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Autore: ArtemisiaBlack    01/07/2016    0 recensioni
L'8-11 settembre 9 d.C. tre legioni romane vengono annientate dal tradimento nella foresta di Teutoburgo. Anni dopo il tetro luogo sarà teatro di un'incontro segreto che darà vita ad una congiura ai danni dell'imperatore. E' stato scritto che l'unico vero giudice della verità è il tempo, ma il tempo nasconde molte cose.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità greco/romana
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Il vento inspiegabilmente intriso di salsedine soffiava da nord, impetuoso ed implacabile, mischiando l'odore del mare con quello degli abeti verdeggianti della radura immersa nel buio. In cielo solo stelle, la luna era calata. Il frusciare delle fronde degli alberi nascondeva un lieve, quasi impercettibile, rumore di passi. Passi leggeri. Passi circospetti. Il verso di un gufo si unì sinistramente al vento e nascose i passi. Il tempo sembrava essersi fermato per quel luogo: gli anni non avevano cancellato l'atmosfera cupa della radura. Niente avrebbe potuto cancellare quello che lo sprazzo tra la vegetazione aveva visto, gli orrori che erano  stati perpetrati, il sangue versato. Teschi ed ossa bianche che riflettevano la poca luce, spade arrugginite e pezzi di armature si trovavano ancora nel terreno, amalgamati con la vegetazione, inglobati da essa, oramai parti integranti di quel luogo di dolore e tradimento. Il gufo tacque, il vento si quietò diventando brezza ristoratrice e nella notte i passi sulle frasche si trasformarono nello scricchiolare dei resti sotto sandali di cuoio. Una figura ammantata di rosso avanzò circospetta, lentamente, sino al centro di quella necropoli a cielo aperto e attese tesa come una corda di violino. Il gufo si alzò di colpo in volo da un grosso abete ai limiti della collina e il suo movimento fu seguito dallo sfregare del metallo contro altro metallo. La figura in rosso si volse di scatto al dispiegare le ali del rapace estraendo anch'essa una corta spada e la puntò verso il nuovo venuto. Un uomo sulla ventina stava appoggiato allo stesso albero su cui si trovava il gufo poco prima e sogghignava leggermente. Abiti pregiati ma non raffinati, bracciali e calzari di cuoio trattato, un lungo mantello scuro, un pugnale nella mano sinistra ed una pergamene sigillata da ceralacca rossa nella destra. L'uomo in rosso abbassò la spada senza rinfoderarla: quello non era certo un luogo di armonia, nessuno avrebbe potuto e soprattutto dovuto fidarsi circondato dagli effetti devastanti del tradimento. O quanto meno non una spia che viaggia nella notte. L'uomo in nero smise l'espressione derisoria con cui si era presentato ed avanzò lentamente verso il centro della radura mentre si rivolgeva all'altro con voce strisciata, calma e musicale, intrisa con una vena di sarcasmo: Se foste così gentile da riporre il vostro gladio nel fodero potremmo iniziare a trattare.Potrei se l’assassino di fronte a me decidesse di riporre la sua lama replicò scocciato l'altro, infastidito dall'atteggiamento accondiscendente del ragazzo. Il centurione non era affatto uso a sentirsi apostrofare con tanta insolente accondiscendenza e rimase interdetto dallo quando l’oggetto del suo disappunto indurì i lineamenti ed improvvisamente lanciò il pugnale nella sua direzione. Sentì il sibilo del vento prodotto dall’arma mentre passava accanto al suo orecchio e poi un rumore di stoffa lacerata, seguito da un gemito soffocato ed un tonfo metallico. Il centurione si volse di scatto, sorpreso nel vedere a terra quello che evidentemente era stato una spia venuto a uccidere i cospiratori. L’uomo rantolava con il pugnale ancora nello stomaco, strisciando nel tentativo di allontanarsi. Ma non fece molta strada: l’assassino fulmineo sorpassò il mantello rosso sferzato dal vento del legionario, allontanò la spada dalla mano dell’uomo e si chinò su di lui, estraendo il pugnale dalla ferita da cui sgorgavano copiosi fiotti di sangue rosso. Il centurione era pronto ad interrogarlo quando ancora una volta l’uomo in nero lo precedette chiedendo con voce suadente Chi ha armato la tua mano e guidato il tuo cammino sino a noi?. Per un attimo gli occhi spaventati del ferito sembrarono accendersi di consapevolezza prima di riempirsi d’orrore. Morirò portando il mio segreto nella tomba, e altri come me arriveranno a prendere il mio pos.., non riuscì a finire la frase perché emise un gemito di dolore quando l’assassino premette la mano sulla ferita aperta e sibilò Tutti dobbiamo morire prima o poi, ma ti assicuro che prima mi darai le risposte che cerco. So che sai chi sono. I ratti temono il serpente e tu squittisci come un topo terrorizzato, quindi devi sapere di cosa sono capace. Ora dimmi, prima di morire desideri soffrire?. All’udire quelle parole il legionario tremò, sapeva della crudeltà degli assassini ma non aveva mai immaginato quanto i loro modi potessero essere subdoli ed inquietanti più delle torture. C’era qualcosa di gelido ed assolutamente inumano nella voce dell’uomo in nero, sembrava quasi che appartenesse ad un essere senza tempo e non il ragazzo insolente che si era rivolto al centurione poco prima. Il prigioniero iniziò a tremare vistosamente e le sue convinzioni crollarono quando con un ghigno il giovane gli estrasse lentamente le intestina dallo stomaco. L’urlo di dolore dell’uomo si propagò ben oltre la radura e si spense in singulti convulsi misti a sussurri Ti prego. Ti prego no. Basta. Ti supplico. Lasciami morire. Lasciami. Ti prego. Ad ogni parola spezzata il giovane carnefice rispondeva con una singola frase, ripetuta come una cantilena, Confessa e sarai libero. Lo stomaco del romano non resse la vista di quello scempio e il centurione si ritrovò a rimettere la cena, disgustato dalla scena che gli si parava di fronte agli occhi ma fortunatamente per lui non durò a lungo. Tra gli spasmi il prigioniero confessò Mi manda un senatore…non so il suo nome, non l’ho mai visto lo giuro…lui…lo chiamano il maestro…lui ha intermediari…come me…ma non so chi è, lo giuro. Il centurione stava per chiedere più dettagli ma non poté far altro che bloccare la frase a metà quando l’assassino tagliò di netto la gola al prigioniero. Perché lo hai ucciso? Poteva darci delle indicazioni, indizi sul mandante! l’assassino si voltò verso di lui, con le braccia coperte di sangue fino ai gomiti e i calzari zuppi del vitale liquido viscoso, e assunse un espressione tremendamente seriaNon poteva darci altre informazioni, gli adepti di basso rango non conoscono il maestro, lui fa si che giovani che non hanno nessuno vengano cresciuti ed addestrati ad obbedirlo ma lui non si espone mai personalmente, tutto ciò che siamo riusciti a scoprire sul maestro è che il suo denaro arriva per la maggior parte dalla provincia di Spagna, ed è un membro rispettato del senato che  gradisce un imperatore dedito a ludi e sciocchezze così da poter portare avanti i propri interessi.Questo su che restringe il campo, le vostre preziose informazioni descrivono praticamente la maggioranza dei senatori sbottò il romano con stizza, facendo ridacchiare il ragazzo mentre era intento a ripulirsi dal sangue. Alla fine dell’operazione si rivolse al centurione che guardava ancora sconcertato il corpo martoriato dello sconosciuto  porgendogli una pergamena Immagino che questa te la debba consegnare, vedi di non farti uccidere con questa addosso Non sei un po’ troppo loquace per essere un assassino? Smettila di burlarti di me e decidiamo cosa fare con il corpo. L’uomo in nero fissò il cadavere per poco più di un battito di cuore e poi raccolse un ramo con diverse estremità e colpì il corpo una, due, dieci volte. Alla fine il viso dello sconosciuto era irriconoscibile e il suo corpo smembrato sembrava il risultati dell’attacco di un animale feroce. Suppongo che così possa andare, ci sono molti lupi nella foresta dopotutto. Ora di grazia, le mappe le hai con te?. Il romano annuì e estrasse dalla sacca che teneva accuratamente nascosta sotto al mantello delle pergamene Tutte le piante del palazzo dell’imperatore a Roma, fai in modo che nessuno le trovi mai o potrebbero risalire a me Rilassati uomo d’armi, so fare il mio lavoro tanto bene quanto tu sai fare il tuo centurione sghignazzò il ragazzo. Nell’udire il suo grado militare l’uomo rimase interdetto: non credeva la gilda avrebbe informato il loro adepto circa la sua identità, si sentiva scoperto ora. E molto più vulnerabile. Intuendo dal silenzio dell’uomo i sui pensieri l’assassino smise di ridere e tese la mano destra nella sua direzione Non temere per le indagini fatte sul tuo conto, desideravamo scoprire se fossi davvero dalla nostra parte e non una spia prima di questo incontro e io sono piuttosto bravo in questo. Finché non tradirai la causa la tua famiglia è al sicuro centurione, hai al mia parola, al che il romano un poco rassicurato ma comunque molto circospetto gli strinse la mano e rispose Perdonami ma mi fido poco della parola di un assassino ragazzo, meglio stringere un giuramento sugli dei prima che albeggi e debba ritornare al campo. Io non venero nessun dio centurione. Ti dovrai fidare della parola di un ombra legionario. Buona fortuna per il tuo viaggio, poni attenzione poiché l’ora più oscura è proprio quella prima dell’alba e così dicendo lasciò il braccio dell’uomo e si voltò, incamminandosi silenziosamente verso il buio degli alberi e lasciando un perplesso ufficiale romano a fissare il punto i cui era sparito. 
 
  
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