Io (e io)
Il Giudice si erge, tracimando orli di manica e ciuffi di parrucca oltre gli spigoli della cattedra. Gli occhi severi si fissano sull’imputato, stringendosi sopra il borro violaceo delle occhiaie. È laggiù, l’imputato, sulla sedia, trema sul legno stretto e fino.
Chi, dunque, prorompe il Giudice, non sogna più emozioni forti, cadute, e le vertigini, che un tempo, sì, sognava, e le sognava intensamente che già le viveva?
L’imputato trattiene uno sbuffo strano che gli gracchia in gola.
Chi dunque, fa ancora il Giudice, inscatola giorni produttivi da spedire all’Ufficio di Raccolta dei Doveri, e non sa nemmeno perché?
Son… sono… l’imputato annaspa… Sonìo.
Il Giudice lo guarda. L’imputato annuisce.
Sonìo, ripete l’imputato. Che, non lo conosce?
No, fa il Giudice.
Sonìo… beh, Sonìo, replica l’imputato. È sempre Sonìo. Mi sta alle costole, come un avvoltoio, non mi molla mai. Lo lascio fare, cosa vuole? Comunque è sempre Sonìo…
Sonìo, che non si sogna
volate o le vertigini, che inscatola
giorni produttivi da spedire
all’Ufficio di Raccolta dei Doveri,
non so nemmeno il perché, no?, son’io…
Il Giudice lo guarda sospettoso. Come dice?
L’imputato non trema più. Gesticola disinvolto.
Sonìo, signor lo Giudice. Sonìo. Sempre Sonìo.
Chi dunque, riprende il Giudice, europaletta le sue emozioni, credendo di poter mettere l’amore allo stoccaggio? Chi non si dà gratuitamente, per paura di dover sprecare la sua forza d’animo, e prezzando schifosamente l’amore?
Sonìo, sempre Sonìo.
Chi dunque, fa ancora il Giudice, si crede Dio e chiude omnia in pugillo, senza donare nemmeno uno spicciolo, senza un atto di compassione e generosità?
Sonìo…
Sempre Sonìo?, chiede stupito il Giudice.
Sì, è sempre lui… lui che…
Sonìo... che europaletta emozioni
sottaceto, stoccaggio dell’amore
imbarilato, Sonìo, che distilla,
che imbottiglia emozioni maturande,
che poi le gusta non già maturate,
ma evaporate, o rancide e appassite…
Sonìo…
Sonìo, che chiude omnia in pugillo e toglie
anche a suo padre, anche a sua madre, anche.
Sonìo… son sempre io…
Gli occhi del Giudice si assottigliano, la mano evoca un martello (legi)ferale.
Come? chiede il (legi)fero.
L’imputato annaspa, ma passa subito. Sorride.
Sonìo, replica. Sempre Sonìo.