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Autore: BarbraGleekPotter    25/06/2016    0 recensioni
Breve racconto ambientato nel 15 a.C., tratta della nota "manovra a tenaglia" messa in atto dai figliastri dell'imperatore Ottaviano Augusto, Druso e Tiberio, per cogliere di sorpresa i barbari germanici e porre fine alla conquista delle terre di Rezia e Vindelicia.
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
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I due reparti di cavalleria rientrarono dalla ricognizione e si disposero ai lati delle coorti. Era calato il silenzio, tutti aspettavano col fiato sospeso un segno da parte del generale. 
"Che cosa aspettiamo, legatus?" domandò un giovane soldato al suo fianco. "I barbari si stanno avvicinando in fretta..."
"Non abbastanza" rispose Druso, tranquillamente. "Sulla sinistra sono ancora coperti dal lago, ma non appena lo avranno superato, saranno sorpresi dalla Legio XVI Gallica".
Sorrise compiaciuto; aveva ideato lui stesso quella manovra per annientare l'esercito Vindelico, schiacciandolo in una tenaglia con l'aiuto di suo fratello Tiberio, che muoveva da nord-ovest. Druso invece era partito da sud-est, e guidava la XXI Rapax, la fortissima legione Predatrice affidatagli da Augusto mesi prima. Con essa il figliastro dell'imperatore aveva già annientato le popolazioni dei Breuni e dei Genauni appena entrato in Rezia, e ora i suoi uomini si apprestavano ad addentrarsi nella terra dei Vindelici. Questi ultimi avevano subito una pesante sconfitta a Basilea per mano di Tiberio, proprio mentre lui si dirigeva verso il lacus Venetus per unirsi a Druso. 
"Che Marte ci protegga" pregò sottovoce il soldato, deglutendo. "I barbari sono violenti come bestie...".
"Sono anche stupidi come bestie" fece Druso, sprezzante. 
Lui preferiva la strategia militare di Minerva alla forza bruta, infatti aveva pensato a ogni dettaglio, e non aveva dubbi che le cose sarebbero andate secondo i suoi piani. 
"Non avere paura, ragazzo" tentò di rassicurare il soldato, nonostante fosse un suo coetaneo, "noi romani avremo la meglio in questo e in molti altri scontri".
Il giovane annuì incerto, gli occhi fissi sulla massa informe di uomini che avanzava verso di loro. Druso intuì che stava cercando di contarli. Poco dopo il soldato ruppe nuovamente il silenzio.
"Forse abbiamo commesso un errore a far ritirare i sagittarii..."
"Nient'affatto" tagliò corto Druso, infastidito da quella critica. "I barbari attaccano in formazione a testa di cinghiale, una pioggia di frecce sarebbe uno spreco inutile, dato che la loro avanguardia è scarna"
"Ma la retroguardia è fitta di uomini, perché non attaccare loro?" insisté il soldato. 
Druso sbuffò spazientito. Sentiva gli altri soldati agitarsi attorno a lui, e pensò che sarabbe stato meglio zittire subito quell'idiota prima che spaventasse l'intera coorte.
"Per arrivare alla retroguardia, i sagittarii avrebbero dovuto raggirare l'intero esercito barbarico, esponendosi a un pericolo troppo grande. Preferisco mandare gli equites al loro posto, dato che si muovono più velocemente e sono più difficili da abbattere".
"Ma se..."
"Fidati di me, centurione, so quello che faccio".
Deciso a mettere il giovane a tacere, Druso diede una rapida occhiata alla riva del lago, dove si nascondeva la legione di Tiberio, poi si guardò alle spalle e ordinò ai triarii di ritirarsi con un cenno della mano. Quando loro ebbero obbedito, Druso fece indietreggiare anche il reparto di cavalleria, per poi spedirlo a rinforzare l'ala destra. Adesso era tutto pronto.
"Rapax, formazione!" gridò, il generale, e si udì un clangore di gladi che battevano sugli scudi all'unisono.
"Hastati, in marcia!".
Le tre coorti di fanteria scattarono in avanti muovendosi come un corpo solo, anche se in realtà erano ben distanziate e disposte a scacchiera, in modo che le due ai lati si chiudessero attorno al nemico per prime, e quella centrale potesse subentrare in seguito. Solitamente il generale marciava nel manipolo centrale per coordinare meglio le truppe, ma stavolta aveva deciso di schierarsi sulla sinistra per poter tenere d'occhio la XIV Gallica.
"Avanti, forza!" incitò Druso, osservò che i barbari avevano preso ad avanzare più in fretta. "Schiacciamoli come insetti!"
Grida di assenso gli fecero eco, e anche i centurioni iniziarono a correre. La distanza tra romani e vindelici si accorciò, e Druso notò con piacere che la loro formazione a testa di cinghiale - ossia schierata triangolarmente con la punta rivolta verso il nemico - aveva già cominciato a sfaldarsi: la loro avanguardia si stava inserendo tra le due coorti di hastati, e la terza di retroguardia si stava preparando a bloccarne l'avanzata. Nel frattempo i due reparti di cavalleria sfrecciavano a destra, bloccando i barbari su un lato e costringendoli a spostarsi a sinistra. Una volta superato il lago avrebbero potuto riassestarsi agilmente, traslando le fila e puntando verso est, ma fu in quel momento che la legione guidata da Tiberio uscì allo scoperto. Druso vide gli uomini di suo fratello schizzare fuori dai cespugli come tante piccole ranocchie, correndo verso i barbari imbracciando archi e frecce.
Stupidi! pensò Druso, allarmato. Così colpiranno anche noi!
"Rapax, avanziamo in formazione a testuggine!" ordinò, affrettandosi a dare l'esempio.
I suoi uomini lo imitarono, muovendo gli scudi in perfetta sincronia e impedendo alla pioggia di frecce della XVI Gallica di penetrare le coorti. Così caddero i primi barbari, che non si erano ancora del tutto reso conto dell'imboscata romana. Druso fu un po' scontento, dato che lui era arrivato sul campo di battaglia prima del fratello, ma poi si disse che avrebbe rimediato uccidendo più uomini di Tiberio, e lasciò che la competizione lo spronasse a continuare. Dopo altre due scariche di frecce, la Gallica fece rientrare i sagittarii, e Druso ordinò agli hastati di approfittare dei buchi nella formazione vindelica per circondarne una parte, quella che era stata la punta del triangolo, dove solitamente i barbari schieravano i loro guerrieri più forti. I più deboli formavano invece la retroguardia, al contrario della formazione romana, che raramente usufruiva dei triarii, ossia i combattenti con maggior esperienza. Infatti Druso aveva ordinato alla sua retroguardia di arretrare per bloccare un'eventuale fuga dei barbari verso sud, mentre a nord si stava andando a posizionare non uno, bensì due reparti di equites.
"Ottima tattica, legatus!" si congratulò il giovane soldato, che ormai aveva perso ogni dubbio. "Perdonami se ho dubitato di te".
Il generale lo gratificò con un sorriso, prima di sguainare il gladio e gettarsi finalmente nella mischia. Lentamente anche il resto del suo manipolo abbandonò le lance per darsi ai combattimenti corpo a corpo, una specialità dei barbari che Druso preferiva alla compattezza delle coorti romane, imponendola spesso alla sua legione. Sapeva che Tiberio avrebbe disapprovato - suo fratello era molto disciplinato, e comandava la XVI Gallica con la stessa austerità di Augusto nel governare l'impero - ma pensò di potersi permettere la ricerca di un po' di gloria personale, dato che aveva ideato lui la tenaglia sul lacus Venetus
***
 
"Una grande vittoria, Druso!" si congratulò Marco Vipsanio Agrippa, smontando da cavallo e correndogli incontro. "Ottaviano molto sarà orgoglioso di te"
"Lo sarà di tutti noi, amico mio" lo corresse Druso, anche se per mera gentilezza; Agrippa aveva quasi cinquant'anni, ed era rimasto nella retroguardia della Gallica assieme ai triarii
"Di me non lo sarà comunque" si lamentò Tiberio, avvicinandosi ai due uomini con la stessa aria sofferente di sempre. "Si complimenterebbe con il capo di questa tribù di barbari piuttosto che con me".
Druso scoppiò in una fragorosa risata e diede una forte pacca al fratello.
"Sempre il solito ottimista, Biberio?" lo schernì, con una strizzata d'occhio ad Agrippa. "Rasserenati, Augusto non si complimenterà con nessun barbaro, dato che li abbiamo eliminati tutti".
Poi allargò le braccia con entusiasmo, davanti a lui un'enorme distesa di cadaveri, quasi tutti vindelici. 
"L'imperatore sarà ben lieto di sapere che la Rezia e la Vindelicia sono nostre".
   
 
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