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Autore: KikiWhiteFly    27/06/2016    2 recensioni
[ Freddie/Stuart. One shot ]. Così, quando il neo-marito lo aveva portato all’interno di un vecchio e polveroso capanno, la sua prima reazione era stata: « Dio, sono sempre stato a conoscenza dei tuoi orribili gusti, ma mai come oggi », seguita da un’occhiata brusca da parte di Stuart.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The answer is right in front of you




Gli anni erano passati molto più velocemente di quanto la memoria di Freddie potesse ricordare e, alcune volte, si trovava tra sé e sé a rincorrere i ricordi, prima che potessero sfuggirgli.
Tanto i luoghi quanto le date iniziavano ad assumere contorni sempre meno netti, ma vi erano altrettante cose indelebili nella sua memoria e una di queste era, senza alcun dubbio, il suo primo incontro con Stuart.
Così, quando il neo-marito lo aveva portato all’interno di un vecchio e polveroso capanno, la sua prima reazione era stata: « Dio, sono sempre stato a conoscenza dei tuoi orribili gusti, ma mai come oggi », seguita da un’occhiata brusca da parte di Stuart.
Ormai Freddie non doveva calcare più di tanto il tono sardonico, Stuart era perfettamente in grado di capire la serietà o la frivolezza delle sue affermazioni – e, in verità, negli ultimi cinquant’anni si era talmente abituato al suo sarcasmo che non avrebbe più saputo come convivere senza.
« Lascia che ti rinfreschi la memoria, Freddie », disse Stuart, illuminando la stanza. « Questo è uno dei primi gay bar mai esistito in zona – o al mondo, chi lo sa –, nascosto nella periferia più sperduta perché… beh, puoi immaginare il motivo. Se sposti lo sguardo verso destra, puoi ancora vedere un ventenne che ancheggia ».
Stuart puntò l’indice verso l’angolo di quel che un tempo era stato un grande salone e Freddie seguì automaticamente la direzione, rivedendo con l’immaginazione ogni singola parola pronunciata da suo marito.
« Pensavo che non avessi la spina dorsale la prima volta che ti vidi avanzare verso di me ».
« Io pensavo che non mi avessi visto affatto, eri troppo occupato a palpeggiare accidentalmente qualsiasi parte del mio corpo ».
Freddie mimò un brivido di freddo, inveendo: « Oh, ti prego, ci sono cose che nemmeno una stanza dovrebbe sentire ».
Stuart gli lanciò l’ennesima occhiata arguta, poi riprese: « Beh, dato che lo raderanno al suolo a breve, volevo che lo visitassimo almeno per un’ultima volta ».
Tra i due Stuart era sempre stato il più sentimentale, era risaputo: qualsiasi dono gli avesse fatto negli ultimi cinquant’anni era stato meticolosamente pensato – e talvolta realizzato –  a dovere mesi addietro, il tutto per ricevere un’espressione di sufficienza da parte di Freddie allo svelamento del regalo stesso. Ma Freddie, mettendo a punto le doti attoriali, aveva imparato bene a mascherare qualsiasi stato d’animo, in maniera particolare in presenza di un gruppo affollato, ragion per cui negli anni aveva fatto proprio un certo contegno, mostrando con sempre meno frequenza i suoi veri sentimenti.
Erano rare le situazioni in cui il sentimentalismo vinceva, ma erano tali poiché Freddie desiderava che solo Stuart potesse vedere la sua reale natura – così lasciò che una lacrimuccia gli sfuggisse dalle ciglia, offuscando la sua vista.
Eppure ciò che lo commosse davvero fu il fatto che Stuart non fosse affatto stupito da quella reazione, poiché lo sapeva – eccome se lo sapeva –, dopo cinquant’anni di battibecchi quotidiani e frasi altisonanti, il suo vero io era divenuto piuttosto trasparente.
Stuart poggiò la testa sulla sua spalla, senza dire una parola: nel rigoroso silenzio di quel vecchio capanno potevano sentire ancora il tintinnio dei bicchieri, il buon vecchio jazz di un tempo, le stridulanti risate provenire da ogni parte della sala e le prime parole scambiate di una lunga, fatidica e infinita lista.


˜

1966, Londra.


« Oh, mi scusi, colpa mia », si affrettò a fare ammenda una vocina piuttosto acuta.
« Ma che…? », si interruppe una sagoma imponente, cercando di togliersi di dosso l’irrimediabile odore che avrebbe assunto ben presto il suo maglione.  
Poi, alzando gli occhi, vide una figura piuttosto angelica – nonché piuttosto nuova, da cliente abituale qual era –, quasi sull’orlo della disperazione.
Così, in un inusuale moto di gentilezza, Freddie gli rivolse il suo sorriso più sincero: « Questo potrebbe rimediare al danno », ammise, scolando il suo drink in un sol sorso.
« Veramente era per il mio amico – ».
« Un consiglio… ».
« … Stuart. Stuart Bixby », si affrettò a precisare, chiedendosi solo qualche attimo dopo per quale motivo avesse rivelato anche il suo cognome.
« Stuart Bixby », ripeté Freddie, aggiustandogli il papillon. « Non nominare mai il nome di un altro uomo, specialmente se quest’uomo sta cercando di farti la corte ».
Stuart divenne paonazzo, nessun uomo si era mai approcciato in maniera tanto sfrontata nei suoi riguardi: boccheggiò per alcuni secondi e suscitò l’ilarità del suo interlocutore, poi riprese la parola.
« Quale amico, esattamente? ».
Freddie si interruppe istantaneamente, l’audacia di quella risposta lo aveva stupito come ben poche cose nella vita.
In quel momento non avvertì più né la musica in sottofondo, né l’umidità del suo maglione, men che meno l’instancabile chiacchiericcio nella sala – beh, non proprio, non sentì nient’altro ad eccezion fatta dell’unica martellante voce che, da allora in avanti, avrebbe sempre voluto udire.





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Il mio umile – umilissimo! – tributo a questa serie a dir poco meravigliosa, conclusasi più di una decina di giorni fa. È il mio modo di dire “addio” (anche se so già che mi farò rewatch su rewatch) a questa serie, con uno sprazzo di vita presente e passata di Stuart e Freddie.
Il titolo deriva da una frase di Ash, poco prima che Freddie chiedesse a Stuart di sposarlo (<3).
Grazie per aver letto!

Kì.






   
 
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