Fanfic su attori > Cast Vampire Diaries
Segui la storia  |       
Autore: SereNian08    04/07/2016    3 recensioni
Può l'amore non essere abbastanza? Ian e Nina non sono più insieme. Dopo una storia di tre anni...Si sono separati. Hanno scelto di intraprendere strade diverse... Strade che li portano lontani. Da loro stessi, da casa, da tutto quello che avevano insieme. I giornali parlano di una proposta di matrimonio rifiutata, di un impegno che non si è voluto prendere, di nuove relazioni...Ma nessuno conosce realmente al verità. Impegnati sui set dei loro rispettivi film, in giro per il mondo, o semplicemente in vacanza con gli amici...Mettendo continenti e mari fra di loro, evitando di vedersi per quasi due mesi, sembrano felici e tranquilli.Ma è fin troppo semplice in questo modo. L'inizio delle riprese della quinta stagione di The Vampire Diaries è vicino. E i due saranno costretti a rivedersi... Come reagiranno quando si troveranno di nuovo faccia a faccia? Cosa succederà quando gli occhi "da cerbiatta" di Nina incontreranno quelli di ghiaccio di Ian? Può un amore come il loro, essere finito in così poco tempo? O basterà una piccola scintilla, per riportarli l'una tra le braccia dell'altro?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ian Somerhalder, Nina Dobrev, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 Image and video hosting by TinyPic





 

It's All Coming Back To Me Now






 
But when you touch me like this
And when you hold me like that
I just have to admit
That it's all coming back to me
When I touch you like this
When I hold you like that
It's so hard to believe but
It's all coming back to me



















 
POV. Ian.
Agosto 2024.

<< Papà. Papà! Papà guarda cosa ho trovato! >>
Evelyn mi corre incontro, affondando i piedini nella sabbia calda, arrancando per raggiungermi.  Stringe saldamente un secchiello arancione tra le mani, ricolmo d’acqua salata che fuoriesce dai bordi ad ogni suo passo. Quasi si lancia contro le mie gambe, atterrando sulla sabbia più fresca. Alza il secchiello mostrandomi un piccolo pesce a strisce grigie che nuota in circolo.
<< Come si chiama questo pesciolino, papà? Lo sai? >>
Mi chiede, con la tipica curiosità di una bimba di quasi sei anni. Mi accovaccio sulle ginocchia per arrivare alla sua altezza.
<< Mmh. Non ne sono sicuro. >>
Mi guarda con due occhi, identici ai miei, carichi di aspettative, avidi di risposte, di sapere.
<< Possiamo controllare sul tuo libro quando torniamo a casa, che ne dici? >>  
Alza le piccole spalle chiare, ricoperte di protezione solare. E poi sorride, mostrando i dentini candidi e le fossette agli angoli delle labbra.
<< Allora dobbiamo fargli una foto! >>
Non mi da il tempo di replicare. Posa il secchiello tra di noi e corre verso i nostri lettini poco più avanti. La guardo mentre rovista nella sua borsa di tela – strapiena di giocattoli – e ne tira fuori la macchinetta fotografica digitale colorata – di quelle indistruttibili, impermeabili, per bambini - che le abbiamo regalato poche settimane fa e che ormai porta ovunque, fotografando qualsiasi cosa. Torna verso di me, e con una concentrazione degna di un’artista alle prime armi, si posiziona per fotografare da più angolazioni il pesciolino.
<< Ora possiamo riportarlo a casa sua. >> 
Dice mentre mi passa la macchinetta fotografica, e riprende il secchiello, camminando verso la riva. Con il cuore pieno d’orgoglio la vedo scalciare l’acqua, e accovacciarsi sulle ginocchia per rimettere il pesciolino in mare. La seguo, tenendo sempre gli occhi fissi su di lei. Si volta sorridendomi raggiante, facendomi cenno di raggiungerla. 
<< Papà! Andiamo nell’acqua alta. Così posso fotografare tutto il mare. >> 
<< D’accordo tesoro, vieni qui. >>
Lascia cadere il secchiello ai suoi piedi, e allunga le braccia. La sollevo per caricarmela sulle spalle, mentre lancia un piccolo urlo d’eccitazione. Le passo la macchina fotografica che si mette al collo, per poi afferrare i miei capelli con le sue manine. Le tango saldamente le caviglie sporche di sabbia bianca, e mi lascio scivolare nell’acqua cristallina, finché non mi arriva alla vita, in un punto che lei non avrebbe mai potuto raggiungere. Continua a dondolarsi e ridere sulle mie spalle, fotografando davanti e sotto di noi, fin quando non la sento rilassarsi e posare la guancia sulla mia testa lasciandosi cullare dal mio corpo e dalle onde. Lentamente ritorniamo a riva, le sue dita minuscole mi accarezzano il viso, su e giù. 
<< Torniamo a casa piccola? >>
Le chiedo mentre mi dirigo verso i nostri lettini, e la faccio scendere dalle mie spalle.
<< Ma no! Non sono stanca, davvero. >>
Ma mentre lo dice le scappa uno sbadiglio che le arriccia il nasino.  Mi abbasso verso di lei, guardandola dritta nei suoi occhi luminosi.
<< Oh ne sono convinto tesoro, ma in realtà sono io quello stanco… Dovresti proprio mettermi a letto fra un po. >>
Aggrotta le sopracciglia scure, e annuisce solennemente.
<< Beh, se mi dici così allora va bene. >>
Afferro la sua borsa e i miei occhiali da sole. Lei mi allunga la manina e la chiudo nella mia, sorprendendomi ancora una volta dell’effetto istantaneo che mi riscalda il cuore. Attraversiamo la spiaggia dirigendosi al nostro cottage. Con l’altra manina si rigira la treccia castana che le scende sulla spalla, guardandola attentamente con espressione corrucciata.
<< Cosa c’è ce non va nella tua treccia? >>
Le chiedo, già conoscendo la risposta.
<< Non è la treccia papà! Te l’ho detto tante volte. Vorrei i capelli rossi come quelli della mamma. Mi piace tanto il rosso. >>
Sorrido e le lascio la mano per farla correre da sola lungo il portico di casa.  
 


POV. Nina.

Marzo 2019.
Mi passo il mignolo sull’angolo sinistro del labbro inferiore per eliminare il rossetto in più prima che si sbavi del tutto. Sorrido al mio riflesso cercando di darmi la spinta necessaria per uscire da questo bagno e affrontare Hollywood nonostante la stanchezza e la spossatezza. Mi ricordo per la decima volta che sono una donna forte ed indipendente che ha appena finito di girare il suo  terzo film da protagonista, considerando che i primi tre hanno avuto delle critiche positive e un buon incasso ai botteghini. Posso affrontare qualsiasi cosa. Un leggero bussare alla porta mi distrae
<< Ehi dolcezza, tutto bene? >>
La voce di Andrew interrompe il mio flusso di pensieri, riportandomi con i piedi per terra. Apro la porta mostrando al mio fidanzato il migliore dei miei sorrisi.
<< Si, tutto alla grande. Scusami, avevo bisogno di una pausa. >>
Gli sfioro il petto con la mano e gli bacio piano le labbra. I riflessi verdi dei suoi occhi mi ricordano perché ho accettato di accompagnarlo a questo evento. Lui, promettente attore canadese emergente, ha bisogno di questo tipo di serate per attirare l’attenzione di qualche produttore ben disposto. Mi scosta una ciocca di capelli dalla guancia.
<< Grazie per essere qui. Non so cosa farei senza di te. >> 
Mi sussurra all’orecchio. La sua mano scende ad accarezzarmi il fianco, mentre mi sospinge nella grande sala luminosa piena di persone in abiti da sera e smoking.
<< Dovrai ripagarmi con una cena giapponese. Anche se a te non piace. >>
Mi lancia un sorrisetto complice.
<< In realtà ho una sorpresa per sabato.. >>
Lo guardo incuriosita cercando di ricordare il giorno di cui sta parlando. Dopo qualche attimo di smarrimento ricordo che sabato è il sedici marzo, e sono esattamente dieci mesi da quando abbiamo iniziato a frequentarci seriamente.  
<< Ah si? >>
Annuisce, sfiorandomi con le labbra la fronte, per poi scendere lungo il viso e sussurrarmi all’orecchio.
<< E dopo questa, non rifiuterai più la mia proposta di andare a vivere insieme. >>
Alzo gli occhi al cielo.
<< Andy, ne abbiamo già parlato… E’ troppo presto. E questo non mi sembra proprio il momento adatto per discuterne. >>
<< E invece è proprio l’unico momento in cui mi devi ascoltare per forza senza eludere le mie domande, visto che tra set e ‘il tuo studio’ non mi ascolti mai. >>
Gli lancio un’occhiata stizzita.
<< Questa non è una cosa carina da dire. Non è vero che non ti ascolto. Solo che… Lo sai. E’ davvero troppo presto. >>
Mi avvicina di più a se mentre attraversiamo la grande sala dorata.
<< Presto per cosa? Dormiamo già insieme quasi ogni notte, e ogni mattina uno dei due deve andare via. Ci amiamo e comunque prima o poi finiremo a quel punto, perché non anticiparlo, se possiamo? >>
<< Il mio appartamento è probabilmente il più piccolo di tutta Los Angeles. Non c’è spazio per te, mi dispiace. >>
<< Casa mia è probabilmente una delle più grandi di tutta Los Angeles. C’è tutto lo spazio che vuoi. >>
Non riesco a trattenere il sorriso che mi sfiora le labbra, e quasi senza rendermene conto ringrazio il giorno in cui Andrew è caduto, letteralmente, nella mia vita. Sto ancora sorridendo, prima di sentire un nome uscire dalla sua bocca.
<< Sembra che stasera dovrò competere con tutti i tuoi presunti ex fidanzati. Poi dovrai dirmi con quali realmente sei stata. Si sono tutti radunati qui. Derek Hough è dall’altro capo della sala, hai davvero avuto un flirt estivo con lui, diversi anni fa? >>
<< E’ inutile che ci provi, andiamo a cena da Julianne una settimana si e l’altra pure. E tu e Derek parlate con quel fare… >>
Ma Andrew non mi ascolta e continua a parlare.
<< Da quel lato c’è Orlando Bloom. Dal vivo è molto più carino.. >>
<< La smetti di comportarti come una tredicenne? >>
Gli dico, trattenendo una risatina, dandogli un buffetto sul braccio.
<< E quello laggiù circondato da un gruppetto di persone, sembrerebbe essere… Ian Somerholder. >>  
Il sorriso mi muore sulle labbra.
Lo stomaco mi si contorce all’improvviso togliendomi il fiato.
 Lascio che il suo nome porti a galla una serie di ricordi e emozioni sopite da tempo. Lascio che lentamente questa sensazione di sorpresa e incredulità sparisca così com’è venuta. Mantengo lo sguardo fisso, cercando di non distoglierlo da una giovane attrice in nero.
<< Somerhalder. >>
Andrew non mi guarda mentre, automaticamente, gli correggo la pronuncia del cognome.
<< Pensavo non partecipasse ad eventi del genere… >>
Lo pensavo anch’io. Continua a parlare, ma io ho smesso di ascoltare. Giriamo la sala, e lo presento ad attori, giornalisti e produttori. Sembrano tutti entusiasti di conoscerlo, e io cerco di concentrarmi sul riflesso dei suoi capelli chiari così che il mio cuore torni a battere ad un ritmo normale. Ma prima che possa deciderlo, il mio sguardo si sposta nella direzione da lui poco prima indicata.
 E lo vedo.
Tra di noi ci sono una ventina di persone, forse di più, ma lo vedo.
Ian.
Per un secondo vorrei che si girasse, che incrociasse i miei occhi, come succede molte volte in quei vecchi film romantici. Ma il destino non sembra poi così disposto a esaudire questo mio capriccio. Per un secondo sento l’istinto di alzare l’orlo del vestito e correre.
Verso di lui, lontano da lui.
 Non ne ho idea.
Sta sorridendo e porgendo la mano a qualcuno. Qualche persona si sposta e riesco a vederlo del tutto. L’altro braccio è posato sul corpo di una donna. Una bellissima donna che stringe a se. Capelli ramati e fisico perfetto. Appariscente e elaborata quanto basta da farmi sentire quasi inadatta nel mio semplice vestito blu scuro, con i capelli mossi lasciati sciolti sulle spalle. Distolgo lo sguardo e intravedo delle tende svolazzanti dall’altro capo della sala. Una portafinestra aperta. E mi ricordo che non sono più una ragazzina alle prime armi. Mi scuso con Andy, impegnato a discutere dei nuovi film in produzione, e scivolo lentamente verso l’aria fresca. Mi porto una mano all’altezza dello stomaco, appena metto piede sulla terrazza, inspirando forte, avvicinandomi alla ringhiera. La luna brilla nel cielo scuro, riflettendosi sulla piscina poco sotto di me. Un sorriso ironico mi imperla le labbra, mentre mi rendo conto che sono letteralmente scappata, come se avessi realmente qualcosa da nascondere o da cui fuggire.
C’è solo il passato, dietro di me.
Il passato condiviso con Ian.
Il passato che mi ha resa la donna che sono.
Ripenso al nostro ultimo vero incontro, avvenuto più tre anni fa, poco dopo la fine, per me, di The Vampire Diaries. Sembra passato così tanto tempo, sembra passata una vita intera da quando ho lasciato il set e i panni della dolce e coraggiosa Elena Gilbert.
Ripenso al modo in cui ci siamo salutati, alle parole di perdono, di resa, di rispetto che ci siamo scambiati, augurandoci il meglio, sapendo perfettamente che niente sarebbe più tornato come prima, che il dolore, il risentimento, il senso di perdita e di fallimento, ci avrebbero accompagnato per gli anni a seguire.
E così è stato. Lasciata Atlanta sembrava che tutto si fosse sgretolato dietro di noi. Ho liberato il mio appartamento, ho preso le mie cose, e non mi sono più guardata indietro. Sono volata definitivamente a LA, in mezzo al caos di Hollywood, tra le mie amiche di sempre.
Ho messo un punto definitivo e ho voltato pagina. Finalmente libera da un ruolo che mi aveva dato così tanto, libera di poter essere chi volevo, libera di poter accettare qualsiasi lavoro mi venisse offerto.
Ma Il mio passato mi ha sempre inseguita. Sono andata a tutte le feste di rimpatriata, e più di tre volte l’anno mi ritrovavo tra i miei vecchi colleghi, impegnati a portare avanti le loro vite al meglio. C’erano le solite lacrime di commozione, i soliti abbracci che toglievano il fiato,  qualche domanda buttata lì, e il nome di Ian sempre presente. C’erano gli aneddoti, le chiacchiere, e i sorrisi orgogliosi quando si parlava di lui, le smorfie di fastidio che accompagnavano altri, del suo lavoro da filantropo, del suo santuario che tutti avevano visitato, dei suo discorsi al congresso sempre più frequenti, ma mai lui in carne e ossa a ridere con noi.
 E tutti si chiedevano quale paese stesse salvando, o per quale specie animale stesse lottando in quel momento. Lui che sembrava sempre una spanna sopra tutti noi. E poi gli occhi  si posavano su di me, come se io potessi saperne più di loro, quando in realtà era il contrario. Certo, c’erano stati i messaggi di congratulazione e auguri annuali, qualche telefonata con sua madre e la sua famiglia ogni tanto, ma niente di più. Nessuno dei due voleva qualcosa di più.
<< Tesoro, va tutto bene? >>
La voce di Andrew mi richiama al presente. E’ accanto alla portafinestra, con un braccio teso a mantenere la tenda spessa aperta. Mi avvicino a lui e gli accarezzo il braccio in un gesto familiare.
<< Si. Avevo solo bisogno di prendere aria. Possiamo rientrare. >>
Alza la mano per sfiorarmi il viso con il palmo.
<< Sei sicura? Posso riaccompagnarti se vuoi.. >>
I suoi occhi sono sinceri, non lo dice giusto per fare scena o per accontentarmi. Ed è per questo che decido di restare.
<< Oh no, dobbiamo ancora contrattare con questi vecchi signori per il tuo brillante futuro. Noi canadesi dobbiamo farci sentire! >>
Scoppia a ridere e mi avvolge la vita stringendomi.
Rientriamo nella sala, e ho ancora gli occhi fissi su di lui quando mi accorgo, appena giro il viso, che Ian è a pochi passi da noi.
Sta camminando nella nostra direzione, da solo.
E ci vuole un attimo.
Un secondo.
Il tempo di un battito di ciglia.
 E i nostri occhi si incrociano.
Avevo quasi dimenticato il loro autentico colore.
Più scuri del ghiaccio, più chiari del mare.
Pensavo di averli dimenticati.
Pensavo di averli rimossi dai miei ricordi.
Dai miei sogni.
Dalla mia vita.
Cazzate. Tutte cazzate.
Piccoli pensieri incompiuti si scontrano nella mia mente, uno dopo l’altro, velocemente.
Ian.    
Sei proprio tu.
Sei proprio qui davanti a me.
Perché mi sembra così strano?
Sbagliato. Giusto.
Come stai?
Chi è quella donna che stringevi con così poca convinzione?
 Perché le pagine di gossip non parlano più della tua vita sentimentale?
Dannazione Ian, possibile che gli anni ti abbiano solo sfiorato e reso più affascinante? Quasi mi fai sentire ancora come quella ragazzina imbarazzata che ti guardava da lontano, che cercava di farsi strada nella tua vita, non capendo che c’era già totalmente dentro.
Me la scrollo di dosso, ancora oggi, quella ragazza.
Ogni mattina mi guardo allo specchio e sono felice di non vederla.
Tre anni, Ian. Tre anni di vuoti, di silenzi, di messaggi scambiati per cortesia.
No, non provarci.
Distoglilo, quello sguardo.
Toglimi quell’azzurro di dosso.
Io non riesco a farlo.
Sei bravo, Ian. So che lo sei. So come fai capitolare chiunque ti sia vicino. Quegli occhi sono il tuo più grande punto di forza, e il tuo più grande difetto. E mi hanno ferita più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Più si ama, più si odia. Quante volte ho sentito questo concetto. Quante volte l’ho provato sulla mia pelle. Ti odiavo di quell’odio grande che nasce solo da un grande amore. Difficile da sopprimere. Quasi impossibile da dimenticare.
Ma ci sono riuscita, Ian. Ti ho dimenticato. Ho chiuso in una scatola tutte le tue cose, ho messo i tuoi anelli in fondo ad un cassetto, e sono andata avanti. E non importa quante volte incrocerò il tuo sguardo, sono sicura della mia scelta.
 

POV. Ian

L’ho vista nel momento esatto in cui ho messo il piede in questa grande sala.
Era accanto alla porta che da sul corridoio centrale, stretta tra le braccia di un giovane uomo con i capelli chiari. Fasciata in un vestito blu, con i capelli scuri mossi sciolti sulle spalle nude. L’ho tenuta d’occhio, senza riuscire a distogliere lo sguardo.
Il suo, invece, era sempre puntato altrove.
Quasi a volermi evitare di proposito.
 Proprio come ho cercato di evitarla io in questi anni.
Alla fine si è incamminata velocemente verso la grande finestra, scomparendo dalla mia visuale. Per un secondo sono stato quasi tentato nel raggiungerla, per ritrovarmi davanti a lei, per incrociare di nuovo i nostri occhi, per vedere la sua reazione. Ma poi mi sono ricordato di Kate stretta al mio corpo.
Mi sono ricordato della nostra relazione che ormai va avanti da più di sei mesi.
E mi sono ricordato che Nina, e tutto l’amore che provavo per lei, sono una storia vecchia di anni. E’ strano. Si passa tanto tempo a cercare di dimenticare qualcosa e qualcuno, tanto tempo per eliminarla realmente dalla mia vita, e poi basta un solo attimo… Uno solo.
Ed ora eccomi qui, davanti a lei. Quasi non degno di un’occhiata l’uomo che la stringe così saldamente. E’ visibilmente imbarazzata, quasi colta da un disagio profondo. E penso che non dovrebbe andare in questo modo. Ci dovrebbero essere baci e abbracci. Chiacchiere di convenienza. Al massimo una battuta maliziosa. Ma niente di tutto questo succede.
E il tempo scorre, e noi continuiamo a guardarci.
Come sospesi in uno spazio fuori dal mondo.
Dio Nina, sei così bella. Così donna. Così cresciuta. I trent’anni ti donano come non mai. Ma so che da qualche parte, dietro quello sguardo deciso che mi rivolgi, c’è  ancora la ragazzina di cui mi sono innamorato tanto tempo fa. Quanto è passato dal nostro primo incontro? Nove, dieci anni? Forse di più. Non lo ricordo. Non sono mai stato bravo a calcolare il tempo che passavamo insieme. Ancora meno bravo a calcolare quello che non passavamo insieme. Come se i margini si confondessero continuamente.
Ho visto tutti i tuoi film. Ho sentito quell’orgoglio familiare che mi hai sempre fatto provare mentre ti guardavo sul set. E si, sono così orgoglioso di te. Quante volte ti ho detto che saresti arrivata in cima? Ed ora eccoti qui. E non posso evitare di chiedermi se, accanto a me, ce l’avresti fatta.
Lui ti stringe ancora.
E lo capisco.
Anche io ti stringevo in quel modo.
Quando hai qualcosa di così prezioso tra le braccia, cerchi solo di non lasciarlo scappare via. Ti ci aggrappi con tutte le forze. Ma tu mi sei scivolata tra le dita, come sabbia fine. Non sono riuscito a fare niente per impedirlo, e sono rimasto solo con qualche granello solitario attaccato ai palmi delle mani. E non mi bastava. Volevo di più. Volevo tutto.
Ma dovevo fare di più, Nina. Me ne rendo conto in questo momento esatto, mentre un rimpianto pungente mi prende lo stomaco. Dovevo lottare, dovevo rinunciare ai miei progetti, dovevo stringere i pugni. Dovevo volere solo te, e non tutto il resto. Ma si sa, gli uomini vogliono sempre più di quello che possono avere. Sono stato egoista e a volte senza cuore. Ti ho ferita e mi sono ferito consapevolmente. E ora non posso fare a meno di chiedermi come sarebbe andata. Pensavo che avresti ceduto. Pensavo che saresti tornata da me. Pensavo che le cose si sarebbero sistemate. Ma non è successo. E a quel punto sono andato via. Ho smesso di combattere e mi sono lasciato trascinare da una relazione più facile. E più ti guardo, più vedo realmente cosa sei diventata, più penso che forse sia stato meglio così.
Sfodero uno dei miei sorrisi migliori, di convenienza.
La magia di dissolve.
<< Nina, è un piacere rivederti. >>
Le prime parole di cortesia che mi vengono in mente. Le più vere. Le più false. Annuisce e sorride anche lei.
<< Saranno passati quanti… tre anni? >>
Cinque.
Finge di non sapere, finge di non ricordare.
<< Si, più o meno. >>
E io le mantengo il gioco. Sorride ancora di più. Si riscuote all’improvviso, come si fosse ricordata al volo del suo accompagnatore.
<< Lui è Andrew Roland. Andrew, Ian Somerhalder. >>
Andrew mi porge la mano che stringo, questa volta guardandolo negli occhi. Mi sorride calorosamente, con sincerità. E mi sorprende.
<<  Il famoso filantropo. Ho letto di tutto sul progetto del tuo santuario. E’ meraviglioso. Complimenti. Ho saputo che prenderete anche qualche esemplare più raro, è vero? >>
<< Grazie mille… Oh si, stiamo cercando di fare il possibile. Speriamo che vada tutto per il meglio. >>
Ci sono altri sorrisi. Parole dette a vuoto. Domande sulle rispettive vite. Qualche commento buttato al volo sulle persone nella sala. Altri sorrisi di cortesia. Ad un certo punto Horald Blake richiama da lontano Andrew, gesticolando di raggiungerlo. Lui lancia un’occhiata a Nina, e dopo il suo cenno, mi saluta, le piazza un bacio sulla guancia e si allontana. Solo in questo momento lei si degna di incrociare ancora i miei occhi, la sua maschera di finta cortesia cade, proprio come la mia. Sorprendentemente le sue mani non sono strette a torturarsi le dita. Sembra piuttosto tranquilla. Sto per dire qualcosa, ma questa volta è Kate a farmi un cenno da lontano, con espressione corrucciata. Vuole che la raggiunga. Nina si volta seguendo il mio sguardo, e sorride.
 
POV. Nina.

Seguo i suoi occhi, e noto quella donna fargli cenno di raggiungerlo. Sorrido, imbarazzata. Ian incrocia di il suo sguardo con il mio.
Sembra indeciso.
Sul punto di volermi parlare.
<< Penso che dovresti andare da lei. >>
Dico all’improvviso.
Per fermarlo.
Per fermarmi dal provare qualcosa di totalmente sbagliato.  Il suo sorriso si spegne. Inclina leggermente la testa di lato.
<< Si, dovrei. E’ stato un piacere vederti. Spero che tu stia bene. >>
Sorrido ancora.
<< Si, sto bene. >> 
Annuisce e mi supera velocemente, senza troppe cerimonie. Non mi volto a guardarlo. Non lo seguo con gli occhi. Mi giro nella direzione opposta, per rendermi conto di dove sia finito Andrew. Ma prima che possa anche solo fare un passo in avanti, una mano mi sfiora il braccio, stringendolo piano. Un brivido mi scende lungo la schiena. Non ho bisogno di voltare la testa, ma lo faccio ugualmente. Il viso di Ian è piegato in avanti, poco distante dalla mia spalla. Sento il suo profumo familiare solleticarmi il viso.
<< Non te ne stavi andando? >>
Muri che crollano, vecchie confidenze che ritornano. Mi rendo conto che il mio tono risulta soffocato e infastidito.
<< Voglio parlarti. In privato. >>
Abbasso lo sguardo sulla sua mano stretta intorno al mio polso. Guardo Andrew dall’altro lato del corridoio. Non è una domanda, non è una richiesta, ma lo dice con un tono carico di aspettative.
<< Adesso? Mi sembra che ci siamo detti tutto quello che dovevamo. >>
Le sue dita scendono ancora di più, sfiorando le mie.
<< Tutto quello che dovevamo, hai ragione. Ma io voglio parlare con te. >>
Sto per rispondergli che non è il caso, che ho un uomo che mi aspetta, che ha una ragazza che ci sta fissando con curiosità, ma non me da il tempo.
<< Non adesso. Capisco che la situazione è... complicata. Resto in città fino a giovedì, poi devo tornare a New York.  Vieni a pranzo con me, domani. Niente di più semplice.  >>
Resto interdetta per qualche secondo, indecisa sul da farsi. Penso a dieci scuse diverse per rifiutare. Penso a dieci motivi diversi per cui vorrei accettare. La sua mano scivola via dalla mia, e mi sorride.
<< Un pranzo in nome dei vecchi tempi. >>
Ed è il suo sorriso peggiore. Sghembo, con le rughe accentuate intorno agli angoli della bocca. Quel tipo di sorriso per cui sarei andata in capo al mondo. Annuisco piano. Quasi voglio risparmiare le parole per domani. Annuisce anche lui, sorridendo ancora di più. Forse non si aspettava una risposta positiva.
<< Ti mando un messaggio… per il posto e l’ora. >>
Si abbassa di nuovo verso di me, senza sfiorarmi.
<< A domani.. >>
Ripeto le sue parole, mi lancia un ultimo sguardo azzurro, e sparisce tra la folla mentre cerco di controllare il battito del mio cuore.
 
La mattina dopo non tarda nel farsi sentire.
 Il cellulare squilla insistentemente e il messaggio finisce dritto in un mucchio di altri non letti. Solo due frasi, il nome del locale in cui dobbiamo incontrarci e l’orario stabilito. Mentre mi preparo, mi vesto, e mi riguardo allo specchio, penso a quanto tutto questo sia irreale. Come se fossi stata catapultata in un sogno che sa di passato, di sorrisi stanchi alle quattro del mattino, di cioccolato e sangue finto, odore di legno appena tagliato, di ecopelle nera, e tanta nostalgia.
<< Tesoro, hai visto la mia camicia grigia? Mi sa che.. ah no, eccola qui! >>
Andrew esce dal piccolo bagno di servizio buttandomi addosso tutta la realtà in cui vivo, con i capelli ancora umidi di doccia spiaccicati ai lati del viso. Gli lancio un asciugamano scuro prima che me lo chieda e inizia a frizionarsi le ciocche bagnate. Si muove velocemente per la casa, agguantando cellulare e occhiali, infilandosi le scarpe velocemente.
<< Sono in ritardo, accidenti. Tu sei sul set oggi? Ci vediamo stasera a cena? >>
Mi si avvicina posandomi una mano sulla spalla. Mi da un bacio leggero sulla guancia.
<< Si, certo. >>
Verità mascherata.
<< Perfetto, ti chiamo più tardi. Sei bellissima stamattina, molto più del solito. Ti amo. >>
Non aspetta risposta, e mi limito a fargli un cenno con la mano mentre si richiude la porta alle spalle. Sistemo il colletto della camicetta rossa sbracciata, infilando l’orlo nei jeans stretti. Calzo i soliti stivaletti quasi consumati, mi sistemo i capelli e afferro la borsa, gli occhiali, e sono fuori.
Los Angeles è una città piena. Piena di vita, di spettacolo, di musica, di possibilità. Non caotica e opprimente come New York e nemmeno familiare come Atlanta. E’ quel tipo di città che riesce a darti tutto e niente. Una città che sa di svago e divertimento, di lavoro e passione. Una volta lessi che tutte le più grandi star del cinema, della musica e della moda sono passate per queste strade lasciando quel tocco di magia, ognuno di loro ha lasciato un pizzico del proprio talento, che alla fine ha impregnato ogni angolo di questo posto. Salgo al volo su un taxi azzurro e giallo. La strada scorre lenta, causa traffico, sotto i miei occhi. Dovrei essere nervosa, preoccupata, ansiosa? Cosa si dovrebbe provare quando si accetta un invito del genere?  Inspiro profondamente cercando di far scemare la tensione. L’autista accosta accanto al locale dell’appuntamento. E’ piccolo, discreto e appartato, con le vetrate scure. Il genere di posto che si usa per situazioni in cui non si vuole essere disturbati dai paparazzi indiscreti. Pago il tassista e scendo dall’auto guardandomi intorno. Nessuna macchina familiare in giro, solo qualche passante con il viso incollato allo schermo del cellulare.  Mi avvicino alla porta bianca che si apre con uno scatto, mi guardo intorno per qualche attimo,  una cameriera mi viene incontro cautamente e mi chiede se preferisco accomodarmi ad un tavolo al piano di sopra o a quello di sotto, ma prima che possa rispondere sento la porta aprirsi alle mie spalle. Volto appena la testa per notare Ian che entra con un sorriso compiaciuto e familiare che mi scalda immediatamente il petto.
<< Appena in tempo a quanto vedo. Al piano di sopra per favore. >>
Non faccio nemmeno in tempo a realizzare, e la sua mano è dietro la mia schiena, che mi sospinge in avanti per seguire la cameriera. Attraversiamo il piccolo locale, c’è qualche coppietta seduta ai tavoli intenta a parlare sotto voce. Vedo qualche faccia familiare ma sono fin troppo nel pallone per prestare attenzione. Saliamo una scala a chiocciola, e entriamo in una sala piena di vetrate, che affacciano su LA. La cameriera ci indica un tavolo a due posti proprio accanto a una di esse, in un angolo molto appartato. Avanzo più velocemente staccandomi dalla mano di Ian ancora sulla mia schiena.
<< Grazie mille. >>
Dice alla ragazza, mentre io mi sto già accomodando con le spalle contro il muro. Scruto fuori dalla finestra, sentendomi completamente esposta. La luce del sole illumina tutta la stanza, e quasi sembra che tutti gli occhi di LA siano puntati su di me.
<< Vetri oscurati riflettenti. Tu vedi tutto, gli altri non vedono nulla. >>
Quasi prendo un respiro profondo prima di volgere lo sguardo verso di lui. Si è seduto, la cameriera è andata via, ha un gomito poggiato sul tavolo, uno dei soliti cappelli calato sulla testa, t-shirt e giacca di pelle. Ad un primo sguardo non sembra invecchiato di un giorno. Mi sorride e io ricambio, mentre lentamente la tensione scivola via.  
Continuiamo a guardarci per qualche secondo. Sento gli zigomi infiammarsi e ringrazio la mia carnagione più scura della media molto utile in questo momento. Le sue guance, invece, sono tipicamente colorate di un rosa acceso e spiccano sull’incarnato pallido, accentuando l’azzurro degli occhi.
<< Allora… Come stai? >>
Dice alla fine, interrompendo le mie osservazioni mentali. 
<< Bene. Io, sai… si davvero bene. >>
I suoi occhi continuano a scrutarmi intensamente, come se dovessero compensare le mie parole mancate.  Mi passo una mano tra i capelli, scostandoli dietro la schiena.
<< Ti sei già pentita? >>
Mi chiede all’improvviso, senza un minimo d’esitazione nella voce.
<< Di cosa? >>
Gli chiedo, anche se so perfettamente a cosa si riferisce.
<< Di questo. Noi due a pranzo insieme dopo anni di… >>
Lascia cadere la frase e distoglie lo sguardo. Trattiene un sorriso ironico.
<< Non voglio ancora scappare via, se è questo che intendi. >>
Gli dico tranquillamente cercando di smorzare la tensione. Ma questa resta, la sento addosso. Nell’aria.
Torna a guardarmi. Mare e cielo insieme. 
<< Allora… Raccontami. >>
Si sistema con le spalle contro lo schienale della sedia, un gomito poggiato mollemente sul tavolo. Ed è quella semplice parola ‘raccontami’ detta con così tanta naturalezza, proprio come faceva quando vivevamo insieme, all’inizio, a farmi capitolare del tutto.
Così inizio a parlare. Anche per colmare questo spazio che ci divide. Gli racconto della mia vita senza di lui, di questi anni passati a fare di tutto, alle persone conosciute, i film girati. La tensione si smorza, ci rilassiamo entrambi. Ridacchia alle mie battute, scoppio a ridere ai i suoi commenti. Il tempo passa così velocemente, i nostri piatti vengono serviti. Addento il mio hamburger mentre mi racconta del sul ultimo viaggio in Australia. Ruba le patatine dal mio piatto e sorride. Sorride fino a farmi stringere lo stomaco.
E quando la sua mano sfiora per caso la mia, all’improvviso, qualcosa cambia. Un brivido di calore mi scende nello stomaco, mentre fisso le sue dita lunghe e affusolate proprio accanto alle mie.
E inevitabilmente, come una valanga, il senso di colpa.
Realizzare di star facendo qualcosa di completamente sbagliato.
Non posso sentirmi così. Non con lui.
Non adesso.
Non più.
Mai più.
Tiro via velocemente la mano, come scottata dal fuoco.  

POV. Ian

Un secondo prima stiamo ridendo tranquilli, e il secondo dopo tira via la mano come se il solo pensiero di averla accanto alla mia la spaventasse, o peggio.
Ha sentito anche lei quel brivido che mi ha percorso la schiena?
E’ questo il problema?
Abbasso lo sguardo e faccio finta di nulla.
Trattengo un sorriso tirato ricordando in quale situazione precaria e gelida ci siamo lasciati anni fa.
Nervosamente si sposta sulla sedia, si passa una mano tra i capelli lasciandoli ricadere al lato del visto. Quasi come una barriera, un modo per proteggersi.
Da me.
Stringo le dita. Le lascio qualche secondo per cambiare espressione. Ma quando torno a guardarla, noto che non è cambiata.
Sembra concentrata, quasi dolorante. Come se avesse ricevuto uno pugno nello stomaco. Mentalmente passo in rassegna tutti gli argomenti che abbiamo trattato, cerco un particolare, qualcosa a cui aggrapparmi.
E lo trovo.
<< Non mi hai detto come hai conosciuto Andrew. >>
Effetto desiderato.
Sembra rilassarsi, ma allo stesso tempo irrigidirsi, al suono di quel nome.
Distende le labbra in un sorriso molto dolce. E quasi sento le punte della gelosia pizzicarmi la pancia.
<< Ad una partita di football.. >>
Resto in silenzio per farla continuare.
<< Più di un anno fa, per le semifinali. Ero seduta nella parte più bassa degli spalti con Ericka e le altre, quando questo tipo alto e biondo, inciampa proprio a due passi da me. Si porta dietro l’amico, e le loro birre. Un disastro. >>
Ridacchia ripensando a quel momento.
<< Lo conoscevo di vista… Ci siamo incontrati a qualche party, ma non gli avevo mai prestato particolare attenzione. Quando mi è volato addosso, ho dovuto per forza farlo. >>
Sorrido.
<< Sembra uno scherzo del destino. >>
Inclina leggermente la testa di lato, scuotendola piano.
<< Tu non hai mai creduto nel destino. >>
<< Magari adesso ci credo. Le persone cambiano, Nina. >>
<< E si dimenticano di dirlo agli altri… Giusto? >>
Colpito e affondato.
Trattiene un sorrisetto ironico.
Abbasso la testa imitando la sua espressione.
<< Si, di solito funziona così. >>
Ci guardiamo per qualche altro momento, un po’ imbarazzati, senza sapere cos’altro aggiungere. Lei volta la testa verso le vetrate, osserva il sole lievemente abbassato. E’ il suono del mio cellulare a salvarci dal silenzio. Lo prendo al volo dalla tasta dei pantaloni e osservo per qualche secondo lo schermo, prima di rifiutare chiamata. Nina nel frattempo ha cambiato posizione. Ha il viso poggiato sulla mano chiusa, sistemata sotto il mento. Leggermente inclinata in avanti
<< La rossa dell’altra sera? >>
Mi chiede, con tono divertito.
Alzo lo sguardo e annuisco colpevole.
<< Kate. >>
Aspetta che continui, che aggiunga qualsiasi cosa.
<< Nessun incontro del destino, per noi. Lavora per un’associazione contro lo sfruttamento delle balene bianche. >>
Si porta una mano alla bocca e trattiene una risatina soffocata.
<< Cosa c’è di così divertente?
Scuote la mano a mezz’aria.
<< Diciamo che mi aspettavo una risposta del genere. >>
<< Stai forse insinuando qualcosa Looch? >>
Impercettibilmente noto il suo sguardo cambiare al suono del nomignolo.
<< Assolutamente no. >>
<< Sai noi uomini di mezz’età divorziati non possiamo aspettare la prima bionda che ci cade addosso ad una partita. >> 
<< Forse il tuo problema è sempre stato questo. Non hai mai voluto aspettare. >>
Nell’esatto momento in cui la frase inizia ad aleggiare intorno a noi, portando a galla una serie di discussioni, parole e momenti tremendi, per la prima volta penso che è stato un grande errore invitarla.                                               Non per quello che ha detto, ma per non dover ammettere che ha ragione.
Sembra imbarazzata, distoglie lo sguardo.
<< Scusa… Non.. non intendevo dire niente che.. >> 
<< Ehi rilassati. E’ tutto ok. Sappiamo entrambi che hai ragione, anche se mi costa ammetterlo. >> 
Distolgo lo sguardo ripensando alla fine del mio matrimonio con Nikki.
<< Vuoi.. parlarne? >>
Mi dice con occhi sinceri, e quasi scoppio a ridere per l’assurdità della situazione. 
<< Non c’è molto da dire, Nina. Un matrimonio può essere meraviglioso quando c’è l’affetto, la comprensione, lo stesso stile di vita, gli stessi pensieri. Ho sempre pensato che sarebbe stato grandioso fino alla fine, che tutto questo sarebbe bastato…semplicemente mi sbagliavo. Ci sbagliavamo entrambi. >> 
<< Cosa ti mancava? >>
La domanda le esce spontaneamente, senza preavvisi.
Sciocco pensare ‘niente, ma tutto’.
Ancora più sciocco dire ‘quello che avevamo noi’.
Ma è questa, la verità.
Con Nikki mi mancava tutto il resto. La passione, la confusione, il senso di appartenenza, quel volersi a tutti i costi, la quotidianità, la vitalità di un rapporto vero che continuasse a scorrere con vite diverse ma parallele. Qualcosa di così intenso che è difficile spiegare, figuriamo ottenere.
<< Manca sempre qualcosa, Looch. Il punto è che poche volte sappiamo cosa. >>  
Distoglie gli occhi dai miei, sorride esitante.  
Guarda distrattamente l’orologio al polso.
<< Ecco, questo è il momento in cui decidi di voler scappare. >>
Ma l’unica cosa che si lascia scappare, è una risata leggera. Leggermente nervosa.
<< No, stavo riflettendo e penso che tu abbia ragione. Voglio dire… Nessuno sa realmente cosa vuole, di cosa ha bisogno, per essere totalmente appagato. Ma la felicità non è una cosa che si raggiunge o si ottiene. Possiamo solo godercela quando arriva. >> 
<< Tipo adesso? >> 
<< Esatto, proprio come adesso. >> 

POV. Ian. 
Agosto 2019. 

Le sono troppo vicino.
Ho superato quel confine invisibile che ci siamo posti tanto tempo fa, e che rimarchiamo da cinque mesi.
Quando tutto è finito. Quando tutto è tornato a galla.
Sento il suo profumo familiare e non riesco a pensare ad altro.
Perché le ho chiesto di vederci ancora?
Perché non ha rifiutato?
Sono tornato apposta da NY pur di rivederla. Sono finito, di nuovo, dopo anni sui tabloid, il mio agente è furioso perché non l’ho avvisato.
Cosa avrei dovuto dirgli?
‘Ehi Mike, io e Nina Dobrev – si quella Nina – ci vediamo di tanto in tanto. Usciamo insieme. Passeggiamo, parliamo, ridiamo. Ma non ci tocchiamo. Mai.’  
Fino ad adesso, almeno.
E perché diavolo sembra che qualcuno mi stia lentamente spingendo verso la sua bocca?
Nina. Nina. Nina.
Un pensiero fisso, martellante. Come una cantilena, o una ninnananna ascoltata all’infinito che non riesci a toglierti dalla mente. Un nome, un viso, un corpo, una serie di sensazioni che mi sono portato dietro per così tanto tempo. I ricordi impressi come fantasmi silenziosi, pronti a sbucare fuori ad ogni angolo. E la scelta di restare in quel mondo, in quel posto, dove ogni cosa mi riportava a lei, irrimediabilmente.
Non è mai andata via. Non dal mio cuore. Non per davvero.
Danno mentalmente la mia scarsa volontà.
La mia ingenuità nel pensare che tutto questo non sarebbe potuto, mai, ricapitare.
Assurdo. Impossibile.
Ma le mie mani scivolano lentamente sulle sue braccia.
E il suo sguardo, quasi potrebbe essere il mio.
Forse si sta interrogando allo stesso modo.
Si sta dannando, e mi sta maledicendo.
Come se questa consapevolezza opprimente non stesse prendendo solo me.
E non ho più tempo per pensare, ne per chiedere un permesso.
Mi tira di più verso di lei.
Le mie labbra toccano le sue.
E mi sento finito.
Finito, distrutto.                   
Ma poi le sue mani si posano sul mio collo, a cingermi la nuca. La sua bocca si apre sotto la mia. Sospira e posso giurare di sentire le sue ciglia bagnate sfiorarmi il viso.
Ed è un bacio dolce, lento, discreto, che sa di passato e presente.
Mi avvolge e mi lascia senza fiato.
Quasi trema sotto le mie mani, mentre queste scivolano dal suo viso al suo collo, sulle sue spalle, sui suoi fianchi, stringendola ancora di più a me.
Mi sfiora con le dita, si tira indietro, scioglie le nostre labbra per guardarmi.
Non mi chiede cosa stiamo facendo.
Lo sappiamo entrambi. L’abbiamo saputo fin dal primo momento in cui ci siamo rivisti. 

POV Nina. 

Volevo essere coraggiosa come Elena.
Inizialmente aveva paura dei suoi sentimenti per Damon, ma quando li ha compresi e accettati, non si è più tirata indietro.
Tu vuoi un amore che ti consumi.
E non è quello che vogliamo tutte?
E io lo avevo. Lo avevo davvero.
Più di una volta mi sono chiesta se mai sarei riuscita ad uscirne davvero. Se mai sarei riuscita ad innamorarmi di qualcun altro con la stessa intensità, la stessa passione, lo stesso sconfinato desiderio, la stessa fedeltà.
Sarei andata in capo al mondo per lui.
Mi stavo annientando con le mie stesse mani, senza che lui lo chiedesse.
Stavo diventando parte di lui, e quando me ne son resa conto, quando ho capito che mancava così poco e poi avrei superato quel confine, mi sono tirata indietro.
Forse nel peggior modo possibile. Ma mi sono salvata.
Mi sono salvata perché quella decisione ha contrastato tante altre che avrei preso solo in funzione al suo volere, e non al mio.
In funzione ad una vita dedicata prima a lui e poi a me stessa.
Ma adesso, mentre resto fissa a guardare i suoi occhi che lentamente si fanno sempre più vicini, mentre sento il suo profumo mischiarsi al mio, non voglio essere salvata.
Le sue mani si stringono sul mio viso, e sono così familiari da farmi male.
E non riesco ad aspettare un secondo di più, lo tiro verso di me, e lascio che le mie labbra incontrino le sue. Inizialmente sembra restio, come se questo pensiero l’avesse sfiorato ma non compreso davvero. Ma l’attimo dopo le sue mani sono sul mio collo, le sue labbra cercano e pretendono le mie, e lo sento sorridere e respirare  forte, come se avesse ripreso a farlo, per davvero,  solo in questo momento.  
E capisco che non è mai stata questione di richieste o permessi.
Di domande o di risposte.  
Come puoi chiedermi di appartenerti?
Sono già tua.
Posso quasi sentirla urlare nel mio cuore.
E se per tutto questo tempo, questo sentimento era solo una flebile fiammella dimenticata da qualche parte dentro di me, sempre accesa ma debole e silenziosa, adesso è un fuoco che brucia divampando, che si estende nel mio stomaco, bruciandomi il petto.  
Fino a consumarmi. 


POV. Ian. 

Ottobre 2019. 

<< Non chiedermi nulla. Non so cosa..  >> 
Nina si passa le mani tra i capelli, ha il viso arrossato, la fronte corrugata. 
<< Cosa vuoi, Nina? >> 
Alza lo sguardo ferita, arrabbiata. 
Si alza di scatto, ma prima che possa solo fare un passo l’afferro per il braccio. 
<< Cosa? Te ne sei pentita? >> 
Mi spinge via, con forza, decisione. 
<< Come puoi chiedermi una cosa del genere? Avevamo deciso… Stabilito. Niente domande, niente commenti. Una notte resta una notte. >> 
Una notte che abbiamo ripetuto, di nuovo, ancora e ancora nelle nostre menti. Una notte che è rimasta impressa sotto la pelle, incastrata dietro il cuore. Presente, pulsante, viva. Non comre un ricordo da dimenticare, ma come qualcosa da cui ripartire. 
<< Sappiamo entrambi che non è stata solo una notte. Non dirmi che non lo rifaresti, non dirmi che non hai pensato ad altro. Non mentirmi. >> 
Si allontana di nuovo. Le mani strette. 
<< Mi ha chiesto di sposarlo, Ian. >> 
E tutto finisce. 

POV. Nina. 
Novembre 2019. 

<< Ti ricordi cosa mi hai detto la mattina dopo la nostra prima notte insieme? >>
Il verde degli occhi di Andrew è accentuato dal bianco della camicia. Resto in silenzio perché capisco che vuole continuare il discorso.
<< Hai usato delle parole che non dimenticherò mai, la luce del sole ti illuminava il viso, avevi i capelli in disordine, una sigaretta tra le labbra, e dicesti senza esitazione ‘non sarai la mia vita, ma se vuoi, vorrei che tu ne facessi parte’.  Furono quelle a farmi capire che saresti potuta essere la ragazza giusta per me. Ma in quelle parole colsi il dolore che si nasconde solo dietro un grande amore finito male. Un amore che continui ancora oggi a rimpiangere. >>  
Cerco di controbattere, ma non me ne da il tempo.
<< No, aspetta. Fammi finire. Ho sempre saputo che c’era qualcosa in te, qualcosa che non sarei mai riuscito a comprendere, qualcosa che mi avresti sempre tenuto nascosto. E ci pensavo quando all’improvviso ti chiudevi in te stessa, quando ammutolivi all’improvviso con lo sguardo perso nel vuoto. In quei momenti sembravi allontanarti da tutto e tutti. Oggi ho finalmente capito. Ho capito cosa stavi cercando di reprimere e nascondere. La parte che lui ama. Non ti ho mai vista in quel modo, imbarazzata, insicura, quasi timorosa di guardarlo. Non sei mai stata così, con me. >>
Abbasso lo sguardo e trattengo le lacrime, prendo fiato.
<< Non avevo bisogno di essere così con te. Non volevo esserlo. Non volevo più essere quella ragazza. >>  
Mi accarezza il viso con la punta delle dita.
<< Ma lo sei, Nina. Sei anche quella ragazza. E purtroppo non mi hai mai dato la possibilità di conoscerla. E potrà sembrarti che io stia rinunciando a te facilmente… Ma credimi, non è così.  Ma riconosco una partita quando questa è persa in partenza. Tutto questo va avanti da troppo tempo. Da quella sera. Da quando l’hai rivisto.  >>
Mi guarda ancora, prima di posare le sue labbra sulla mia fronte. Stringo ancora di più le sue mani, e mi rendo conto che è facile lasciarle andare. Non dovrebbe andare in questo modo.
<< Mi dispiace.. >>
Sussurro tra le labbra.
<< Dispiace di più a me, credimi. >>
Si avvia verso la porta, lasciandomi seduta sul letto con un senso di colpa che mi lacera lo stomaco. Si appoggia allo stipite e si gira un’ultima volta.
<< Posso sapere come ti ha chiamata? Ha usato un nomignolo strano, non penso di aver sentito bene. Mi sembrava familiare... >>
Ha le sopracciglia aggrottate per la curiosità. Mi passo una mano sotto gli occhi per asciugare una lacrima.
<< Looch. Mi ha chiamata Looch. >>
Sposta lo sguardo e accenna un sorriso.
<< Dovevo immaginarlo.. >>
Adesso sono io quella con le sopracciglia aggrottate. Fa un gesto con la mano, come per scacciare via una mosca. E poi indica una vecchia copertina in cui ho posato per Comopolitan appesa alla parete.
<< Era scritto in quell’intervista. Quando me la facesti leggere e cercai di pronunciarlo ti irrigidisti e dicesti che nessuno più ti chiamava in quel modo… Nessuno tranne uno, a quanto sembra. >>
Non mi da il tempo di replicare, e forse è meglio così. Fa un piccolo cenno di saluto, e pochi istanti dopo sento la porta di casa chiudersi con uno scatto. 


POV. Ian. 

Agosto 2024

<< Mamma! Mamma! >>
Mia figlia corre spedita per il salotto, saltando sulla sua poltroncina accanto al divano, con la macchinetta fotografica stretta in mano.
<< Mammaaaa? >>
Si gira verso di me con lo sguardo interrogativo.
<< Dov’è la mamma? >>
Le indico il piano di sopra.
<< Penso che sia nel suo studio tesoro, magari ha le cuffie e non ti sente. >>
<< E io penso… che sia davvero difficile non sentirla. >>
La sua voce ci fa girare entrambi. Scende le scale lentamente. Un maglioncino leggero le copre parte delle gambe e i pantaloncini corti. E’ a piedi nudi, con i capelli color rame dorato acconciati in una crocchia alta. Il sole del pomeriggio le illumina il viso, le sopracciglia arcuate, la linea morbida del mento. La piccola le corre incontro spalancando le braccia.
<< Ahhh ecco la mia bimba. Ti sei divertita in spiaggia? >>
Madre e figlia si abbracciano forte, come se non si vedessero da giorni invece che da poche ore.
<< Si! Guarda, io e papà abbiamo trovato un nuovo pesciolino. Non sappiamo ancora come si chiama ma.. Lo scopriremo! >>
Resto incantato a fissarle, mentre mi lascio cadere sul divano. A fissare il modo in cui inclinano la testa e sorridono allo stesso modo arricciando il naso con la punta arrotondata. Le piccole manine di Evy tese verso quelle più grandi della madre, intenta a mostrarle le fotografie. E quando si voltano entrambe verso di me, ho un tuffo al cuore nel constatare ancora una volta che sono pressappoco identiche. Più mia figlia cresce, più acquista i tratti della madre. Lo stesso visetto rotondo, gli stessi zigomi alti, la stessa identica fronte squadrata.
La stessa fossetta sinistra sulla guancia quando sorridono.
L’unica differenza sta nel colore degli occhi, che ha preso da me insieme alla pelle chiara. E nei riccioli alla fine dei suoi capelli scuri.
Un piccolo capolavoro che parla, cammina, respira.
<< Ehi. Ti sei incantato? >>
La voce di lei mi riporta alla realtà. Ha il viso piegato verso di me, l’espressione tenera, impaziente.
<< Come posso non incantarmi? L’hai vista? >>
Alza gli occhi al cielo, sospira rassegnata.
<< Si, l’ho vista. Ogni giorno. Da quando è venuta al mondo. E anche prima, mentre sgambettava dentro di me. >>
Mi avvicino per baciarle la punta del naso.
<< Non sarai mica gelosa di nostra figlia, vero? >>
Sorrido prendendola in giro.
<< Diciamo che sono più gelosa del fatto che prima guardavi solo me in quel modo. Dovrò dividere la tua adorazione con lei. >>  
<< La mia adorazione per te ha superato anni, continenti, relazioni naufragate… di tutto. Penso che potrò cavarmela. >>  
Mi riserva uno dei suoi sorrisi più belli, di quelli veri, profondi, sinceri. Che mi scaldano il cuore e mi ricordano che tipo di uomo voglio essere.
<< Ho una notizia grandiosa da darti. >>
Mi lascio trascinare dal suo entusiasmo.
<< Dimmi tutto. >>
<< Guarda qui. >>  
Mi passa il cellulare aperto su una mail arrivata questa mattina.
 
“E’ fatta ragazzi.
E’ tutto sistemato. Dovete solo andare a prenderlo. Ho prenotato il volo, e preso tre biglietti. Partite lunedì. ” 

 
Mi giro di scatto, quasi salto dalla poltrona.
<< Stai scherzando? non dirmi che è uno scherzo! >>
<< Nessuno scherzo tesoro.. Partiamo lunedì. >>
Evy arriva correndo tra di noi.
<< Partiamo? Dove andiamo? >>
<< Torniamo in Thailandia.. >>
Il sorriso di mia figlia è la replica perfetta di quello della madre.
<< Thailandia… Andiamo da Roy? Andiamo a prendere il mio fratellino? >>
<< Si tesoro, andiamo a prendere Roy. >>  
La piccola batte le mani, saltella sul posto, ci gira intorno ridendo.
<< Il mio fratellino, il mio fratellino! >
Nina mi si avvicina, mi poggia delicatamente una mano sul petto.
<< Congratulazioni papà. Di nuovo. >>
Le bacio la fronte, i capelli.
<< Ti ho mai detto quanto ti amo? >>
<< Diverse volte, ma sentirlo non è mai abbastanza. >>
<< Ti amo >> 




POV. Nina. 

Novembre 2019. 

<< Mi dispiace, mi dispiace da morire. >>
<< Questo è il nostro momento Nina, o adesso, o mai più. Abbiamo affrontato troppo. Dobbiamo essere convinti di volerlo. E io voglio te, ho sempre voluto te. L’ho negato, ho cercato di dimenticarti, ho fatto di tutto. Ma niente ha funzionato. Ma voglio che tu lo voglia quanto me. E non m’importa come. Non importa se non vuoi avere un anello al dito, se vuoi continuare con la tua carriera. Se vuoi restare qui a LA. Verrò qui, mi trasferirò e ti resterò accanto per tutto il tempo necessario. Fino a quando non capirai che è quello che vuoi anche tu. Ho preso la scelta sbagliata anni fa, e non rifarò lo stesso errore. >>
Ha gli occhi lucidi, azzurri, intensi, proprio come il primo giorno in cui l’ho visto.
E proprio come il primo giorno, il mio cuore batte all’impazzata.
Ho di nuovo vent’anni, tutto sembra nuovo, tutto è identico ad allora.
E Ian, questo splendido, imperfetto, meraviglioso uomo, è di nuovo il mio Ian.  
Annuisco impercettibilmente.
<< Si, si. Solo… Si. >>
Mi guarda interdetto, confuso.
<< Si.. cosa? >>
<< Si, Ian. E’ il mio si. Il si che non ero a pronta a dirti allora, ma che ti dico adesso. Si, voglio sposarti. Si non voglio più aspettare, non voglio rischiare di perderti. Non di nuovo. Scusa se… Mi ci è voluto tutto questo tempo per accettarlo, per non esserne spaventata. Ma adesso sono pronta e la mia risposta è SI. >>
<< Il mondo impazzirà. >>
<< Non vedo l’ora. >> 
<< Era ora! >> 


“Salve, questa è la segreteria di Ian Somerhalder, Nina Dobrev-Somerhalder,
Evelyn Israel Dobrev-Somerhalder e Roy Alex Dobrev-Somerhalder,
non siamo in casa, lasciate un messaggio dopo il biiip!” 


 
 
 
 

 
 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Cast Vampire Diaries / Vai alla pagina dell'autore: SereNian08