Fanfic su artisti musicali > Linkin Park
Segui la storia  |       
Autore: Maledetta    04/07/2016    1 recensioni
Chester Bennington ha diciassette anni ed è probabilmente il perdente più perdente degli Stati Uniti: i suoi genitori si sono lasciati quando era piccolo e da allora gliene sono successe di tutti i colori.
Si droga, si taglia ed è il bersaglio preferito dei bulli di mezza città. L'unico alleato che ha è probabilmente la musica: l'unica amica che non lo abbandonerà mai.
Mike Shinoda ha sedici anni e si è appena trasferito in Lincoln Street assieme alla sua famiglia. È un ragazzo piuttosto normale: simpatico, con la passione per il disegno e per la musica, forse solo un po' troppo emotivo.
Cosa succederebbe se Mike e Chester diventassero amici?
Cosa succederebbe se la loro amicizia diventasse qualcosa di più?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Chester Bennington, Mike Shinoda, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La gente dice che gli addii definitivi sono quelli più dolorosi: tutti credono che l'idea di lasciare un posto o una persona con la consapevolezza che non li si rivedrà più sia peggio che farlo con la speranza di poterli un giorno riavere indietro.

Nessuno come te in questo momento si è mai reso conto del fatto che mai una cazzata più grande è uscita da una bocca umana, non è vero Mike?

Forse dipende anche dal fatto che tu in questa città maledetta non ci volevi tornare, ma entrarci fa comunque un male maledetto.

Le ruote della tua Ford scassata slittano appena sull'asfalto umido, mentre le prime case della periferia Sud cominciano ad apparire ai lati della strada, facendoti sentire uno strano senso di vuoto.

Assomiglia un po' a quello che si prova a volte durante le serate d'estate, quando si guarda il sole tramontare e ci si fa travolgere dalla nostalgia, anche se non si sa di cosa si abbia nostalgia. 
Ci assomiglia un po', solo che fa male. Fa un male maledetto.

Sembra passato un secolo da quando hai percorso questa strada per la prima volta, ma non è cambiato nulla, non trovi?
È quasi inquietante: è come se il tempo qui si fosse bloccato e non fosse mai successo niente.

Ti ricordi quella prima volta? 

Era il 20 Settembre di dodici anni fa, tu avevi sedici anni ed era tutto esattamente uguale a come lo vedi adesso: case a due piani bagnate fradice ai lati della strada, a nord i condomini del centro si stagliavano contro il cielo plumbeo e tutto era maledettamente grigio.

Pioveva.

Piove sempre in questa città del cavolo.
Anche adesso piove: è sera, siamo in Giugno, e piove.

Non c'é un'anima per strada, esattamente come non c'era quel giorno.

Per un attimo ti chiedi se anche i tuoi genitori si siano sentiti così quella volta, mentre tuo padre guidava su questo stesso asfalto bagnato e tua madre guardava dritta davanti a sé cercando di non vomitare a causa del mal d'auto. 

Ti annoiavi e allo stesso tempo strepitavi, ricordi?

Jason dormiva accanto a te sul sedile posteriore della station wagon di vostro padre e tu non potevi fare altro che guardare fuori dal finestrino chiedendoti come sarebbe stata casa vostra, se saresti riuscito a fare amicizia o almeno a non sembrare un completo sfigato.
Ti chiedevi come facesse tuo fratello a dormire in un momento del genere: Gesù, quella era la vostra nuova città, la vostra nuova vita. 

Per un attimo ti chiedi se anche i tuoi genitori si siano sentiti come se stessero andando incontro a una condanna a morte... ma poi ti rendi conto di quanto sia stupido come pensiero: loro non avevano passato l'ultima decade a cercare di scappare da questo posto come invece hai fatto tu.
È praticamente impossibile che dodici anni fa, su questa stessa strada, si siano sentiti come se volessero essere ovunque tranne che qui.

-Papà?- senti mugolare dal sedile posteriore.

Guardando nello specchietto retrovisore vedi gli occhioni scuri e assonnati di Jamie aprirsi.

-Ciao Jamie.- le dici con un mezzo sorriso -Hai dormito bene tesoro?-.

Lei si toglie una ciocca di capelli castani dal viso e sbadiglia.

È una bella bambina, non è vero Mike?

-Sì papà. Siamo arrivati?-

-Quasi. Altri dieci minuti e poi ci siamo.-

Chissà se è normale questa sensazione che hai allo stomaco. 

Cerchi di sorridere per Jamie, ma in realtà ti viene da vomitare: di nuovo nella casa in cui hai vissuto per un anno quando eri adolescente, per tutta l'estate. 

Gesù, cosa puoi aver fatto per meritare una cosa del genere?

-Non vedo l'ora di vedere la mamma!- esclama tua figlia ricordandoti perché siete di nuovo in questa maledetta città.

Jamie ha una mamma: si chiama Elka e vive ancora qui. Quella povera bambina ha il diritto di vedere sua madre ogni tanto, no?

-Probabilmente ci starà aspettando a casa.- le dici mentre svolti verso il centro della città e finalmente un po' di vita comincia a mostrarsi timidamente attorno alla vostra macchina.

È stato qui intorno che hai visto Brad la prima volta, giusto?

Ti fece ciao con la mano mentre camminava accanto alla macchina di tuo padre ferma a un semaforo. Fu la prima persona di questa città a darti il benvenuto.

-Papà, ma com'é casa nostra?-.

Jamie ormai è completamente sveglia e si guarda attorno curiosa.
È nata qui, ma poi tu e la tua famiglia vi siete trasferiti di nuovo e lei è venuta via con te. 
È la prima volta che tornate, perché di solito è Elka a venire da voi in estate, e quando ve ne siete andati lei era troppo piccola per ricordarsi questo posto, perciò ora studia ogni cosa come se la vedesse la prima volta.

-Bella e abbastanza grande. C'é un garage enorme: prima che arrivassi tu avevo una band e... facevamo le prove lì.-

Un'immagine preme nella tua testa, ma tu fai di tutto per scacciarla: devi restare concentrato sul volante, ci sarà tempo più tardi per deprimersi.

Ormai siete quasi arrivati: il leggero via vai del centro sta sparendo e le case si fanno meno fitte, lasciando il posto alla periferia Nord. 

Lincoln Street non è cambiata: ci sono ancora le stesse buche sulla strada e le stesse case che c'erano quando tu avevi sedici anni, eppure qui c'è qualcosa di irrimediabilmente diverso: tu.
Sul resto della città non contava, perché in fondo non la conoscevi poi così bene (Gesù Cristo, ci hai vissuto meno di un anno), ma Lincoln Street è diversa. 
Questa strada è stata casa tua per un po': ti ha visto cambiare e innamorarti. 
Ti ha visto soffrire come un cane.

Ti era sembrata quasi bella, quel 20 Settembre di dodici anni fa. Adesso ti sembra solo vuota.
Eri una persona diversa all'epoca, ma Lincoln street è sempre uguale, e fa male.

Casa tua è ancora esattamente a metà strada, con la sua porta verde e il suo giardino con l'erba troppo alta. Persino l'albero di Dio solo sa cosa è ancora là nel suo angolino, sotto la finestra della tua stanza, anche se era già mezzo morto dodici anni fa.
La casa degli Hahn è ancora di fronte alla tua, anche se gli Hahn ormai non ci abitano più da anni. 
Le mura di cemento armato del Linkoln Park spiccano ancora contro il cielo, nell'angolo dell'isolato.
Casa Bennington è ancora al suo posto in fondo alla strada, anche se è mezza diroccata e sembra sul punto di crollare.

Casa Bennington... non ci pensare Mike. Non ci pensare.

Non è cambiato niente, persino le nuvole sembrano essere ancora nel posto dove le hai lasciate undici anni fa, quando tu e la tua famiglia avete levato le tende e ve ne siete tornati a Los Angeles.

La Toyota blu di Elka è parcheggiata nel vialetto di casa tua e lei è in piedi sulla soglia, con il cellulare in mano e l'impermeabile nero aperto su una camicia bianca un po' trasparente e un paio di eleganti pantaloni scuri. L'espressione preoccupata la fa sembrare più vecchia dei suoi trent'anni.

Vedendola, Jamie comincia ad agitarsi sul sedile e tu non fai nemmeno a tempo a parcheggiare e a spegnere il motore prima che schizzi fuori dalla macchina e si lanci fra le braccia di sua madre.

È normale che a undici anni sia così agitata?

Tu prendi un respiro profondo prima di scendere. Ti senti come un soldato che sta per andare in guerra ed è una sensazione odiosa.

Eccoti qui, di nuovo al 3702 di Lincoln Street.

Ti avvicini a Elka lentamente, mentre lei sembra sul punto di soffocare sotto l'abbraccio di Jamie.
Non vi conoscevate nemmeno prima che lei nascesse, o meglio: vi conoscevate di fama, ma ora siete diventati abbastanza amici. È una brava ragazza.

Lei si scosta un po' da vostra figlia e ti abbraccia stretto.
Ha un buon profumo e il suo sorriso ti rassicura un pochino. Giusto un po'.

-Jamie, perché non vai di sopra a cercarti una stanza mentre io e papà parliamo un po'? Ti chiamiamo quando la cena è pronta, va bene?- 

Elka apre la porta e la fa entrare, mentre tu e lei la seguite a ruota, appena in tempo per vederla correre su per le scale.

Voi due entrate in cucina e ti rendi conto che deve aver fatto un po' di pulizie, perché i teli anti polvere che tu e tuo padre avete messo prima di partire per tornarvene a Los Angeles sono spariti e i mobili splendono. 
Non dice quasi niente, ti chiede soltanto come stai e ti rivolge un sorriso triste quando tu scrolli le spalle ed eviti di guardarla.

Perché non riesci a guardarla Mike? È la madre di tua figlia, è una bella ragazza e siete amici: cosa diavolo c'é che non va?

Sprofondi in una sedia e ti guardi attorno spaesato, incapace di renderti conto veramente di dove sei, mentre Elka si affaccenda per preparare una cena a base di hamburger e patatine fritte.

Sei di nuovo al 3702 di Lincoln Street. 
Sei di nuovo in uno dei pochi posti che hai veramente chiamato casa in vita tua e tutta questa situazione risveglia un mucchio di ricordi che fanno un male del diavolo anche solo a sfiorarli.

Sei di nuovo a casa, e fa male. 
Fa male come se ti stessero asportando dal corpo un organo dopo l'altro senza anestesia.

Chiudi gli occhi, cercando di chiudere fuori dalla tua testa tutti questi brutti pensieri, ma è abbastanza inutile: sono lì, e non se ne andranno. 
Lo sai che non se ne andranno. 
Pretendono il loro posto in quello che sei e vogliono essere rivissuti.

Ti ricordi ad esempio di quella volta che tu e Ches...

-Mickey?- 
Elka ti chiama appena in tempo, soltanto per farti venire una fitta allo stomaco: sono anni che nessuno ti chiama più Mickey. Non hai più voluto dopo... dopo quello.

Resti a guardarla ancora mezzo assorto mentre ti chiede di andare a chiamare Jamie per la cena e poi ti alzi come un automa, sussurrandole un grazie quando le passi vicino per andare verso la porta.
Esci dalla cucina senza sapere neanche dove metti i piedi. 
Come farai a vivere qui dentro per tre mesi se ci hai messo piede da meno di mezz'ora e già vorresti andare a buttarti dal cavalcavia che si vede dal cortile posteriore? 

Ti avvii verso le scale poco illuminate. Avevi l'abitudine di farle di corsa quando vivevi qui, e non si possono contare le volte che hai rischiato di spaccarti la testa mentre schizzavi in garage per aspettare i ragazzi della band, il sabato pomeriggio.

Il garage... chissà se riuscirai a trovare la forza di tornarci prima o poi... in fondo sono passati dodici anni. Dovresti farcela.

Mentre sali prometti a te stesso di provare almeno ad entrarci, dopo aver messo a nanna Jamie. 

Elka ha pulito anche al piano di sopra e quasi ti dispiace di non esserti tolto le scarpe, mentre cammini sulla moquette rossa e ti chiedi dove possa essere tua figlia.
Vedi una lama di luce uscire da sotto la porta della tua vecchia camera e cerchi di imbastire un sorriso, mentre posi la mano sulla maniglia.
Prendi un respiro profondo e preghi di non sembrare troppo sull'orlo di un collasso emotivo, poi finalmente apri ed entri nella stanza. 

Nemmeno lei è cambiata molto: ci sono ancora le tue iniziali incise sull'intelaiatura di legno della finestra e una penna a china vecchissima se ne sta ancora nell'angolo della scrivania sgombra appoggiata contro il muro a sinistra. L'anta dell'armadio a fianco alla scrivania continua a non chiudere bene e la luce del lampadario a forma di sistema solare che pende dal soffitto trema ogni tanto, proprio come faceva dodici anni fa.

Il primo cassetto del comodino è aperto e Jamie è stessa sul letto, sopra le lenzuola pulite, in mezzo a un mare di fogli.

Riconosci alcune foto e qualcuno dei tuoi disegni e per un attimo ci resti di sasso: ecco dove li avevi lasciati. 
Ti piaceva disegnare, prima di... quello, ma poi hai smesso. Non è neanche che volessi veramente smettere, ma disegnavi sempre la stessa cosa, e faceva male. 

Molti di quei fogli hanno un valore affettivo: ti è addirittura dispiaciuto di averli persi, quando sei tornato a Los Angeles e ti sei accorto che non erano negli scatoloni del trasloco.
Sono sempre stati qui: forse era destino che tu tornassi in questa casa, in fondo.

Alcuni ti saltano all'occhio: un ritratto a carboncino di te e i ragazzi della band, un disegno dell'albero mezzo morto del giardino, una foto della scuola a cui andavate tutti quanti, un poster degli Artic Monkeys piegato in quattro, un soldato con le ali di libellula...

-Papà- comincia Jamie vedendoti. Tiene in mano un foglio a righe ingiallito dagli anni e lo guarda con una concentrazione particolare, come se riconoscesse qualcuno.
-Papà, chi sono questi due?-

Gira verso di te il foglio e senti il cuore che ti si ferma.

Te lo ricordi quel disegno. Anche troppo.

Il tempo ha sbiadito i tratti a biro e c'é una piega che li cancella quasi del tutto proprio nel centro, ma quell'abbraccio disperato immortalato sulle righe si riconosce ancora.

Chest... Gesù, non riesci nemmeno a pensarlo quel nome. 

Comunque lui odiava i fogli a righe.

-Nessuno...- borbotti cercando disperatamente di impedire alla tua voce di tremare -Nessuno. Dai, vieni giù: la mamma ha preparato la cena.-.

Da quando sorridere per finta è diventato così difficile? Hai passato gli ultimi undici anni a sorridere a tua figlia anche se ogni singola volta che la guardi negli occhi ci vedi qualcosa che non vorresti vedere: quand'é che è diventato tutto così impossibile?

-Va bene papà...-

Jamie raccoglie i fogli sparpagliati sul letto e li rimette nel cassetto, poi insieme scendete in cucina.

-Allora amore, hai scelto la tua nuova stanza?- le chiede Elka mentre apparecchia la tavola.

-Sì mamma.- risponde Jamie sorridendo -Mi piace quella di papà.-

[...]

Ti svegli nel cuore della notte con un urlo che ti muore in gola e la spina dorsale attraversata da un brivido. 

Hai fatto di nuovo quel sogno, lo stesso che fai da dodici maledettissimi anni... l'hai visto di nuovo. 
Lui non se va mai via. 
Lui non se ne andrà mai via.

Tiri un sospiro frustrato e ti alzi dal letto. 
Hai preso la camera di tuo fratello, perché la tua l'ha assediata Jamie e da quella dei tuoi genitori hai preferito stare lontano, ma questo materasso ti è sembrato strano fin dall'inizio e ora che sei sveglio non hai nessuna intenzione di restare qui a soffrire l'insonnia.

La sveglia segna le due e cinquantasette, come sempre.

Più silenziosamente possibile apri la porta e percorri il corridoio fino alle scale. 
Ti fermi sull'ultimo gradino, a guardare sconsolato la porta che si apre sul garage chiusa a chiave alla tua destra. 

Alla fine non sei riuscito a entrarci.

Ti giri verso la cucina, la cui porta è proprio di fronte a quella del garage, sul muro a sinistra, e vai a prepararti una camomilla.
Non sei mai andato matto per la camomilla e non ti rilassa per niente, ma in questo momento hai davvero bisogno di qualcosa di caldo e c'è soltanto quella nella dispensa.

Nel giro di un quarto d'ora ti ritrovi con una tazza in mano e ti chiedi cosa devi fare adesso.

Questa è un'ottima domanda, Mike, cosa devi fare adesso?

Non lo sai. Nessuno lo saprebbe, in una situazione come la tua. 

Bevi un paio di sorsi di camomilla e poi abbandoni la tazza sull'isola della cucina.

Ti è passata la voglia, vero?

Cominci a girare in tondo per la stanza, cercando in tutti i modi di non pensare a lui, di non pensare a...

Cominci a girare in tondo per la stanza, cercando in tutti i modi di non pensare a lui: a Chester.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Linkin Park / Vai alla pagina dell'autore: Maledetta