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Autore: Akicchi    05/07/2016    0 recensioni
«Stai cercando le chiavi? Non le troverai qui.»
«Avrai almeno una vaga idea di dove si trovino.»
«No, nessuna.»

Fiction nata dalla 02x03, The Raichenbach Fall.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rannicchiato sul divano, Holmes attendeva il ritorno del suo fido Watson, muovendo le labbra al fine di far uscire – apparentemente – solamente dell'aria, quando in realtà era un conto alla rovescia. “Tre”, un passo, “due”, un altro passo, “uno...” le buste strusciarono flebilmente sul pavimento. Un sorriso dipinse le labbra del detective, il quale si rialzò con il busto, prima di osservarlo andare in cucina per sistemare la spesa. Grazie alla coda dell'occhio ispezionò la stanza, prima di soffermarsi su un punto che pareva indefinito. Il tempo di realizzare che il dottore stava per proferire parola che, come sempre, lo anticipò come se gli avesse letto il pensiero.

«Dovremmo sistemare la casa, perché è in disordine, e tu mi aiuterai» E quello era un ordine velato, ma chiaramente comprensibile. Nonostante l'abitudine a quell'intelligenza elevata, grazie alla loro convivenza, rimaneva ancora sorpreso. Holmes scese giù dal divano, andando a rovistare nel punto che stava osservando, insieme all'ex soldato, nel più religioso silenzio.

Le loro dita sfiorarono qualcosa di freddo, metallico e, mentre cercavano di riavvicinarle al loro corpo, sentirono uno scatto; il quale rumore li portò a ritrarre le mani, le quali vennero allo scoperto insieme. I loro polsi erano avvolti in un paio di manette, fatto che portò il dottore a guardare il consulente privato, come se attendesse una risposta.

«E queste da dove vengono?» Alzò il braccio destro, accompagnato da quello sinistro altrui, in modo da farsi comprendere. Due cerchi di metallo allacciavano i loro polsi, stringendoli in una morsa di convivenza forzata.

«Mycroft le ha dimenticate qui, dimenticandosi di venirle a riprendere», Gli spiegò, brevemente, prima di mostrare un sorriso sghembo. «Fatte di un metallo estero, mai utilizzate e leggermente rovinate sulla parte superiore.»

Watson sospirò, ignorando quel suo mettersi in mostra, prima di iniziare la ricerca di qualcos'altro. Nulla, non trovava un bel niente, neanche la voce del coinquilino gli faceva sviare lo sguardo.

«Stai cercando le chiavi? Non le troverai qui.»

«Avrai almeno una vaga idea di dove si trovino» mormorò, leggermente speranzoso. Holmes parve pensarci su, prima di scuotere il capo.

«No, nessuna.»

«Perfetto, perfetto, siamo costretti a rimanere così per un tempo indeterminato!» si lamentò, sarcastico all'inizio, ma non in modo propriamente drammatico.

«Calma, John. Troverò una soluzione» Ora voleva del silenzio, così da ragionare, ma a quanto pare era inutile con il collega, in panico ed arrabbiato.

«Ma quale soluzione e soluzione, chiama Mycroft!» Lo scuoteva per una spalla, tramite l'unica mano libera dalla morsa della manetta; nel vederlo restare fermo, insistette. «Subito!»

«Mycroft è all'estero» Gli fece cenno di tacere, poco dopo, con una mano. «Fa' silenzio, ora, devo concentrar-- Cosa c'è, signora Hudson?»

A quanto pare non poteva neanche ritirarsi, per un secondo, nel suo palazzo mentale che aveva sempre qualcuno o qualcosa ad interromperlo. La figura della donna di mezz'età si fermò sullo stipite della porta, sempre con uno sguardo preoccupato, mentre i due adulti nascondevano i bracci legati dietro le loro rispettive schiene.

«Ci sono dei clienti, Sherlock,»

Quella donna si poteva dire che era la sua segretaria, a momenti, dato che gli riferiva sempre quando c'erano queste visite.

«Al momento ho da fare, digli di ritornare un'altra volta»

E così dicendo, con un cenno dell'altra mano, liquidò l'anziana. I suoi occhi poi cercarono quelli altrui, quando finalmente si incastrarono tra loro, il silenzio li opprimeva e finalmente aveva del tempo per pensare; il tempo di sedersi, sul divano, che cercò in tutti i modi di riflettere. L'orologio stava scandendo il tempo che scorreva, ma nonostante il silenzio il sociopatico non trovò una soluzione e ciò era assai insolito, anzi rarissimo

«Allora?» Spezzò il ghiaccio il meno sapiente, ancora convinto che avesse una soluzione. «Suggerimenti?»

«Nessuno.» Quanto mancava al ritorno del fratello maggiore del consulente? Glielo voleva chiedere, ma al tempo stesso non voleva dargli quell'impressione; era mentre si spostava che si ritrovava spesso il corpo del più alto, trascinato forzatamente insieme al proprio, poiché gli cadeva addosso come se fosse una tessera del domino.

«Dobbiamo disfare la spesa, Sherlock. Vedi dunque di aiutarmi.»

I due si chinarono, nuovamente, verso il tavolo dove frugarono all'interno delle buste. Mentre le svuotavano con una mano, unita da quella del coinquilino per compensare, le loro dita si sfiorarono più volte, causando un leggero imbarazzo da parte di Watson, che alzò lo sguardo verso quello di Holmes; ora erano così vicini ed uniti che gli pareva di potersi permettere di vivere per un po' come lui, e viceversa. Nell'istante in cui ricambiò lo sguardo, del dottore, schiuse le labbra.

«Come faremo con il lavoro?»

«Diremo di avere la febbre.» Era una bugia, cosa che non diceva quasi mai, ma almeno nessuno li avrebbe visti in quello stato; la faccia del collega però lo portò ad osservarlo, nuovamente, lievemente confuso. Era in imbarazzo, ma non ne capiva il motivo. «Cosa c'è?»

«Uhm... Sherlock, io questa sera avevo... ecco, vedi... un appuntamento e–»

«Lo avrai con me.»

«Come, scusa?» Sbattendo le sopracciglia, gli rivolse un'occhiata sorpresa e disorientata. «Puoi ripetere?»

«Come ai vecchi tempi.»

Un flashback illuminò la mente di entrambi, specialmente quella dell'ex dottore: durante la loro prima uscita, nella quale ancora usava le stampelle per muoversi, le persone pensavano che ci fosse una relazione – sentimentale – tra i due; la cosa poi si ripeteva una seconda, una terza volta. Ritornato alla realtà, Hamish sospirò. Era un va bene, rassegnato. Iniziò a spiegargli, infine, tutto il suo programma sotto i cenni del capo altrui, lo sapeva già ma si era trattenuto nel confessarlo. Un cenno della mano ed i due si incamminarono verso il ristorante prenotato a nome Watson.

 

 

 

 

Arrivati sul posto, in grande anticipo rispetto l'orario stabilito con la ragazza dell'appuntamento, andarono verso il proprio tavolo – dove si misero a sistemare le giacche sulle sedie e, subito dopo aver ordinato, si diressero in bagno. Lì dentro, dopo due sospiri eseguiti all'unisono, si rivolsero uno sguardo complice. Sapevano che cosa fare per non dare sospetti: mangiare dei cibi che non li avrebbero fatti ricorrere ad entrambi i bracci, tenendo quelli conviventi sotto il tavolo; i coinquilini si osservavano, tramite lo specchio del bagno, rivolgendo infine la loro attenzione soprattutto a quelle manette che li univano, come un'unica e sovrannaturale entità. Quei due cerchi metallici sembravano fatti apposta per contenere ed avvolgere i loro polsi, si sperava nel minor tempo possibile, dato che non lasciavano respirare la loro pelle.

Una volta chiarite le condizioni e pronti a consumare il loro pasto, i due conviventi arrivarono giusto in tempo insieme al cameriere che, dopo aver sistemato i due piatti davanti ai due, accese la candela che ornava il centro del tavolo.

«Et voilà. Godetevi la vostra cena romantica, signori.»

Cena romantica.

Quelle due parole balenarono nella mente di entrambi, facendo sorridere divertito Holmes e borbottare Watson.

«Non è una cena romantica, né un appuntamento.»

«Come desidera, signore.» Replicò il lavoratore, effettuando un inchino, prima di fare per andarsene. «Oh, volete mangiare con della buona musica a base di violino?»

«Non sono interessato.» Era stato l'altro a parlare, sorprendentemente, mentre aspettava che il ragazzo se ne andasse per iniziare a mangiare. «Ora potrebbe andarsene? Non vorrei che la nostra cena si raffreddasse.»

«Mi scusi, con permesso, signore. Buona serata.»

Un piegamento in avanti del busto e il suddetto se ne andò, lasciando i due finalmente da soli con i loro piatti. Hamish mormorò un grazie all'uomo, poco prima di iniziare la sua portata e l'iniziò un attimo dopo, in quanto aveva ricevuto in risposta il silenzio.

Il tempo di arrivare all'ultima portata che, con la forchetta sollevata all'altezza della bocca, John per poco non cadde dalla sedia. Sherlock l'aveva già capito che la sua donna era arrivata, eppure non aveva aperto bocca, anzi. Gli fece cenno di andare a pagare non appena l'altra si sarebbe distratta, fuggendo in maniera assai discreta, e se avesse chiamato il suo presunto ex accompagnatore allora sarebbe stato meglio non essere lì con il telefono che squillava.

Il loro piano riuscì e i due, con le mani ancora intrecciate tra di loro, corsero via dal ristorante come una coppia di fidanzati in una spiaggia abbandonata con davanti a loro il mare. Era una sensazione di liberazione ed euforia, cosa che provavano solo – almeno il consulente privato – quando c'erano dei casi veramente interessanti, stimolanti.

 

 

 

 

Quando furono tornati al 221B Baker Street e nel loro appartamento, i due si osservarono con gli occhi scintillanti per l'euforia e l'eccitazione.

«Devo riconoscere che, per quanto meschino sia stato il mio comportamento, è stato divertente. E una bella serata.»

«Ti rifarai un'altra volta, John.» Cercò di essere ottimista Holmes, il quale ora stava trascinando verso la camera il suo blogger. «Anche se ora vorrei tanto riposare.»

L'uomo annuì, alla prima uscita altrui, prima di sentire il discorso concludersi con quella frase. Rimase sbigottito, si vedeva dalla sua espressione e dal suo imbarazzo.

«Non dirmi che dormiremo insieme. Sullo stesso letto.»

«Hai un'idea alternativa migliore, John?»

«No, decisamente no.»

«Buonanotte, John.» Annunciò Holmes, dopo essersi cambiato, infilandosi sotto le coperte con il braccio leggermente penzolone a causa dell'essere in piedi del coinquilino.

«Buonanotte, Sherlock.» Rispose Watson, raggiungendo il compagno di quel fastidioso braccialetto metallico.

Le mani dei due si sfiorarono, toccarono e infine strinsero tra loro. Il calore di esse conciliò il sonno e il buonumore di entrambi, entrambi sorridevano l'uno all'insaputa dell'altro, e con un pensiero comune si lasciarono prendere in custodia da Morfeo.

Ti prometto che sarò sempre dalla tua parte, e ti salverò sempre.

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autrice:

Ebbene, dopo la bellezza di un anno passa, sono riuscita a finire questa Johnlock che avevo promesso ad una mia amica! *A*
L'idea mi è venuta grazie alla 02x03, The Raichenbach Fall, la scena in cui John e Sherlock gironzolavano con delle manette e così ci ho fatto questa cosa. Forse potrei modificare il finale, non saprei, ma spero comunque che sia gradita e di aver mantenuto IC i personaggi. ;v;
Detto questo, see ya! Vedrò di finire le altre fictions che ho in corso, e magari ne inizierò altre, ora che mi sono tolta questa che non sapevo come continuarla. :)
Liberi di recensire o fare qualsiasi altra cosa, mi fa solo piacere. uvu/

   
 
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