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Autore: Serpentina    29/06/2016    1 recensioni
Missing moments e retroscena sui personaggi della mia long "Love Quest". Perché dietro (e dentro) la storia principale spesso si cela molto altro...
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ho pensato di dedicare un extra alla new entry dell’epilogo di LQ: Paris, detta Perry, la cugina di Ewan. Enjoy!
 

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Qualcosa di nuovo sul fronte sentimentale
 
La famiglia Mason aveva riposto in entrambi i figli, Connor e Paris, grandi aspettative, riversatesi tutte sulla minore dopo che il primogenito aveva deragliato dai binari. Paris si era impegnata profusamente per non deludere quei genitori che vedevano nei suoi successi il riscatto dall’errore di Connor, ed era riuscita nell’impresa: un curriculum scolastico impeccabile, ma senza rinunciare a un minimo di vita sociale, laurea in Legge alla Cornell University e un master a Princeton, una finora brillante carriera nel foro che le era valsa il soprannome “Perry”. La bionda superdonna, tuttavia, era alquanto carente sul fronte sentimentale: nonostante i corteggiatori non fossero mai mancati, sembrava che nessuno riuscisse a catturare il suo interesse abbastanza a lungo. Inizialmente si era giustificata dichiarando che la ricerca di “quello giusto” era rimandata a quando avesse avuto una certa stabilità, ma, ormai divenuta la più giovane socia di un importante studio legale, aveva dovuto arrendersi all’evidenza: lei un fidanzato non lo voleva. Neanche una fidanzata. I suoi desideri erano ben altri.
–Un mondo senza fumo e Miss America, un corpo da modella, alzarmi a mezzogiorno la domenica, cantare e ballare nuda per casa con le finestre aperte, restare a crogiolarmi nella vasca idromassaggio finché non mi si raggrinziscono le falangi, godermi il pasticcio di carne di Moriarty’s senza pensare alle calorie, uccidere William Rice, rendere mia nipote meno simile a me… devo continuare?
–Per carità, basta così!- ridacchiò, lievemente esasperato Keiron Black, l’uomo che occupava l’altra metà del letto. Nessuno dei due aveva voglia di vestirsi, per cui erano rimasti nudi sotto le coperte, a chiacchierare. Carezzò la pelle vellutata di Paris, che rispose con un breve mugolio di piacere e un sorriso di placida soddisfazione. –Ti sento parlare abbastanza in tribunale!
–Avverto una nota acida nella tua voce. Rosichi perché ogni volta ti faccio il culo, eh, caro il mio vice-procuratore?- gli rammentò impietosamente l’avvocatessa, mostrandogli la lingua, prima di fare ammenda per la battuta impertinente con un bacio passionale. In realtà non le piaceva granché baciare Keiron - non per una sua mancanza di abilità, né tantomeno per scrupoli morali - le dava fastidio il retrogusto di rimpianto che quei baci le lasciavano in bocca. Lo stimava sia professionalmente che umanamente: aveva i suoi difetti, come tutti, però era il primo a riderci su, qualità che apprezzava. Inoltre, ciliegina sulla torta, sebbene non si potesse definire bello in senso classico, era charmante e un discreto spettacolo per gli occhi. Avrebbe potuto tranquillamente innamorarsi di lui, e questo la spaventava. In circostanze diverse, forse avrebbe trasformato la relazione clandestina in un rapporto serio, alla luce del sole, ma il conflitto di interessi li aveva obbligati alla segretezza: non avevano intenzione di fare un passo indietro, né di pestarsi l’un l’altro i piedi; erano consapevoli che ufficializzare la loro storia ne avrebbe decretato la fine: chiunque dei due avesse voltato le spalle al lavoro se ne sarebbe pentito, accusando l’altro di averlo condannato all’infelicità. “In amore l’altruismo non paga”, era il suo motto. “Soltanto se sei felice puoi rendere felice il partner”.
–Adoro la tua presunzione, Perry.
–Hai dimostrato ampiamente stanotte quanto mi adori- miagolò Paris, stiracchiandosi. –Ti terrei qui alla mia mercé tutto il giorno, tesoro, ma sta per abbattersi su questa casa l’uragano Marnie, volontaria per accompagnarmi a scegliere il vestito. Se potessi cortesemente levare le tende…
–Ah, già. Il matrimonio- sbadigliò Keiron, passandosi una mano sugli occhi. –Mi meraviglio che tuo cugino non ti abbia inserita tra le damigelle, visto quanto siete legati!
–Meno male, guarda!- sbottò la bionda, abbandonò a sua volta il letto e preparò la vasca da bagno. Al diavolo l’ambiente, niente e nessuno l’avrebbe privata della sua schiumosa e profumata coccola quotidiana! –Quello della damigella è un ruolo ingrato: devono indossare abiti nella migliore delle ipotesi ridicoli, nella peggiore orrendi, sottostare alla tirannia di dittatrici isteriche, organizzare e sopportare il noioso e/o volgare e/o patetico addio al nubilato e sfilare impettite come soldatini e sorridenti come reginette di bellezza. Un vero incubo! Beate mia cognata e mia nipote, che hanno inventato una bugia plausibile per sottrarsi a questa tortura!
Keiron finì di allacciarsi le scarpe, curvò le labbra in una smorfia divertita e soffiò, prima di andarsene –Chi è la rosicona, adesso?

 
***

Non lo avrebbe mai ammesso, ma si sentiva al settimo cielo, forse addirittura all’ottavo; non gioiva della scalogna di Ingrid - che si era rotta la caviglia - però non poteva fare a meno di esultare: Jodie le aveva chiesto di sostituirla come damigella! Pazienza se aveva già speso una bella cifra e avrebbe dovuto sborsare altri dollari per le modifiche al nuovo vestito, era ufficialmente damigella! Di riserva, ma pur sempre damigella. Ciliegina sulla torta: la sposa aveva buon gusto. Niente obbrobri in colori vomitevoli, niente cafonaggini; un sobrio abito verde smeraldo che avrebbe potuto tranquillamente riciclare in futuro. Urrà per Jodie!
–Pronta per la passerella, capo?- la punzecchiò Marnie, segretaria e assistente di ricerca (in un prossimo futuro tirocinante).
–Quando la smetterai di chiamarmi capo?- esalò Paris, incrociando le dita sotto il mento.
–Quando smetterà di irritarti, cioè mai- rispose la ragazza. –Mi raccomando l’intimo: sotto è importante quanto sopra; sai cosa si dice delle damigelle, no?
–Stavolta la sposa può stare tranquilla: sono contraria all’incesto.
–Ok, lo sposo è fuori uso, ma tra gli invitati ci sarà qualcuno “fattibile” e disponibile!- rincarò Marnie senza darsi per vinta. Detestava Keiron e sperava incessantemente che Paris lo mandasse al diavolo. –La damigella-tipo non abbandona il ricevimento senza aver scopato almeno una volta, ricordalo!
–E tu ricordami perché ti ho assunta- replicò l’altra, celando la bonarietà dietro una finta occhiataccia.
–Perché altrimenti mio padre ti avrebbe dato il tormento- asserì Marnie, solare quanto il tubino giallo dava a intendere. –Oh, e anche perché sono dannatamente brava nel mio lavoro.
–Brava, sì… nello spingermi tra le braccia di sconosciuti!
–Il tuo amico di letto approfitta del fatto che non siete una coppia vera e propria, perché tu no?- si morse la lingua, maledicendo l’impossibilità di usare, nella vita reale, il “rewind”; cos’avrebbe dato, pur di rimangiarsi quella frase sconsiderata! Ma ormai la frittata era fatta, non restava che cuocerla. –Sì, insomma… sono l’assistente di ricerca, no? E lui non mi è mai piaciuto, così ho fatto delle ricerche e, beh… quello che ho scoperto non ti piacerà.
Paris non ebbe la faccia tosta di rimproverarla: nei suoi panni, avrebbe agito alla stessa maniera. Afferrò i fogli e li scorse da cima a fondo con frenesia, l’incredulità iniziale sostituita dalla rabbia rigo dopo rigo. Alla fine, chiuse gli occhi per una manciata di secondi e sospirò –Me l’aspettavo. E sai una cosa? Fa meno male di quanto immaginassi. Anzi, è quasi liberatorio!

 
***
Nonostante i buoni propositi, non ebbe il coraggio di affrontarlo a viso aperto per diversi giorni, precisamente fino al giorno delle nozze (di Ewan). Fortunatamente la coppia aveva scelto una cerimonia serale, altrimenti sarebbe stato difficile presenziare: era stata fissata un’udienza quella stessa mattina.
Quando, come di consueto, ricevette il biglietto che indicava la stanza vuota dove si sarebbero incontrati per i preliminari (letteralmente) prima dell’ingresso in aula, a stento resistette alla tentazione di stracciarlo, ma si fece forza e, scambiato uno sguardo d’intesa con Marnie, si diresse verso l’ala più remota degli archivi. Il progetto di recitare la parte della finta tonta fino al momento opportuno svanì quando Keiron la afferrò per la vita e si mise a baciarla ovunque. Una molla scattò dentro di lei; lo scostò con veemenza e sibilò –Non toccarmi. Mai più!
–Si può sapere che ti prende? Sei ancora incazzata per il patteggiamento di Gilbert? Sarebbe stato un suicidio arrivare al processo! Pensala in questi termini: è stata una vittoria per tutti. Ti rifarai oggi: truccare il lupo cattivo da agnellino è la tua specialità!
–Anche la tua- soffiò lei, impedendo un altro tentativo di sfiorarla. –E io stavo per fare la fine di Cappuccetto Rosso!
–Non capisco di cosa parli, Perry.
–Getta la maschera, Keiron: so di Sabrina.
La sua replica la sconvolse persino più della triste verità in forma cartacea che le aveva consegnato Marnie.
–Tanto rumore per nulla, se mi concedi la citazione. È vero, esco con una donna, ma è un germe appena innaffiato, non so se germoglierà. Nel frattempo, possiamo continuare le nostre “attività”.
“Le lesioni personali sono reato. Le lesioni personali sono reato.”
–Come seleziona gli studenti Harvard, tirando a sorte? Non credo sia necessario un gran cervello per capire che non puoi venire a letto con me se esci con un’altra!
–Perché no?- le chiese, esibendo un’espressione innocente da Oscar. –Sai perfettamente che dall’innegabile alchimia che c’è tra noi non potrà nascere niente, mentre lei è un’incognita. Sono ancora… in fase di studio, per così dire, quindi perché non divertirci in attesa dei risultati?
–Ringrazia che non vada da questa Sabrina a spifferarle tutto. Oh, riprenditi, Keiron, sai benissimo che non mi abbasserei mai a tanto! Davvero ti illudevi di tenerlo nascosto a me? Io ho occhi e orecchie ovunque, anche per questo sono la migliore- sputò Paris con acrimonia. Il rancore sarà pure disdicevole, ma le ricordava la propria umanità: aveva il diritto di sentirsi ingannata, di soffrire… di fargliela pagare, a tempo debito. –Basta discutere, è ora di entrare in aula. Se ci riesci, perdi la causa entro mezzogiorno: ho un matrimonio a cui presenziare!

 
***
Un poema non sarebbe bastato a contenere tutte le invettive di Paris contro Jonathan Carmassi, l’amico dongiovanni da strapazzo di Ewan, ma era stata costretta a limitarsi a quattro messaggi: aveva terminato il credito. Dandosi della stupida nel constatare che Marnie le aveva lasciato un promemoria al riguardo, la ringraziò mentalmente: soltanto grazie al suo prezioso aiuto non moriva di fame o leggeva a lume di candela perché aveva dimenticato di pagare la bolletta.
Senza l’evasione offerta dalla messaggistica, tornò ad annoiarsi; la visita all’ala del museo chiusa al pubblico si era rivelata superiore alle aspettative (guastata solo dalle allusioni di Jonathan su un possibile uso alternativo di quei luoghi appartati), la musica e il cibo non le dispiacevano e l’atmosfera era festosa al punto giusto, però… non riusciva a reprimere la negatività. Le attenzioni di un uomo decisamente figo e famoso (lo aveva appurato dalle richieste di autografi che quasi gli avevano guastato la cena) non bastavano a frenare i tipici pensieri femminili su “l’altra”: come si erano incontrati? Cosa vedeva in lei? Cos’aveva di meglio da offrire?
Quando Jonathan si presentò come il principe azzurro, venuto a salvarla da noia certa, accettò volentieri quel salvagente di momentanea distrazione. Ammise (a malincuore, poiché odiava essere nel torto) di averlo mal giudicato, e stava riflettendo se seguire o meno il consiglio di Marnie e spassarsela, quando esplose una bomba più devastante dell’atomica.
–Adesso che ti conosco, ho un motivo in più per visitare la città dell’amore fraterno. Mia sorella subirà uno shock: in quattro anni non sono mai andato a trovarla!
–Oh, certo! La fantomatica sorella che, guarda caso, vive nella mia stessa città!
–È vero! Chiedi a chi vuoi! Si è trasferita quattro anni fa e gestisce MixArt, la…
–Galleria dei Noble, su Chestnut Street- esalò lei, impallidendo di colpo. –Se si chiama Sabrina, allora la conosco.
–Dove vi siete incontrate?- domandò Jonathan, sinceramente curioso. –Senza offesa, dubito frequentiate gli stessi ambienti.
–Abbiamo un amico in comune- rispose Paris in tono grondante sarcasmo. Non desiderava che di teletrasportarsi a casa, oppure all’Hard Rock Cafè per fare bisboccia insieme a Marnie e ai suoi amici. –Mi sono stufata di ballare, voglio sedermi e bere qualcosa.
–Oh. Ok. Siediti pure, prendo io da bere.
–Allora non hai capito: voglio stare lontano da te!- sbraitò, per poi girare sui tacchi e rifugiarsi nella solitudine del padiglione geologico. Sbollita la rabbia, venne corrosa dal rimorso: Jonathan non aveva colpe, esattamente come sua sorella, che quasi sicuramente non era a conoscenza degli intrallazzi segreti dell’apparentemente idilliaco Keiron. Meritava delle scuse.
Lo trovò intento a fumare, la schiena poggiata contro la porta dell’uscita di sicurezza sul retro.
–Sto cercando di starti alla larga, per favore facilitami il compito!
Non si aspettava il tappeto rosso, ma neppure una tale freddezza.
–Ti devo le mie scuse. Mi sono comportata da stronza. A mia difesa posso dire solo che sto passando un periodaccio, e…
Jonathan scrollò le spalle, aspirò l’ennesima boccata di rinfrescante piacere cancerogeno e rispose –Tranquilla, non me la sono presa. Secondo mia sorella è salutare che venga rifiutato, ridimensiona il mio abnorme ego- fraintendendo la ragione dell’improvviso irrigidirsi della bionda, corrugò la fronte e aggiunse –Comunque, se permetti un parere non richiesto, è lui a perderci.
Paris impallidì di colpo e per poco il cuore non schizzò fuori dalla gabbia toracica, tanto forte stava battendo.
–L-Lui?
–Il tizio che ti ha scaricata. Ho, ahimè, una certa esperienza in merito, fiuto subito un cuore infranto.
–Stavolta il tuo fiuto si è ingannato. Credevo fosse il cuore a piangere, poi ho capito che è l’orgoglio: non è mai piacevole essere mollati, specialmente all’improvviso, senza apparente motivo.
–Sei fortunata. Io ho scoperto che la donna che amo se ne frega altamente di me. Mi ha riso in faccia! Posso assicurarti che è tremendo. Mi sono sentito morire. Non deriderò mai più i personaggi dei drammi strappalacrime, mai più! Eppure sapevo a cosa andavo incontro, la conoscevo da anni… ma nulla può contro il masochismo da crocerossina! Il peggio è che, nonostante quello che sto passando, se tornasse da me la perdonerei.
Mentre tossicchiava la nuvola di fumo che le aveva soffiato dritta sul viso, Paris lo studiò di nascosto: per essere un superficiale (come credeva fosse chi lavorava nel mondo dello spettacolo) che ci provava praticamente con chiunque, aveva delle sfaccettature interessanti.
–Mi dispiace- mormorò. –Per questo e per… beh… prima.
–Posso sempre farti pagare pegno- ribatté Jonathan con un sorrisetto assai poco raccomandabile. –Un bacio? Mi sembra ragionevole.
–Te lo scordi! Non abbiamo dodici ann…
Non riuscì né a finire la frase, né ad irritarsi, era troppo occupata ad esaudire la preghiera di Marnie. Se in vita sua era mai stata baciata con maggior dolcezza o ardore, il ricordo non le era rimasto impresso nella mente. Interruppe a malincuore quel gradevole contatto, ma avevano entrambi bisogno di respirare.
–A dodici anni non mi sarei mai sognato di proporti di continuare in una delle sale vuote di sopra.
–A dodici anni non mi sarei mai sognata di accettare.

 
***
–Allora?
–Scimmietta curiosa! Non sai che una gentildonna gode e tace?
Marnie, fiondatasi in ufficio quella mattina al solo scopo di ottenere succosi pettegolezzi, sbuffò –Non tu! Tu devi cantare! Sono affamata di dettagli sconci!
–Niente sconcezze, è stato un gran bel matrimonio- la deluse Paris, quindi salutò con la mano il socio William Rice III, nipote di uno dei fondatori dello studio. –L’unico momento imbarazzante è stato quando un amico di Ewan - il dottore, quello rosso… com’è che si chiama? - è svenuto alla notizia che avrà un bambino. Fortunatamente la sorella di Jodie è infermiera e l’ha rianimato.
–Chi se ne frega! Mi importa di te! Hai scopato o no?
Impossibile mentire di fronte al cipiglio di Marnie, che sembrava una gorgone per via della folta chioma bionda che le mulinava indisciplinata intorno al viso.
–Sì. Anticipo le risposte alle domande che sicuramente mi rivolgerai: sì, mi è piaciuto, e no, non lo rivedrò!
L’assistente di ricerca rimase spiazzata, in religioso silenzio per alcuni secondi, poi lanciò un’offensiva di assurdità a raffica.
–Perché? È sposato? Fidanzato? Ragazzo padre? Segretamente gay? Membro di una setta? Affetto da una malattia incurabile?
–Mi ha chiamata col nome della sua ex!- sbraitò l’avvocato Mason. –Ho già abbastanza problemi senza accollarmi la riabilitazione amorosa di Jonathan Carmassi!
Da sconcertata, l’espressione di Marnie mutò in estatica: abbracciò di slancio la sua datrice di lavoro e trillò –Hai fatto sesso con Jonathan Carmassi! Sono strafiera di te! È un figo da paura! Se non fosse troppo vecchio ci farei un pensierino: scommetto che è un toro scatenato!
–Vecchio? Ha l’età di Ewan, ovvero due anni più di me. Devo dedurre che mi consideri una vecchietta?- sbottò Paris, prima di registrare un’ informazione. –Aspetta un attimo… tu lo conosci?
–Ogni amante del buon cibo conosce - e idolatra - Jonathan Carmassi!- spiegò la ragazza. Scacciò con un plateale movimento della mano l’obiezione dell’altra, che aveva stretto tra le dita il risultato dell’amore per le leccornie e precisò –Tutti tranne te. Questo cambia le cose: devi assolutamente chiamarlo!
–Mi ha. Chiamata. Col nome. Della sua. Ex!- ripeté Paris, battendo i pugni sulla scrivania. –Chiusa la questione!
Per qualcuno, però, la questione non era chiusa, e questo qualcuno entrò nell’ufficio senza bussare, si sedette senza invito e sibilò in tono canzonatorio –E così ti sei data da fare al matrimonio di tuo cugino. Brava!
–Non è affar tuo, Billy- rispose Paris senza degnarsi di staccare gli occhi dalle carte che stava esaminando.
–Non è affar mio?- ruggì l’uomo, in preda alla rabbia, scaraventando sul pavimento tutti gli oggetti presenti sulla scrivania. –Non è affar mio che la dai a chiunque, tranne me?
Paris levò lo sguardo al soffitto, esasperata: quella scena si ripeteva, col medesimo copione, con cadenza almeno quotidiana. Possibile che quella zucca di marmo non accettasse un “no”? Philly era piena di donne, sia libere che a pagamento, perché non la lasciava in pace?
–Siamo soci, Billy, lavoriamo insieme. Ti ritengo una bella persona, ma non mi va di mischiare lavoro e piacere. Ho un’etica professionale poco elastica, spiacente. Se hai appoggiato la mia nomina a socia nella speranza che ricambiassi il favore in natura, tanto vale mi licenzi!
Quel giorno il copione subì una brusca variazione: Rice passò dalle parole ai fatti; artigliò Paris con violenza e la sbatté contro il mobile dove teneva i documenti più importanti. Il suo tocco la disgustava al punto che, non riuscendo a liberarsi con calci e morsi, ripensò al suo ultimo caso, la difesa di Debbie Pearson, assolta per legittima difesa dall’omicidio del patrigno violento. Assodato che a volte la violenza è l’unico rimedio alla violenza, avrebbe potuto anche lei farla franca, se avesse colpito quel viscido col pesante soprammobile che pareva non desiderare altro che diventare arma impropria?
La faccenda si risolse senza violenza: la salvezza giunse sotto forma di  nientepopodimeno che da Parker Dyson Jr., figlio del  socio più anziano.
–Levale le mani di dosso, Will, sei la vergogna della categoria!- ringhiò, rivolgendo un’occhiata ammonitrice a Paris. –Purtroppo è nel comune interesse evitare lo scandalo, ma giuro che se osi riprovarci mio padre verrà a saperlo. Stai bene, Perry?
–Ho evitato l’omicidio, non mi posso lamentare. Grazie- rispose lei, serbando nel segreto del proprio cervello la certezza che quel bastardo ci avrebbe riprovato e la conseguente intenzione di tutelarsi comprando una pistola o un taser.
A volte la violenza è l’unico rimedio.
 
***
 
I momenti di tranquillità erano rari, nello studio Dyson, Rice&Mason. Marnie ne stava approfittando per raccontare della crociera ai Caraibi in compagnia di Paris, “disperatamente bisognosa di staccare la spina” ad un rapito Parker. Sorrise, compiaciuta: amava essere protagonista, vedere le persone pendere dalle sue labbra; il fatto che la persona in questione fosse Parker, poi, era un bonus non indifferente. Tuttavia, la sua attenzione venne presto catalizzata da una terza presenza nella stanza, una presenza del tutto inattesa. Esterrefatta, si tappò la bocca con le mani, dopodiché, recuperata la calma, tirò fuori da un cassetto carta e penna.
–Buongiorno! Sono Marnie, segretaria e assistente di ricerca. Come posso aiutarti?
–Genitori fanatici di Hitchcock, eh?
–Puoi dirlo forte!- esclamò la ragazza, balzando in piedi per stringergli la mano. –Inutile che ti presenti, so chi sei… e bramo un autografo!- non appena lo ebbe ottenuto e riposto in borsa, celiò –Di norma Perry riceve su appuntamento, ma per te farà un’eccezione- bussò alla porta chiusa e, quando Paris fece capolino, la trascinò nell’ingresso.
In mancanza di idee migliori, Jonathan esordì esclamando –Sorpresa!
–Ti rifai vivo dopo sei mesi di latitanza totale e questo è il tuo meglio? “Sorpresa”?
–Dai, Perry, apprezza lo sforzo!- tentò di intercedere Marnie.
–Tu stanne fuori, o ti tappo la bocca col nastro adesivo!
–Santo cielo, sembrate sorelle!- osservò Jonathan, rimirando due rose della stessa varietà, una in boccio e un bocciolo e una nel pieno della fioritura.
 –Succede, se hai la fortuna di avere una zia giovane e figa!
–Mio fratello Connor l’ha avuta a sedici anni- spiegò  Paris, che teneva un braccio sulle spalle della peperina. –Io ne avevo undici. Prima che lo domandi: Marnie ha saltato il matrimonio dandosi malata, ecco perché non l’hai notata. Non te l’ho ancora perdonato, nipote, sappilo!
–Oh, piantala! Se fossi venuta con te mi saresti stata appiccicata tutto il giorno, invece di divertirti. Piuttosto, ringraziami in ginocchio per aver attirato qui questo baldo vecchietto!
–Vecchio a chi? Porta rispetto, ragazzina!
–La ragazzina ha l’età legale per bere alcolici, nonno!
–Hai perso il ciuccio? Ti aiuto a cercarlo!
–Non prima di aver trovato il tuo bastone!
–Silenzio!- barrì Paris, ponendo fine alla guerra verbale. –Mi fate venire l’emicrania. Qualcuno potrebbe spiegarmi cosa ci fa lui qui?
–Non è ovvio? Vuol… mpf- si intromise Marnie, prontamente zittita da Parker, che la allontanò di peso con un secco –Andiamo a prendere un caffè, Perry. Volete qualcosa?
La sua risposta mentre veniva trascinata via (“–E che cacchio! Volevo godermi lo spettacolo!”) fece ridere nervosamente gli altri due. Dopo un breve silenzio, Jonathan si decise ad aprir bocca.
–Qualcosa mi dice che eri così, alla sua età.
–Persino peggio!- ridacchiò Paris. –Solo, non avevo la sua libertà: i miei mi stavano col fiato sul collo per evitare che combinassi qualche guaio. Dopo che Connor ha messo incinta la sua ragazza a sedici anni un po’ era comprensibile, però mi sarebbe piaciuto darmi alla pazza gioia. Tento di recuperare il tempo perduto adesso: a parte Ewan e i colleghi, frequento solamente giovani, ehm, ragazzini. I giovani siamo noi!
–Giusto!- annuì, grattandosi la nuca per alleviare la tensione. –Sai, mi ha fatto piacere avere tue notizie, anche se tramite tua nipote; ha scritto che morivi dalla voglia di vedermi.
–In vita mia non sono mai morta dalla voglia!- latrò Paris, infervorandosi: Marnie aveva oltrepassato il limite! –Però ti ho pensato tanto, questo sì.
–Anch’io, un evento piuttosto raro. Non il pensare in sé, naturalmente - ho un cervello e lo uso, piuttosto spesso e piuttosto bene, direi - solo… non mi capitava da parecchio di avere pensieri monotematici. Quello che sto cercando di dire, tra mille giri di parole, è che anch'io ti ho pensata, ecco. Volevo telefonarti, o mandarti una mail, ma sul più bello mi è sempre mancato il coraggio.
–Idem.
–In questi sei mesi sono successe tante cose. Potremmo imitare i giovincelli e aggiornarci davanti a un caffè. Mi piace la tua compagnia, e poi credo sia il minimo, dopo…
–Che ho fatto sesso con te dentro la ricostruzione di una piramide Maya durante un ricevimento di nozze? Piacere mio! Anche. E tranquillo: non me la sono presa perché hai sbagliato nome. Non troppo, almeno.
Sebbene fosse un adulto, Jonathan avvampò e dovette schiarirsi la voce, prima di replicare –Bene, mi fa… piacere? Comunque c’è dell’altro: Carrie è tornata strisciando, implorando perdono.
–Capisco- esalò Paris, maledicendo ancora una volta la venuzza romantica che le aveva fatto sperare in un finale diverso, meno prevedibile, meno banale… il suo lieto fine. –Vuoi il mio silenzio, o direttamente la mia eliminazione fisica? Per comprare il primo un caffè è sufficiente, per la seconda, invece… dovrai passare sul mio cadavere! Letteralmente.
–L’ho mandata al diavolo.
Pur conscia del rischio che, in quanto asmatica, correva iperventilando, Paris non riusciva a regolarizzare il respiro: cuore e polmoni avevano eluso il controllo cerebrale, assumendo un ritmo tutto loro.
–Non siete tornati insieme? Sei qui per me? Oddio! Oddio! Oddio!
Interrompere la litania fu difficile: l’incessante susseguirsi di “Oddio!” aveva un che di ipnotico. Ma ci riuscì.
–Non sei contenta? Credevo lo desiderassi quanto me!
Ripresasi dallo shock, la Mason, facendosi aria con le mani, esalò –Desidero tante cose, Jonathan Carmassi.
–Per esempio?
–Un mondo senza fumo e Miss America, un corpo da modella, alzarmi a mezzogiorno la domenica, cantare e ballare nuda per casa con le finestre aperte, restare a crogiolarmi nella vasca idromassaggio finché non mi si raggrinziscono le falangi, godermi il pasticcio di carne di Moriarty’s senza pensare alle calorie, uccidere William Rice, rendere mia nipote meno simile a me… cenare da Rouge con te, stasera, e svegliarmi accanto a te domattina.
–Soltanto domattina?
–Vacci piano, seduttore!- lo redarguì dolcemente. –Un passo alla volta.
I piccioncini, presi dal loro tubare, non si erano accorti del ritorno di uragano Marnie e la sua paziente balia Parker, ritemprati dalla pausa (o forse dalla caffeina). Con grande sforzo quest’ultimo riuscì ad impedirle di rovinare l’idillio, trattenendola nell’atrio.
–Ma uffa!- sbottò lei. –Vanno da Rouge! ROUGE! Il locale più chic di Philly! Sogno di andarci da quando ero un’adolescente brufolosa! Sì, avevo i brufoli. Perché, tu no?- Parker si morse la lingua per non ridere e negò con la testa. –Buon per te. Ridi e ti faccio diventare una voce bianca! Ora vado da loro e li supplico di portarmi!
–Ti abbasseresti a fare da terzo incomodo?
–Qualunque cosa, pur di entrare da Rouge!
Parker Dyson avrebbe preferito giocarsi quella carta in un’altra occasione, ma a mali estremi, estremi rimedi: sospirò, rassegnato –Se ti ci porto io, prometti di tacere?
Incredula di cotanta fortuna, Marnie non esitò a cogliere la palla al balzo. Mesi di duro lavoro e tattiche manipolatorie da far impallidire un agente dell’FBI erano serviti allo scopo! Per salvare le apparenze, esibì una studiata indifferenza.
–Ok. Però andiamo stasera, devo spiar… ehm, vegliare su Perry!
 
Nota dell’autrice:
Chi si era chiesto cosa è accaduto dopo il matrimonio avrà apprezzato questo extra. Spero sia piaciuto anche a chi considerava la storia conclusa con “The end”.
Paris e il suo Johnny hanno avanti a loro spalancata una porta di felicità… sempre che Marnie non si intrometta! Vi sono venuti gli occhi a cuoricino? Ditemi di sì, dai! Fatemi felice!
Credo che sfornerò un altro paio di extra, anche se non a breve: luglio è alle porte, tocca studiare sul serio! *paura*
Un bacione e buona estate a tutti!
Serpentina
Ps: i cittadini di Philadelphia chiamano informalmente la città Philly, ed è vero che iperventilare (respiri brevi e frequenti) può scatenare un attacco asmatico.
 
 
 
   
 
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