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Autore: SuzuyaChan    02/07/2016    5 recensioni
Dopo aver orchestrato un incidente ferroviario ai danni di Shizuo, Izaya va a trovarlo in ospedale e scopre che il suo arci nemico non si ricorda di lui. Decide quindi di tormentarlo proprio ora che si trova all’apice della sua vulnerabilità, ma per qualche strano motivo… non ci riesce.
«Presumo» continuò Shizuo, attirando l’attenzione di Izaya con il suo tono esitante «che noi due fossimo amici.»
[Traduzione della fanfiction di SuzuyaChan]
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Izaya Orihara, Shizuo Heiwajima | Coppie: Izaya/Shizuo
Note: Lime, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 6
Original work by SuzuyaChan: Aletheia
Translated by: shirangel


Aletheia



Note della traduttrice: Stavolta preferisco lasciarvi subito al capitolo. Ulteriori note dopo l'epilogo <3

Capitolo 10

Un raggio di luce già filtrava attraverso le tende quando Shizuo riprese finalmente conoscenza. Il ragazzo controllò l’orologio e vide che erano le dieci di mattina; si sentiva fastidiosamente intontito, forse un effetto collaterale della tonnellata di antidolorifici che avevano usato per metterlo fuori combattimento. Si sfiorò la testa e sentì sotto le dita le bende che gli fasciavano la nuca, mentre cercava di ricordare gli ultimi avvenimenti. Aveva il presentimento che qualsiasi cosa fosse accaduto la maledetta pulce era coinvolta – niente di sorprendente, dato che si trovava in ospedale. Shizuo non veniva ricoverato molto spesso e dubitava che qualcuno all’infuori di Izaya sarebbe mai stato in grado di spedirlo lì.

Vicino alla porta della stanza era seduto un uomo dai capelli scuri e ben piazzato, che sembrava essere sul punto di addormentarsi da un momento all’altro. Il biondo gemette leggermente mentre si tirava su, attirando l'attenzione dello sconosciuto.

«Chi è lei?» domandò, confuso. L’uomo gli rivolse uno sguardo un po’ impacciato prima di rispondere.

«Il tuo custode. Sarai tenuto sotto sorveglianza per ventiquattr’ore» cominciò, fermandosi subito dopo come se non fosse sicuro di come continuare «Prevenzione suicidi.»

«Cosa?» chiese Shizuo, sforzandosi di ricordare cosa fosse successo prima di svenire.

«Sei saltato giù dalla finestra… c’era un altro ragazzo, ha detto che è stato un incidente, che sei solo caduto» quelle parole richiamarono stralci di ricordi. Izaya era stato lì, era caduto dalla finestra e lui si era gettato dopo di lui, lo aveva stretto contro il suo petto e assorbito l’impatto. Ma perché? «Sfortunatamente potrebbe aver mentito e non vogliamo correre rischi.»

Mentito. Giusto. Izaya gli aveva mentito, gli aveva fatto credere che gli importasse di lui. Perché diavolo gli aveva creduto? Sapeva come era fatto Izaya, dopotutto.

«Era qui fino a mezz’ora fa. È rimasto con te tutta la notte, non ha nemmeno dormito. Però quando il dottore è entrato e ha detto che ti saresti svegliato presto mi sono voltato e lui era sparito.»

Era rimasto? Shizuo non era in grado di immaginarselo accanto al suo letto con intenti che non fossero omicidi, ma all’improvviso una strana scena si fece strada nella sua testa. Vide Izaya seduto di fronte a lui, con il viso acceso da un sorriso, che rideva e lo prendeva in giro, che giocava con l’angolo del suo piumone mentre parlava senza sosta. Non era la sua immaginazione, realizzò, erano ricordi. Izaya davvero si era seduto su quel letto, aveva parlato con lui, l’aveva abbracciato. L’aveva baciato. Lo stomaco di Shizuo si contrasse; non capiva come quel bastardo manipolatore potesse essere la stessa persona dei suoi ricordi, lo stesso ragazzo che era indietreggiato di fronte a lui, che era sembrato sul punto di scoppiare a piangere da un momento all’altro, con gli occhi spalancati per lo shock e il dolore impresso sul viso. Lo stesso ragazzo che aveva imparato ad amare.

Shizuo si ricordò di aver dato per scontato che Izaya l’avesse ingannato, e di essere stato certo che anche quella scena fosse parte di uno schema più grande, come avevano detto i suoi amici, ma adesso che poteva ricordare anche il vecchio Izaya, quello con cui aveva combattuto per quasi dieci anni, non ne era più tanto sicuro. Si ricordava l’espressione dell’informatore quando gli aveva detto che non sapeva chi fosse, si ricordava di come avesse provato ad andarsene, di come lui stesso fosse stato convinto che non l’avrebbe più rivisto, se non avesse fatto la prima mossa. Ricordava quando l’aveva guardato negli occhi e aveva visto le mura attorno a lui cadere poco a poco, ricordava quel sorriso leggero trasformarsi nel suo caratteristico ghigno.

Non poteva essere sicuro che non fosse stata tutta una recita, ed ecco perché doveva scoprire la verità.

Si alzò dal letto con la testa che gli pulsava leggermente, ma il dolore sbiadì di fronte alla sua nuova determinazione. Si vestì in modo un po’ maldestro prima di dirigersi verso la finestra, e si rese vagamente conto che saltando giù dal settimo piano avrebbe probabilmente causato un infarto a quella povera guardia, ma non gli importava. Doveva vedere Izaya. Doveva chiedergli qual era il suo vero volto.

Il treno sarebbe stato l’alternativa più logica per arrivare a Shinjuku, ma il biondo non era certo conosciuto per essere una persona logica, e infatti decise di correre fino all’appartamento di Izaya, approfittandone per scaricare i nervi lungo la strada. Sapeva di non avere la benché minima possibilità. Conosceva la pulce da anni, e nemmeno una volta aveva dimostrato di essere in grado di provare sentimenti che non avrebbero causato dolore – sia fisico che emotivo – ad altre persone. Ma non poteva fare a meno di sperarci. Per tutta la vita Shizuo aveva avuto difficoltà a rapportarsi con gli altri: quelli che non si spaventavano per la sua forza o la sua reputazione dovevano comunque fare i conti con un altro grande ostacolo, la sua incapacità di fidarsi di se stesso. Ma Izaya aveva ragione, non aveva bisogno di qualcuno che lo proteggesse, Shizuo riusciva a ferirlo a malapena anche quando voleva farlo. L’incidente nel parco era stato un eccezione – era difficile crederlo, dopo aver recuperato i suoi ricordi dell’informatore, ma era vero. Shizuo non doveva preoccuparsi di controllarsi accanto a Izaya, poteva rilassarsi ed essere se stesso – specialmente ora che avevano smesso di provare a uccidersi a vicenda ogni volta che si incontravano.

Raggiunse il condominio di Izaya in circa venti minuti, realizzando che i suoi vestiti erano ormai completamente in disordine troppo tardi per potersene preoccupare, ma cercò comunque di darsi una sistemata specchiandosi nella vetrina di un negozio lì vicino. Il nervosismo che aveva soffocato durante la corsa era tornato, e non era una sensazione a cui era abituato. Nella sua quotidianità, prima della perdita di memoria, non c’era mai stato nulla in grado di provocargli le classiche farfalle nello stomaco. Decise che agire era l’unico modo per non rischiare di cambiare idea sul piano originale di affrontare Izaya ed estorcergli la verità. Magari nel contempo sarebbe anche riuscito ad accettare l’idea che passare del tempo con quella nuova versione dell’informatore, non del tutto psicopatica e un po’ meno rompipalle, non sembrava poi così male. Effettivamente gli piaceva più di quanto fosse in grado di spiegare senza sembrare il personaggio di una commedia romantica terribilmente scadente.

Shizuo decise di non usare il campanello, presumendo che Izaya probabilmente avrebbe provato a fuggire se l’avesse avvertito della sua presenza. Invece trovò la scala antincendio e salì fino al piano in cui abitava l’informatore. Dopo aver strattonato la porta in cima alle scale con un po’ troppo entusiasmo, rimuovendola accidentalmente dal telaio, si piantò di fonte all’appartamento di Izaya, con ancora la maniglia in mano e senza la minima idea su cosa fare. Bussò molto più forte di quanto intendesse fare e sentì il proprio pugno sfondare il legno e riempirsi di schegge. Ritirò la mano e rinunciò all’idea di presentarsi in modo discreto.

«I – za – ya – kun» chiamò, sembrando un po’ troppo simile al vecchio Shizuo. Si schiarì la gola, chiedendosi cosa avrebbe potuto aggiungere per suonare meno minaccioso. Prima di poter fare qualsiasi cosa, però, individuò un paio di occhi cremisi che spiavano dal buco a forma di pugno scavato nella porta. Nel silenzio più totale, Shizuo ebbe la netta sensazione che Izaya si stesse preparando per qualcosa, e per un attimo si domandò di cosa si trattasse, prima di ricordarsi che aveva appena preso a pugni la sua porta e lo aveva chiamato in modo alquanto minaccioso, non molto dopo avergli urlato che era un maledetto bugiardo. La sua diffidenza era più che giustificata.

«Ciao» disse il biondo, rabbrividendo internamente per quanto patetico doveva sembrare. Izaya lo fissò, sospettoso.

«Cosa vuoi?»

Shizuo notò che l’informatore non era in vena di scherzi; non l’aveva nemmeno chiamato Shizu-chan. Izaya si spinse una mano contro la fronte per spostarsi i capelli dal viso. Sembrava stanco.

«Parlarti.»

«E allora parla.»

«Non qui. In casa.»

L’informatore alzò un sopracciglio, e una vena di scetticismo per un attimo mascherò la spossatezza della sua voce.

«Ti sembro uno che ha voglia di suicidarsi?»

«Non ti farò del male.»

Izaya rise piano, prima di scuotere la testa e aprire la porta, mormorando “come ti pare” a denti stretti.

Rimasero in piedi per un po’, l’uno di fronte all’altro, senza accennare un passo verso l’interno dell’appartamento, e Shizuo vide gli occhi dell’informatore soffermarsi sulla maniglia ancora stretta tra le sue mani.

«Hai ingaggiato una crociata contro le porte?» chiese, e sulle sue labbra apparse il fantasma di un sorriso prima che il ragazzo si voltasse e tornasse in casa. Il biondo lo seguì, borbottando delle scuse mentre appoggiava la porta divelta sul pavimento e si toglieva le scarpe prima di entrare.

«The?»

«Emh, d’accordo.»

Il ragazzo andò in cucina mentre Shizuo si guardava attorno: il salotto era enorme ed elegante, interamente fatto di legno scuro e pelle. La portafinestra dietro la scrivania di Izaya riempiva la stanza di luce. Il biondo si sedette sul divano, meravigliandosi di quanto normale apparisse la situazione – a parte le svariate porte distrutte.

Dopo pochi minuti Izaya tornò, posando le tazze sul tavolino da caffè e sedendosi quanto più lontano da Shizuo fosse fisicamente possibile condividendo lo stesso divano. Rimasero in silenzio, bevendo lentamente il loro the. Il biondo era così concentrato su come iniziare la conversazione che dovevano avere da non notare lo sguardo di Izaya fisso su di lui, in un mix di sospetto e sorpresa.

«Lo stai bevendo.»

«… e allora?

«E se l’avessi avvelenato?»

«L’hai fatto?»

«No, ma…» il ragazzo tacque di nuovo. Era davvero strano che Shizuo si fidasse di lui, e quel particolare si andava ad aggiungere alla lunga lista di motivi per cui quello era l’incontro più bizzarro della sua intera vita – il che era tutto dire. Era stato molto vicino al biondo durante le ultime settimane, vero, ma quello era successo prima che Shizuo scoprisse che gli aveva mentito.

«E allora sta’ zitto, pulce.»

L’informatore sussultò. Pulce? Quel soprannome risaliva al periodo precedente alla perdita di memoria. Che diavolo significava? Se Shizuo si fosse davvero ricordato di com’era Izaya al liceo, di certo non si sarebbe presentato lì con un atteggiamento tanto civile.

«Non capisco» ammise Izaya, prima di riuscire a frenarsi.

«Oh» esalò Shizuo, e l’informatore riuscì quasi a intravedere il cervello del biondo sforzarsi per formulare una spiegazione, mentre il ragazzo cercava di concentrarsi tirando fuori la lingua. Izaya sorrise, pensando che ormai non aveva più senso fingere che non fosse carino.

«Dunque, ehm, diciamo che mi sono svegliato e… mi sono ricordato tutto. Prima del treno, dopo il treno – non sono un dottore, ho marinato quasi tutte le lezioni di biologia al liceo e non ho idea di come funzioni questa… questa cosa. E non m’importa nemmeno, sai – è solo che…» sospirò per la frustrazione, incapace di esprimere a parole quello che voleva dire «Celty ti ha visto fuori dall’ospedale ed è venuta da me e ha cominciato a chiedermi se stavo bene, e cosa avevi cercato di fare – diavolo, ha detto che era sorpresa che fossi ancora vivo e mi sono incazzato, sai? Perché, dannazione, mi piacevi» Izaya trasalì nel sentirlo usare il passato «Non so spiegartelo, mi sentivo… connesso a te. Più che a chiunque altro. Il pensiero che fosse tutto un inganno, che per te fosse stato solo un gioco…»

Izaya non riusciva ad accettare il fatto che Shizuo si ricordasse di lui: quello era il ragazzo che gli aveva tirato addosso qualsiasi cosa gli fosse passata per le mani, che lo aveva inseguito, che aveva proclamato a gran voce il suo odio per lui, e nonostante questo gli parlava con quel tono gentile, quasi intimo, e il suo linguaggio del corpo era rilassato, malgrado fossero così vicini. Era ancora lo Shizuo che aveva imparato a conoscere durante le ultime settimane.

«Ma quando mi sono svegliato, quando mi sono ricordato di te, di come eri prima… non ne ero più tanto sicuro.»

«Di cosa?»

«Che fosse solo un gioco.»

La gravità di quello che Shizuo stava dicendo si abbatté con violenza su di lui. Izaya non sapeva cosa rispondere. Poteva scegliere se mentire o rendersi vulnerabile, ammettendo di aver ceduto a qualcosa che riteneva ben al di sotto del suo livello, di aver sviluppato quei famosi sentimenti in grado di eclissare la ragione.

Per un momento tentò disperatamente di tornare al suo personaggio.

«Beh, dipende…» cominciò, ma Shizuo lo interruppe subito.

«Basta stronzate, Izaya.»

Izaya prese un profondo respiro. I suoi sentimenti per Shizuo non eclissavano la ragione – effettivamente, dopo l’eclisse il sole ritorna. Invece i suoi sentimenti per Shizuo la distruggevano completamente, la ragione. L’annichilivano, senza alcuna possibilità di tornare indietro. Tirò fuori il coltello dalla manica e lo lanciò attraverso la stanza; il biondo non trasalì nemmeno quando la lama si conficcò nel muro alle sue spalle, ma rimase concentrato sul ragazzo seduto di fronte a lui. Izaya lo guardò con la coda dell’occhio e il cremisi incontrò di nuovo l’ambra.

«Non era un gioco» rispose a bassa voce.

Rimasero in silenzio per un po’, cercando entrambi di capire quello che significava per loro e di stabilire quale sarebbe stato il passo successivo. Alla fine Izaya si alzò e riportò la sua tazza in cucina, sebbene fosse ancora mezza piena, perché aveva bisogno di fare qualcosa per distrarsi da quella che, essenzialmente, era stata una dichiarazione. Shizuo lo seguì, appoggiandosi allo stipite della porta mentre continuava a fissarlo.

«Ne sono felice» disse, attirando l’attenzione di Izaya. L’informatore esitò, ma si avvicinò a lui «Diavolo, non sarà facile – lo sai anche tu – e dovremmo risolvere un sacco di cose, ma…» si interruppe, incerto. Non era un uomo di molte parole – preferiva di gran lunga l’azione – quindi si spinse in avanti, afferrò il polso di Izaya e lo catturò gentilmente in un abbraccio. Quando sentì le braccia dell’informatore avvolgersi attorno alla sua schiena, spostò le mani sul suo viso, sollevandolo verso l’alto per un bacio che disse tutto quello che non riusciva a esprimere a voce.

 

EPILOGO

 

Celty spostò lo sguardo da Shizuo all’ex-arcinemico/nuovo-fidanzato del suo migliore amico, divisa tra la preoccupazione e la confusione. I due ragazzi si erano accomodati sul divano di Shinra, e il fatto che si fossero seduti così vicini l’uno all’altro sembrava una fortuita casualità, ma non lo era. Il braccio di Shizuo era accidentalmente finito sullo schienale dietro le spalle di Izaya, e la mano di Izaya si era accidentalmente posata sulla coscia di Shizuo. Non si lasciavano mai andare a pubbliche dimostrazioni di affetto, ma erano sempre un po’ più vicini del normale – specialmente di quello che era normale per loro. Erano passate due settimane da quando avevano tacitamente deciso di cominciare una relazione, e sebbene non l’avessero comunicato né a lei né a Shinra, la sospettosa carenza di risse in grado di distruggere una città intera e l’improvvisa passione di entrambi per sciarpe e magliette a collo alto aveva spinto la motociclista a invitarli a casa loro. Gli occhi di Shinra erano letteralmente schizzati fuori dalle orbite quando erano arrivati insieme.

Era divertente che tutti sapessero che quei due si odiavano – erano stati loro stessi a gridarlo ai quattro venti – e nessuno sapesse che si amavano. Il loro affetto era più silenzioso, ma anche più potente; non che fosse un segreto, ma non andavano in giro a raccontarlo. Pensavano che la città se ne sarebbe accorta da sola. Celty non poteva dire che l’informatore le piacesse poi tanto, ma quando ci pensò su realizzò che forse non avrebbe potuto immaginare un compagno migliore per Shizuo – e nemmeno per Izaya – ora che avevano finalmente smesso di lottare. Erano entrambi potenzialmente pericoloso, e non solo quando cercavano di esserlo: Shizuo non sapeva controllare la sua forza, ed entrambi avevano un talento innato per farsi dei nemici, che avrebbero potuto utilizzare un loro potenziale partner come merce di scambio. Nessuno però avrebbe potuto affrontare quei pericoli come loro. Certo, era preoccupata per quel lato manipolatore di Izaya ed era assolutamente terrificata al pensiero di cosa sarebbe successo se avessero litigato, ma alla fine c’era solo una cosa che voleva sapere.

[Siete felici?] sollevò lo schermo per permettere a entrambi di leggere il messaggio e li guardò mentre si scambiavano un’occhiata e sorridevano – solo un minimo incresparsi delle labbra, ma l’espressione più sincera che aveva mai visto sui loro visi.

«Non grazie a questo idiota» rispose Izaya, voltandosi verso Shizuo con un ghigno «Ha cercato di preparare la cena l’altra sera. Sono fortunato ad avere ancora un appartamento.»

Il biondo lo zittì con una lieve spallata.

«Oh, piantala. Non è colpa mia se il tuo allarme antincendio è ipersensibile.»

«Il fumo era nero

«Ehi, scusa tanto se per una sera volevo che cenassimo con qualcosa di diverso dal cibo da asporto. Sembra che alla fine tu non sia bravo in tutto, eh?»

Continuarono a bisticciare finché non se ne andarono. Il mignolo di Izaya era fermamente agganciato alla tasca dei pantaloni di Shizuo. Celty li guardò, con un’ondata di calore che si faceva strada dentro di lei.

pensò sono felici.

Note della traduttrice: Ed eccoci al finale. Che dire, spero tanto vi sia piaciuto. Per me questa storia semplicissima e allo stesso tempo così dolce è stata una piccola perla da leggere e un gran divertimento da tradurre <3 Prossimamente posterò un altro paio di traduzioni su questo fandom, entrambe ad opera di threesmallcrows ("After the story era" e "Latchkey"). Sono entrambe molto pesanti e di gran lunga diverse da Aletheia - trattano tematiche molto forti - ma ve le consiglio caldamente, anche in inglese, perché veramente stupende.

Grazie per aver seguito fin qui e alla prossima!

   
 
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