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Autore: ScoSt1124    22/06/2016    9 recensioni
Stiles non era uno che voleva sembrare invadente.
Poi, con Derek, figuriamoci.
Osservava ogni minima cosa, ogni suo cambiamento di espressione, ogni suo minimo gesto.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note iniziali: due cose per capire la storia e poi vi lascio leggere. Derek è coetaneo di Stiles e la storia è ambientata dopo l'incendio di villa Hale.
Buona lettura.








A volte basta osservare






Stiles non era uno che voleva sembrare invadente.
No, lui lo era. Non lo faceva apposta, solamente aveva il vizio di voler scoprire le cose per aiutare gli altri. A volte però – questo suo aspetto – gli si ritorceva contro; lo faceva con tutte le buone intenzioni, ma alla fine risultava sempre invadente.
 
In quel caso era stato lo stesso.
Poi, con Derek, figuriamoci. Era un periodo tremendo e Stiles osservava. Osservava ogni minima cosa, ogni suo cambiamento di espressione, ogni suo minimo gesto.
Non erano mai andati molto d’accordo e questo lo sapevano anche i muri. Le cose erano leggermente migliorate - anche se impercettibilmente - dopo il morso di Scott.
Sì, dopo il morso del suo migliore amico le cose erano cambiate; avevano iniziato a parlarsi. Forse solo per sopravvivenza o forse per altro.
Stiles aveva iniziato ad osservarlo un po’ prima del morso di Scott; aveva iniziato dopo la morte di Paige. Aveva osservato il suo cambiamento, il suo chiudersi in se stesso e il suo ricominciare a vivere grazie alle sorelle, che gli giravano sempre intorno. C’era qualcosa che però gli sfuggiva; qualcosa che aveva capito solo poco dopo, con la scoperta dell’esistenza dei licantropi.
 
Era una persona che osservava, forse fin troppo.
Non si addiceva molto con il suo essere iperattivo, perché si distraeva facilmente. Eppure riusciva ad andare oltre a molte cose.
Forse era proprio per questo che aveva notato di nuovo il cambiamento di Derek. Tutti lo avevano notato, ed era più che comprensibile dopo l’incendio di villa Hale.
Si era ritrovato di punto in bianco senza una casa, ma ancora peggio, senza buona parte della sua famiglia. Da solo, con sua sorella a dover ricominciare da capo sotto gli occhi di loro zio.
Stiles aveva osservato i suoi silenzi, le sue alzate di sopracciglia; aveva iniziato a dargli nomi stupidi per farlo sorridere ma niente aveva funzionato. Anzi, una volta si era ritrovato perfino contro un armadietto.
 
Se c’era - però - un’altra cosa che caratterizzava Stiles, era il fatto che non si arrendeva mai. Forse era anche per quello che, spesso, risultava logorroico. Ogni cosa che gli passava per la testa doveva avere una risposta.
 
Per questo motivo, durante l’ora di storia, gli aveva scritto un biglietto.
 
 
Ehi, Sourwolf!
 
 
Stiles non sapeva se ciò che aveva notato corrispondeva alla realtà. Ma voleva comunque aiutare, così aveva cercato di sembrare il meno invadente possibile, nel caso ci potesse riuscire.
 

 ?
 
 
Le risposte di Derek sulla carta, erano uguali a quelle di Derek di persona, solo che, ovviamente, non poteva farlo con le sopracciglia. Ma Stiles, testardo quale era, non lo avrebbe lasciato al suo mutismo.
 
 
Come stai?
 
 
Non gli aveva dato il tempo di leggerlo, che ne aveva subito scritto un altro, capendo che non era la domanda più adeguata.
 
 
No, scusa! Domanda stupida.
È che prima ti ho visto uscire dalla classe e non avevi una bella cera, per essere un licantropo.
Quindi volevo sapere in quel senso come stavi.

 
Forse era riuscito a spiegarsi un po’ meglio.
 
 
A te?
 
 
Stiles non riusciva a capire quella risposta. Proprio non la comprendeva.
 
 
A me cosa?
 
 
Derek aveva alzato gli occhi al cielo, come se fosse tra il sorpreso e lo sconcertato.
 
 
A te cosa interessa di come sto?
 
 
Stiles non aveva mai conosciuto una persona più chiusa di lui.
 
 
Niente, ma credo di sapere cosa ti sta succedendo.
 
 
Tu non sai proprio nulla.
 
 
E invece sapeva fin troppo. A volte preferiva non sapere. Preferiva non aver mai avuto attacchi di panico; ormai non poteva cancellarli, ma poteva aiutare qualcun altro. Voleva aiutare Derek, perché sapeva che con il carattere che aveva, avrebbe semplicemente fatto finta di nulla.
 
 
Derek, non puoi fare finta di nulla. Dovresti provare a parlarne, tenerti tutto dentro non ti aiuterà. Anzi, sarà sempre peggio. So che per te non sono nessuno. Ma non sei obbligato a dirlo a me. Parlane con tua sorella, ma non lasciare che questa cosa ti faccia del male.
 
 
Non ne parlerò perché non c’è nulla da dire, non perché tu non sia nessuno. Non succede proprio nulla. Non so cosa credi tu.
 
 
Negava, Derek negava anche l’evidente ed era più che normale. E questo, Stiles, lo sapeva.
 
 
Non lo credo. Lo so. Lo so perché mi ricordo come stavo io prima di avere una crisi e come stavo dopo. Vorrei solo aiutarti. 
 
 
Non ho nulla Stiles. O devo ricordarti che sono un licantropo?
 
 
A volte gli sembrava di parlare con il muro, ma forse i licantropi erano ancora più duri di comprendonio. Forse c’era una qualche strana regola per cui si credevano invincibili.
 
 
Non si tratta di essere licantropo o meno. Non è una cosa fisica. Non guarisce con le tue piastrine lupesche. Devi affrontarla, è solo nella tua testa. Il 35% della popolazione ne ha avuto almeno uno. Non lasciarla peggiorare. Non so come funzionino queste cose per voi, ma credo funzionino come per noi. Per favore parla. La paura ti mette i freni, ma non puoi andare avanti così.
 
 
A Derek sembrava di dover scalare grattacieli, non riusciva a parlarne. Lui non parlava da un po’ di tempo a questa parte; figuriamoci se avesse parlato di questa cosa.
L’ora di storia era finita e Derek era uscito dalla classe. Non si erano più visti quel giorno, e Stiles non voleva peggiorare la situazione.
 
Il giorno seguente, Stiles, aveva notato qualcosa di strano nel suo armadietto. Come se non fosse tutto al posto giusto. E aveva capito di cosa si trattava. Era un foglio bianco, piegato in quattro parti e riposto sopra quel disordine di libri che aveva dentro, riposti alla rinfusa.
 

 
Le mie piastrine lupesche ringraziano. Non mi mette freni, peggiora le cose.
 

Era la risposta di Derek. A Stiles fece abbastanza effetto ricevere quella risposta, non credeva che Derek gli avesse risposto. Anzi, era convinto che passasse sopra la cosa, senza farsi tanti problemi. Così durante la terza ora - che avevano in comune - gli aveva risposto.
 
 
Perché?
 
 
Perché non ho più il controllo su me stesso. Non so mai quando arrivano e non posso permettermelo.
 

Stiles non comprendeva ancora del tutto cosa intendesse. Alla fine ci era arrivato.
 

 
Allora riprendi in mano la situazione. So che può sembrare difficile e insormontabile da superare, ma puoi farcela. Ne sono sicuro; ricordati che siamo noi gli artefici del nostro destino.
 

Stilinski e le perle di saggezza.
 

Anche se stavano parlando seriamente il carattere di entrambi era comunque presente.
 

 
È già tanto che non straparlo; quindi prendilo come viene! Ma sono serio Derek. Ci sono già passato e capisco. Devi tenere duro al massimo otto minuti. La parte peggiore dura dai due agli otto minuti, poi fa schifo uguale. Ma  migliora, finché non torna tutto come prima.
 
 
È troppo complicato Stiles.
 
 
È complicato, lo so. È difficile, so anche questo. La prima volta che ne ho avuto uno avevo nove anni; mio padre credeva avessi l’asma perché eravamo abituati con Scott.
Mia madre è morta e sentivo che quel vuoto giorno dopo giorno mi divorava. La mente fa brutti scherzi, ma non per questo non si può superare. Nella vita si può superare tutto, se lo si vuole.
 

Perché alla fine Stiles aveva capito cosa lo spaventasse di più. Il suo essere licantropo. Il suo non riuscire a mantenere il controllo. Da piccolo - durante le prime lune piene - ti insegnano a mantenere il controllo, a trovare un’ancora per non trasformarti. Ora non aveva più nulla e gli attacchi di panico non aiutavano di certo. Lui non ne parlava e si lasciava divorare.
 

 
Perché lo fai?
 
 
Perché voglio aiutarti.
 
 
Non so perché tu lo stia facendo. Passo le giornate a ringhiarti contro.
 

Stiles voleva davvero aiutarlo, e non solo perché si era accorto che Derek non gli era del tutto indifferente, ma voleva aiutarlo e fargli capire che non era solo, che qualcuno capiva come si sentisse. Che tutto si poteva superare insieme.
 

 
Se non lo fai tu, dove lo trovo un altro che mi ringhi contro? 
Scherzi a parte, perché (te lo ripeto) ci sono già passato e voglio aiutarti. E poi l’ultimo incontro con l’armadietto mi è piaciuto.
 
 
Ecco, Stiles Stilinski e il suo sarcasmo che cerca di sdrammatizzare la cosa. E come farlo se non usando le ultime disavventure con gli armadietti.
 
 
Fai sul serio?
 
 
Biglietto che, però, non giunse a destinazione.
Derek stava già scappando dalla classe e Stiles gli era corso dietro e si era anche fregato dei richiami del professore.
 
L’aveva seguito nel retro del cortile, dove non c’era nessuno, e dove poteva respirare a pieni polmoni.
Anche se non serviva.
 

“Derek”
 
Non respirava e né tantomeno guardava Stiles negli occhi.
 
“Ehi, ascoltami. Non devi parlare, respira solamente. Respira con me.”
 
A Stiles ci volle tutto il coraggio di questo mondo per non farsi prendere anche lui dal panico. Non era abituato a vedere l’effetto che faceva agli altri.
Ora capiva perché suo padre si agitava più di lui. Semplicemente perché era impotente e vederlo stare male non era facile. Una volta aveva dato i fiori di Bach anche a suo padre, per non farlo agitare troppo. Non che fosse servito a granché.
 
“Inspira, uno, due, tre, quattro. Espira allo stesso modo e conta.”
 
Stiles era stato inginocchiato per cinque minuti vicino a lui, aspettando che il peggio passasse. Aveva continuato a contare insieme a Derek, lo aveva aiutato a non perdere il controllo, a respirare normalmente.
Si era seduto di fianco a lui, nel momento in cui i suoi occhi erano tornati di quel verde particolare, che raccontavano come si sentisse realmente.
Si era seduto, a gambe incrociate, di fianco a Derek.
 
“Ora sai che so contare fino a quattro, no? Forse mi ritieni meno idiota di prima”
 
“Mh” Lo aveva guardato, con uno sguardo di gratitudine.
 
Non lo avrebbe mai ammesso, ma era grato a Stiles per non averlo lasciato solo. Per averlo seguito, per aver capito cosa gli stesse succedendo.
Erano passati cinque minuti.
 
“Non c’è bisogno che parli, possiamo stare zitti per tutto il tempo. Oppure puoi parlare per mandarmi a quel paese.”
 
“No, va bene così.”
 
“Non vuoi mandarmi a quel paese? Derek Hale mi preoccupi.”
 
“Ho paura di non riuscire più a controllarmi. Ho i battiti che vanno troppo veloci e rischio di trasformarmi, per questo sono venuto in cortile.”
 
“Ho notato, sinceramente preferisco gli occhi verdi. Scherzi a parte, prova a parlarne con qualcuno. Non tenertela dentro. So che ti sembrerà strano. Io me ne sono vergognato per la maggior parte del tempo. Non farlo anche tu. Parlane con qualcuno.”
 
“Ho perso troppo.”
 
“Proprio per questo. Non lasciare che questa cosa ti faccia perdere ancora di più.”
 
“Mh”
 
Derek si era alzato, e Stiles lo aveva preso come un segnale per cui la cosa era migliorata e sarebbero rientrati; così gli aveva dato una pacca sulla spalla.  
Derek non amava essere toccato e per quel motivo Stiles aveva ricevuto un’occhiata da far venire i brividi.
 
“Scusa.” Stiles aveva alzato le mani, sorridendo.
 
 
 
Il giorno dopo Stiles aveva trovato di nuovo un bigliettino nell’armadietto.
 
 
Grazie.
 
 
Per Derek era stato un grosso passo avanti e Stiles lo aveva capito. Per rispondere, aveva adottato il metodo Derek e aveva infilato - anche lui - il bigliettino nella fessura dell’armadietto.
 
 
Io ci sono.
 

Derek aveva capito che c’era ancora qualcuno su cui avrebbe potuto contare.
Quel qualcuno, ovviamente, era Stiles.













Note: Questa FF non avrebbe dovuto vedere la luce; ma alla fine l'ha vista. Non dedico mai niente a nessuno, ma con questa mi sento di doverlo fare. La dedico a tutte le persone che ne hanno sofferto e a chi tuttora ne soffre. Voglio lasciarvi anche una delle mie citazioni preferite.

"Alcuni dicono che il tempo sana tutte le ferite. Io non sono d'accordo. Le ferite rimangono. Col tempo, la mente, per proteggere se stessa, le cicatrizza, e il dolore diminuisce, ma non se ne vanno mai."
(Rose Kennedy)

 
Grazie per aver letto e buonanotte.
 
   
 
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