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Autore: _fallen_in_love_    25/06/2016    0 recensioni
Non saprei dire l'ora, il luogo, o le parole che segnarono l'inizio. Accadde tutto troppo tempo fa. Mi ci trovai nel mezzo prima di sapere come fosse iniziato, fu fondamentale, e l'amai più della mia stessa vita.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo: 0.2
Luke's pov
La stavo osservando, era così esile, con quei suoi pesanti vestiti che gli coprivano tutto e che la rendevano così matura e quasi sofisticata, ma allo stesso tempo debole e indifesa. Sorrisi. Stava camminando con passo veloce, molto veloce, andava di fretta, dal suo viso si poteva intuire che tutto stava andando bene, ma dal suo sguardo no, era palpabile la paura nei suoi occhi azzurri. Camminai lentamente dietro di lei, e parve accorgersene, infatti si girò. I suoi occhi color cielo mi guardavano fissi, il fastidio era visibile. Era indubbiamente bella. Capelli folti e mossi di un color nocciola scuro, e i suoi occhi, intensi e ricoperti da una patina lucida. Labbra carnose, e viso paffutello, era bella, anzi bellissima. Più la osservavo e più lei accigliava, poi si girò e continuò a camminare, non prima di aver sussurrato un poco udibile "strano..." Camminai dietro di lei, ancora e ancora, finché non si girò: «mi stai pedinando? È da molto che segui i miei passi» non sembrò esser arrabbiata, piuttosto era curiosa. Di botto divenni rosso. Non sapevo come risponderle. Mi vergognavo e non poco. Abbassai i miei occhi e giocherellai con le mani. Sussurrai un poco udibile scusa e poi scappai, sparii dal suo sguardo, lasciandola molto confusa, prendendo una delle tante stradine isolate di Sydney
Sophie's pov
Strano, solo strano si poteva definire quel ragazzo, mi sembrava quasi indifeso. Sembrava una ragazzina colta in fragante quando sta scattando una foto di nascosto ad un ragazzo bello, pronta ad inviarla alla propria amica. Non diedi peso a quel ragazzo e alle sue poche parole, come non davo importanza alle parole di nessuno. Io davo valore solo alle mie parole. Non mi lasciavo condizionare da nessuno, prendevo ordini dalla Miss, ma il mio pensiero non lo cambiava nessuno, ero testarda, troppo probabilmente, ma ho sempre creduto alla libertà di pensiero e parola. Rallentai il passo a causa di questi concetti e vidi che ero in ritardo, troppo in ritardo. Corsi velocemente, lei odiava i ritardi, anche se erano solo di cinque minuti, e io ero in ritardo di ben quindici minuti. Ero spacciata. In più correre con delle scarpe con la suola più alta era difficile, avevo decisamente paura di cadere. Arrivai al cancello della "mia" residenza. Presi un profondo respiro ed entrai. Miss Clara era alla porta, aspettandomi a braccia conserte, e con i suoi occhi che mi trucidavano ogni qual volta che voleva, e mi guardava, guardava profondamente, prosciugandomi da ogni sensazione, tranne da quella che viene chiamata comunemente paura. «Ti sembra questa l'ora per arrivare?» Chiese con freddezza. «Mi scusi Miss.. È che ho dovuto prendere..prendere degli appunti, sa per non farmi trovare impreparata alla lez-» uno sonoro schiocco, un dolore terribile, e un calore propagarsi sulla mia guancia. «Sciocchezze, una marea di sciocchezze. Ti ho ripetuto, tantissime volte di non mentirmi. E ora fila in camera tua, non mangerai nulla, e poi sai cosa ti aspetta sta sera» Abbassai lo sguardo. Un brivido mi percorse. «Guardami!» Urlò dandomi poi uno sguardo intenerito. E si, era davvero bipolare. «Sophie lo faccio perchè ti voglio bene. Non vorrai crescere come una belva maleducata, dico bene ragazza? » Chiese. «No Miss... Mi scusi» sussurrai io. «Fila in camera tua ragazzina» «con permesso... E buon pranzo» risposi «Grazie, e anche a te...oh giusto tu non mangerai nulla» e scoppiò in una fragorosa risata, mentre io subivo stando muta, ingoiando bocconi amari di parole mai dette, lasciandole intrappolate per la gola, come in una gabbia. Stavo muta ma volevo urlare, urlare tutto quello che mi passava per la mente.
   
 
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