A Lily di Komadori, che da sempre è stata la mia guida nei miei "sogni".
Neanche migliaia di parole possono descrivere l'affetto e la stima che ho per te.
Autore:
Danail
Titolo:
Am I Dreaming?
Fandom:
Pokèmon
Genere:
Sovrannaturale, Dark, Fantasy.
Personaggi:
Ivan, Max (Team Magma), Nuovo Personaggio, Altri.
Rating:
Giallo.
Avvertimenti:
-
Introduzione:
Fino
a che punto ci si può spingere per raggiungere un amico
perduto?
E se quel punto può essere superato solo nei sogni, saresti
disposto a varcarlo?
{AsylumShip / Fanfiction partecipante al contest “Take a
picture
and never forget” indetto da Sethmentecontorta sul forum di
EFP}
Note
dell'Autrice (parte prima):
Prima di addentrarvi in
questa storia, vi consiglio di leggere la fanfic precedente,
appartenente alla stessa serie.
Oltre che per alcuni fatti
accaduti precedentemente, ma anche per la piccola evoluzione dei
personaggi.
Non è
obbligatorio, sappiatelo: la storia ha un "prima", è vero,
ma credo che si possa leggere anche senza sapere i fatti precedenti e
capirci qualcosa.
O almeno spero.
Ma intanto vi auguro una
buona lettura!
Suoni
di violini e
arpe, le voci del coro che intonavano a ritmo note, e lei che si
muoveva sul palco, con un corpo di anni e anni prima, così
giovane
eppure già così esperto. Non aveva mai pensato ad
altro, in quegli
ultimi mesi del liceo, se non a quell'ultimo spettacolo.
Non
che la danza fosse la sua unica passione, certo, ma quando si
liberava dalla soffocante divisa per indossare il comodo
tutù,
perfettamente aderente al suo corpo e per nulla d'impaccio, e solo
quando entrava nella piccola e luminosa stanza assieme alle sue
compagne e alla miss che incominciava a liberarsi e a volare,
lasciando all'esterno la corazza che aveva incominciato a forgiare e
a sganciare tutti i pesi che trattenevano il suo spirito.
Volare,
sì. E quel giorno, il fatidico ultimo giorno di scuola, si
librava
più in alto di quanto avrebbe mai scommesso.
Ma mentre il
suo corpo si muoveva leggiadro nell'aria, in sintonia con quello
delle altre, e la sua anima cantava, si
ricordò che nessuno
l'avrebbe vista in quel momento di gloria.
Le altre avevano
genitori, fratelli e sorelle, i nonni, qualcuna perfino il fidanzato,
che le osservavano e che a fine spettacolo sarebbero corsi da loro a
complimentarsi.
Ma lei aveva la sua famiglia sotto
l'oceano, con i corpi rigidi e gonfi, zii troppo lontani per venire
fino a Hoenn se non per prenderla durante le vacanze e Max che come
al solito era rinchiuso in camera a studiare, e un Ottavio di cui
ancora non sopportava il carattere troppo docile, che lei allora
trovava melenso e servile.
Quando arrivava quella
consapevolezza, quella di contare meno di una piuma spezzata perfino
per i suoi pochi amici, nel sogno Rossella cadeva proprio durante uno
slancio, sbattendo rovinosamente a terra e nascondendo la testa tra
le braccia doloranti, cercando di difendersi dalle risa del pubblico
che la derideva.
Ma quella volta il sogno cambiò. Appena
quella consapevolezza apparve per avvelenarle l'anima, nello stesso
momento una presenza, calda e carica d'affetto, l'abbracciò
da
dietro e prese a danzare con lei, accompagnandola e completandola. E
mentre lei giungeva all'apice, per la prima volta nel sogno,
così
come quel lontano giorno di anni e anni fa, incrociò lo
sguardo di
quell'unico ragazzo che la fissasse veramente, stupito e meravigliato
di come quella sua compagna, che sempre l'aveva respinto con
freddezza, fosse capace di esprimere un qualcosa di così
bello e
aggraziato.
E la guardava con ingenua fierezza, con
quell'orgoglio sfacciato che lo spingeva continuamente a stuzzicarla
per avere le sue attenzioni, come avrebbe fatto anche negli anni
successivi, opponendosi con testardaggine ai progetti suoi e quelli
di Max.
E, mentre il suo copro si posava a terra e gli
applausi scrosciavano incessanti, percepì la sua calda
presenza
dietro di lei, soddisfatta per il suo successo, e quegli stessi occhi
bruni che la osservavano, sfavillanti d'entusiasmo e
baldanza.
Dopotutto, in fondo non voleva che danzare con
lei.
Un sospiro, e aprì gli
occhi.
Ad accogliere lo sguardo assonnato della giovane Rossella
non c'era altro che il soffitto che, da un anno a quella parte,
accoglieva sempre gli occhi della donna.
Ivan lo aveva decorato
qualche mese prima con una vernice speciale: di giorno era
trasparente, di notte mandava deboli bagliori lucenti, come se
accumulasse la luce solare e poi la liberasse nell'oscurità.
Grazie
a questa particolarità, ora sul soffitto brillavano sagome
di
stelle, di onde, di pesci e di Pokèmon d'Acqua, in una
composizione
così semplice da essere gradevole.
In queste cose Ivan ci sapeva
fare, e Rossella lo riconosceva. Non era decisamente il tipo
più
brillante della Terra, ma aveva quella candida creatività
che
lasciava sempre spiazzata la donna.
Una sorgente di acqua pura,
ecco cos'era l'uomo per lei. E lei il letto di questa sorgente, i
suoi argini per definirla.
Sorrise leggermente a quei pensieri,
sbattendo leggermente gli occhi per spazzare le ultime briciole di
sonno e alzare leggermente la testa verso la finestra.
Dalle
leggere linee di luce sulle tendine azzurre comprese che stava
albeggiando, e dal vuoto accanto a lei capì che Ivan si era
già
alzato per andare alla spiaggia, a fare la sua corsa mattutina.
E
dal piccolo corpicino premuto contro di lei, a quanto pare non si era
portato dietro Jonathan.
A occhi chiusi e con un sorriso ancora
più largo, Rossella si raggomitolò attorno al
neonato dormiente,
che nel frattempo aveva ficcato la testolina nella clavicola della
madre nel sonno, e prese a passargli delicatamente la mano sulla
peluria corvina, un accenno leggero di quelli che saranno i
capelli.
Ah, il piccolo Jon. Assomigliava moltissimo a Ivan: pelle
olivastra, capelli come la pece, stesso caratterino. Tuttavia,
qualcosa aveva preso dalla madre: gli occhi chiari. Come il suo
omonimo, il Jon del bar.
Sembrava passato
così tanto tempo in
cui l'aveva visto l'ultima volta... eppure era stato appena un mese
fa, quando Ivan si era fiondato con figlioletto appena nato al
locale: subito dopo che i medici
dimisero Rossella, l'uomo non
vedeva l'ora di far vedere al ragazzo che aveva contribuito a tutto
ciò il bimbo che avrebbe preso il suo nome.
Bhe, pare ovvio che il
ragazzo ne fu
felice. Forse troppo.
Un leggero pianto e il
conseguente
movimento svegliò Rossella: Jon si era svegliato e aveva
fame.
Per cui, la donna si mise a
sedere e si
sistemò il neonato per allattarlo meglio.
Ah, strana sensazione,
quella
dell'allattamento. Aveva provato più volte a spiegargliela a
Ivan,
in quelle quattro settimane, inutilmente. E non era il fatto che Ivan
fosse Ivan, forse era perché era qualcosa che non
può essere
spiegata a parole. Doveva essere provata.
E ovviamente il suo
compagno non poteva
mai sentire su di sé cosa volesse dire. Né cosa
significasse
portare dentro di sé un essere per nove mesi, consapevole
che è
legato a te ma al tempo stesso è qualcosa di diverso,
né cosa
voglia dire sopportare il dolore del travaglio, e le sue
complicazioni.
Ecco, pensò
Rossella mentre Jon
succhiava tutto contento, le complicazioni. Era sicura che se fosse
stata ricoverata da Max tutto sarebbe andato liscio, e anche Ivan lo
aveva ammesso, seppur controvoglia.
Se solo Max non fosse
sparito così,
tagliando tutti i ponti con il Team Idro e sparendo dalla
circolazione, forse Rossella non avrebbe perso tutto quel sangue nel
tentativo disperato di partorire suo figlio, e forse non avrebbe la
preoccupazione di ripercussioni future, tra cui la sterilità.
Aveva perso anche l'unico
amico a cui
poteva realmente confidarsi. Certo, Ivan era un amorevole compagno e
un padre perfetto, Ada una buona consigliera e un'ottima amica, e
Alan ce la metteva tutta, ma le mancava moltissimo la compagnia
candida di Ottavio. Forse l'unica cosa che un poco la colmava era
l'energia di Selene, la recluta Idro che l'aveva accompagnata alla
base tanto tempo prima.
Rossella aveva parlato alla
ragazza per
avere un minimo contatto col Team Magma, ma via via i tentativi si
mostravano sempre più fallimentari.
“Peccato,
mi piaceva il tuo Team,
sotto sotto” aveva commentato Selene l'ultima
volta, con tono
desolato.
Assicurandosi che Jon
avesse smesso di
succhiare ed essersi risistemata, Rossella strinse il bimbo a
sé e
con un movimento fluido scese dal letto e, godendosi la sensazione
della moquette sulla pianta dei piedi nuda, s'avvicinò alla
finestra
per scostare le tende.
Aveva pensato che la sua
relazione con
Ivan si rivelasse definitiva per cementare l'amicizia tra i due
schieramenti, ma quell'utopia l'aveva ormai abbandonata da tempo.
Bastava vedere la reazione di Max, la chiusura di ogni contatto con
loro e la sparizione del Team per emigrare chissà dove.
Aprendo la finestra e le
serrande,
lasciando che i primi raggi dell'alba invadessero la stanza, Rossella
non poté non fare a meno di pensare che, forse, aveva
sbagliato in
tutto ciò.
Forse conveniva parlarne
con Ivan, ma
c'era un motivo se prima non lo avesse fatto.
In fondo, poteva immaginare
la risposta
di Ivan. Ah, il suo caro marinaio, quanto poteva essere
prevedibile...
-Come sarebbe a
dire, cercare Max?-
-Mi hai capito
benissimo, Ivan.
Finora i tentativi di rimetterci in contatto con loro si sono fatti
sempre più flebili. E non perché non siano
rintracciabili, ma
perché non ti va di rischiare.
E non tentare di
giustificare. Sei
sempre stato il solito zuccone, fin da giovane-
Ivan fissava con vaga
sorpresa la sua
seconda, piazzata di fronte a lui nonostante fosse appena rientrato
dall'allenamento mattutino e non fosse ancora in divisa.
Il che lo metteva vagamente
a disagio:
insomma, parlare con Ada di simili cose in canottiera e pantaloncini,
e per di più ricoperto dalla solita patina di sudore, non
era
proprio il massimo.
Soprattutto se aveva a che
fare con
l'Ada nera di rabbia. Come in quel momento.
-Ragazza mia,
cerco solo di essere
realista. Non vorrei che...-
-Che cosa? Che ti
abbandonasse per
tornarsene da Max assieme a Jon? O cosa?-
Eccolo, il tasto dolente.
Ivan fece per
aprire bocca, ma riconobbe che non sarebbe servito a nulla.
Per cui, si
accasciò sulla prima panca
dello spogliatoio e acchiappò il primo asciugamano azzurro
che gli
capitò a tiro per levarsi il sudore e l'acqua dalla pelle.
Odiava ammettere che, da
quando
Rossella aveva corso rischi seri, stava diventando quasi paranoico su
di lei e sul bambino. Non che l'amore fosse andato via, ma allora si
era preso uno di quegli spaventi che, ne era sicuro, avrebbe
ricordato per tutta la vita.
Solo l'idea di perdere lei
o Jon... no,
non ci voleva neanche pensare.
-Ivan, capisco che
tu ti preoccupi
tanto per lei e per tuo figlio, credimi. Ed è giusto che
cerchi di
dare loro il meglio. Rossella ti ha cambiato, ma ancora di
più la
nascita di Jonathan, e anche questo è un bene. Hai
più sale in
zucca e sei meno impulsivo.
Ma... diamine,
cerca di ragionare.
Questi tuoi tentativi di allontanare Max e il suo Team non fa che
gettare sconforto su Rossella e su Alan. In fondo, il Team Magma per
lei rappresenta una sorta di grande famiglia, e per il nostro gigante
è il ritrovo dove può trovare una persona che lo
ami, dopo di noi-.
A quelle parole Ivan
sbuffò,
incollerito, e lanciò un'occhiatina alla sua tenente. Ada si
era
sistemata di fronte a lui a gambe incrociate e ricambiava il suo
sguardo con espressione impassibile.
Il fatto che avesse ragione
non solo su
Rossella, ma anche su Alan non fece che irritare ancora di
più
l'uomo. Ma d'altra parte come poteva fare altrimenti?
Aveva tentato,
più e più volte, di
instaurare un legame anche vagamente amichevole con Max, e anche con
una certa convinzione. Certamente nei primi tempi c'era di mezzo
soprattutto per l'amore che provava con Rossella -anche se, in
effetti, chiamare “amore” quel sentimento di
qualche tempo prima
era forse un tantino azzardato- ma anche perché c'era di
mezzo il
suo ragazzo e il legame che si era formato chissà come con
Ottavio,
il paffuto Tenente di Max.
Ah, Alan un giorno gli
spiegherà per
bene cosa ci trovava d'interessante in lui.
-Io... oh avanti,
Ada. Da quando Max
ha scoperto che Rossella s'infilava nel letto del suo ex rivale non
ha perso tempo di recidere tutti i legami con noi. Avrei mandato da
loro Rossy quando stava per partorire, lo sai benissimo. Avrei
rafforzato il legame con Max, ora che siamo così intrecciati
con la
sua organizzazione. Non dico che potevamo essere amici, ma almeno un
po' di rispetto e pazienza l'avrei voluta! E invece no, lui se ne
è
andato! Puff, svanito nel nulla- sbottò infine,
fissando poi la
donna per invitarla a smentire le sue parole.
Ada piantò i
piedi a terra, decisa di
affrontare la questione con decisione e calma.
-So benissimo
quello che hai fatto o
non hai fatto. Ed è per questo che sto qua a discutere con
te.
Sono consapevole
che Max con questo
gesto ha gettato alle ortiche tutte i nostri sforzi di relazionarsi
con lui. Ma sappiamo entrambi con chi abbiamo a che fare: sai anche
tu che Max non si apre quasi con nessuno, perché mai
dovrebbe farlo
immediatamente con noi? Santo Arceus, Ivan, dovresti tirare adesso il
tuo lato testardo, impuntarti e continuare a provare.
E poi cosa credi?
Che una volta
ripresi i contatti Rossella ti abbandoni per tornare da lui e
portarsi dietro Jon? Se è così, non hai capito
nulla di lei. Lo sai
meglio di me che Rossella non ti mollerà per il resto della
vostra
vita. Sei entrato nella sua vita con la forza di un siluro, al
massimo è lei che deve temere che tu la lasci-
I due si guardarono fissi
negli occhi
per qualche istante, rimanendo in silenzio.
Sopra di loro, i rumori
delle reclute
che si muovevano per andare al refettorio per la colazione
cominciavano a levarsi. Mancava poco al momento in due dovevano
indossare di nuovo le vesti di Capo e Tenente e assolvere, come ogni
giorno, ai loro compiti.
-E quindi che
suggerisci di fare?
Riprendere i tentativi di contatto?- commentò Ivan
scettico,
rompendo finalmente quel silenzio.
-Anche, Ivan. Ma
soprattutto
parlale. Rossella ha l'abitudine di tenersi tutto dentro, ma ha
bisogno di te. Passa più tempo con lei, più di
quello che le
dedichi abitualmente. Per il lavoro ci siamo io e Alan, e le reclute
son ben felici di aiutare. Sono qui apposta- gli
mormorò Ada,
addolcendo impercettibilmente il tono.
-E poi... ricordi
cosa avevi
promesso, più di un anno fa? Rossella crede ancora che io ti
abbia
spinto a dichiararti- aggiunse, raddrizzandosi e ridacchiando
appena.
-Ah, fosse solo
quello. Ehehe, cara
mia, ti stupirò ancora una volta- rispose lui,
ridendo a sua
volta.
-Sogni strani?
Spiegati meglio-
Crogiolate nella frescura
del piccolo
parco vicino ad Alghepoli, all'ombra di uno degli alberi più
grandi
della zona, Selene e Rossella chiacchieravano.
La recluta si era offerta
di prendere
un po' Jonathan, e mentre parlava giocava col bimbo, che sembrava
adorarla.
Nell'osservare la ragazza
alle prese
con suo figlio, Rossella si chiese quasi automaticamente come facesse
a essere così sicura di tutto. Forse era l'influenza dei
suoi
superiori, forse era qualcosa d'innato.
In effetti, osservandola
meglio, si
poteva intuire che non fosse di Hoenn, e neanche di qualche altra
regione vicina.
-Non sono
esattamente strani. È
solo che da un po' di tempo che comincio a percepire una presenza nei
miei sogni, qualcosa di estraneo, che non appartiene né a me
né al
sogno.
Quando stavo da
Max non mi curavo di
ciò, d'altronde sognavo poco, ma non mi è mai
capitato qualcosa del
genere. Non prima della nascita di Jonathan-
spiegò con un tono
pensoso.
Selene continuò
a giocare e
accarezzare Jon, che nel frattempo era riuscito ad acchiappare una
mano della donna e aveva cominciato a mordicchiarla. La recluta rise
leggermente, tuttavia non rispose subito.
-Non credo che
dovresti
preoccuparti, non per ora. Non mi pare di aver capito che questa
presenza ti dia fastidio, no? Se comincia a provocarti problemi,
rivolgiti a qualche nostro scienziato o a un esperto.
Di sicuro io non
sono la persona
adatta per darti consigli- disse poi, mantenendo la
concentrazione sul bambino.
Rossella rimase in
silenzio,
insoddisfatta. Selene aveva ragione, in fondo non sapeva cosa le
stava capitando, ma il fatto di non sapere cosa fosse
quell'entità
la turbava.
In fondo, la sua fissazione
di voler
scoprire la causa dei fenomeni che la coinvolgevano ancora
persisteva, e Rossella non voleva proprio abbandonarla. Ma per il
momento non era ancora un pericolo, e non aveva percepito una
minaccia da essa.
Aveva considerato l'idea
che Ivan
c'entrasse qualcosa, ma non poteva che essere solo un fattore
marginale.
Ivan era una persona
meravigliosa, ma
sicuramente non avrebbe compreso appieno la questione.
A proposito di Ivan.
Per un attimo Rossella vide
la sua
figura vicino al cancello del parco, sperso e alla ricerca di
qualcuno. Sbatté gli occhi, incredula, solo per accorgersi
che sì,
era proprio lui. Senza divisa e vestito semplicemente, peraltro.
Posò la mano
sulla spalla di Selene e
indicando con un cenno del capo l'uomo, che ancora non le aveva
notate.
-Oh, ma guarda. Il
Capo si è preso
mezza giornata libera. Era pure ora! Dai, raggiungiamolo-
ridacchiò Selene, prendendo in braccio Jon e alzandosi,
seguita da
Rossella.
-Capitano, si
è perso qualcuno?-
gli gridò poi la recluta con voce scherzosa quando furono a
portata
d'orecchio.
Ivan si girò di
scatto, allarmato dal
fatto che qualche recluta in pausa lo avesse preso in fallo, ma
appena scorse Selene e Rossella avvicinarsi emise un breve sbuffo di
disapprovazione.
-Daedur, non
abbiamo niente da fare,
eh?- commentò Ivan appena le due donne
s'avvicinarono,
accogliendole però con un leggero sorriso.
Prese in braccio Jon appena
Selene
glielo porse, e lo sollevò in alto.
-Il mio piccolo
campione!-
-Ivan!-
-Ok, ok, Rossy.
Come non detto. Ecco
così va meglio?-
Ridacchiando appena,
Rossella cinse il
braccio libero di Ivan, osservando il loro figlioletto ridere e
acchiappando con le manine la barba incolta del padre.
-Bhe, visto che a
quanto pare dovete
passare il resto della giornata insieme, se permettete prendo in
presto il pargolo. Almeno ho qualcosa da fare- si
offrì con tono
noncurante Selene.
Ivan fece per protestare,
ma un cenno
di assenso da parte di Rossella lo fece desistere.
-Torna alla base,
Selene. Mi fido di
te, ma... mi capisci- disse solamente l'uomo, mentre le
rimetteva
fra le braccia il bambino, che a quanto pare gradiva tutti quei
cambi.
-Bene, allora ci
vediamo alla base.
Ciao ciao!- salutò la recluta, allontanandosi poi
fischiettando
un motivetto contornato dai primi tentativi del piccolo Jon di
seguirla.
-Hai preso un
pomeriggio libero!-
esclamò Rossella poi, sorpresa.
-Bhe,
sì. Pensavo che ti sarebbe
piaciuto passare più tempo assieme, credo. Con la nascita di
Jon, il
lavoro, la ricerca di un metodo per parlare con lo stecco...-
-Hai ripreso i
tentativi di
comunicazione con Max?- domandò entusiasta
Rossella, iniziando a
passeggiare nelle vie di Alghepoli che conducevano al mare, ignorando
per un momento il nomignolo di Ivan.
-Certo,
però...-
-Ma è
fantastico!- esclamò
gioiosa la ragazza, rivolgendogli uno sguardo raggiante e fiducioso.
Ivan si grattò
la barba, perplesso. La
sensazione che Rossella gli dava ogni volta che lo guardava in quel
modo era stupenda: il fatto che lei riponesse fiducia in lui,
nonostante fosse lei l'esperta in materia, gli dava una carica
assurda. Forse lei apprezzava più il fatto che almeno ci
metteva
buona volontà e desse l'ordine ai suoi scienziati, in modo
da non
farle fare tutto da sola.
-Ivan? Questa cosa
ti turba? Pensavo
che ti faceva piacere avere un buon rapporto con Max-
-Sì,
certo, lo vorrei. Ma dopo la
sua reazione della nascita di Jon, di noi... dopo la sua scomparsa e
l'abbandono... insomma, sono deluso da lui. Amareggiato, non so.
Pensavo che tutto ciò potesse essere una buona base, un
messaggio
del tipo “Se io posso amare una tipa totalmente diversa da me
e che
forse mi odia, e che invece a quanto pare adora i capoccioni amanti
dell'acqua, allora io e te possiamo andare d'accordo”-
A quelle parole Rossella
rise, ma in
effetti Ivan non aveva tutti i torti. Il comportamento di Max era
così imprevedibile e misterioso anche per lei...
-Caro mio, ora che
ripenso ai nostri
primi mesi mi vien da pensare che Max già sapesse, o
perlomeno
sospettasse qualcosa su di me. Eppure non mi ha mai ostacolata, e mi
chiedo perché.
Lo sai che con lui
non si può mai
esser certi di nulla.
...Ma che ne dici
di lasciar perdere
per un momento l'argomento Team Magma? Possiamo riprenderlo stasera
appena torniamo a casa!-
Così, superando
negozi e botteghe,
ridendo e scambiandosi battute, indicando e commentando a bassa voce
le singolari situazioni che avvenivano intorno a loro, prendendosi
per mano e accennando qualche maldestro passo di danza appena
sentivano qualche melodia nell'aria, prodotta dagli sporadici
musicisti ambulanti, finalmente arrivarono alla spiaggia.
E mentre gli ultimi
bagnanti uscivano
dal mare col calare del sole e chiudevano gli ombrelloni tra le
strida dei Linguella e i versi dei loro fidati Pokèmon, i
due
decisero di comune accordo di fare un salto al locale dell'omonimo di
loro figlio: il diciottenne Jonathan Riat, che nel corso di
quell'anno aveva anche i turni diurni, alternandosi con un paio di
amici della sua stessa età, sempre bisognosi di soldi per
gli studi.
Di certo non si aspettavano
una
situazione di semi-trasloco.
-Jon, ma che
diamine...-
borbottò Ivan, osservando il locale dalle ampie vetrate e
dalle
pareti verniciate di bianco, ma ormai spoglio di tutte le piccole e
colorate decorazioni che nel corso del tempo Jonathan avev sistemato
in giro, che siano foulard multicolori, giocattolini, conchiglie o
fiori.
Sentendo il proprio nome,
subito il
ragazzo smilzo e alto sbucò fuori dal retro del bar,
sorridendo
calorosamente alla vista dei due.
-Ehilà
ragazzi!- li salutò,
raggiungendoli con ampi passi aggraziati.
Era bello notare che in un
anno il
giovane era cambiato esteriormente, ma che avesse mantenuto l'animo
vivace che lo contraddistingueva. Ora portava i capelli più
lunghi
e, quel giorno, legati con una coda di cavallo, era cresciuto in
altezza, tanto da raggiungere senza fatica Ivan, e si era fatto
più
robusto.
-Te ne vai?-
chiese Rossella con
tono quasi dispiaciuto, dopo aver ricambiato il suo abbraccio di
benvenuto.
-A quanto pare
sì, dolcezza. La mia
famiglia ha bisogno di me. A quanto pare la mia regione sta subendo
un'altra ricaduta-
-Non
sarà mica opera di qualche
strana organizzazione?- chiese sospettoso Ivan, sperando di
beccare finalmente un certo rosso. La regione di Jonathan si trovava
parecchio più a nord-est di Sinnoh, e in quanto regione
d'oltremare
non sottostava alle regole che collegavano le regioni a loro
conosciute, da Kanto alle nuove entrate Isole di Alola.
-Oh, beh, no. Non
credo che si
riferissero a quello. Cioè, ci sono focolai di guerra di
confine nei
territori sudorientali, ma penso che si riferissero a qualcosa di
nuovo. Credo una calamità naturale-
spiegò il ragazzo, pensoso.
-In ogni caso
Ivan, ti ho portato la
cosa che m'avevi chiesto. Sta nel retro- aggiunse poi.
-Uuuhhh, vado
subito! Rossy, resta
qui!-.
E senza dire null'altro,
Ivan corse
dalla stessa porta da dove Jonathan era uscito. Rossella
guardò il
ragazzo con fare interrogativo: lo avrebbe scoperto da sola di cosa
si trattasse, ma se aveva la possibilità di saperlo subito...
-Eheheh, cara mia,
è una cosa di
Ivan che per ora preferisce tenere segreta. Ma sono certissimo che te
la comunicherà il prima possibile, sempre se ci
riuscirà-
-Ho capito. Devo
indagare senza il
tuo aiuto- sospirò la ragazza, rassegnata.
-Ma mia cara
Rossy, una sorpresa è
bella perché è tale! Ma visto che ci siamo... ho
preso una cosa
anche per te-.
Mentre diceva
ciò, Jonathan si portò
dietro al bancone e si accucciò per prendere qualcosa che
aveva
nascosto, e tornò in piedi con una scatola metallica di
colore rosa
e con un barattolino di vetro trasparente contenente perle di
cioccolata di vari colori.
-Visto che ti
piacciono i dolci...-
-Arceus, Jon, non
dovevi!-.
Avvicinandosi e prendendo i
due oggetti
per osservarli meglio, Rossella rivolse un timido sorriso al ragazzo,
per poi tornare a scrutare i regali. Il barattolo di vetro e le
palline erano quel che erano, e una volta posato tutto sul tavolo
Rossella lo aprì e, sotto lo sguardo curioso del ragazzo,
assaggiò
un dolcetto.
Cioccolato con cuore di
mandorla, un
buon accostamento.
Dopo averlo richiuso,
Rossella passò
alla scatola di metallo. Sfondo rosa pastello, decorazioni rosa scuro
e con un'immagine di un tavolino bianco di forma rotonda e con sopra
tre bignè di colore diverso, la scatola presentava la
scritta “Dream
Dessert” e sotto “make dreams come true”.
-Rossy cara, vado
a vedere che fine
ha fatto Ivan. Non vorrei che si fosse perso nelle catacombe che
abbiamo sotto i piedi, non si sa mai- ridacchiò
Jonathan,
allontanandosi.
Rossella sbuffò
divertita, e mentre
Jon entrava nel retro chiamando Ivan lei aprì la scatola per
guardare cosa effettivamente c'era dentro.
Come era previsto, dentro
di essa vi
erano alcuni dolci simili a quelli raffigurati esternamente.
Ma a un'occhiata
più attenta si poteva
notare un nastro e la punta di una piuma piuttosto lunga.
Senza rovinare nulla e con
una buona
dose di cautela, Rossella estrasse l'oggetto, che in effetti si
rilevò essere una piuma: era di colore rosato chiaro, con
riflessi
dorati e blu, a seconda di come si orientava. Aveva una consistenza
morbida, leggera e piacevole, quasi fosse una polvere. Non era di
grosse dimensioni, anzi, era piuttosto piccola.
E la parte interessante era
il
fiocchetto con un bigliettino attaccato, recante un solo nome:
Alkonost.
Appena Ivan e Jonathan
ritornarono dal
retro, chiacchierando allegramente, trovarono Rossella con i due
oggetti ai lati e perfettamente richiusi, con i gomiti poggiati sul
banco e con aria pensierosa, apparentemente senza nulla di anomalo.
La sera era già
scesa da un pezzo
quando tornarono alla base.
Per tutto quel tempo
Rossella aveva
tentato di punzecchiare Ivan nel tentativo di cavargli almeno un
indizio della cosa che Jonathan gli aveva dato, ma durante tutto il
percorso aveva ottenuto solo qualche occhiata divertita e una
risatina, e nessuna risposta rilevante.
Neanche in quel momento in
camera loro,
dopo cena e prima di andare a dormire, la ragazza ottenne una
risposta.
-Caro mio, lo sai
che non mi puoi
tenere qualcosa nascosta a lungo. Spero solo per te che non sia nulla
di compromettente- commentò infine fingendo un
tono serio mentre
dava un'ultima controllata al piccolo Jon nella culla, che intanto si
era addormentato.
-Ehehehe, lo sai
che non mi
permetterei mai di fare certe cose. Non ora. Anzi... è
tutt'altra
cosa- ridacchiò Ivan dal letto. L'uomo si era
già coricato
sotto le lenzuola e sistemato su un fianco per osservare meglio i
movimenti di Rossella.
-Ups. Ti ho dato
un piccolo indizio-
rise dopo poco, ripensando a ciò che aveva appena detto.
-Ah, capirai! Mi
hai dato proprio un
indizio grossissimo! Ho capito tutto!- esclamò
lei, infilandosi
sotto le coperte vicino a Ivan, che continuava a ridere, per poi
abbracciarlo e poggiare la testa nell'incavo tra il braccio e la
spalla di Ivan e spegnendo la luce.
-Bhe, mio caro
enigmista,
buonanotte-
-Ma... ma come?
Non concludiamo in
bellezza la giornata?-
Nella
semi-oscurità della camera
Rossella alzò lo sguardo divertita per incontrare quello di
Ivan,
tra il sorpreso e il dispiaciuto.
-Non mi pare il
caso in cui ti debba
consolare. È stata una bella giornata-
-Bella giornata?
Se ne è andato
Grande Jon, e ora che farò?- rispose con un finto
tono mogio.
Fece una breve pausa,
costretto anche
dalle risate di Rossella.
-Insomma, mi sento
a terra. Tu la
consideri una buona giornata?- continuò poi con lo
stesso tono
di prima, ma ormai le risate di Rossella contagiarono anche lui, per
cui si ritrovarono entrambi piegati in due per trattenere le risate.
-Ok, ok,
signorino, mi hai convinta.
Almeno questa te la concedo- rise infine la donna, girandosi
sull'altro fianco.
-Ottimo!-
esclamò contento
Ivan, abbracciandole un fianco con il braccio e baciandole il collo,
mentre con movimenti fluidi si spogliavano in fremente attesa di
unirsi ancora una volta.
[…]
Si
era appena addormentata che già
il mondo onirico prese a infilarsi con prepotenza nel suo sonno
Il
sogno si apre nella foresta, la
stessa foresta del Percorso 117.
Le
ricorda il primo appuntamento con
Ivan, di quando avevano fatto l'amore la prima volta, in quello
spiazzo sotto le danze dei Volbear e delle Illumise.
Anzi,
era proprio quel luogo, quel
sentiero accidentato, con gli stessi vestiti di quella volta. Ma
quest'ultimi erano lacerati e sporchi in più punti, e con la
certezza del sogno Rossella sapeva di vagare da un bel po' di tempo
in quel luogo. Eppure non riusciva ancora a trovare la via del
ritorno. La paura del buio e della solitudine per un momento le
strinsero il cuore, ma dopo qualche passo incerto la luce della Luna
piena, prima coperta da una nube, finalmente illuminò il
paesaggio e
mostrandole il sentiero, che si mostrò più largo
e assestato.
Stringendosi
nei suoi vestiti e
avvertendo un leggero freddo sulla pelle, Rossella alzò lo
sguardo
verso l'astro celeste e chiuse gli occhi, godendosi quella luce
limpida e candida.
“Alkonost”
chiamò con il
pensiero, sussurrandolo appena nella sua mente. Non sapeva
perché
avesse pronunciato quella parola apparentemente priva di significato;
le era sorta spontanea, e lei l'aveva pensata. Era piacevole sentirla
pronunciare...
“Alkonost”.
Forse
era il nome di una persona che
poteva farle compagnia e, magari, guidarla fuori da quella foresta.
Le mancava Ivan e il suo senso d'orientamento in quei casi.
Quasi
come se il sogno rispondesse
al suo piccolo desiderio, qualcosa si mosse tra gli alberi alla sua
sinistra.
Rossella
si girò di scatto,
sgranando gli occhi e avvertendo la stessa presenza calda del
precedente sogno. E anche una traccia di qualcun altro, di...
-Perché sei fuggito? Avevo bisogno di te, avevo bisogno di voi tutti. Perché ve ne siete andati?- cominciò, all'orlo del pianto.
A quelle parole Rossella scoppiò finalmente in lacrime, coprendosi il viso con le mani, singhiozzando forte e sussultando appena.
-Non è vero, lo sai. Posso essere entrambe le cose, e tu lo hai visto. Lo avete detto anche voi, tu e Ivan, dopo gli eventi con i leggendari. Basta distinzioni. Basta, basta-
Con il volto deformato dal pianto e con l'animo in tumulto, la ragazza s'inginocchiò a terra, sporcandosi le ginocchia nude con il terriccio del sentiero e la gonna nera ormai malandata.
-Lo sai benissimo che non è vero. Lo sai! -
-Tu e Ivan siete due persone diverse, anche per me. Ma nessuno di voi due sarà più importante per me. Ivan ha già lasciato la strada della competizione, ma tu no! Max, non voglio rinunciare a nessuno dei due, e dovresti rendertene conto. Mi sono fidata di te per tutti questi anni, ti ho seguito fino in fondo in ogni progetto, e ci siamo resi conto entrambi di quanto fossero sbagliate alcune ideologie. Ma ci siamo passati assieme. Io e te condividiamo un'amicizia che difficilmente potrò trovare in qualcun altro. Chiamala come vuoi: fedeltà verso un superiore, rispetto, ma questo è. E non è mai cambiato, neanche dopo Ivan e Jon- disse tutto d'un fiato, continuando a piangere e a fissare l'intricata rete di piante, arbusti e alberi, tenendo piantato lo sguardo su quella massa informe con cui stava parlando.
Che poi, a guardare meglio, non si era avvicinata? E non si stava avvicinando lentamente e sempre di più?
-Allora perché non mi hai mai detto nulla, eh? Perché non mi hai mai detto cosa andavi a fare fuori? Ricerche sul campo, sì certo! No, non ti sei mai più fidata di me, non dopo quei dannati avvenimenti con il meteorite e quella pazza.
BUGIE! Sono tutte bugie le tue!-
La presenza aveva preso a sbraitare e ad avvicinarsi pericolosamente a lei, che non riconosceva più nel suo interlocutore la presenza perennemente calma del suo capo.
Spaventata, scalciò per allontanarsi da quella presenza e fuggire, ma essa in una frazione di secondo si lanciò contro di lei, non permettendole di distinguere la sua forma e sbattendola a terra.
La seconda presenza che aveva percepito all'inizio del sogno intervenne immediatamente, colpendo l'essere di lato e distrarlo. Esso reagì ruggendo e per un attimo spostò l'attenzione sull'interferenza.
E fu in quel secondo che Rossella vide la forma dell'entità che aveva preso il posto di Max, e non poté fare altro che gridare per il terrore.
Aprì bruscamente
gli occhi, e la prima
immagine che vide furono le forme lucenti del soffitto.
Era a casa e aveva fatto
semplicemente
un incubo. Parecchio realistico, a dir la verità.
Il cuore batteva
all'impazzata e la
mente era ancora confusa, motivo per cui non comprese subito in che
stato fosse.
Cosa che scoprì
qualche secondo dopo,
quando provò a muoversi ma il corpo non rispose.
Era immobile, riusciva solo
a spostare
lo sguardo. Paralisi del sonno, aveva letto del fenomeno, e a quanto
pare era un'esperienza orribile. E come poteva negarlo.
Ma non era poi tanto per il
fatto che
non potesse emettere nessun suono se non un debole rantolo,
né
perché non riuscisse a muoversi.
Cioè, anche, ma
soprattutto per il
mostro che l'aveva seguita anche fuori dal sonno e che poteva
scorgere con la coda dell'occhio e con nitidezza.
Aveva fattezze umane, ma la
pelle
pallidissima era lacera in più punti, come se avesse subito
svariati
interventi chirurgici, in particolar modo sull'addome. Non aveva
capelli, gli occhi erano sgranati, il viso era tutto tirato e aderiva
completamente sul teschio, come del resto la pelle sullo scheletro.
La cosa appena vide lo
sguardo della
ragazza allargò le labbra in un sogghigno trionfale,
lasciando
scoperti i denti aguzzi, e Rossella finalmente lo riconobbe.
Era uguale alle cavie di
quella storia
di tanto tempo fa, dell'esperimento del sonno e che cosa aveva
prodotto.
E la cosa peggiore era il
fatto che si
fosse appollaiata proprio sulla culla di Jon.
Quello fu la goccia che
fece traboccare
il vaso: alimentata dall'ira e dalla paura, nella sua mente
ricomparve il nome del sogno, che si offriva come unica arma.
“ALKONOST”
urlò
dentro di sé, e in quel preciso istante la creatura
svanì con uno
stridio e, come se fosse lei la causa della paralisi, Rossella
poté
finalmente urlare.
Gli sviluppi successivi
furono
abbastanza confusi, tant'è che Rossella si
ritrovò con una tazza di
camomilla fumante davanti senza sapere come e a parlare con Ada senza
sapere come quest'ultima sia arrivata, e quando.
Poco più avanti
poteva scorgere, nella
penombra, Ivan che tentava di calmare Jon, che all'urlo della madre
aveva risposto scoppiando in lacrime.
Per ora il neonato aveva
smesso di
piangere, forse rassicurato dal calore paterno e dalle parole dolci,
ma era ancora agitato.
Dopotutto, anche Ivan era
scosso dalla
cosa come Rossella.
-Avanti, cara mia,
era solo un
Incubo- le sussurrò Ada, passandole una mano sulla
spalla per
alleviarle lo spavento. Rossella si girò verso di lei,
leggermente
tremante, tenendo stretta la tazza tra le mani.
-Ma era
così reale. Così reale! E
poi stava sopra Jon.
...Credi veramente
che sia uno di
quei cosi e non...- la voce le morì in gola nel
pronunciare
l'ultima frase, che tuttavia aveva anche una leggera punta di
scetticismo. Ada le aveva raccontato in fretta la storia di Incubi e
Succubi, ma come le aveva detto prima appartenevano a un passato
troppo lontano per comparire nei sogni delle persone. Erano
più
vecchi perfino delle Guerre di Kalos, che probabilmente distrussero
gran parte della vecchia civiltà.
Ada fece spallucce a quelle
parole.
-Rossella,
è solo un'ipotesi, e
neanche molto probabile. Sono storie, e basta. E nei sogni
può
accadere di tutto.
Max non potrebbe
aggredire nessuno,
men che meno te. Non ce la fa proprio, se proprio deve far del male a
qualcuno lo fa per altre vie, non certo per quella fisica. Quindi non
prendertela con lui. È solo un sogno-.
Già, questo era
vero. Tuttavia, a
turbarla era anche il dialogo iniziale. Quello sembrava così
vero.
-E Alkonost?
Cos'è?- chiese
dopo un sorso di camomilla.
-Se devo essere
sincera, non lo so.
Sicuramente la presenza benigna che incontri spesso negli altri tuoi
sogni, no? Potrebbe essere qualsiasi cosa: uno spirito, un'anima di
un defunto, una delle creature di Cresselia. Magari collegata a
quella gran bellezza che hai incontrato da sveglia.
O forse
nient'altro che un altro
personaggio onirico. Il che, credo, sia la soluzione più
plausibile-
Ada aveva ragione. In
fondo, si
trattava solo di un sogno.
Però c'erano
quegli elementi, quei
pochi collegamenti con il mondo reale, che la sua classica
curiosità
era già scattata.
Finalmente qualcosa da fare.
Come ai tempi del Team
Magma, si era
buttata a capofitto nella ricerca di elementi che potessero
ricostruire le cause e le possibili conseguenze di quei sogni.
Esplorò ogni
angolo del settore
Psicologia e Mitologia delle biblioteche nelle vicinanze, fece
accurate ricerche per il web, consultò qualsiasi
collegamento che
richiamasse anche in minima parte gli elementi che incontrava durante
i sogni.
L'Incubo tornava sempre a
farle visita
con le sue apparizioni terrificanti, ma anche con l'aiuto di Ivan
poco a poco imparò a non spaventarsi quando si risvegliava
bruscamente e si ritrovava paralizzata.
Quando incappò
nei sogni lucidi per
poco non esultò. Generalmente libri e siti davano consigli
non tanto
per creare la situazione perfetta per un sogno lucido, ma soprattutto
per evitare gli incubi intesi come sogni malevoli.
Ma il suo Incubo non pareva
essere la
stessa cosa. Esso negli ultimi tempi si era anche messo a parlare,
sussurrando parole e piccole frasi sconnesse con un tono intriso di
malvagità, fissandola allo stesso tempo con quegli occhiacci
e
sogghignando.
Se avesse avuto il
controllo sui suoi
sogni forse lo avrebbe definitivamente scacciato.
Ma dopo qualche settimana
anche l'altra
presenza intervenne, stavolta a suo favore.
Rossella aveva fatto anche
qualche
ricerca riguardo alla parola Alkonost, sicura che fosse il nome
dell'essere che la perseguitava e che pronunciare il nome della sua
essenza si piegasse al volere di chi lo chiamava.
Come del resto tutti gli
esseri, in
fondo.
Gli studi sulla Storia
Antica in fondo
stavano dando i loro frutti in merito, visto che prima delle Guerre
di Kalos alcuni abitanti speciali potessero usare nomi collegati
all'essenza stessa delle creature viventi.
Non era proprio un concetto
semplice,
ma da quanto ricordava Rossella questi nomi si ricollegavano a una
delle cinque parti dell'anima, l'esperienza. E richiamare questa
parte trascinava tutto il resto.
E invece no, ben presto
Rossella scoprì
che Alkonost non corrispondeva a un demone di alcuna sorta, piuttosto
a un'entità femminile. Chi fosse quest'entità, e
se dopo le Guerre
si fosse trasformata in un leggendario, questo la ragazza non
riuscì
a scoprirlo.
Almeno, chiunque fosse
Alkonost, non
doveva temerla e pensare che Grande Jon le avesse dato un regalo
maledetto.
Che poi, la piuma... forse
un'ipotesi
di cosa fosse diventata Alkonost Rossella ce l'aveva.
E l'Incubo? Poteva essere
parte
dell'opposto di Alkonost. E il fatto che fosse collegato a Max la
fece rabbrividire. L'uomo poteva aver commesso errori, soprattutto
nei suoi confronti, ma Rossella non avrebbe augurato quel coso
neanche al peggiore degli esseri umani, figuriamoci a una persona a
cui era legata.
In fondo, se quell'Alkonost
si fosse
rivelata accondiscendente verso di lei potevano anche aiutare Max e
forse tornare al loro rapporto originario...
Quella ricerca, nonostante
stesse
giovando a Rossella, di fatto non era un toccasana per il rapporto
che aveva con Ivan.
Certo, si occupava come
sempre di Jon e
il sentimento per il Capo Idro non era cambiato di una virgola, ma
quella ricerca compulsiva stava cominciando a preoccupare Ivan.
L'uomo era consapevole che
Rossella era
abituata a cose del genere, tuttavia temeva che poteva finire male.
Forse si sbagliava, ma
l'istinto gli
suggeriva che quella battaglia onirica non stava andando per il verso
giusto. Ammirava Rossella per la sua intraprendenza e l'aiutava come
poteva, come per esempio curarsi che nessuno dei due potesse soffrire
nel sonno, ma tutto ciò cominciava a mettere in allarme Ivan.
Che poi, tra l'altro, non
sapeva quando
dare il suo regalo a Rossella.
Non che fosse intimidito da
ciò che
esso implicava, e dalla possibile reazione da parte di Rossella, ma
era dubbioso sul momento giusto. Non voleva guastare una cosa
così
importante, e già aveva rischiato un grosso rifiuto al loro
primo
appuntamento.
Per cui, osservava la sua
donna
condurre il suo percorso, per la incerto sul da farsi, e imparare
assieme a lei, ascoltarla mentre ripeteva i vari test di
realtà e li
provavano insieme, sentire e annotare i sogni che facevano e i loro
progressi.
E, nel suo piccolo, provava
un'altra
pista per scoprire chi fosse Alkonost e, soprattutto, come
rintracciare Max.
E mano a mano che Rossella
riusciva a
entrarci in confidenza e a condurre la sua battaglia onirica, Ivan
per la prima volta si chiese quanto veramente fosse forte il legame
di amicizia che lei aveva con il suo Team e i suoi colleghi.
Forse lo stesso che lui
aveva con Ada e
Alan: i due erano cresciuti assieme a lui, e Ivan era sicuro che
avrebbe fatto lo stesso per loro se si fosse trovato in una
situazione simile, nonostante le separazioni.
Forse in questo frangente
non doveva
preoccuparsi. Forse.
D'altronde, Rossella era
quasi riuscita
a risolvere la questione dell'Incubo: ormai esso non appariva quasi
più, e riusciva a parlare abbastanza fluentemente con
Alkonost.
E forse era giunta alla
stessa figura a
cui era giunto lui. E se era così, allora Ivan poteva
ritenersi
soddisfatto, e felice di poter partecipare attivamente a una simile
cosa con lei.
Nel
sogno, l'atmosfera della Base
era molto più tranquilla che nella vita reale e, sebbene
fosse anche
più malinconica -chissà perché-
Rossella la trovava rilassante.
Rossella
controllò l'ora che il
NaviTalk segnava prima di entrare nell'ufficio di Max, per poi
bussare ed entrare con passo leggero appena la voce atona del suo
occupante la invitò a entrare. Come al solito Max era
concentrato
sullo schermo del PC e scriveva chissà cosa, digitando
velocemente
le lettere della tastiera.
Come
al solito, un dettaglio che la
tenente fece caso era il riflesso dello schermo sugli occhiali del
suo capo, nel vano tentativo di scoprire a cosa stesse lavorando
prima che glielo dicesse. E, come al solito, si sedette di fronte a
lui senza aver scoperto nulla in quella manciata di secondi.
Come
al solito, Max cominciò a
parlare di cose distanti, lontane, appartenenti a un periodo che non
le apparteneva più, e la voce le arrivava come un mormorio
indistinto, ma familiare.
Non
era accogliente e caloroso come
il suono della voce di Ivan, ma riusciva a essere rassicurante, in
qualche modo.
Rossella
si guardò attorno mentre
Max continuava a parlare indisturbato, sicuro che la ragazza lo
stesse ascoltando ugualmente, e lo sguardo della donna si
fermò
casualmente sull'orologio digitale della scrivania.
Segnava
un'ora completamente diversa
da quella che Rossella aveva visto dal suo NaviTalk. Anzi, a
osservare meglio, l'ora 98:76 era alquanto improbabile.
Perplessa
da quella visione,
Rossella alzò il NaviTalk per controllare.
Preciso
e chiaro.
Erano
le 98:76.
-Rossella?-
Appena
sentì il suo nome, la
tenente voltò lo sguardo sorpreso verso Max, che ora la
guardava con
un'espressione tra l'accigliata e l'incuriosita.
Senza
rispondere, Rossella afferrò
una matita dal portapenne e tentò di infilarselo nel palmo:
stupore
misto a eccitazione invasero il cuore della ragazza appena la matita,
invece di incontrare il palmo della mano e sporcarlo di grafite, lo
trapassò da parte a parte, sebbene il notare che c'era
qualcosa di
strano nella mano, tipo un dito di meno, la fece rabbrividire
leggermente.
-Rossella,
cosa stai
facendo?-
Rossella
tornò
sullo sguardo del suo capo, ora decisamente irritato.
Ecco, l'Incubo si stava risvegliando. Lo sentiva, lo percepiva, lo
vedeva sulla pelle di Max, che stava lentamente cambiando.
-Max,
non vorrei dirtelo, ma...-
Nello
scandire
quelle parole con una certa lentezza, Rossella lanciò
un'occhiata
alle relazioni finite di Max, vicine alla stampante e alla portata
d'occhio. A una prima vista parevano leggibili, ma se aguzzava lo
sguardo, le lettere tendevano a confondersi fra loro.
Sentì l'Incubo arrestarsi per la sorpresa, ma non sarebbe durato a lungo.
In fondo, stava parlando contro il principale disturbatore dei suoi sogni. E finché restava lì, non era veramente... reale.
E ora che era conscia del sogno, esso si piegò al suo pensiero. Si convinse di essere più leggera, di essere senza peso, e così cominciò a levitare e avere completa padronanza dello spazio, senza avere l'obbligo di movimento. Tese le braccia ai lati, distendendosi al massimo, concentrandosi per rimanere lucida e cambiare il mondo attorno a sé.
Esattamente
ciò
che voleva: uno spazio immenso, infinito, dove potersi finalmente
liberare.
Chiudendo
leggermente gli occhi, decise di prender altra forma, di cambiare, di
assumere altra forma che non sia più quel corpo minuto.
Percepì un
dolce sfrigolio sulle braccia, sulle gambe, sulle scapole, la sottile
follia che la spinse a proiettarsi in avanti, senza neanche darle il
tempo di guardare la propria forma.
-Rossella-
No,
l'importante era correre, proiettarsi in avanti, superare altri
esseri, oggetti, cose che neanche ricordava di aver visto o che mai
fossero esistiti.
Non
sentiva
neanche degli arti muoversi, era puro spirito, percepiva solo il
deserto, il cielo sopra di sé e la gioia sfrenata di essere
e
muoversi, di esistere e dimostrare di esserci, dimenticandosi
-Rossella.
Ascoltami. Rossella-
No,
la voce no.
Lo
sapeva per
istinto, non doveva ascoltare la voce dell'altro essere. Lo sentiva,
lo percepiva. C'era qualcosa di Max in quella voce. Possibile che la
perseguitasse anche nel suo sogno, lo spazio che lei stessa stava
plasmando mentre correva?
No,
no, era
passato il periodo in cui era legata servilmente a lui. Era passato
il periodo in cui condivideva ciecamente i suoi ideali, sradicando la
sua parte sentimentale e irrazionale.
Era
passato il
periodo in cui essa si manifestava a sprazzi, era passato il periodo
in cui il suo essere era fratturato in due.
Merito
di Ivan
se era tornata a essere lei.
Perché
Max non
lo capiva?
Perché
non
voleva capire
-Rossella-
Qualcosa
stava
cambiando. Il deserto ormai si era riempito di picchi, di alture, di
gole e di rupi. Non c'era più quella vastità
originale, e il sole,
invece di essere in alto, era davanti allo sguardo di quella che una
volta era una giovane ragazza di Hoenn.
No,
no, non
avrebbe sentito, non avrebbe ascoltato.
-Rossella,
stai perdendo il controllo del sogno-
La
voce... la
voce era diversa!
In
quella forma
incorporea, di fronte agli ultimi raggi solari, proprio in mezzo a
una piccola piana tra due vette aguzze Rossella inchiodò, e
come un
nastro magenta l'altro spirito la raggiunse, danzando un poco davanti
a lei.
Solo
allora
s'accorse che forma avesse preso: qualcosa di gigantesco e di colore
mutevole, e solo allora s'accorse che fino ad allora aveva corso a
quattro zampe.
Di
sé
percepiva una vaga forma, ma era sicura di assomigliare... a cosa? Le
venne in mente il Mightyena di Ivan. Sì, assomigliava a quel
Pokèmon
nero e grigio, se proprio doveva assomigliare a qualcosa.
Fece
qualche passo avanti, riprendendo lentamente la forma di prima,
quella umana, e osservare lo spirito prendere anch'esso forma di
fronte a lei.
In
un primo
momento fu accecata dai raggi del sole, e si portò una mano
davanti
agli occhi, e solo allora si accorse di essere vestita solo di una
leggera maglia bianca e pantaloncini dello stesso colore, e di essere
scalza.
Ma
non
importava più di tanto.
Lo
spirito...
aveva voce femminile, e se era apparsa nel sonno allora...
-Rossella.
Finalmente. Sono lieta di vederti qua. Quasi non ci speravo
più, e
anche dopo questo piccolo... incidente, posso ritenermi soddisfatta-
-Non
credevo che dietro a tutta questa faccenda ci fosse un
Pokèmon, per
di più un leggendario. Sai, Cresselia, per un momento avevo
pensato
di impazzire. I dolcetti, i sogni lucidi, la promessa di raggiungere
le altre menti tramite i sogni... non pensavo fosse possibile-
Rossella
mosse
qualche passo verso , allungando la mano verso lo spirito di
Cresselia, che finalmente si era mostrata per quel che era.
-Nei
primi
sogni sentivo una presenza calda. Pensavo
che fosse Ivan, ma invece eri tu. O sbaglio?-
-Ero io. Ho
provato a collegare te e Max in sogno una volta, ricordi? Ma si
è
rivelato un collegamento instabile e pericoloso per tutti e tre, e tu
ci hai rimesso più di quanto non volessi.
Rossella,
erroneamente Max ha svegliato la sua ombra, un figlio di mio fratello,
che poco a poco sta
corrodendo la sua anima.-
-Quindi
Max sta a....-
-...Sinnoh.
E ha attirato su di sé una grande minaccia,
perché se...-
-...Darkrai
lo usa per accedere di nuovo ai leggendari maggiori che ancora non sono
fuggiti...-
-...saremmo
tutti in gran difficoltà. Devi venire con me, ormai non
posso fare
più a meno del nostro legame. Forse dopo tutto questo ti
spiegherò.
Ma dovrai addormentarti per un po', e viaggiare in sogno e sogno per
parlare almeno un po' con la parte ancora integra di Max-
Tutto
ciò era
così confuso, così strano. E la cosa
più spaventosa era che tutto
ciò era verosimile, e Cresselia non mentiva.
Ricordava
con
fin troppa chiarezza l'Incubo di qualche tempo fa, e il pensiero che
fosse la parte più nera la faceva stare male.
Ma
il fatto che
l'avesse vista così magra, malata e ancora debole faceva
rinascere
un filo di speranza.
L'Incubo
era sì
orribile, ma non era nel pieno delle sue forze.
Forse
poteva
fare ancora qualcosa per Max. In fondo, che lui lo volesse o no, non
poteva scordare il legame che avevano avuto. Amicizia o no, non
poteva essere cancellato.
Sì,
sarebbe
andata. Voleva che quel legame tornasse a vivere.
-E
Ivan? E Jon? E tutti gli altri?-
-Staranno
bene. Se la caveranno, vedrai. E si prenderanno cura di tuo figlio.
Nascita starà con lui. Pronuncia il mio nome-
-...Cresselia?-
-No.
Non il nome d'uso. Il nome vero-
-...Alkonost.
Sei tu Alkonost-
-Immaginavo. Alkonost!-
-Dottore.
Veramente, le abbiamo detto tutto ciò che sappiamo... non
possiamo
aggiungere altro-.
Era da giorni che Rossella non si svegliava. Viveva in uno stato di
catalessi completa, tant'è che dovettero portarla di corsa
all'ambulatorio più vicino per tentare di svegliarla o
almeno capire
cosa le fosse successo.
Ma nulla, neanche i medici si sapevano spiegare cosa le stesse
accadendo: la ragazza non aveva mai avuto problemi di salute gravi,
non aveva subito interventi, e apparentemente il suo organismo si
mostrava sano come un Goldeen.
Nulla fuori posto, nulla di anormale. Tranne per il fatto che il
corpo aveva cominciato a vivere in un sonno perenne.
L'unica cosa curiosa, se si può dir tale, era
l'attività celebrale
estremamente accentuata nel sonno, soprattutto nel cambio di fase da
non-REM a REM.
E in particolare quest'ultima si dimostrava particolarmente intensa e
leggermente più lunga del suo corrispettivo.
-Vedremo
come s'evolverà la situazione. Non mi sembra che abbia
bisogno di
cure particolari per ora, se non per il nutrimento e per le normali
funzioni biologiche. Vedremo di fare una ricerca per controllare se
ci siano stati casi simili in precedenza e come sono stati superati,
ma di più non possiamo fare-.
Ivan sospirò tristemente mentre il medico s'allontanava, e
tornò a
guardare il corpicino di Rossella adagiato sul letto immacolato
dell'ospedale.
Lo sapeva che c'era qualcosa di anormale dietro a quelle ricerche, in
fondo dopo il sogno con l'Incubo Rossella si era messa in testa di
non ripetere più un'esperienza del genere, e aveva
cominciato a
cercare informazioni utili sui sogni lucidi e soprattutto su
Alkonost, la presenza che continuava a trovarla nei sogni.
E poi c'era la questione di Max.
Ecco, già tutta la storia dei sogni e sul loro valore nella
realtà
contrariava non poco l'uomo, adesso si doveva mischiare anche quel
maledetto scienziatuccio.
Ma era mai possibile un attimo di pace? Peraltro, c'era anche la
faccenda di Jon.
Ivan
amava suo figlio, e faceva del suo meglio per colmare il vuoto che
Rossella aveva momentaneamente creato.
Ma il piccolino percepiva comunque l'assenza della madre, e spesso
Ivan lo sentiva giù o agitato per quella mancanza.
Per cui, quel giorno se lo era portato dietro con la speranza che,
sentendo i piccoli versi del figlioletto, Rossella si risvegliasse.
Jon aveva cercato di attirare le attenzioni della mamma per un po',
poi aveva desistito e alla fine si era addormentato vicino a lei,
senza che Rossella manifestasse alcun cambiamento.
Il tempo da quel momento divenne quasi eterno, un lungo scorrere di
mattina, pomeriggio, sera, un alternarsi in modo uguale di colazione,
corsa, pranzo, cena, e dormire. Gli unici momenti che variavano
durante il corso delle giornate erano i momenti che passava insieme a
suo figlio, che talvolta però veniva affidato per qualche
minuto a
Selene in modo da non affaticarlo.
E il cambiamento non avveniva.
E i medici non avevano trovato nulla... e Rossella non si
svegliava...
Non aveva più idea di che giorno fosse quando un
cambiamento, seppur
minimo, avvenne nella mente di Rossella.
Era sera tardi, proprio mentre Ivan si ficcava la canottiera e i
pantaloncini che costituivano il suo pigiama improvvisato quando
sentì un sospiro di soddisfazione da parte di Rossella e il
conseguente verso soddisfatto di Jon, che guarda caso non si era
ancora addormentato e stava osservando il padre con occhi curiosi.
Ivan si portò subito al fianco dell'amata,
accarezzò la testolina
nera del figlio e osservò per bene il viso di Rossella. Al
posto del
leggero cipiglio che l'aveva accompagnata in quelle settimane, era
comparsa un'espressione serena, come se tutto andasse per il verso
giusto.
E l'elettroencefalogramma mostrava una distensione e una nuova
stabilità.
A quanto pare era accaduto qualcosa nella mente della ragazza. O
qualche altro fattore esterno sconosciuto aveva influito su di essa.
Qualunque esso sia, non impedì certo a Ivan di fiondarsi dal
primo
medico e dal suo Blissey paffuto per raccontare il favoloso fatto.
Tuttavia, sebbene si riconobbe che fu un cambiamento da tener conto,
e che il sonno si stabilizzò divenendo più
uniforme, Rossella restò
sempre la solita.
E in breve tempo Ivan ripiombò nel suo stato d'apatia
disperata.
Certo, nei primi tempi sia Ada che Alan tentarono di risollevargli il
morale, o almeno di farlo tornare alla base per un po' di tempo in
modo che si distraesse, ma tutto quello che ottennero furono solo
alcuni sbuffi di dissenso.
Di giorno in giorno anche Ivan peggiorava, e nella situazione attuale
di lui era rimasto solo un uomo ridotto all'ombra di sé
stesso:
barba fin troppo cresciuta, anche per i suoi canoni, capelli
arruffati e spettinatissimi, occhi gonfi e incavati a causa di pianti
che nessuno sentiva.
-Sembra
lo stesso Ivan dopo gli eventi di Groudon e Kyogre. Si era buttato
giù allo stesso modo-
osservò Alan uno di quei giorni, mentre lui e Ada
osservavano la
scena da poco dietro l'uscio della porta.
-No,
amico mio. È molto peggio-
constatò tristemente la tenente, che stringeva a
sé il piccolo Jon,
che sarebbe rimasto alla base fino al momento in cui Rossella o
sarebbe morta o si sarebbe risvegliata.
Anche il piccolo aveva manifestato i sintomi e le reazioni di quella
situazione di stallo: si svegliava e piangeva più spesso,
era
diventato anche lui apatico e insensibile agli stimoli.
Alla base avrebbe avuto più stimoli.
-Bhe,
cara collega, non abbiamo molto da fare qui. Andiamo?-
Ada annuì, rassegnata. Strinse a sé Jon e
cominciarono a
incamminarsi verso l'uscita, restando per un po' in silenzio.
-Che
tristezza però. E pensare che il capo le voleva fare anche
la grande
proposta...-
-Già.
Ho tentato di pressarlo a sbrigarsi, ma dopo gli ultimi eventi forse
ha fatto bene a non chiedere nulla. Avrebbe peggiorato il suo- Ahia,
Alan, ma che diamine fai!-
Fortuna che aveva una buona presa sul neonato, se no Jon le sarebbe
sfuggito dalle braccia.
Difatti Alan le aveva afferrato una spalla con un tale scatto e una
tale forza da farla girare su sé stessa, e ora il gigante
guardava
fisso davanti a sé con occhi sgranati, e le
indicò la stessa
direzione con un cenno del capo.
-Cosa
dovrei vedere? È il bar dell'ospedale, non c'è
nulla di
particolare. È naturale che ci siano delle persone... oh-
E di colpo realizzò che a inchiodare Alan non era tanto il
bar in
sé, piuttosto la figura rotondetta e dai capelli corvini che
stava
pagando alla cassa e che stava per uscire.
Certo, non era poi tanto difficile notare i due tenenti, specie se si
erano fermati poco distanti dal locale, illuminati in pieno dalla
luce esterna e se uno dei due fosse alto poco meno dei due metri e
non occupasse lo spazio di due persone.
E infatti anche l'oggetto degli sguardi dei due s'accorse di essere
osservato, e appena si girò per controllare da chi il suo
viso fu
illuminato da una sincera sorpresa, e si avvicinò con passo
veloce.
I tre rimasero in silenzio per qualche secondo, silenzio interrotto
solo dai leggeri vagiti di Jon.
Poi, con gran fortuna di tutti, Alan per primo prese la parola.
-Ottavio,
vorrei solo sapere una cosa. Come mai quando ci incontriamo ti trovo
sempre a mangiare?-
chiese con voce soave, appositamente scherzosa.
Ottavio si tinse di una leggera sfumatura rosata a quella battuta, e
s'imbronciò appena.
-Non
è divertente, Alan. Lo sai benissimo che quando sono sotto
stress
tendo a mangiare troppo. E con Rossella che fa la bella addormentata
direi che son fin troppo stressato-
ribatte, risentito. Poi però posò lo sguardo sul
bambino, e si
avvicinò di qualche passo timidamente.
-Quindi
lui è Jon... posso tenerlo per un attimo? Per favore?-
chiese quasi con un fil di voce, quasi come se non volesse essere
sentito.
Ada, ancora senza parole, glielo porse. Ovviamente, di quel cambio
Jon ne fu felice, e manifestò la sua gioia con piccole grida
di
felicità e tendendo le manine verso il viso cicciotto di
Ottavio,
che lo tenne per un momento per aria.
-E'
tutto suo padre. Ma è bello rivedere gli occhi di Rossy-
disse con un sorriso, abbracciandolo con tenerezza per poi ridarlo ad
Ada.
-Quindi
sapete cosa le è successo. Ottavio, dove siete stati per
tutto
questo tempo? Perché ve ne siete andati e non ci avete
lasciato
neanche uno stralcio di comunicazione? O la minima
possibilità di
parlarvi? E soprattutto, ora Max dov'è?-
domandò rapidamente Ada, aggrottando la fronte. Era contenta
di
vedere Ottavio in buona salute, ed era evidente che Alan lo fosse
più
di lei, però esigeva delle risposte, come le esigevano tutti.
Ottavio prese un buon sospiro prima di rispondere.
-Ada,
seriamente, non pensar male di me. Ho fatto tutto il possibile, ma se
avessi lasciato Max le cose non sarebbero andate molto meglio.
Siamo
andati
verso Sinnoh apparentemente per studiare certi fenomeni legati ai
leggendari della regione, ma credo che anche le reclute siano
consapevoli del fatto che Max ha deciso di non avere più a
che fare
con voi, né con Rossella. Non so, non credo che siate tanto
voi il
problema, credo che sia più per un fatto personale. Il capo
è un
tipo strano che ragiona in maniere sconosciute anche per me, lo sai.
Ma anche io posso intuire certe cose di lui, ogni tanto, e penso che
abbia sfruttato l'occasione di Sinnoh per finire quello che secondo
lui Rossella aveva iniziato.
Forse
penserete che sia un motivo futile, ma credo che abbia interpretato
il silenzio di Rossella sul suo legame con Ivan come una mancanza di
fiducia verso di lui, e per questo s'è allontanato
definitivamente-
Vedendo che inizialmente i due non rispondevano, per il nervosismo
Ottavio prese a torcersi le mani, chiedendosi se avesse reso il
concetto per bene.
-Quindi...
non è tanto il fatto che sia andata da Ivan ma per il fatto
che non
gli abbia detto nulla? È per questo che non gli hai detto
nulla di
noi, per non peggiorare ulteriormente le cose? Lo sai che
probabilmente non avrebbe accettato né noi né loro-
rispose Alan con tono ferito.
-Dai
Alan, non fare così. Puoi capire la situazione in cui sto
messo. Max
se la sarebbe presa, ma non sarebbe scattato come ha fatto quando ha
scoperto il concepimento di Jon. Sospettava qualcosa che coinvolgesse
Rossella, ma aspettava che glielo dicesse. E... beh, quella notte
è
stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Penso che si
sentisse tradito. Lo sapete che ha tendenze onniscienti... vuole
sapere tutto di tutti-.
Le cose dette così cominciavano ad acquisire un senso, in
effetti.
Tuttavia, che Max provasse ogni sorta di legame con qualcuno sembrava
strano, ma in fondo anche lui era un essere umano. Un umano in grado
di simulare alla grande.
-E
per quanto riguarda il capo in questo momento, beh, lui è di
sopra
da Ross... EHI, ASPETTATEMI!-
Ma troppo tardi, i due Idrotenenti stavano percorrendo la strada
inversa, fiondandosi verso il secondo piano, seguiti dalle risate di
Jon che, a quanto pare, era l'unico che stava prendendo bene l'intera
faccenda.
Era strano come, dopo un certo tempo, anche lui era scivolato
lentamente nell'oblio.
Ora non sapeva più come fosse, come lo vedessero gli altri.
Non
voleva più vedere la commiserazione nei volti degli altri. E
soprattutto non voleva più vedere le facce deluse dei suoi
tenenti.
I suoi due amici... oh, per tanto tempo aveva cercato di mostrarsi un
capo deciso, e in effetti lo era. Come si mostrava un capo capace di
capire cosa stava provando lui e chi gli stava attorno.
Ma ormai aveva perso ogni speranza, e non era sicuro che dopo la
scomparsa di Rossella sarebbe tornato a galla. Peccato che quell'anno
insieme era passato così in fretta...
Aveva chiuso gli occhi già da un po', in modo da ascoltare e
registrare per bene gli ultimi respiri dell'amata, quando
sentì dei
movimenti e una terza presenza.
Lì per lì non ci fece troppo caso, ma poi
sentì una voce bassa e
familiare chiamarlo.
-Ivan-.
Aprì un occhio, e anche l'altro quando scorse la figura
esile che
tanto aveva sperato di rivedere.
-Max-
rispose con una voce mogia.
In un momento diverso sarebbe scattato e lo avrebbe pestato per tutte
le pene che avevano passato a causa sua, ma non aveva più
nessuna
energia per nulla. E l'antico rivale sembrava forse più
provato di
lui.
In apparenza era sempre il solito stuzzicadenti, magro e alto, con i
soliti occhiali spessi e i capelli corti e rossi. Ma osservandolo
meglio, si poteva constatare che non dormiva bene da un bel po' di
tempo e che era più sciupato del solito. Inoltre era la
prima volta
che non portava la divisa, piuttosto dei vestiti trasandati.
E gli occhi... quegli occhi che di solito comunicavano una fiera
decisione o una rilassata tranquillità ora mostravano solo
un'infinita tristezza e un dolore immenso.
Per un attimo Max posò lo sguardo sulla scatolina di velluto
nero
posata sul comodino vicino al letto di Rossella, e un lampo gli
attraversò gli occhi.
-Volevate
sposarvi?-
chiese, con un tono più leggero, sebbene di poco.
-Dovevo
ancora farle la proposta, ma non sapevo mai qual era il momento
giusto. Volevo che fosse tutto perfetto... volevo fare qualcosa di
buono almeno per lei-.
Max sospirò stancamente e chiuse gli occhi. Ivan non sapeva
cosa
pensare, se non che provava pena per entrambi.
Poi Max s'inginocchiò vicino al letto e prese la mano libera
e
immota della sua tenente, poggiando la testa vicino a quella della
ragazza.
-Mi
dispiace, Rossella, mi dispiace.
Mi
dispiace se
nel sogno in cui ci siamo incontrati per la prima volta mi sono
arrabbiato con te.
Mi
dispiace per
aver liberato l'Incubo contro di te, mi dispiace averti mostrato in
quel momento ciò che stavo diventando.
Mi
dispiace per averti costretta ad associarti a Cresselia per scampare
al mio Incubo, ora per vivere dovrai restare legata a lei, ma
soprattutto mi dispiace che tu l'abbia fatto per salvare anche me da
esso.
Mi
dispiace che per il mio ego tu e Ivan dovevate mantenere il segreto
su di voi, mi dispiace di averti abbandonata, mi dispiace per
tutto... mi dispiace...-.
Ecco, a turbare Ivan in quel momento furono sì le parole di
Max, che
uscirono spontanee come un ruscello, ma soprattutto per le lacrime
che silenti avevano preso a scorrere sul viso emaciato del rosso.
Per un momento lo fissò singhiozzare, incredulo. Poi una
piccola
scintilla illuminò la sua mente.
-Maxie,
ti rendi conto di quello che stai facendo?-
gli chiese, in tono basito.
Max spostò leggermente lo sguardo, con ancora gli occhi
lucidi e
carichi di lacrime, aspettandosi una di quelle ramanzine epocali.
-Io
e Alan abbiamo preveduto che il mondo finirà quando
esternerai una
tua emozione.
Ecco,
bravo, adesso verrà l'Apocalisse. Bravo Maxie, complimenti!-.
I due si guardarono per un momento, uno con il suo sorrisetto a fior
di labbra e l'altro con ancora le lacrime.
-Non
credo proprio, mio caro. Io e Ottavio abbiamo speculato che, se fossi
diventato meno idiota, il mondo sarebbe salvo da ogni catastrofe.
A
quanto pare
non solo eviteremo la fine del mondo, ma anche da un bel po' di
grattacapi.
Siete
proprio dei dilettanti, voi idrofili-.
Al che, Ivan scoppiò a ridere, per la prima volta dopo
chissà
quanto tempo, seguito a ruota dalla stentata risata di Max.
-Max, ma come...-
cominciò appena finito di parlare.
-Non
ho idea di come abbia fatto. Ma si è legata a Cresselia ed
è riuscita a raggiungermi nel sonno. Lo avevo fatto anche io
accidentalmente, quando studiavo il comportamento di Darkrai. A quanto
pare ho svegliato sia lui che Cresselia...
-Ivan, per
poco quel mostro non
è riuscito a farmi impazzire e a infettare anche Rossella.
Se Cresselia è sveglia ed è in Rossella, dobbiamo
fermare anche Darkrai. E credo che dobbiamo fermarlo. Ma insieme, come
hai visto non ce la faccio da solo-
Ok,
questa volta Max si stava superando. Ivan lo fissò con
stupore: a parte qualche altra lacrima vagante, era serio, ma la voce
trasmetteva decisione.
-Max, seriamente, mi
preoccupi.
Ora ti metti a parlar di collaborazione. Altro che fine del mondo, qui
finirà l'intero universo!-
A
quelle parole Max assunse un'espressione fra l'arrabbiata e la
spazientita.
-Sto dicendo sul serio!
Ivan,
siamo tutti in...-
-Hai sentito Rossy? Tu e
Cresselia
fate miracoli! Avete fatto tornare un Maxie completamente diverso! Dai
dai, se avete cambiato lui potete benissimo tornare tra noi comuni
mortali!-
-Ecco, cosa ho detto
prima? Sei
sempre il solito idiota-
-Ehehehe-
“A quanto pare, alla fine il loro legame si è ricucito, e Max sembra essere salvo”.
Note dell'Autrice (parte seconda):
Ebbene sì. Adoro
ridurmi all'ultimo, e questa storia non fa eccezioni.
Nonostante sia lunghissima (18
pagine di Word!) e l'abbia pubblicata proprio all'ultimo momento e di
fretta -per cui, perdonatemi per certi errori durante la scrittura- mi
son divertita a scriverla.
Fondere il tema del sogno con
il prompt, e l'immagine fornita per il contest è
stato un
vero spasso (e qui ringrazio la cara Seth che inconsapevolmente ha dato
vita a questo delirio. CIAO SETH!).
In più, non so voi
ma la Rossella del videogioco
mi è sempre sembrata un filino folle. Ed è stato
un esperimento curioso mettere questa traccia minuscola di follia nel
suo ultimo sogno, quello lucido, dove effettivamente riesce un poco a
rompere allegoricamente l'autorità di Max e a liberare in
modo sano questo pizzico di anormalità.
Che in fondo ho anche io.
Perchè se no non
starei qui. Ehehe.
Come sempre, se avete voglia
lasciate una recensione. Se è positiva sicuramente mi
farà piacere, ma saranno ben accolte anche le critiche,
basta che siano ben argomentate e con un tono educato.
Se no vi scateno l'Incubo, eh?
Tuttavia inizialmente non avevo idea di come strutturare la trama: non avendo idee, non sapevo come smuovere la storia.
Ma poi ho visto un film di quelli che piacciono a me: Alice oltre lo Specchio.
Non che la trama sia delle migliori (ma non delle peggiori. Insomma, nella media), ma per una tipa come me a cui piacciono ambienti e scene del genere questo film è stato una manna dal cielo.
E chissà come è emerso, tra le tante idee, il tema del sogno.
E vedere la parolona "Dream" nell'immagine è stata la gioia più assoluta.