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Autore: Reflection2190    01/07/2016    1 recensioni
E se il tragico finale di Lady Lola non fosse andato così come - purtroppo - ce lo hanno mostrato?
Se, invece, Elizabeth avesse deciso di tenerla segretamente prigioniera, inscenando la sua morte per poi sfruttarla in seguito?
Breve consolazione a seguito di un season finale troppo, troppo amaro.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lola, Lord Narcisse
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Credevo che la morte fosse… Pace. Silenzio. Assenza di ogni dolore, di ogni pena.
Credevo che, una volta che la mia vita fosse terminata, tutto si sarebbe annullato ed io avrei semplicemente cessato di pensare. Di vedere. Di sentire. Le mie palpebre pesanti si aprirono lentamente. Intorno a me regnava il buio, il gelo mi penetrava le ossa.
Dov’ero? Cos’era accaduto?
Richiusi gli occhi e mi sforzai di capire… Avevo memoria del boia. Avevo intravisto il patibolo. Poi… Poi c’era stato un frusciare di gonne, e c’era del porpora intenso, e delle urla… Sprazzi di un ricordo che stentavo a figurarmi.
Dovevo essere morta, di questo ero certa. Avevo vissuto i miei ultimi attimi di vita.
Dunque ora dove mi trovavo? Spinta dal desiderio di capire, cercai di alzarmi. Un dolore atroce al di dietro della mia nuca mi fece cadere a peso morto in terra; le gonne si gonfiarono appena e ricaddero sul pavimento umido, sporco. Le mie mani corsero immediatamente al mio collo. Era integro. Nonostante avvertissi un peso immane su di esso, avevo realizzato che la mia testa fosse ancora al suo posto.
Man mano, come un animale che si sveglia dal suo letargo, iniziai a rendermi conto del mio corpo. Dolore e freddo erano le sensazioni che mi avviluppavano. Tremavo, mi resi conto. Ed il mio stomaco brontolava. E la mia testa faceva male, tanto. La gola era riarsa, le mie labbra sembravano terra bruciata… Bramavano acqua.
“Dove…. Dove mi trovo?” La mia voce rauca si perse nel vuoto di quel luogo che non riuscivo a decifrare. Era stato appena un sussurro, un lieve gracchiare che aveva a malapena rotto il silenzio di cui quella stanza pareva pregna. Avvertii le lacrime riempirmi gli occhi, a causa di quel dolore dietro alla nuca che pareva irradiarsi lungo tutta la schiena.
“Accidenti…” Udii dei passi. Passi pesanti, trascinati, accompagnati da un tintinnio. I miei occhi tentarono di mettere a fuoco le mura che mi circondavano, quando ad un tratto una luce abbagliante li raggiunse, accecandoli. Portai la mia mano tremante a coprirli, quando un nuovo dolore si manifestò all’addome, lì dove uno stivale vi aveva appena piantato un calcio. Il respiro mi mancò per qualche secondo, boccheggiai.
“Buongiorno, principessina”
Sarcasmo, pungente sarcasmo ed una voce che avrei riconosciuto ben più che facilmente. Il boia di Elizabeth.
Ripetei la mia domanda di poco prima, chiesi dell’acqua. Tutto ciò che ottenni fu una frustata in pieno petto.
“Ti avevo promesso che avresti rimpianto l’esecuzione…La mia regina te la farà pagare. Lentamente.”
[…]
Il tempo aveva smesso di scorrere. Giorno, notte… Non esistevano più. Vivevo nel buio, nel sudiciume di quella cella, con il cuore in gola nell’attesa che quell’uomo tornasse. Lui ed Elizabeth avevano ragione: stavo rimpiangendo di essere ancora viva. Se viva potevo definirmi.
La mia schiena bruciava per le frustate, il mio petto non era da meno. Le mie labbra erano gonfie, tumide per i colpi di quelle mani troppo grandi per me. Riuscivo a malapena ad aprire il mio occhio destro. Forse avevo la febbre, i brividi mi scuotevano non appena tentavo di dormire. Ed in quei rari casi in cui riuscivo a cadere in un sonno profondo, le uniche cose a cui riuscivo a pensare erano il dolore, il terrore, ed il volto di quella regina e del suo boia. Desideravo morire.
Non sarei mai tornata da John o da Stéphane… dunque, che senso aveva vivere in quel modo? Cosa voleva ottenere Elizabeth? Che la implorassi di uccidermi?
Forse… Forse lo avrei fatto, presto. Forse ero codarda, ma ero esausta. Udii di nuovo dei passi al di là della porta. Mi rannicchiai, il tremore che mi scuoteva senza darmi tregua. E poi, quella porta si aprì. Rassegnata, alzai lo sguardo verso il mio torturatore…. E vi scoprii Gideon. L’unico volto amico che avessi mai avuto alla corte inglese.
“Santo Dio… Allora è vero. Sei proprio tu… Sei viva!” Sussurrò, chiudendosi la porta alle spalle.
“G-Gideon…” L’uomo si abbassò, stappò una boccetta e finalmente le mie labbra si rianimarono, mentre il fresco vino fluiva nella mia gola, dandole tregua. Fu come spegnere un incendio durato troppo a lungo, come ritornare a vita nuova.
L’effetto dell’alcol, nel mio stomaco vuoto, fu immediato. Il dolore si attenuò appena… Avrei voluto quasi abbracciarlo, per quel primo, piccolo gesto gentile che ricevevo dopo chissà quanto tempo.
“Ho udito Elizabeth parlare con quel boia mercenario e quando hanno fatto il tuo nome… Dio, non potevo credere che Mary, tuo marito fossero all’oscuro del fatto che tu sia viva!”
“Mary… Stéphane! Loro… Loro stanno bene? E John? Dov’è il mio piccolo?”
Le domande fluirono come un fiume in piena dalle mie labbra.
“Shh, shhh calmati… Calmati. Mary ha ripreso il suo trono. La guerra con Elizabeth è ormai agli inizi, ma può contare su validi supporti. John è in Francia. Mary ha ritenuto che dovesse crescere con quella che, dopo tutto, è la sua famiglia. E tuo marito… Lord Narcisse è tenuto prigioniero dalla regina, poiché ha ucciso due guardie durante la tua… Beh, durante l’esecuzione di quella che presumo fosse una copertura. Non credevo che Elizabeth ti avesse risparmiata, anche se deduco che si stia dando il suo da fare per vendicarsi…”
Le mia mani si aggrapparono alle sue braccia
“Chi era quella donna?” Chiesi. Portavo sulla coscienza anche quella morte.
“Non lo so. Non ne ho idea…”
“Hai detto che John è in Francia. Da… Catherine?”
Le mie labbra si indurirono, lo sguardo colmo di furia.
“Sì, suppongo…” rispose, aggrottando appena la fronte.
“NO! No, lei non può avere MIO figlio! Ha già avuto mio marito… Non avrà anche lui!” Sbottai all’improvviso, con una forza che credevo avesse abbandonato ormai il mio corpo. “Calmati! Non urlare… Qualcuno potrebbe sentirci. Ascolta, ti tirerò fuori di qui. Dovrò partire per la Scozia a breve, studierò un piano.”
“Lo dirai a Stéphane…?” Le lacrime raggiunsero i miei occhi, mentre ora l’emozione di quella promessa ed il pensiero di mio marito tornavano a rinfrancare il mio cuore.
No. Non è saggio. Questi muri hanno occhi ed orecchi ovunque. Farò sì che venga liberato e lo spedirò da Mary. Lì sarà al sicuro e solo quando anche io e te giungeremo lì, farò sì che vi rivedrete.”
Annuii… Annuii mentre sbocciava di nuovo la speranza in me. Quel giorno, sopportai il torturatore in silenzio.
[…]
Ero addormentata. Sognavo di abbracciare mio figlio, distesa su di un prato… Il verde della Scozia, della mia casa mi circondava. Così come due forti braccia, strette intorno al mio ventre rigonfio. Non lo vedevo, ma sapevo che era /lui/. Ero felice. Ero spensierata. Il dolore era svanito. Poi, qualcosa all’orizzonte mutò. Tutto divenne più scuro, cupo. Udii uno scricchiolio, ed il mio nome ripetuto una, due, tre volte.
“Lola… Lola…Dobbiamo andare”
Sobbalzai. Gideon era lì, che mi scuoteva dolcemente per risvegliarmi. Mi aveva avvolto un mantello intorno alle spalle ed ora mi stava sollevando. Il poco cibo che avevo ingerito negli ultimi giorni non era servito a molto. La febbre mi aveva distrutta, privata di ogni forza, e non ero affatto guarita. Lo sentivo sin dentro le mie ossa. Ma in quell’istante mi sentii incredibilmente viva.
“Stiamo andando da Stéphane?”
“Sì… Proprio lì.”
Mi sorrise, mentre sgattaiolava silenziosamente dalla cella. Le mie palpebre erano pesanti. Sentivo il mio corpo muoversi, seguendo quello di Gideon. Quando l’aria gelida dell’esterno colpì il mio viso, capii che dovevamo essere fuori dal castello. Mi sforzai di riaprire gli occhi. Vidi il cielo stellato, e le ombre degli alberi, e la sagoma di una carrozza al di là del cancello. Gideon corse in quella direzione. Un uomo uscì dalla carrozza e lo aiutò a caricarmi all’interno del veicolo. “Tranquilla… E’ uno scozzese. Fedele alla tua regina. Alla /nostra/ regina.”
“Elizabeth ti ucciderà…” Sussurrai, sfinita.
“Non se non mi troverà. MacKenzie! Parti!” Con uno strattone che si ripercosse per tutto il mio dolorante corpo, la carrozza si avviò. Ero salva. Ero viva. Avrei rivisto mio marito e mio figlio di lì a poco. Ero felice.
“Sto arrivando… Sto arrivando…” Mormorai, prima di piombare in un lungo sonno.
  
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