nell'appartamento vicino al campus, e perfino il divano di quella casa è più comodo del suo materasso nel dormitorio, quindi ci passano la maggior parte del tempo. Lui le prepara anche il caffè prima di andare al lavoro, quando resta a dormire, e lei in cambio gli lascia il pranzo sulla scrivania perché sa che lui si scorda sempre le chiavi della macchina.
Ma non sono così amici. Non da dormire insieme nello stesso letto.
Alla fine però sono così stanchi che non conta particolarmente con chi devono dividere il letto, ma più che ci sia un letto.
Si cambiano in bagno, Clarke prima, ovviamente, perché sarà un idiota come gli ricorda spesso mentre litigano, ma è ancora una persona civile, quindi "prima le donne".
Clarke fissa il muro, e Bellamy anche.
Sono girati su un fianco, schiena contro schiena, così stanchi da non riuscire a dormire.
"Clarke smettila di tirare tutte le coperte" sussurra Bellamy, tirando le lenzuola verso di sè "e per favore, mettiti un paio di calzini, hai i piedi che sembrano due ghiaccioli" le dice ridendo.
"Me lo diceva sempre anche mio padre" si lascia sfuggire, e nello stesso istante vorrebbe mordersi la lingua. Spera che non l'abbia sentita, o magari l'ha fatto e la ignorerà.
Ma lo sente girarsi verso di lei, allora anche lei si volta e si ritrovano decisamente troppo vicini per i suoi gusti.
Bellamy si sostiene su un gomito, il corpo completamente rivolto verso di lei, i capelli scompigliati e la guarda, le sopracciglia aggrottate, e Clarke riconosce quello sguardo, e sa che qualsiasi cosa dirà non basterà a farlo tornare a dormire. O a fissare il muro.
"Tuo padre?" chiede esitante il ragazzo. L'amica non parla mai di suo padre, Octavia gli ha solo detto che è morto, e, per quanto impossibile, che la madre aveva avuto qualcosa a che fare con il suo omicidio, ed era quello il motivo per cui Clarke odiava ancora Abby.
"Si, ogni tanto quando mamma non tornava a casa la sera perché aveva un'operazione importante o era bloccata in ospedale, mi arrampicavo nel lettone insieme a mio padre e dormivo con lui, ci facevamo compagnia a vicenda" racconta, a voce bassa, senza davvero guardarlo negli occhi, perché sa che se lo guardasse gli racconterebbe tutto ciò che è successo con suo padre, e  non solo.
"Ma quando vedeva che non riuscivo a dormire iniziava a lamentarsi per i piedi freddi, e finiva sempre a farmi il solletico, e dormivamo abbracciati" dice, abbassando sempre di più il tono della voce, un po' imbarazzata dalla cosa.
Bellamy invece sorride, immaginandosi una piccola Clarke con un orsacchiotto in mano in un letto matrimoniale, abbracciata al suo papà. Non gli aveva mai raccontato nulla di così personale, forse non lo sapeva nessuno. Quindi decide anche lui di condividere qualcosa.
"Quando sono tornato, l'ho fatto solo perché non dovevo più prendermi cura di nostra madre" inizia a raccontare, e vede gli occhi di Clarke illuminarsi di curiosità.
"Ho dovuto portarla in una clinica. Facevo due lavori per riuscire a mantenere noi e Octavia a New York, e un giorno sono tornato a casa per trovare un fornello acceso e mia madre addormentata sul divano. Aveva iniziato a dimenticarsi cose serie. Lasciava il gas aperto, usciva da sola e non sapeva tornare a casa, ad un certo punto ha iniziato a scordarsi anche di me" vede il proprio dolore specchiato delle iridi di Clarke
"Pensavo di potercela fare da solo, ma ho dovuto rinunciare, quindi ora è in una clinica qualsiasi, e io non sono lì" continua. Sono mesi che si porta dentro questo senso di colpa per aver lasciato la madre a carico di estranei e non essersene preso cura lui, e sa che sta raccontando decisamente troppo a quella ragazza biondina con cui divide il letto, ma per la prima volta si fida di qualcuno.
"Non pensare neanche per un momento che sia stata colpa tua. Hai fatto anche più di quello che chiunque altro avrebbe fatto" gli dice, così seria che Bellamy ci crede veramente, e non gli dice neanche che le dispiace, e il ragazzo le è così grato per questo.
"Ora sai cosa ti spetta, principessa?" chiede retoricamente Bellamy,e allo sguardo interrogativo della ragazza si avvicina ancora di più a lei.
Al'improvviso inizia a farle il solletico finché non implora pietà fra le risate, e sono abbastanza sicuri che il tonfo che sentono è un qualsiasi oggetto lanciato da Raven contro il muro che condividono.
E Clarke scivola lentamente nel sonno, abbracciata a Bellamy senza neanche accorgersene, e pensa di aver sentito un "grazie, principessa", ma è così addormentata che potrebbe benissimo averlo immaginato.


"Ma Clarke è una persona speciale. Sempre pronta a dare una mano a chiunque, a rinunciare a qualsiasi cosa per qualcuno a cui vuole bene" continua, e le tre donne al tavolo pensano di essersi sbagliate, forse ha davvero ragione la parte razionale di Clarke, forse è solo un discorso da matrimonio.
"Clarke è fantastica, altruista, gentile e… brillante" dice.
A Octavia va lo spumante di traverso dalle risate, la bionda la fulmina con lo sguardo e Raven si gode il momento perché adora avere ragione.

È marzo e Clarke e Octavia hanno quasi finito l'Università, ciò significa che praticamente vivono nell'appartamento di Bellamy e non più nella loro stanza al campus.
Quella casa é perennemente occupata da qualcuno, che sia Jasper incollato alla tv per qualche videogioco, Raven che vuole bersi una birra in pace, o Monty e Harper che deliziano tutti con le loro abilità culinarie.
C'è sempre qualcuno sdraiato sul divano, che dorme nell'unica camera degli ospiti, che si prepara un panino, e nessuno capisce come Clarke riesca a studiare per i suoi esami di medicina in mezzo a quel caos. Ma se significa che possono mangiare pizza ogni sera perché la ragazza è l'unica disposta ad uscire al posto degli altri, accettano volentieri i libri lasciati sparsi per casa.
Anche se Jasper l'ultima volta che ha intravisto un libro di anatomia aperto è quasi svenuto.
Dorme nel letto degli ospiti, con Octavia, o la sente sdraiarsi accanto a lei a tarda notte se è andata ad una festa, e allora cerca tutto il suo coraggio e accende la luce perché sa che l'amica sta morendo dalla voglia di raccontarle come è andata.
La mattina si alza quando il sole la sveglia, sempre troppo presto, si prepara al volo e va a fare colazione.
Bellamy invece, da quando ha attenuto un lavoro con degli orari umani e non è costretto ad uscire a orari improponibili, si sveglia per merito di un adorabile trillo eterno del suo cellulare, per poi farsi una doccia e andare a preparare il caffè.
Ne fa sempre in più e ne versa una tazza anche per la ragazza che sa sta per svegliarsi.
La testa di Clarke fa capolino dalla porta della cucina, e si siede di fronte a lui, sorridendo e gustandosi il caffè.
Di solito leggono il giornale il silenzio, o magari parlano delle ultime novità, a voce abbastanza bassa da non svegliare il resto della casa, ma a volte Bellamy compra l'inserto enigmistica e lo lascia sul tavolo per Clarke. Fanno le parole crociate insieme, o meglio, Clarke gli chiede le definizioni che non sa e poi riempie le caselle bianche con le sue risposte.
Quella mattina di metà marzo però, Raven, l'unica che ha dormito in casa, si sveglia di soprassalto quando sente qualcosa cadere e infrangersi sul pavimento.
Sente l'assassino che è in lei lottare per uscire, e vorrebbe così tanto afferra una lampada e sbatterla in testa a chiunque l'ha svegliata, ma quando arriva in salone la scena è così comica che l'omicidio le passa di mente.
Clarke e Bellamy si stanno letteralmente rincorrendo per tutta casa, lei che allontana il più possibile il cellulare dal ragazzo, non riuscendoci molto bene, considerato che, a piedi nudi, è molto più alto di lei.
Sul tavolo i loro caffè e le parole crociate abbandonate.
"Potete degnarvi di dirmi cosa sta succedendo in questa casa?!" domanda esasperata Raven, e i due si immobilizzano, Clarke con le ginocchia piegate che cerca di scansare Bellamy con un braccio teso mentre con l'altro allontana il telefono da lui, il giovane ha una mano completamente incastrata nei boccoli della bionda e l'altra distesa a cercare di afferrare l'oggetto tanto ambito.
Quando la voce dell'amica li richiama all'ordine, si voltano entrambi verso di lei, e Raven darebbe qualsiasi cosa per una foto di quel momento, perché quando lo racconterà ad Octavia almeno avrà le prove.
"Stavamo facendo le parole crociate" spiega Clarke, raddrizzando si
"Poi c'era una definizione che non sapevamo" continua Bellamy
"E lui vuole cercarla su internet!"
"E lei mi ha detto che non vale"
"Lui ha iniziato a rincorrermi"
"Solo perché mi hai rubato il telefono"
A Raven la maggior parte delle volte sembra di avere a che fare con ragazzini dell'asilo.
Scuote la testa, poi si avvicina al tavolo
"Qual è la definizione per cui mi avete svegliata?" chiede, prendendo in mano lo schema a caselle bianche e nere.
"31 orizzontale" le indica Bellamy, recuperando il suo caffè
"Splendente di luce propria" recita Clarke, ha la memoria fotografica per quel genere di cose.
Raven mangiucchia il tappo della penna, ma non le viene proprio in mente quale possa essere la risposta.
"Brillante" sussurra Bellamy ad un certo punto "splendente di luce propria, quindi brillante!" esclama.
Quando Clarke si volta ridono entrambi come due bambini e lui la abbraccia e le fa fare una giravolta neanche avessero appena scoperto la soluzione per la fame nel mondo.
Le risate riecheggiano nella stanza.
È più di una definizione.
Mentre litigavano per il cellulare, Clarke gli aveva detto che "non puoi arrenderti di fronte al primo ostacolo! Combatti se ne vale la pena" e avevano entrambi capito che si riferiva a molto più delle parole crociate.
Ha combattuto e ha vinto.
Se ha trovato una risposta da inserire nelle caselle del giornale, forse troverà una soluzione anche a lei, a loro.
Forse troverà il coraggio di impugnare una spada e distruggere il muro che si è costruito intorno, per fidarsi completamente di quella ragazza bionda con cui litiga, per riuscire a farle capire che non se ne andrà, ci sarà sempre per lei.
Forse non è una battaglia persa in partenza, forse potrebbe vincere.
Ecco perché continua a farla volteggiare per il salone, mentre Raven li guarda rapita e vorrebbe dare una botta in testa a entrambi. Magari capirebbero quanto valga la pena lottare stavolta.


"Ed é strano, sai, trovarci tutti qui in una soleggiata giornata di aprile, perché sono sempre stato convinto ti saresti sposata a novembre" dice, con una grande enfasi sull'ultima parola.
Nessuno in sala coglie il riferimento, gli invitati attendono solo che l'uomo continui il discorso mentre sorseggiano champagne.
Nessuno tranne loro, ovviamente, che ormai stanno giocando a "abbina la frase a un ricordo importante".
Octavia dà un pizzicotto a Raven nello stesso istante in cui lei pianta una gomitata nelle costole della sposa senza che se ne accorga nessuno, neanche Robert seduto accanto a lei.
Quando Clarke si volta verso le sue damigelle, le tre donne hanno tutte la stessa espressione sconvolta (forse le due damigelle sono più divertite che altro), perché si ricordano fin troppo bene il motivo dell'affermazione dell'amico.

E' agosto e a New York fa troppo caldo per alzarsi dal divano che si stanno tutti dividendo, figurarsi uscire di casa.
Ma quella sbadata di Raven ha scordato di comprare una qualsiasi cosa commestibile, e nessuno dei cinque ragazzi che affollano l'appartamento si fida abbastanza di un paio di pizze congelate che probabilmente sono lì dalla notte dei tempi.
"Io ho fame" si lamenta Jasper dalla sua poltrona
"Esci e vai a comprare qualcosa" risponde brusca Raven sventolando un foglio di carta di fronte al viso, sperando di farsi aria.
L'idea di dover abbandonare l'appartamento fa sparire ogni traccia di lamentela.
Ma sanno tutti benissimo che non possono continuare così per sempre.
Qualcuno dovrà trovare il coraggio di avventurarsi al di fuori della fortezza e attraversare il caldo torrido per arrivare al minimarket all'angolo.
"Andiamo, principessa" dice Bellamy alzandosi dal pavimento su cui si era seduto
"Perché io?" si lamenta Clarke, pur abbandonando la sua posizione strategica vicino ad uno spiffero d'aria
"Perché la vita va così" risponde lui tirandole la borsa "Raven, muovi il culo anche tu"
"Con che grazia, Blake" commenta la mora recuperando il cellulare e avviandosi verso la porta.
Lasciano Octavia a sonnecchiare sul divano e Jasper immerso in un videogame particolarmente interessante, ma sul pianerottolo il pericolo è già in agguato.
"Ciao Clarke!" saluta una bambina alta un metro e qualche centimetro.
Sophie ha sei anni, e vive sul loro stesso piano, accanto all'appartamento dei ragazzi.
Clarke, da brava vicina, saluta la madre della piccola e intrattiene un'amabile conversazione con la ragazzina mentre Raven chiude a chiave la porta di casa.
"Lui é il tuo fidanzato?" chiede la bimba indicando Bellamy, a qualche metro di distanza.
Il ragazzo impallidisce e Raven trattiene a stento una risata, mentre Clarke risponde negativamente alla piccola.
"Allora è tuo marito?" ritenta
Bellamy sembra sull'orlo dello svenimento, mentre Clarke è diventata della stessa sfumatura della canotta rossa che indossa.
Raven si sta godendo la scena più di chiunque altro, perché, dio, una cosa del genere non succederà mai più.
"Quando vi sposateee?" chiede cantilenando la bimba al secondo rifiuto della bionda.
E Bellamy vorrebbe interrompere quello sproloquio di una ragazzina con le trecce e senza un dente davanti, ma Clarke é più veloce.
"A novembre" risponde, nominando il primo mese che le passa per la testa.
La bimba soddisfatta saluta tutti e torna a casa, chiudendosi la porta alle spalle.
Quando la ragazza si gira Bellamy e Raven stanno entrambi per svenire.
Uno per l'imbarazzo.
L'altra per le risate.
"Era una bambina, finché non l'avessi fatta felice avrebbe continuato a chiedere" spiega Clarke, sperando che il rossore se ne vada dalle sue guance, e Bellamy annuisce fissando il vuoto.
"Se ne fai parola con qualcuno sei morta" sibila all'amica mentre scendono le scale, facendola ridere ancora.
Ovviamente appena sono sole a casa quella sera Raven racconta tutto a Octavia.
Due volte.


"Ma le cose cambiano, e forse novembre non ti bastava più" commenta, e le due damigelle forse sono le uniche che capiscono la metafora. Ormai si stanno semplicemente godendo il discorso trattino dichiarazione neanche stessero guardando uno di quei film d'amore dalla trama un po' banale in cui lui dichiara il suo amore per lei nel momento meno opportuno.
"Momento meno opportuno di un matrimonio non poteva trovarlo" pensa Raven roteando gli occhi, ma sorride, e spera così tanto che l'amica colga il significato dietro alle parole del ragazzo.
" Sei stato fortunato a trovare una come lei, Robert. Griffin…" si ferma a metà frase e Raven vede chiaramente la sofferenza nei suoi occhi, anche se sorride.
"Ah no, non è più Griffin" continua con un sorriso "Clarke, io ti…" esita.
Un attimo di troppo.
"Amo" sussurra Raven a voce così bassa che la sentono solo Octavia e Clarke.
"Ti voglio bene. E ci sarò sempre, affronteremo tutto insieme. Ricordati, principessa, che la felicità è come un fiocco di neve, puoi solo sperare che si sciolga lentamente" conclude con un sospiro, poi alza il calice per un brindisi e tutti gli invitati fanno lo stesso, facendo seguire uno scroscio di applausi.
Mentre tutti battono le mani entusiasti, e Octavia e Raven cercano di ignorare il fatto che Bellamy ha appena fatto una dichiarazione d'amore implicita ad una sposa al suo matrimonio, Clarke chiude gli occhi un attimo, ed è l'unica che capisce l'ultima frase, che la capisce davvero.

A New York i termometri segnano pochi gradi, e solo all'interno dei locali e delle case le colonnine di mercurio si degnano di alzarsi qualche centimetro.
Per dirla con la delicatezza di Murphy: "fa dannatamente freddo in questa dannata città".
È gennaio e la Grande Mela è ricoperta da un manto di neve fresca e piccoli fiocchi continuano a vorticare nel vento, prima di adagiarsi sui rami degli alberi o ai lati delle strade.
Clarke è passata a casa di Bellamy dove, da quando si sono laureate, vive Octavia, che spera di trovare presto un appartamento suo, e prega che suo fratello non svenga quando gli dirà che vuole trasferirsi dal fidanzato Lincoln.
Ha trascorso la serata semi sdraiata sul divano, schiacciata tra l'amica e Murphy, mentre Bellamy, Jasper e la nuova fidanzata Maya erano distribuiti per il resto della stanza, tra poltrone e pavimento, si è bevuta una birra ghiacciata e ha mandato un SMS a Raven informandola che era sopravvissuta al turno di trentasei ore ed era a casa Blake.
L'amica aveva risposto che poteva almeno degnarsi di telefonarle, visto che era la sua coinquilina, ma aveva chiuso il messaggio con una di quelle emoticon sorridenti e Clarke sa che non è davvero arrabbiata con lei.
La bionda lancia uno sguardo all'orologio sul bancone della cucina.
Le lancette segnano l'una e mezza, nella penombra della luna che filtra nella stanza.
La ragazza è in piedi di fronte ad una finestra, una tazza di caffè bollente tra le mani, nella vana speranza di scaldarsi, ma solo con l'esito di appannare leggermente il vetro.
Sente un fruscio proveniente da un punto indistinto dell'oscurità, e non si volta neanche, sa che Octavia dorme pacificamente nel suo letto, e che gli altri sono tutti tornati a casa a trascorrere la notte.
"Un turno di novecento ore e sei ancora in piedi? Ci vuole coraggio, principessa" le sussurra, avvicinandosi a lei.
"Non riesco a dormire, Bellamy" gli risponde lei, stringendo ancora di più le mani intorno alla tazza.
Restano così per qualche minuto, spalla a spalla, a fissare la città che non dorme mai estendersi di fronte a loro, i grattacieli che bloccano la visuale, le luci che brillano nella notte e si riflettono sul vetro, i rumori attutiti dalla neve.
Poi Bellamy afferra due cappotti dal l'attacca panni e ne lancia uno a Clarke, facendo un cenno verso la porta.
Camminano in silenzio, la neve che scricchiola sotto le scarpe, l'appartamento non è lontano dal centro, quindi per strada c'è ancora gente che cammina, che si gode quella nottata di festa o di riposo.
Loro due invece si dirigono verso un parco alla fine della strada, trovano una panchina abbastanza pulita e si siedono, uno accanto all'altra, a contemplare il silenzio di quell'attimo.
Un momento sospeso nel nulla, nel vuoto, mentre esistono solo loro e non il mondo frettoloso e crudele che si aspetta sempre qualcosa da quel ragazzo con i capelli scombinati e da quella ragazza con gli occhi profondi.
"Va tutto bene?" chiede lui a mezza voce, e sa che gli dirà la verità, anche se a tutti gli altri continua a rifilare bugie condite da sorrisi smaglianti.
"È per il lavoro. So che è l'opportunità di una vita, il lavoro dei sogni, voglio dire, sono in uno dei programmi di chirurgia più prestigiosi del paese, e non voglio sembrare ingrata, ma…" le parole le muoiono sulle labbra, mentre cerca di spiegare quello che sente ogni volta che si infila il camice.
"Non è quello che vuoi fare" conclude il ragazzo al posto suo
"È uno di quei lavori in cui o dai tutto quello che hai o non vai avanti, e sappiamo entrambi che ce la farei, non per presunzione, ma solo perché mi impegnerei. Ma non non posso passare la vita in una sala operatoria, Bellamy. Non posso stare dietro a turni da capogiro, essere perennemente in allerta, non posso distruggermi per una cosa che non mi rende felice" spiega Clarke, cercando di afferrare un fiocco di neve.
"Pensi ne valga la pena? Distruggersi per qualcosa che si ama, intendo" chiede lui, mentre la guarda affascinato. Lei si volta, e ha l'espressione più seria che le abbia mai visto in volto.
"Sempre. Ne vale sempre la pena. Ci sarà qualcuno che ti ama pronto a rimettere insieme i pezzi, sempre" gli risponde.
"Non finire in mille pezzi per questo, Clarke. Ci sono cose migliori nella vita di un lavoro da sogni" le dice, posando una mano sulla sua. "Fai solo ciò che ti rende felice" continua sorridendo, e la bionda ride con lui, sotto la neve.
Quando la guarda rimane rapito dai minuscoli cristalli intrappolati nelle sue ciglia, e affoga nei suoi occhi, sperando di non uscirne mai più.
"Ricordati principessa, la felicità è come un fiocco di neve, puoi solo sperare che si sciolga lentamente" le dice, afferrando un cristallo e guardandolo sciogliersi sul palmo della sua mano.
Quando tornano a casa senza fare rumore, Clarke si addormenta sul divano appena si siede per slacciarsi le scarpe.
Bellamy la guarda dormire pacificamente per qualche secondo, poi le passa un braccio sotto le gambe e uno sotto la schiena, la lascia accoccolare sul suo petto e la porta in camera sua, dove Octavia si gira, svegliata dal rumore.
Il fratello appoggia la ragazza sul letto, le sfila le scarpe e le rimbocca le coperte.
Si prende un attimo per guardarla nella perfezione della luna che le illumina i lineamenti.
Le posa un bacio sulla fronte, e quando alza lo sguardo sua sorella lo fissa e gli sorride.
Sanno entrambi che c'è dentro con tutte le scarpe, e non può uscirne. Octavia se ne è accorta quando ha fatto caso al modo in cui il fratello guardava Clarke, e ne ha appena avuto l'ennesima conferma.
Bellamy ha appena capito di aver trovato il suo fiocco di neve.


Quando finiscono di pranzare è pomeriggio inoltrato, i camerieri hanno portato in cucina tutti i piatti vuoti, e hanno spostato i tavoli ai lati della sala, in modo da lasciare abbastanza spazio per una pista da ballo in cui ci si possa muovere tutti.
Una musica dalle note lente e morbide invade la sala, e gli sposi si dirigono al centro della stanza, Robert posa una mano sul fianco di Clarke e intrecciano le mani.
Bellamy li guarda volteggiare per la stanza, il vestito bianco della ragazza che crea leggere increspature per tutta la lunghezza della gonna.
Raven si avvicina, e gli porge uno dei due bicchieri di champagne che ha in mano, prima di rivolgere anche la sua attenzione alla coppia che ondeggia a ritmo della musica.
"L'ho persa, non è vero?" chiede il ragazzo.
E Raven, la prima della giornata, non esita, neanche un momento.
"No" asserisce sicura, poi ci pensa.
"Non proprio. Noi lo sapevamo tutti, l'avevamo capito. Ma tu non le hai mai detto nulla, e sappiamo com'è fatta, finché qualcuno non le mette davanti qualcosa lei continuerà ad ignorarlo. Soprattutto se c'entrano i sentimenti" commenta sorridendo, sanno quanto la parte razionale e logica dell'amica abbia sempre la meglio su quella che vorrebbe lasciarsi andare.
"Quello che devi chiederti è 'ne vale la pena?' Vale la pena aspettare qualche mese, un anno al massimo -sappiamo che non dureranno più di questo- affinché lei capisca che la vera persona che può renderla felice sei tu e non Robert? Lei ne vale la pena?"
Lui la guarda, ma Raven anche senza girarsi sa già qual è la risposta, lo sa dal primo momento in cui li ha visti urlarsi contro per un caffè. Lo sapeva quando hanno iniziato a parlarsi in mezzo alle litigate, quando Bellamy le preparava la colazione o chiacchieravano a bassa voce in cucina. Lo sapeva quando avevano dormito insieme in quel letto in montagna, pur sapendo che c'era un'altra soluzione, e li aveva sentiti ridere. Lo sapeva mentre si sorridevano da una parte all'altra della stanza sostenendo conversazioni silenziose, quando si vedevano per pranzare insieme. Lo sapeva quando Clarke aveva quegli assurdi attacchi di panico e Bellamy era l'unico capace di tranquillizzarla, quando Bellamy aveva bisogno di parlare con qualcuno, e lei era l'unica a cui raccontasse tutto.
Lo sapeva ogni volta che leggeva negli occhi del ragazzo adorazione pura per quella biondina migliore amica della sorella e nelle iridi della giovane contentezza e qualcosa di molto più profondo.
L'ultima cosa che la ragazza dice gli fa sentire un peso posarsi sul petto, poi la mora fa tintinnare i loro bicchieri e si allontana, sorridendo mestamente.
"La felicità sarà pure un fiocco di neve, Blake, ma vedi di non farlo sciogliere più in fretta del dovuto"




[Solo per te...]

L'orologio sul piano della cucina segna le 12.35 e Blake impreca a bassa voce, cercando di allacciarsi una scarpa con una mano e con l'altra afferra le chiavi della macchina, mentre si fa scivolare il giacchetto addosso.
E' mercoledì e Clarke lo aspetta al locale all'angolo della strada vicino all'ospedale. E' il loro appuntamento settimanale, si vedono sempre alla stessa ora nello stesso posto, e la ragazza fa sempre in modo di liberarsi dalle operazioni, non accetta mai turni a quell'ora, e guarda malissimo qualsiasi specializzando che le viene affidato e le ricorda che hanno un caso di cui occuparsi.
Quando Bellamy apre la porta, infilandosi la giacca di fretta, quasi inciampa nel tappetino e precipita addosso alla figura in piedi di fronte a lui.
"Ma che..." sta per insultare chiunque stia ritardando ancora di più il suo incontro con la sua migliore amica, solo per accorgersi che la persona contro cui ha appena sbattuto è la sua migliore amica.
Camice bianco, borsa sulla spalla, cappotto e tutto.
"Clarke, cosa ci fai qui? Ero così in ritardo?" chiede divertito.
Lei entra in casa velocemente, posa le poche cose che tiene in mano sul divano, e si volta a guardarlo, torturandosi le mani.
Bellamy conosce quello sguardo, si chiude la porta alle spalle e spera solo che non sia successo qualcosa di grave e che stia bene.
"Ho lasciato il lavoro" dice la bionda all'improvviso. Il ragazzo resta leggermente interdetto, ma poi sorride.
"E' quello che volevi, no? Ora potrai fare qualcosa che ti rende felice" propone, avvicinandosi all'amica, che annuisce distratta. "Allora perché hai comunque una faccia da funerale, Clarke?" chiede, preoccupato.
"E' di nuovo Griffin, sai?" riesce solo a dire "lo è sempre stato. Non l'ho mai cambiato, una parte di me probabilmente aveva capito che non sarebbe durata" spiega, e gli occhi di Bellamy corrono all'anulare sinistro della ragazza, dove non trova la fascetta d'oro.
"Senti, so che è una pazzia, sono passati mesi, ho sprecato così tanto tempo e so che ho fatto uno sbaglio, un enorme sbaglio che avrei potuto evitare, e ti ho fatto soffrire ed è tremendamente tardi per riparare al casino che ho provocato, ma..." dice tutto d'un fiato, e Bellamy fa fatica a stare dietro a tutte le parole che scivolano dalle sue labbra, e l'unica cosa che riesce a pensare è che ne è valsa la pena.
Aspettarla ne è valsa la pena. Perché ora è di fronte a lui, a cercare in modo contorto e complicato di esprimergli i suoi sentimenti, ed è abbastanza sicuro che non l'abbia mai fatto con nessuno.
"Clarke, non è tardi" la interrompe lui, prendendole le mani tra le due. "Non è tardi" le susurra, vedendola sorridere di fronte ai suoi occhi.
E la bacia.
E il cuore di Clarke si scioglie lentamente come una candela al sole perché nessuno l'ha mai baciata con così tanta dolcezza, e Bellamy la stringe a sè perché finalmente si sono trovati in quell'insensato mondo peno di persone.
Quando si scostano la bionda ha gli occhi che brillano, e rimangono lì, in piedi in mezzo alla stanza, abbracciati come se bastasse quello per far girare l'Universo, come se bastassero loro.
"Non pensavo l'avrei mai detto, ma Raven aveva ragione, aveva già immaginato una cosa del genere al tuo matrimonio" le dice sorridendo.
"Ti prego però non dirglielo, passerebbe la vita a vantarsene"
E i due ridono, il suono cristallino che riempie le stanze della casa, e per la prima volta da tanto tempo sono felici, davvero.

Non c'è bisogno di farglielo sapere, perché tanto quando Raven passa a casa Blake per recuperare una giacca che si è scordata lì, e trova Clarke sdraiata sul divano con un libro in mano e Bellamy che cucina il pranzo, ha un'espressione troppo compiaciuta sul volto e il suo sguardo dice solo "IO avevo ragione" in tutte le lingue del mondo.


Angolinoinoino dell'autrice:
Buonsalve!
E' la prima fanfiction in assoluto che scrivo su questo fandom, fino a un paio di giorni fa mi sono limitata a leggerne a quintali.
Spero vivamente che vi sia piaciuta, lasciate un commento se vi va perché ho la terribile sensazione di essere andata completamente fuori dai personaggi, ma siate clementi! No, sto scherzando, se non vi è piaciuta ditemelo, migliorerò per la prossima, ho davvero bisogno di pareri obiettivi, diciamo che la mia "beta" è terribilmente di parte.
In realtà non nasce neanche come storia da pubblicare, ma solo come scommessa da un pomeriggio di ozio contro la mia socia, a cui tutto ciò è dedicato. Leggete le sue storie, qualsiasi cosa, soprattutto le poesie, ne vale la pena!
Spero ti sia piaciuto il finale cara,
A presto,
Becks.

  
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