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Autore: _Parole_Non_Dette_    05/07/2016    0 recensioni
"Ci dispiace." L'aria in quella stanza era diventata tesa, tanto che a malapena riuscivo a reggere.
"Non è colpa vostra." Chinai il capo verso il basso fissando le mie adorate All Star.
Tra qualche giorno le avrei riviste? Avrei potuto ritornare alla mia vita? Finirà qui, in questa stanza o in un mondo lontano?
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Delle forti braccia mi avvolsero la vita da dietro e scoppiai in un pianto liberario. Percepivo quell'ombra che quasi non conoscevo ma sentivo che non sarebbe stato il nostro ultimo abbraccio.
"Mi spiace." Ne avevo sentiti di milioni solo in quella giornata ma erano tutti per compassione, il suo no. Solo lui poteva capirmi, eravamo simili. Uno lo specchio dell'altro, due anime uguali, con gli stessi problemi e che forse non avrebbero superato.
Copyright 2016.
Tutti i diritti riservati.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Luke Hemmings
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Perché me lo chiedi?" Domandò lui. 

"Non ne ho idea." Era la verità, non sapevo il perché di quelle domande ma volevo sapere.

"Evans Abigail?" Un'uomo sulla trentina entrò nella stanza e portava con sé una barella.

"Si." Mi scrutò e poi rivolse lo sguardo ad una cartella clinica, sfogliandola. Portai l'attenzione su Luke per farmi chiarire le domande che mi frullavano in testa, ma lui scosse la testa e fece spallucce come per dire 'mi spiace ma non so cosa ci faccia questo qui.'

"Luke dai rimettiti sulla sedia a rotelle, ti vogliono in palestra." Lo sollecitò e il ragazzo si rimise sull'aggeggio. 
Mise una mano sulla mia e cominciò ad accarezzarla. Non la ritrassi.

"Non preoccuparti." Sussurrò al mio orecchio, mi fece l'occhiolino e se ne andò.

"Che devo fare?" Chiesi all'infermiere che stava a fissare quei fogli ancora.

"Devo portarti a fare una TAC. " Mi prese il panico.

"Perché?" Domandai respirando a fatica. Avevo sentito tanto parlare di quello strumento e non mi sarebbe piaciuto affatto fare questa certificazione.

"Per controllare se va tutto bene nel tuo cervello. Hai avuto un brutto incidente ed è meglio prevenire che curare." Stavo schifando quel proverbio poiché ogni santo giorno i miei nonni me lo ripetevano ed ero stufa. Mi ero stancata non di sentire sempre le stesse cose ma di ascoltare proverbi non veri. Mia madre, morta di tumore pochi mesi dopo la mia nascita, scoprì di avere questo male quando era in gravidanza ma non potevano far niente. C'è io in mezzo. Dopo che mi partorì le dissero che non c'era rimedio, a distanza di pochi mesi la tua vita sarebbe arrivata al capolinea e non c'era soluzione. Mia madre non fumava, non beveva, era semplice. Il contrario di mio padre, un fumatore da anni e un bevitore da millenni. Aveva sempre cercato di allontanarsi da questi brutti mali ma le fu diagnosticato e non le c'era alcuna soluzione. 
Ed io che anche se per anni ho guardato a destra e a sinistra prima di attraversare ero stata travolta in pieno da un'auto guidata da un ubriacone.

Spostai le coperte rassegnata e l'uomo, dopo avermi preso in braccio, mi stese sulla barella e lentamente trascinava il lettino bianco.

***
"Tra qualche giorno avremo i risultati." Quello stesso infermiere, che si chiamava Ethan, mi riportò in stanza dopo aver fatto quell'esame e se ne andò.

"Tipo scontroso vero."Luke sbucò dalla porta.

"Ma che mi spii?" Scosse la testa sorridendo e io ricambiai il gesto.

"Nah, sei sola, non conosci nessuno." Alzai gli occhi al cielo.

"Mi prendi la borsa." Si avvicinò alla scrivania che si trova all'altro lato della stanza, prese la mia borsa color lilla e me la porse. Presi il libro che portavo sempre dietro e che amavo leggere: Il rumore dei tuoi. Lo misi sul piccolino comò vicino al mio letto e poi appoggiai la borsa sulla sedia accanto a me.

"Ho una piccola sorpresa per te." Mi incuriosii e cercai di estorcerglielo dalla bocca.

"Poiché come ho già detto sei sola in questa stanza, non hai nessuno che ti venga a trovare." Lo fermai.

"Ti ricordo che sono stata ricoverata oggi." Puntualizzai io. Era vero che non avevo amici veri, tranne Lexi ma lei pareva svanita del nulla però non volevo ammetterlo. Non volevo rivelare ai quattro venti che ero asociale, che venivo presa in giro, che non avevo una buona reputazione e che andavo avanti da sola, senza l'aiuto di nessuno.

"Ti sbagli sei qui già da un paio di giorni." Mi guardò come se fossi io la cretina.

"Come?" Balbettai incredula.

"Dopo l'operazione non ti sei svegliata per tre giorni." Rimasi di sasso, ero qui da metà settimana?

"Comunque vuoi sapere ancora la sorpresa." Scossi il capo.

"No, voglio restare sola. Puoi uscire?" Acconsentì. Mi salutò con la mano e se ne andò sforzando un sorriso.

Faceva male, male davvero. Sapere che sei su un ospedale da giorni, che anime care non si son fatte vive. Me lo potevo aspettare d mio padre ma non da Lexi. Quella ragazza che aveva promesso di starmi accanto, aveva giurato di farmi sorridere anche se ero al capolinea, mi aveva preso sotto, la sua ala e mi aveva detto che mi avrebbe protetto, in un batter d'occhio era scomparsa. S'era allontanata e quasi svanita da me. Si era già scordata della sua migliore amica, o almeno quella che fino a poco prima pensava di esserla? 

   
 
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