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Autore: crimsontriforce    18/04/2009    5 recensioni
L'indifferenza può profumare di fiori.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Belgemine
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Dai dai, tripla drabble e me la cavo!” Sèèèèèèèèèèèè... ancora un esercizio di speedwriting & faccia tosta, che con me vanno sempre a braccetto: in Myst perché non ho ancora la più pallida idea di quel cappio che scrivo, qui in FFX invece perché mi coccolo le idee sugli allori fino all'ultimo e poi vvvviiiiiiiiiiiiiiiia di corsa!  XD


Prima al contest su Final Fantasy e i peccati capitali indetto da Kurenai88. *_* Gioia! *_*  Un grazie alla signora giudicessa e ai prodi compagni di contest!
Ogni battuta su Jecht si faceva da sé, quindi ho scritto d'altri. E a dirla tutta ho ancora sul gozzo un prompt di... weeping_ice, eri tu? “Belgemine – evocazione” daqqualcheppparte tipo il fanathon? È una Belgemine-in-training però, spero ti vada bene lo stesso anche se è un po' come beccarsi young Auron promptando Auron, con la differenza che non è canone... :unsure:





Anche fuori da Yevon








Il tempio profumava di fiori.

*

Le voci delle Fedi si erano fatte così lontane, un mormorio in un luogo indefinito della sua testa. La sua testa si era fatta indefinita, anche se lottava con tutte le sue forze per mantenersi integra, razionale, pensante.
Belgemine era morta.
Aveva sempre saputo che sarebbe morta evocando, sempre saputo che sarebbe morta nella Piana della Calma. Aveva sempre immaginato che ci sarebbe stato anche Sin.

Lontano, il Distruttore continuava a lasciare la sua scia.
Belgemine giurò che l'avrebbe visto cadere. Per mano d'altri, se non più sua. Avrebbe cercato. Lottato.

Era stata l'umiliazione a darle la forza di restare. Furibonda, aveva messo in riga tutte le sue luci fatue come fossero pulcini e si era rialzata, sentendo su di sé lo scherno del Gagazet e della strada non percorsa.
E aveva sentito profumo di fiori.

*

Le rovine sorgevano dal nulla, al centro di un pozzo infinito, riemerse dal passato più lontano di Spira.
Belgemine chinò il capo di fronte al potere che mal nascondevano. Era stato quello a guidarla fin lì e impregnava l'edificio come incenso, concentrandosi in sbuffi e rivoli a tratti visibili ad un occhio non più umano.
Bussò da mendicante alla porta del tempio, sovrastata dalle mille guglie e dall'azzurro troppo carico del cielo. Le aprirono.

Si inginocchiò ancora, sulla soglia della stanza più sacra. Sentiva il suo nuovo corpo pulsare.

La Fede al suo interno era trina e viva, vitale oltre ogni sua immaginazione.
Dalla pietra erano sorti tre spiriti, tre donne che la osservavano sì col distacco dei sognatori eterni, unito però ad un interesse sincero figlio di secoli di solitudine. Le giravano attorno, avvicinando le mani quasi a sfiorarla e poi ritraendole, rassicurandosi invece con un tocco reciproco. Bisbigliavano fra loro in una lingua che non conosceva.

“Siete voi l'Evocazione Finale?”, chiese, perché una tale forza non poteva essere nulla di meno. “Ho fallito solo per venir derisa alla meta?”

“Certamente no”, rispose una con la voce di tre. Aveva un volto schietto e vestiva di giallo e viola. Le ricordò un insetto.
“Vieni.”
“Condividi il tuo sogno.”
“Ma i morti non pensano che alla terra. Il mio pellegrinaggio è finito”, confessò Belgemine incredula, citando le Scritture. Avrebbe voluto tenere per sé la sua vergogna, ma era solo polvere di fronte alla loro maestà e mentire sarebbe stato sciocco e inutile. Scostò le vesti e si mostrò loro nel suo corpo di luci, tenuto assieme solo dalla volontà. “L'Arte mi è per sempre preclusa. Cerco conforto e nulla più.”
“Vuoi provare?”
“Credi?”
“È questo che dicono gli uomini di Yevon?”, chiese la più allampanata, dai capelli corti e lo sguardo truce, e Belgemine fu certa che intendesse gli uomini maschi, quelli chiusi nelle stanze fredde dei templi a dettar leggi che nulla avevano a che fare con l'evocazione vera. O quelli che solo credevano di dettare le loro leggi e chiamavano a sé gli spiriti da padroni senza rendersi conto che le loro invocazioni venivano assecondate per pietà. Si sentì compresa.

Prima che potesse rispondere, però, le tre si avvicinarono e svanirono in lei, lasciandola immobile, con gli occhi sbarrati e l'accenno di un sorriso.
Visto?, sentì fra i suoi pensieri.
Guidaci alla vita e noi la guideremo in te.
Abbiamo compagnia.
Perché tutto questo dolore?
Hai tempo.
Non c'è sognatore senza un sogno.
Non c'è sogno senza un sognatore.




***







Il tempio profumava di fiori.

Cascate di campanule lilla ricoprivano i muri; mazzi di boccioli rossi e gialli ravvivavano le nicchie, rinnovati ogni giorno, mentre i loro petali sfioriti venivano trasportati da passi di danza ricoprendo i mosaici e i tappeti.

Le sorelle avevano portato il caos in lei e l'aveva benedetto: da lontano, protetta dal loro abbraccio, aveva affrontato quelle verità che in vita l'avevano solo sfiorata: davanti allo splendore dell'unione con secoli di sogni svanivano i voti di Yevon, svanivano le sue costrizioni, le sofferenze, le promesse. C'era Belgemine e c'era Sandy, Cindy e Mindy e c'era qualcosa di indefinibile che era tutte e tre o due o quattro insieme. Il resto era solo un brusio di fondo.

Belgemine aveva portato l'ordine in loro e l'avevano seguito, come seguivano sempre lei, ronzando parole sconosciute nella loro dimessa forma umana, ridendo quando l'immaginazione diventava realtà e potevano dispiegare le loro ali trasparenti in un frullio di polline e petali e luci fatue.
Era una buona maestra. La sua logica le comprendeva, senza mai sottomettersi né tentare di dominarle. Le imbrigliava in forme geometriche, dava loro il rigore di cui avevano bisogno per mantenere i vertici in equilibrio. Belgemine aveva sempre avuto talento, ma mai risposte. Per loro, era unica e indispensabile.

Il mondo aveva smesso di esistere al di fuori del loro rifugio sicuro. Restava solo il momento dell'evocazione, allungato allo stremo in lente volute e gesti che si facevano sempre più vicini all'aldilà ma riuscivano sempre a tenersene distanti, perché sarebbe stata la fine per tutte loro.

E Belgemine aveva smesso di dormire e non cercava più il cibo né l'acqua. Si distendeva fra i fiori con la mente vuota e lasciava trascorrere le ore, poi i giorni, finché non veniva smossa dal tocco inquisitore di Mindy ed era pronta a tornare fra loro.

Remiem era completezza e pace.




***







Belgemine riposava sul ponte, lasciando i lunghi capelli castani in balia della brezza che circolava pigra nel bacino roccioso. I raggi del sole passavano attraverso il suo corpo liso dall'evocazione senza che lei li sentisse, ma restava, annidato da qualche parte nella sua memoria, lo spettro della piacevolezza di una giornata primaverile e tanto le bastava ad evocarlo.
Il mondo era immobile e Belgemine con lui.

Un'onda folle di luci fatue la investì nel mezzo del mattino, come se l'aldilà avesse spalancato i suoi cancelli e tutto il dolore e la follia dell'uomo ne fossero usciti sciamando in forma di sfavillii iridescenti. Seguendo l'istinto, Belgemine si resse alle corde del ponte mentre quell'invasione di colori l'attraversava, reclamandola a sé, e s'infrangeva senza un suono sulle pareti a strapiombo che circondavano Remiem.
Il suono giunse poi. Un boato assordante, innaturale, un tuono se le luci in fuga erano state il lampo.
Veniva dalla Piana della Calma.

Belgemine restò muta, colpita dall'eco della sofferenza che l'aveva toccata e che non ricordava, nel suo tranquillo angolo di Calma. Portò una mano alle labbra, pensierosa.

“Il suo sogno è inquieto”, giunse alle sue spalle la voce di Mindy. La Fede era apparsa in piedi dietro a lei e commentava l'evento col visino corrucciato, torturandosi un ciuffo di capelli.
“Il sogno di chi?”, chiese Belgemine.
“Del Primo”, rispose lei scoppiando a ridere di fronte a quell'ignoranza, con una luce insolita negli occhi castani. “Colui che veglia, eppure sogna. Che ebbe inizio, eppure è eterno. Yu...”
“Sin”, la sovrastò Cindy con la sua voce profonda. Sandy la seguiva e appoggiò una mano sulla spalla della sorella minore, intimandole il silenzio.

“Sin?”, chiese nuovamente Belgemine, che in pochi attimi era arrivata a sentirsi estranea a quegli spiriti cui per una vita aveva donato se stessa. “Sin sogna?” Sin è caduto mentre guardavo altrove?
Erano tre, ed era una, e la guardavano. Si guardavano. Tacevano.

“Sin è morto”, spiegò infine la maggiore, riunendo in sé tre voci. “Sin riposa. Sin soffre: solo in questi istanti è conscio della caducità del mondo. Si appiglia al sogno, all'evocazione, ma Sin è dolente e non vi trova riposo.”
“Sin evoca?”
“Il suo fardello è grande. C'è completezza e pace nell'evocazione”, disse con un sorriso.

Belgemine riconsiderò l'Avversario e vi trovò se stessa. Restò immobile, perché era morta e perché non voleva fuggire di fronte alle conseguenze del suo peccato. Pensò che da viva non sarebbe arretrata, ma forse avrebbe pianto.
“Quanti evocatori sono stati sconfitti dal pellegrinaggio durante la mia pace? Quanti”, chiese con voce più bassa, quasi fosse un torto maggiore, “quanti hanno desistito?”
La Fede trina non poteva saperlo.
“Quanto tempo è passato da quando sono arrivata a Remiem?”
“Un battito di ciglia”, rispose Mindy.
“L'eternità”, le fece eco Cindy.
“Novantasette primavere”, concluse Sandy.

Belgemine si chinò a raccogliere un copricapo che non era lì, raccolse i capelli in due crocchie, perché non la infastidissero nel cammino, e tornò a pensare il suo corpo avvolto dagli abiti del viaggio.

“Grazie. Ho imparato molto”, disse e annuì mesta alle sue stesse parole. Anche fuori da Yevon si potevano commettere errori.
Si avviò oltre il ponte e tornò sulla via, perché in verità non c'è altro luogo adatto ad un evocatore apprendista.

*

Immobili nell'eternità della pietra, le teste bionde per sempre rivolte al buio, tre sorelle sognavano il torpore della primavera.

Il tempio profumava di fiori.




















Forza Yocun alé alé... ...ehm.

Tesi: Belgemine è troppo tosta e troppo intelligente per non aver combinato nulla in tutto quel tempo dacché è morta e ha mandato affanbagno Yevon.
Ipotesi: non ha messo a buon frutto tutto quel tempo, la sua forza come la vediamo nel gioco è stata forgiata non solo dai suoi errori in pellegrinaggio ma anche da qualcos'altro.
Poi Remiem è perfino diventato casa sua, whatever, qualcosa d'importante ci sarà pur successo. Mi piacerebbe scrivere di un suo ritorno al tempio, qualche anno dopo...  e tanto altro su di lei. Lei che insegna a Braska, tanto per cominciare. *si scioglie in un budino di fangirlaggio*
Ah, il tutto è coerente con la Belgemine che ho immaginato in Dead for a thousand years. Che è una fanfic un po' vecchiotta, ma che continuo ad amare moltissimo nel suo concept <3
E, a costo di essere pedante e superflua, ricordo che fino all'arrivo di Jecht le Fayth spalleggiavano passivamente Yu Yevon, lasciando gli evocatori a marcire nelle bugie del pellegrinaggio. Il che le rende, ai miei occhi, personaggi ancor più interessanti, tutte e *conta* dieci. O nove? Anima cos'avrà avuto da dire in merito?

Fun fact: c'è un solo posto in tutta la f*uta Spira che non ha un artwork che sia uno. INDOVINATE QUALE. :facepalm: Che poi la mia testa pensava 'Remiem' e vedeva Er'cana, che non è proprio la stessa cosa... un artwork avrebbe aiutato a concentrare i neuroni dove dovevano stare. u_u Tsk.
   
 
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