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Autore: killerqueen95    28/06/2016    1 recensioni
-Allora Aria, sai perché sei qui?- chiede lei sempre con quel sorrisino stampato in faccia.
-I miei credono che io sia una disadattata … credo. Oh no, aspetti, riformulo tutto. I miei credono che io sia una disadattata, ubriacona e drogata. Dunque si, credo di sapere perché mi trovo qui, anche se non ne vedo l’esatta necessità. – sbotto io sorridendo esattamente come continua a fare lei.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1^ giorno
-Siediti pure nel divano, Aria. –sorride la signora Sullivan.
Con aria poco convinta mi siedo nel divano di pelle nera che profuma di lavanda, mi fa venire mal di testa questo odore. Accavallo le gambe e incrocio le braccia al petto mentre faccio scorrere lo sguardo per tutta la stanza.
Le pareti sono rigorosamente bianche ricoperte da dei quadri rappresentanti paesaggi tranquilli e dall’aria sicura. I certificati di laurea e specializzazione sono in bella mostra sopra la testa della dottoressa, come a voler dire che lei è davvero qualificata, quasi un ostentazione sin troppo forzata.
La scrivania è colma di fascicoli con dell’etichette rosse e le scritte nere. Lei fruga in quella marea di fogli sino a trovare una cartella verde menta con il mio nome scritto a caratteri cubitali. Io odio il verde.
La dottoressa si siede nella poltrona davanti a me, apre il fascicolo che sembra parecchio grosso, mi sorride con fare rassicurante mentre toglie fuochi un agenda e una penna.
-Allora Aria, sai perché sei qui?- chiede lei sempre con quel sorrisino stampato in faccia.
-I miei credono che io sia una disadattata … credo. Oh no, aspetti, riformulo tutto. I miei credono che io sia una disadattata, ubriacona e drogata. Dunque si, credo di sapere perché mi trovo qui, anche se non ne vedo l’esatta  necessità. – sbotto io sorridendo esattamente come continua a fare lei.
-Beh, direi che questa è una descrizione un po’ troppo colorata per la tua situazione. Io direi che sei qui per avere qualcuno con cui parlare, o semplicemente per imparare a parlare con qualcuno di diverso da te.- ribatte lei con tono pacato e io ammutolisco.
Io non ho bisogno di parlare con nessuno, ho i miei amici con cui posso parlare di tutto senza nessun problema, ma non ho bisogno di nessun’altro.
-Vuoi iniziare a parlarmi un po’ di te?-
-Mi chiamo Aria ho 18 anni, vado a scuola, studio quando mi ricordo e sono felice.- lei non sembra soddisfatta della mia risposta, ma non lo da a vedere più di tanto.
Si riavvia alcuni ciuffi che iniziano a venir fuori dallo chignon severo e mi guarda con accondiscendenza. Scrive qualcosa nell’agenda dorata tempestata di brillantini che fanno scivolare la loro luce sul pavimento di marmo bianco, poi solleva di nuovo la testa verso di me e incolla i suoi occhi ai miei.
-Cosa ti piace fare Aria?- chiede lei sistemandosi più comodamente nella poltrona.
Dalla maniera in cui mi guarda, capisco che prima o poi crollerò con lei, che le racconterò tutto. Le parlerò della vera Aria e di tutti i problemi che si celano dietro ai miei sorrisi e al mio “sono felice”. Per ora stringo i denti sul mio labbro inferiore come a voler trattenere il più possibile tutte quelle parole non dette, tutte quelle grida che continuano a morirmi alla base della gola prima che possano arrivare alle labbra per essere sentite.
-Mi piace leggere, fare lunghe passeggiate, scrivere e stare alla piazza delle palme.- sussurro.
Lei prende appunti come una macchinetta facendo freccette in tutto il foglio e attaccando post-it in alcuni fogli del mio fascicolo.
-Ti dispiacerebbe descrivere questi tuoi hobby? Perché ti piace fare queste cose?-
Questa volta non solleva lo sguardo, lo tiene basso verso l’agenda e attende che io inizi a parlarle, lo fa per lasciarmi il mio spazio, credo.
-Leggere mi rilassa, mi proietta in un mondo che so essere solo mio. Mi strappa dal mondo reale e mi lancia nella storia, io stessa divento protagonista. Posso  provare le emozioni degli altri personaggi, posso aiutarli a risolvere i loro problemi. Leggere è l’unico modo per evadere dalla realtà, per vivere qualcosa di diverso dal normale.  Tutti credono di non poter tornare indietro nel tempo o andare nel futuro, nessuno crede davvero che maghi e demoni esistano; ma i libri rendono tutto questo reale. Fanno in modo di portarti indietro nel tempo, di farti arrivare nel futuro. Ti danno la possibilità di fare magie o di distruggere interi mondi e popolazioni. I libri mi hanno sempre fatta sentire speciale e potente, è una sensazione che nessun essere umano è ancora riuscito a darmi.- mi blocco per qualche istante per riprendere fiato e passarmi la lingua sulle labbra.
-Per quanto riguarda le lunghe passeggiate non c’è un motivo reale. Cammino quando ho qualcosa di importante a cui pensare, oppure quando devo decidere qualcosa di particolarmente importante per me. Mi piace assorbire tutti i rumori che sono attorno a me, lasciarmi cullare da essi. Se ho qualche problema mi aiuta a svuotare la mente e a riempirla di bei pensieri. Non so come spiegartelo, diciamo che cammino per purificare la mia anima.-
-Ti fa sentire sollevata?- mi chiede.
-Si, parecchio.-
Per qualche secondo entrambe stiamo in silenzio. Io mi fisso la punta delle scarpe e mi accorgo che c’è una macchiolina blu che stona con il tessuto bianco.
-Diciamo che la scrittura va associata un po’ alla lettura. Il motivo è molto semplice. Mi piace immergermi in qualsiasi mondo che non sia quello reale, mi piace vivere nuove avventure, ma delle volte mi piace immergermi nel mondo che voglio io. Così mi siedo nella stanza con il portatile sulle gambe e inizio a scrivere, a creare un mondo tutto mio, con le persone che voglio io. È un po’ come prendere una boccata d’aria in mezzo a tutto questo. È come se la mia mentre prendesse realmente vita e diventasse un momento popolato di persone che mi piacciono. Ecco perché mi piace tanto … -
Questa volta mi blocco perché stiamo per entrare nell’argomento che più le preme, il motivo per cui sono qui.  La piazza delle palme. Ci sono cresciuta, ci ho vissuto tutta la mia vita sino ad ora, mi sta rovinando.
O mi sto rovinando io?
Può una piazza circondata da palme verdi, rovinare una persona a tal punto da renderla irriconoscibile? Non ne sono così sicura, forse ho semplicemente deciso di rovinarmi, di trasformarmi  in ciò che sono ora.
-Perché ti sei fermata? Manca l’ultimo punto.- mi dice lei accarezzando i fogli che si tiene in grembo.
-Io non voglio parlare della piazza delle palme.- biascico allisciandomi i capelli con le dita e cercando di concentrare il mio sguardo su un punto indefinito nel muro.
Lei segue il mio sguardo nella speranza di vedere qualcosa che abbia catturato la mia attenzione, ma la triste verità è che io cerco solo di tenermi lontano da lei. Di fuggire da lei.
-Come hai conosciuto i tuoi amici? Quando il vostro gruppo si è formato? – non demorde proprio.
-Io avevo più o meno dodici anni, ero la più piccola tra tutti. Mi avevano adottata come se fossi una sorta di mascotte, io li avevo lasciati fare perché l’idea di stare con dei ragazzi più grandi mi piaceva parecchio. In quel periodo ero proprio l’unica ragazza, ma la cosa non turbava me e nemmeno loro. Mi sentivo protetta e in effetti è sempre stato così,  nessuno di loro avrebbe lasciato che mi venisse fatto del male. Tutti mi conoscevano bene già a quell’età.-
-Quando hai iniziato a bere a fumare?- mi chiede interrompendo il flusso di parole.
-A quattordici anni mi sono presa la prima sbronza. Mi ricordo quel sabato come se fosse successo qualche secondo fa. Come tutti i sabati, loro, avevano preso la vodka e altri alcolici e poi avevano fatto i loro intrugli magici. Io come tutte le volte ero rimasta ad osservare la preparazione, alla fine avevo sollevato la bottiglia e me l’ero portata alle labbra. Avevo lasciato che il liquido caldo mi scivolasse lungo la gola sino a scottarmi. Ricordo che tutti mi avevano con guardata con un’aria alquanto sconvolta. Dopo il primo sorso ne erano seguiti degli altri, sino a quando la testa non aveva iniziato a sembrarmi più leggera  e tutto quello che vedevo lo percepivo a rallentatore. Per me era sensazione del tutto nuova e strana, ma pur sempre qualcosa che mi piaceva. Da quel momento in poi non ho più lasciato la bottiglia. Ma non è allora che ho iniziato a distruggermi e stato qualche anno dopo.-
-a 14 anni hai iniziato a fumare?- mi chiede con insistenza.
-No, è stato a 15 anni. – ribatto secca mentre i ricordi iniziano a scivolare lenti.
-Perché?- chiede lei.
Questa volta è una domanda realmente sincera, perché nemmeno lei riesce a darsi una risposta adeguata alla mia situazione.
-La domanda che mi sono sempre posta è stata: Perché non farlo? Insomma perché non avrei dovuto farlo? In fin dei conti era una cosa che tutti i miei amici facevano. Mi sembrava una cosa quasi naturale, ero l’unica a non aver ancora provato e mi andava di farlo. Così un altro sabato ho fatto il mio primo tiro di erba. Mi sono sballata per la prima volta, ho provato per la prima volta la sensazione di volare. Devo ammettere che, comunque, non mi ha mai entusiasmato più tanto; insomma è sempre stato un qualcosa che facevo tanto per e non perché mi piacesse sul serio. Qui si parla di una cosa completamente diversa dall’alcool.-
Detto questo ammutolisco e riprendo a fissare il muro bianco. Sento lo sguardo della dottoressa Sullivan su di me e questo mi innervosisce parecchio, tanto che inizio a torturarmi la manica del golfino viola che indosso. 
mi sfilo il cellulare dalla tasca e guardo l’orario. Le sei e mezza. La mia ora è finalmente scaduta. Lei sembra capirlo dalla mia espressione e chiude finalmente il mio fascicolo, si stringe nelle spalle e poi si alza e io a la imito.
-È stato un piacere Aria. – dice allungandomi la mano. –Ci vediamo domani al solito orario, ho in serbo per te una sorpresa.-
-Arrivederci. - dico con davvero scarso entusiasmo prima di chiudermi la porta alle spalle.
   
 
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