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Autore: Eliessa    23/06/2016    2 recensioni
Boston. Hoyt, il tagliatore di gole era tornato.
Il suo obiettivo era la detective della omicidi di Boston Jane Rizzoli, l’unica donna che non era riuscito ad uccidere.
Riuscirà Jane a prendere Hoyt prima che lui l’uccida?
Riusciranno la sua famiglia, i suoi amici e soprattutto Maura a starle accanto?
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Jane Rizzoli, Maura Isles, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CHAPTER 5

Jane era entrata in casa ma qualcosa la colpì in pieno volto tanto da farla cadere a terra e farle perdere i sensi.
Hoyt era entrato in casa sua. Si era rifugiato lì in attesa che la sua preda ritornasse e finalmente era tornata.
Era tornata e lui era rimasto lì, paziente.
Hoyt  trascinò Jane fino alla camera da letto, la sollevò e la distese sul letto, immobilizzandole i polsi sopra la sua testa e le caviglie con della corda sottile e molto stretta contro la pelle, giusto in tempo perché la donna rinvenisse.
-Ehi, ben svegliata!- esclamò Hoyt accarezzandole il viso.
-Hoyt!-
-Ehi, quanta rabbia nella tua voce. Perché lo sei?-
-Non uscirai vivo da qui.-
-Voi poliziotti dite sempre così, è solo una vostra strategia per perdere tempo.-
-No, sotto ci sono due agenti della polizia e la dottoressa Isles, se non mi vedranno scendere in poco tempo verranno a cercarmi.-
-Allora ho due possibilità: ucciderti e uscire da casa tua come se nulla fosse, d’altronde per voi sono un fantasma, oppure aspettare che qualcuno salga e iniziare lo spettacolo davanti a loro.-
-A quel punto sarai morto.-
-Ma lo sarai anche tu.-
Jane tentò di liberarsi dalla corda inutilmente. Era troppo stretta e non c’era nulla che le permettesse di sfilacciarsi. Era in trappola. La sua unica speranza era che Maura o gli agenti di scorta sarebbero saliti a breve.
-Inutile che provi a liberarti.- disse Hoyt dandole le spalle mentre sceglieva tra i suoi strumenti i il bisturi con cui incidere la pelle delicata di Jane. –Ti farai solo male.-
-Sei solo un pezzo di merda e non riuscirai a farmi a pezzi ancora.-
-Già, quella volta ti avevo inchiodato le mani a terra e se non fossero arrivati quei due poliziotti saresti morta.-
Hoyt le si avvicinò molto lentamente. –Ci ho messo un po’ a cercare di organizzare questa trappola, pensavo saresti tornata prima, così ieri notte ho dovuto dormire qui, non potevo andare via. Sono stato attento  a non farmi scoprire, ti ho ripulito quella misera dispensa , sai dovevo pur mangiare, ma ne è valsa la pena  perché ora non hai il controllo di niente, ora sei totalmente sotto il mio dominio.-
-Avanti, togliti il pensiero. Fallo, uccidimi, sgozzami.-
-No, queste cose richiedo calma e pazienza perché vedi.-
Hoyt si avvicinò a Jane e le puntò il bisturi alla gola –E’ un attimo, mi basta fare pressione qui, la lama si infila nella pelle,e poi è fatta. E’ finita. Le pareti qui intorno si dipingeranno di schizzi rossi, del tuo rosso sangue e intanto morirai qui da sola.- Hoyt prese con la mano sinistra i capelli dalla donna, e li tirò al’indietro mentre con la destra fece un lieve taglio alla parte destra della gola di Jane. Lei trattenne per un attimo il fiato, le lacrime le uscirono dagli senza poter far nulla per arrestarle. Pensava a Maura che era sotto, a quanto tempo avevano sprecato e forse ora era arrivata la fine non solo della loro storia ma anche della sua vita.
-Di solito, le donne a cui facevo la prima incisione urlavano aiuto e mi imploravano di smettere, tu invece sei una tosta.-
-Perché non lo fai? Uccidimi.-
-Perché è più bello se prima giochiamo un po’.-
Jane era nelle mani del suo serial killer mentre Maura aveva appena finito la chiamata. Salì su nell’appartamento, notò la porta socchiusa e capì che non era un buon segno. Jane non l’avrebbe mai lasciata così, anzi l’avrebbe chiusa anche a chiave.
Così Maura dalla borsa prese il suo bisturi che portava sempre con se e prese anche il telefonino per inviare un messaggio a Frankie dicendogli di raggiungerla subito da Jane e a sua volta, Frankie avvisò il tenente e mentre le pattuglie della polizia facevano capolinea a casa della detective, Maura entrò.
Non poteva permettersi di aspettare un solo minuto in più, ne aveva già persi tanti con quella chiamata.
Dal soggiorno sentiva la voce inconfondibile di Hoyt provenire dalla camera da letto e quando arrivò sulla porta di quella stanza vide l’orrore: Jane sul letto, il sangue addosso a lei e Hoyt che le si avvicinava.
Jane era sotto le mani di quell’uomo.
Era sdraiata sul suo letto, immobilizzata.
Sentiva la lama del bisturi fredda e precisa penetrarle lentamente e dolorosamente.
Era la sua fine.
Lo aveva immaginato dall’inizio che questa volta questa battaglia non l’avrebbe vinta ma ora stava diventando realtà. Aveva i minuti contati. La sua vita aveva i minuti contati e in un secondo la sua mente ripercorse alcuni ricordi, le ultime parole scambiate pochissimi minuti prima con Maura. Le loro ultime parole, il loro ultimo scambio di sguardi. L’ultima volta che Jane sentì la voce della donna. La sua donna.
Jane era sul letto, senza forze per liberarsi da Hoyt o per gridare.
Ma all’improvviso la porta della camera da letto si aprì e Maura entrò lentamente e silenziosamente pugnalando senza esitazione due volte Hoyt alla schiena, perforandogli cuore e polmone.
Hoyt cadde a terra in una pozza di sangue. Con un calcio Maura allontanò il bisturi dell’uomo e poi si fiondò su Jane  liberandole i polsi tagliando la corda con i bisturi e mentre con una mano cercava di bloccare il sangue con l’altra avvisò Frankie di sollecitare i soccorsi.
Maura era riuscita ad arrivare in tempo. Pochi secondi più tardi e tra le mani avrebbe stretto soltanto il cadavere di Jane.
-Avevi detto 5 minuti e arrivo, sei stata di parola.- disse Jane sforzandosi con la voce.
-Scc, non sforzarti. Ora sono qui. Con te.-
Jane era riuscita a ringraziare l’amica e poi chiuse gli occhi.
-Ehi, devi resistere. Apri gli occhi. Jane! Jane!!!- Maura cercava di tenerla sveglia ma Jane non apriva gli occhi e mentre continuava a fare pressione con la mano sulla ferita arrivarono in casa Frankie insieme a Cavanaugh e dopo qualche istante fece irruzione Angela anche se le era stato ordinato di aspettare sotto. Ma si trattava della figlia e non riusciva a stare ferma mentre la vita di Jane  era appesa ad un filo.
-Jane!- esclamò in lacrime Angela mentre cercava di avvicinarsi alla figlia.
-No mamma!- la fermò Frankie impedendole di entrare nella camera da letto di Jane. –Non guardare, scendi sotto.-
-Non mi muovo di qui, è mia figlia, tua sorella.
- Cavanaugh intanto si avvicinò ad Hoyt, controllò il polso, ma oramai non c’era niente da fare.
-E’ morto.- esclamò il tenente.
-L’ambulanza dov’è?- esclamò Maura.
-Sta arrivando.- rispose Frankie.
-Frankie trova qualcosa per tamponare la ferita e liberatele le caviglie.- In una manciata di minuti arrivò l’ambulanza e quando i paramedici presero in cura Jane, Maura s’identificò.
-Dottoressa Isles. E’ stato praticato un taglio con un bisturi, ho cercato di tamponare immediatamente l’emorragia, mentre l’uomo…-
-Ho sentito che l’uomo è morto quindi occupiamoci di lei.-
disse il paramedico prendendo in mano la situazione. –Da quanto ha perso i sensi?-
-Due minuti al massimo.-
-Allora andiamo, noi siamo pronti.-
disse il paramedico dopo che la ferita fu tamponata e Jane fu sistemata su una barella.
-Vengo in ambulanza con voi.- continuò Maura.
-Anche io.- disse Angela.
-No mamma, lascia andare lei, noi li seguiremo in macchina.-
-Ma è Jane, Frankie.-
-Ma, ascoltami, vieni con me. Fidati di me.-
Rispose il figlio prendendole la mano ed accompagnandola in macchina. La camera da letto di Jane rimase piena di poliziotti mentre gli altri scesero in strada per entrare in macchina e iniziare la corsa verso il pronto soccorso. In auto mentre Frankie guidava, Cavanaugh avvisò Korsak e Frost mentre Angela avvisò Tommy.
In ospedale fu proprio Tommy ad arrivare per primo e a vedere Jane piena di sangue mentre veniva trasportata nel blocco operatorio, mentre Maura scese dall’ambulanza e si avviò verso l’atrio del pronto soccorso dove si accasciò su una sedia. Era inutile correre dietro i medici del pronto soccorso, non l’avrebbero fatta entrare. Un attimo dopo arrivò Frankie seguito dalla madre e dal tenente.
-Frankie, ehi Frankie come sta?-
-Non lo so, non ne ho idea Tommy. L’ho vista prima ricoperta di sangue e poi è stato un attimo, siamo corsi fino a qui.-
-Maura.-
disse Angela avvicinandosi alla donna. -Non avevate detto che non ci sarebbero stati pericoli?- Maura non rispose, abbassò semplicemente lo sguardo. Forse aveva ragione Angela. Se non avrebbe risposto al telefono, se fosse salita insieme a lei Jane non sarebbe stato in pericolo. O forse ci sarebbero stati due cadaveri da piangere. Cavanaugh su quella sedia del pronto soccorso vide una Maura diversa, fragile, spaventata, sottoshock, una Maura che non aveva mai conosciuto. La vide stringersi a se dal freddo così le avvolse la sua giacca attorno alle spalle, poi si sedette accanto a lei.
-Ti va di raccontarci com’è andata?- chiese con tono pacato il tenente e lei annuì, fece un respiro profondo, spiegò la situazione e gli altri si avvicinarono a lei per udire ciò che era successo poco prima.
-Eravamo arrivate sotto casa sua, siamo scese dall’auto e… ho ricevuto una chiamata dal laboratorio così mi sono trattenuta fuori a rispondere mentre Jane iniziò a salire. Saranno stati 5, massimo 7 minuti. Quando sono salita la porta era socchiusa, Jane non avrebbe mai lasciato la porta in quel modo, anzi l’avrebbe chiusa a chiave così ho avvisato Frankie, ho preso il bisturi dalla mia borsa, l’unica arma di difesa che possedevo e sono entrata. Non potevo aspettare i rinforzi, se lo avessi fatto probabilmente non saremmo mai arrivati qui in ospedale. Comunque una volta entrata sono andata dritta verso la camera da letto, da dove provenivano le voci e ho aspettato il momento adatto per entrare, ma ho atteso troppo evidentemente. Quando Hoyt mi diede le spalle sono entrata e l’ho pugnalato, poi mi sono dedicata a Jane.
-E’ finita.-
disse Frankie sedendole accanto. –Hoyt non le darà più la caccia.-
-Sarà anche finita ma voglio vedere Jane, viva.-
aggiunse dopo qualche attimo.
Mentre aspettavano qualche dottore che andasse da loro per dargli notizie arrivano Korsak e Frost.
Le persone in quell’atrio del pronto soccorso facevano avanti e indietro ansiosi di ricevere qualsiasi notizia. L’attesa era snervante. Tutti aspettavano che una figlia, una sorella, un’amica, una poliziotta, una compagna, uscisse dal blocco operatorio viva, d’altronde Jane era sempre stata una roccia ma più passavano i minuti e più i pensieri terribili prendevano il posto di quelli della speranza.
Angela continuava a piangere, Cavanaugh si divideva tra la sua compagna e i suoi sottoposti, Maura sembrava non essere concentrata su quello che avveniva lì, pensava solo a Jane e l’idea di non poter far niente per aiutarla la faceva sentire inutile e se la sa donna non sarebbe rimasta viva, lei sarebbe morta con Jane. Passarono due ore, ma alla fine un medico uscì dal blocco operatorio.
-Allora dottore?- chiese Maura vedendo il dottore andare incontro a tutti loro.
-E’ fuori pericolo. E’ riuscita ad intervenire in tempo con un ottimo lavoro dottoressa.-
-Possiamo vederla?-
-È meglio una sola persona per questa sera.-
-Vai tu, Angela.-
disse Maura.
-Non è meglio invece se vai tu, Maura?- chiese Sean. –Non è il caso che Jane vede sua madre in queste condizioni.-
-Si, Sean ha ragione, vai tu.-
disse la donna.
-Sicura?- Angela annuì. –Va bene.- Maura ritornò la giacca che qualche ora prima le aveva prestato il tenente e si avviò insieme al dottore nella camera di Jane. Appena arrivò sulla soglia della porta la vide stesa sul letto con una camicia d’ospedale,  un’enorme medicazione alla gola e il corpo pieno di fili collegati alle macchine che tenevano sotto controllo i suoi segni vitali, per fortuna nella norma. La donna dalla chioma scura aveva gli occhi chiusi e Maura pensò che stesse riposando così, silenziosamente, entrò e si sistemò sulla sedia accanto a letto. Una manciata di secondi dopo Jane aprì gli occhi e la vide, il volto stremato dal dolore e gli occhi gonfi e rossi per colpa dalle lacrime che aveva versato.
-Ehi, Maura!-
-Credevo dormissi.-
rispose Maura avvicinandosi per sedersi sul letto accanto a Jane e le prese la mano destra deliacamente per stringerla tra le sue facendo attenzione a non muove troppo il filo che collegava l’ago alla flebo.
-Grazie per avermi salvato, ti devo la vita.- disse Jane sforza dosi un po’ con la voce.
-No, non mi devi niente. Sono arrivata tardi.-
-Ma vuoi farmi arrabbiare anche quando sono in queste condizioni? Sei arrivata in tempo! Mi hai salvato la vita e anche se fossi morta tu sei arrivata in tempo, ti ho visto.-
-Ti amo Jane, non farmi mai più uno scherzo del genere.-
Finalmente lo aveva detto. Maura le aveva detto di amarla, due semplici parole che per una persona riservata come Maura voleva dire che la sua confessione era sincera. Non era per niente facile per lei esprimere i suoi sentimenti, ed ora ci stava provando, riuscendoci.
-Anche io ti amo, Maura.- La bionda si avvicino a Jane e le lasciò un leggero bacio sulle labbra, il massimo che poteva fare quella sera, anche se il desiderio di stringerla e portarla a casa per passare del tempo con lei era forte. Passarono qualche minuto in silenzio, i loro sguardi d’amore parlavano per loro.
-Ed Hoyt?- chiese Jane d’un tratto abbassando lo sguardo.
-Non è sopravvissuto alle mie pugnalate.-
-Non dirmi che ti senti in colpa per averlo ucciso?!-
-No.-
rispose decisa Maura. –Qui fuori ci sono tutti, tua madre, i tuoi fratelli, Cavanaugh, Korsak, Frost.-
-Mia madre… come sta?-
-Sconvolta. Ti ha vista svenuta tra le mie mani e con il tuo sangue cosparso ovunque e non era il caso che entrasse ora.-
Mentre le due donne continuavano a chiacchierare dell’indicente avvenuto qualche ora prima furono interrotti dal dottore, lo stesso che accompagnò Maura in quella stanza.
-Mi spiace dottoressa, ma ora dovrebbe lasciare la stanza ora . La paziente deve riposare.-
-D’accordo, esco subito.-
rispose. –Ora vado a casa, mi faccio una doccia, mi cambio e torno.- continuò a dire rivolgendosi alla compagna.
-Non ti farebbero entrare. Sono ricoverata, non morta. E’ troppo presto perché la dottoressa Isles faccia il suo lavoro.- risero entrambe.
-Voglio starti vicino. Aspetterò fuori così domani mattina sarò già qui.-
-Maura, dopo quello che è successo hai bisogno di un bagno caldo, di un disgustoso te e di un buon risposo. Io giuro che non scappo e soprattutto giuro di non togliermi nei guai.-
-Ma domani mattina arriverò presto.-
-Ti aspetterò. Solo, mi faresti un favore?-
-Quello che vuoi.-
-Di a mia madre di stare tranquilla, e assicurati che si riposi. Se non ti dà ascolto avvelenala con il te.-
-Come fai ad essere così amorevole verso tua madre e così perfida nello stesso momento?-
risero insieme.-Tranquilla, mi occuperò di lei, ora riposa.-
-Notte Maura.-
-Notte Jane.-
Maura si allontanò dalla stanza per uscire e Jane la vide mentre andava via. Come passò l’angolo Jane si girò la testa dal lato opposto e cercò di rilassarsi per dormire, mentre Maura intanto arrivava nell’atrio del pronto soccorso dove c’erano gli altri ad aspettarla.
-Allora, come sta?- chiese Angela in preda all’ansia.
-Bene.- rispose Maura. Una risposta breve ma era la pura verità.
-Non lo dici solo per non farmi preoccupare ancora, vero?-
-No, lo dico perché è vero. Sta bene. Deve solo riposare ma domani mattina potrete vederla tutti.-
-Grazie al cielo!-
esclamò Korsak.
-Jane è la persona più forte che conosca.- si unì Frost.
-Tenente, per quanto riguarda Hoyt, sono disposta a prendermi le mie responsabilità. Era un killer spietato, ma io l’ho ucciso.-
-E’ tutto a posto, non ci saranno conseguenze, dovrai solo fare una deposizione. Ma a questo ci pensiamo domani, ora torniamo a casa.-
-Hai bisogno di qualcosa Maura?-
chiese Korsak. –Un passaggio fino a casa?-
-No lo ringrazio. Posso tornare con Tommy.-
-Allora ci vediamo domani mattina in centrale.-
disse Frost.
Tutti annuirono e poi si avviarono verso le loro auto per ritornare tutti a casa. Maura ospitò Tommy e Frankie, quella notte non volevano lasciarla da sola, aveva visto tagliare la gola a Jane, aveva pugnalato Hoyt e per quanto fosse stata la cosa giusta da fare in quel momento, una piccola parte di lei non accettava l’idea di averlo ucciso. Mentre i due fratelli cercarono di mandare giù qualcosa, Maura si fece un bagno caldo, si preparò un te e andò a dormire lasciandoli sul divano a guardare la tv. Quella era anche casa loro.
Angela invece era a casa sua, ancora agitata e sconvolta ed a farle compagnia era rimasto Cavanaugh.
-Un bagno caldo potrebbe aiutarti. Se vuoi intanto ti preparo qualcosa da mangiare.-
-Non ho fame. Cielo, stavo per perdere la mia Jane.-
-Ma non è successo.-
-Ora, ma in futuro?- Da qualche parte ci sarà sempre un altro Hoyt che non aspetta altro  il momento di agire e uccidere qualcuno, di uccidere Jane.-
-Angela, Jane è una detective, una delle migliori del dipartimento. Sapeva cosa volesse dire fare la poliziotta, ne conosceva i rischi ma lei ha accettato. Ha uno spiccato senso del dovere, è in gamba, dedita al suo lavoro. Un incidente può capitare. Ora non pensarci.-
-Vado a dormire, scusa. Ho bisogno di stare da sola-
-Va bene, resto fino a quando non ti addormenti e poi vado dai ragazzi.-
Angela gli sorrise e andò nella sua stanza. Una volta messa a letto non riuscì a dormire, non aveva mai visto la figlia così fragile, neanche quando qualche tempo prima Hoyt le aveva inchiodato le mani a terra. Quella sera l’aveva vista quasi morta e nessuno dovrebbe mai vedere un figlio morire. Ci volle un po’, ma alla fine la donna prese sonno e quando Cavanaugh entrò nella sua stanza e si assicurò che stesse dormendo, andò a casa della dottoressa.
Nel salone di Maura, Frankie e il fratello erano ancora seduti sul divano in silenzio a guardare la tv, e quando arrivò Cavanaugh lo accolsero, scambiarono qualche parola e verso mezzanotte tutti e tre furono accolti dalle braccia di Morfeo.
Verso le sei Maura si svegliò e senza far rumore si vestì per uscire stando attenta a non svegliare gli uomini che in un certo senso le avevano fatto compagnia quella lunga notte. Appena uscita da casa si recò subito in ospedale dalla sua Jane. Dovette aspettare mezz’ora ma alla fine una dottoressa le diede il permesso di far visita a Jane e lei era già sveglia.
-E’ troppo presto.- disse Jane guardando entrare Maura.
-Ed io ti avevo detto che sarei venuta presto. Come hai dormito?-
-Nonostante tutto bene, anzi voglio tornare a casa.-
-Sei la solita.-
disse Maura sedendosi sul letto. –Più tardi parlo con il medico e sento cosa dice.-
-Mia madre?-
-Sta bene, almeno da questo a vedere. Quando sono uscita da tua madre c’era la luce aperta ma sul divano di casa mia c’erano i tuoi fratelli e il tenente Cavanaugh che dormivano.-
-No, non ci credo. I miei fratelli e Cavanaugh? Frankie si vergogna del tenente.-
disse ridendo.
-Dovevi vederli. Magari è la volta buona che Frankie riesce a vedere Cavanaugh sia come tenente che come compagno di vostra madre.-
-Ti ho invaso la casa. Per colpa mia è un porto di mare.-
-Sai una cosa? A me piace. Siete la mia famiglia. Sei la mia famiglia.-
disse Maura baciando dolcemente Jane, ma non si accorsero che sul ciglio della porta erano appena apparsi Korsak e Frost.
-Uhm uhm.- fece Frost quasi come per annunciarsi, per far capire che erano li e li avevano visti, tenendo stretto il mazzo di fiori che avevano portato a Jane.
-Torniamo dopo?- chiese Korsak mentre Maura si alzò di scatto dal letto.
-No.- rispose Jane un po’ imbarazzata. –Entrate.-
-Non volevamo disturbare.-
-Tranquillo sergente.-
continuò Maura. –Prima o poi almeno voi sareste venuto a saperlo.
-Ragazzi, se avete qualcosa da dire, ditelo adesso. Siamo pronti a tutto. Frost, sei il mio partner e se lavorare con me ora dopo che hai visto questo…-
-Si, una cosa voglio dirvela: auguri!-
pronunciò Frost ponendo il mazzo di fiori sul mobiletto accanto il lettino.
-Come?- chiese incredula Maura.
-Diciamo che era un po’ di tempo che mi ero accorto che tra voi il rapporto si era evoluto in qualcosa di più di un’amicizia.-
-E avevi ragione.-
continuò Korsak. –Auguri ragazze.-
-Ragazzi, non lo sa nessuno, per cui…-
disse Jane.
-Tranquille, non lo saprà nessuno.-
-Grazie per essere passati. Ma tra poco non dovete andare in centrale? Farete tardi.-
-Anche io oggi farò tardi, ma siamo tutti perdonati.-
disse Cavanaugh mentre entrava nella stanza insieme ad Angela.
-Tesoro mio.- disse Angela buttandole le braccia al collo. –Come stai?-
-Male mamma, se mi stringi di più soffoco.-
-Non cambierai mai. Allora?-
-Mamma guardami, sono ammaccata ma sto bene. Mi sono sparata con una 44 qualche tempo fa e sono sopravvissuta, non sarà un taglio alla gola a fermarmi.-
-Quanto sei scema. Tu non sai quanto…-
-Mà, ferma. E’ stato brutto vedermi in quel modo, lo capisco, ma non pensiamoci. Sono qui, ho i miei amici vicino, i miei fratelli se ne fregano quindi è tutto come sempre. Anzi, volete farmi un favore?-
-Quello che vuoi.-
rispose Angela mentre gli altri annuirono.
-Mi portate a casa?!-
-Jane!-
risposero i presenti in coro.
-Cosa ho detto? Non so stare in ospedale, voglio casa mia, il mio lavoro, il mio distintivo.-
-Pensiamo prima a farti tornare a casa.-
rispose Cavanaugh.
-Sentite, io vado a parlare con il medico.- disse Maura per poi andare a cercare il medico che si era occupato di Jane per informarsi sulle sue condizioni mediche.
-Noi invece dobbiamo andare.- disse Cavanaugh. –Dobbiamo tornare in centrale.-
-Andate tutti, io da qui non scappo, almeno per ora.-
-Resto io con te.-
la rassicurò la madre.
-Non devi lavorare anche tu mà?-
-Ho chiesto un permesso, è tutto a posto.-
la figlia le annuì.
-Allora noi andiamo.- continuò Frost.
-Torniamo questa sera.-
-Korsak, Frost… grazie di…-
-Pensa solo a rimetterti presto, abbiamo bisogno di te.-
continuò Korsak facendole l’occhialino.
-Ciao Jane.-
-Tenente!-
Cavanaugh, Korsak e Frost andarono via mentre Angela rimase in camera con Jane ed entrambe aspettavano impazienti che Maura tornasse per sapere le condizioni di salute della donna distesa sul letto.
Jane continuava a pensare al giorno in cui avrebbe detto alla madre che la sua compagna di vita era la sua migliore amica. Pensava se l’avesse guardata ancora con quegli occhi teneri e invadenti da madre che solo Angela sapeva e poteva avere.
Pensava se quel giorno l’avesse riempita di domande o se l’avrebbe lasciata impassibile andandosene.
Era sicura che non avrebbe capito la sua scelta, ma l’amore che provava per Maura le dava la forza per superare tutto, la forza di affrontare tutti.
Prima o poi quel giorno sarebbe arrivato e Jane non poteva farne a meno di pensarci.
Dopo una decina di minuti in camera ritornò Maura.
-Allora? Che dice il dottore?- chiese Jane
-Sei stata una buona paziente. I valori sono nella norma, ti tengono qui solo per precauzione ma massimo tre giorni e sei a casa a patto che venga a stare da me. Ho dato la mia parola al medico che mi sarei occupata di te.-
-Grazie, mi hai condonato qualche giorno per buona condotta.-
- Beh, prego.-
-Quindi non ci sono pericoli, insomma sta bene?-
-Puoi stare tranquilla Angela.-
-Ogni volta che dite così succede qualcosa, inizio a dubitare delle vostre parole.-
-Mamma!-
-Scusami Jane, ma ora devo andare, ho del lavoro da finire in ufficio e devo proprio andare.-
-Non preoccuparti. Ho una guardia che mi farà compagnia e…-
Jane e Maura si guardarono negli occhi e quello sguardo era pieno di amore, del loro amore. Era difficile stare lontano, non potersi darsi un bacio, non potersi avvicinare più del dovuto ma ci riuscivano o perlomeno ci provavano.
-E ci vediamo questa sera. Ciao Jane. Angela.-
-Ciao Maura.-
rispose Jane mentre Angela le sorrise.
-Tutto bene tra voi due?- chiese Angela.
-Si perché?-
-Non so, sembrava strana.-
-Le sono svenuta tra le braccia in una pozza di sangue, magari ancora deve realizzare che sono viva.-
Jane rise.
-Ma come fai a ridere dopo quello che è successo?-
-Perché non posso piangermi addosso. Sono viva ed Hoyt è morto. Questa volta ho visto davvero la morte e sai cosa pensavo mentre lui mi tagliava la gola? Che non ho ancora imparato a fare i tuoi gnocchi.-
-E’ inutile. Non riesci proprio a stare seria.-
sorrisero entrambe.
-Allora fai tu le domande.-
-Perché ti metti sempre nei guai?-
-Perché sono una detective, perché amo il mio lavoro perché voglio un modo diverso, un mondo migliore. Perché sono Jane Rizzoli e sono fatta così.-

 
***

Passarono tre giorni. Jane dopo la visita mattutina del medico fu dimessa e come promesso andò a stare a casa di Maura.
Un motivo in più per stare con lei, per scambiarsi un bacio di sfuggita o una carezza di nascosto.
Ma il primo giorno lo passò da sola. Maura accompagnò Jane a casa sua, ma dovette rientrare in ufficio e l’unica cosa che faceva stare bene Jane era la certezza che la sua donna dopo il lavoro si sarebbe precipitata da lei, e forse riuscivano anche a ritagliarsi un po’ di tempo da sole.
Ma non tutto andò come se lo era immaginato. Maura rientrò a casa alle 7 P.M. ma non era sola: era seguita da un corteo formato dai fratelli Rizzoli, Angela, Cavanaugh, Korsak e Frost.
Sapeva bene che Jane non voleva persone intorno ma non riuscì a persuaderli dall’idea di andare a trovarla così tutti insieme si recarono a casa Isles.
-Ehi Jane, siamo arrivati!- esclamò Maura.
-Come siamo…?- Jane non riuscì a finire la frase che si ritrovò circondata da persone che conosceva bene. Un po’ se lo aspettava, ma voleva anche restare da sola in casa con Maura.
Com’era difficile stare insieme di nascosto, pensò.
-Beh, non penserai di liberarti così facilmente di noi?-
-Non sia mai Korsak, ci siamo visti solamente ieri.-
rispose Jane.
-Allora Rizzoli, pronta per tornare in servizio lunedì?-
-Non si potrebbe fare domani? Non mi lasci fuori.-
-E’ giovedì, prenditi un altro giorno. Non ti lascio fuori.-
-Inizio lunedì a patto che se dovesse arrivare sulle vostre scrivanie un omicidio, una sparizione, una qualsiasi denuncia rientro immediatamente.-
-Sei proprio una testa dura eh? D’accordo.-
-Grazie.-
rispose esultando Jane.
Passarono tutti insieme un paio d’ore mangiando pizza e parlando con la tv di sottofondo, quando verso le undici Jane decise di ritirarsi in camera. Non aveva voglia di stare ancora in mezzo la confusione così finse di essere stanca e andò in camera. Era sicura che prima o poi gli altri sarebbero andati via e Maura l’avrebbe raggiunta e infatti così fu, in meno di un quarto d’ora in quella casa ritornò a regnare la pace ma quando la sua meravigliosa donna bionda la raggiunse in camera, Jane dormiva dolcemente.
Era passato così poco tempo, ma Jane era stanca tra la serata appena trascorsa, le notti insonne in ospedale e la sua aggressione ancora non era riuscita a riposarsi bene; e così appena si stese sul letto il sonno la colse all’improvviso.
Quando Maura entrò in camera vide Jane dormire beatamente.
Sapeva che prima aveva finto di essere stanca ma vedendola dormire il quel modo, con un sorriso sulle labbra non aveva proprio il coraggio di svegliarla. Chissà cosa stesse sognando, pensò.
Così si soffermò a guardare la sua donna.
Com’era possibile che guardandola solamente lei riusciva ad innamorarsene ogni volta in modo diverso e sempre di più?
Come poteva amarla così tanto? Cosa aveva fatto per meritarsi una bella donna come Jane?
A prima vista poteva sembrare una persona arida, fredda ed insensibile, ma era solo il suo modo di difendersi dal mondo perché in realtà dietro quegli occhi color cioccolato e la capigliatura scura e riccia si nascondeva una donna meravigliosa e fragile. Una ragazza straordinaria, pronta a difendere tutto e tutti.
Chi aveva Jane per amica era la persona più fortunata del mondo.
Maura continuò a guardarla e alla fine decise di infilarsi nel letto accanto a lei, la guardò un’ultima volta e poi si addormentò anche a lei accanto alla sua donna. Accanto alla sua Jane.
   
 
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