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Autore: I_love_villains    30/06/2016    2 recensioni
Raccolta di racconti horror. Spero di riuscire a provocarvi qualche brivido.
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Lola strappò il poster con la Tour Eiffel dalla parete e lo lasciò volteggiare per terra. Si scagliò come una furia sulla mensola, fracassando le palline di vetro che c’erano sopra, il tutto urlando in preda alla rabbia e al dolore. Aveva appena scoperto che Rob la tradiva. Il suo caro fidanzato, con cui coabitava già da un anno, aveva spedito a lei il messaggio destinato alla sua amante.
Sulle prime non ci aveva creduto. Aveva riletto il messaggio più e più volte, rifiutandosi di interpretarlo nel modo più ovvio. La realtà dei fatti, però, aveva preso il sopravvento e lei ora distruggeva quello che le era parso, fino a qualche minuto prima, un rifugio sicuro e indolore.
Lola strappò le foto che li ritraevano insieme, emettendo singhiozzi gutturali e non cessando un attimo di piangere. Quel bastardo le aveva spezzato il cuore. La ragazza si lasciò scivolare lungo il muro, si strinse le ginocchia al petto e pianse disperata.
Conosceva Erica, la vera destinataria del messaggio. Non ci aveva mai parlato, solo scambiato qualche saluto, ma sapeva che era una brava persona. Bella e incredibilmente timida. Molto probabile, anzi sicuro, che lei non sapesse che Rob era già occupato.
Dirglielo?
Ben misera come vendetta. Lui aveva distrutto il suo bel mondo di pace e tranquillità come se niente fosse; che gli sarebbe importato di perdere Erica, dopo la scarsa importanza che aveva dimostrato di avere per la sua compagna attuale, certo non meno bella o interessante? Chissà poi se Erica era l’unica con la quale la tradiva …
In preda allo sconforto, Lola protese la mano, fece cadere la scatola di kleenex e se ne servì. Dondolò sul posto, rabbrividendo, cercando di capacitarsi dell’accaduto.
Far finta di nulla?
Impossibile. Non era nella sua indole. E a che sarebbe servito, poi? Solo a rimandare l’inevitabile.
Lola portò una ciocca scura e appiccicaticcia dietro l’orecchio.
Doveva chiudere con lui, non poteva fare altro. Sarebbe tornata a vivere con i suoi, senza rivelare cosa era successo davvero, anche se forse sua madre l’avrebbe intuito.
Ma come fargliela pagare? Di certo non gliel’avrebbe fatta passare liscia.
In quel momento il suo sguardo si posò sul pavimento. Un piccolo esserino lo stava calpestando, evitando alcuni ostacoli e arrampicandosi su altri. Le venne un’idea.
Lola buttò la testa all’indietro e rise, una risata folle e liberatoria che la fece star meglio.

Rob rientrò alle sei del pomeriggio, puntuale come sempre. Si affacciò in cucina per cercarla e la trovò a preparare la cena, come al solito.
“Buonasera, amore” la salutò, avvicinandosi e schioccandole un bacio sulla guancia.
“Ciao” rispose lei, continuando a mescolare l’insalata.
Mentre lui si cambiava, Lola apparecchiò la tavola e lo aspettò, paziente, qualsiasi traccia di lacrime sparita dal suo viso. Lo fece sedere, gli mise davanti il polpettone con l’insalata, poi prese una bottiglia di vino e gliela spaccò in testa. Il colpo stordì Rob, che non perse i sensi ma rimase inebetito per qualche minuto. Lola ne approfittò per legargli le mani dietro la sedia ed ebbe perfino il tempo di ripulire il pavimento.
Rob si riprese e iniziò a divincolarsi.
“Ma che fai?! Che ti è preso?! Dio, potevi uccidermi!”
“Non sarebbe stata una gran perdita” ribatté la ragazza, godendosi il suo sbigottimento. E la sua paura.
“Dai, amore, non è divertente ...”
“Non azzardarti mai più a chiamarmi così, bastardo!”
Il ragazzo la fissò sorpreso, cominciando a intuire da cosa fosse causato il comportamento della sua compagna.
“Quante sono? Con quante mi tradisci?” urlò Lola furibonda.
Lui balbettò qualcosa e ammutolì, terrorizzato. Con un po’ di fortuna, i vicini avrebbero udito quegli schiamazzi e avrebbero chiamato la polizia.
“Non importa” fece Lola calmandosi di colpo. “Non importa, che sia una o cento o mille …”
Sparì dalla sua vista. Ciò non piacque per niente a Rob.
“Ok, Lola … calma … parliamone. Mi dispiace, davvero. Ho sbagliato. Io …”
“Certo, hai sbagliato. E adesso fai ammenda.”
La ragazza gli mise davanti una coppa ripiena di formiche. Rob si ritrasse più che poteva, orripilato. Si voltò a guardarla, bianco come un cencio e con gli occhi sbarrati.
“T- ti prego … s- sai che d- detesto le … le … l- lo sai …”
“Lo so, certo. So tutto di te, Robert Smith.”
Il ragazzo tornò a guardare le formiche. Lo stomaco gli si annodò.
“Va bene, mi hai spaventato” scandì lentamente. “Me lo meritavo, okay? Adesso però finiamola qua. Sono disposto a lasciar correre. Pari e patta, eh?”
“Mh.”
Lola avvicinò la ciotola, provando piacere alle smorfie di panico del suo ex- fidanzato.
“Non avevo mai capito quanto la tua fobia sia ridicola.”
“Ti prego, toglimele di torno! Farò tutto quello che vuoi!” la implorò lui.
Lola sorrise. E rovesciò la ciotola su di lui. Rob urlò, in preda al terrore più puro. Si divincolò più che poté, riuscendo a liberare le mani. Si gettò per terra, rotolando. Se le sentiva dappertutto: sulle gambe, sulle braccia, sul torso … quelle bestiacce erano ovunque! Sempre urlando, si mise in ginocchio e si spazzolò i capelli. Intanto Lola se la rideva. La sua risata sadica e le urla di Rob furono l’unica cosa che si udì nel loro appartamento per lungo tempo. Poi ad esse si unirono le sirene della polizia.
La ragazza smise di ridere. Rob continuava a spazzolarsi tutto il corpo, sostenendo che la pelle formicolava in continuazione. Per quel che poteva vedere lei, le formiche erano state schiacciate o erano andate via. Ma perché dirglielo?
“Chissà, forse ti sono entrate dentro” infierì crudelmente.
Il ragazzo si agitò ancora, alzandosi per metà. Sembrò trattenere un singulto di vomito, poi si accasciò a terra.
“Rob?” lo chiamò lei, poco interessata.
Un agente bussò alla porta. Lola andò ad aprire, di buon umore.
“Sì, agente? Che succede?”
“Me lo dica lei. I vicini hanno sentito delle urla provenire da qui.”
“Oh, è solo Rob. Sa, lui ha la fobia delle formiche …”
“Posso entrare a dare un’occhiata?”
“Certo … stavo giusto per chiamare l’ambulanza.”
La ragazza lo condusse in cucina. L’agente si chinò sul corpo di Rob, voltandolo cautamente, mentre lei chiamava un’ambulanza.
“Signorina …” disse il poliziotto, allibito. “Ma … è morto.”
“C- cosa?”
Cosa? Lo aveva ucciso?
Dio, potevi uccidermi!” le tornò in mente. E lei che aveva risposto?
Non sarebbe stata una gran perdita.”
E non lo era, infatti. Lola ridacchiò, cercò di dominarsi ma esplose in una serie di risa isteriche. L’agente la fissò perplesso. Non distolse un attimo lo sguardo da lei fino all’arrivo dell’ambulanza.
La ragazza si asciugò le lacrime. No, non aveva bisogno di un calmante, stava bene. Seguirli in centrale … perché no? Non aveva ucciso lei Rob, era stato il fato, che lo aveva giustamente punito.



***Angolo Autrice***
Questa volta la donna non è solo vittima ...
   
 
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