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Autore: threesmallcrows    05/07/2016    3 recensioni
«Quando hai dieci anni li chiamano amici immaginari. Roba da bambini, insomma. Quando hai vent’anni invece dicono che sei pericoloso, che sei un folle, ti danno perfino del genio, e diventa tutto molto sexy e divertente. Poi però compi trent’anni e – bam!» Izaya inclina la nuca, puntandosi l’indice sul mento come se fosse il grilletto di una pistola «Ti diagnosticano una malattia mentale e cominciano a imbottirti di pillole.»
Shizuo scopre che ha ancora un sacco di cose da imparare su Izaya Orihara.
Genere: Angst, Dark, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Celty Sturluson, Izaya Orihara, Shinra Kishitani, Shizuo Heiwajima | Coppie: Izaya/Shizuo
Note: Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Original work: After the story era by threesmallcrows
Translation by shirangel
 
 
After the Story Era
 
«Quando hai dieci anni li chiamano amici immaginari. Roba da bambini.»
L’oscurità di Izaya è più profonda rispetto al banale velluto nero della notte, è un giro di valzer fatto di strati su strati di morbida pelle, su cui le luci drappeggiano i loro neon. Ormai Shizuo non è più tanto ingenuo da chiedergli se sta parlando alla città intera o solo con lui.
«Quando hai vent’anni invece dicono che sei pericoloso, che sei un folle, ti danno perfino del genio, e diventa tutto molto sexy e divertente.» 
Un passo, due passi. Cammina avanti e indietro come un gatto.
«Poi però compi trent’anni e – bam!» Izaya inclina la nuca, puntandosi l’indice sul mento come se fosse il grilletto di una pistola «Ti diagnosticano una malattia mentale e cominciano a imbottirti di pillole.»
Shizuo si appoggia alla porta vicino alla tromba delle scale e non sa nemmeno lui chi commisera di più. È stanco e vuole andare a casa. Oggi sono già successe tante, troppe cose.
«Qual è il punto?»
«Non lo so» il suo sorriso è affilato a trent’anni come lo era quando ne aveva venti, e come quando – Shizuo ne è sicuro – ne aveva dieci «Consideralo uno studio sui punti di vista.»
 
*
 
Shizuo ha compiuto trentadue anni il mese scorso e questo significa che ha trascorso più di metà della sua vita, salvo brevi pause, facendo sesso di vario genere con Izaya. Questa considerazione è così allarmante che la mattina del suo compleanno passa tre interi minuti a guardarsi stupidamente le mani, alla debole luce invernale che filtra dalla finestra della loro cucina.
In qualche modo sente che non sarebbe dovuto sopravvivere così a lungo. Almeno non senza qualche cicatrice in più.
Certo, succede ancora che torni a casa grondando sangue. Quei giorni Izaya si mette a ridere e non la smette più, si prende gioco di lui e lo spoglia al tempo stesso, mentre lo ricopre di insulti e di bende.
«Dieci anni fa avrei ultimato il lavoro con qualche coltellata. Shizu-chan mi sta trasformando in un buon samaritano» si lamenta, stuzzicando sapientemente il fianco di Shizuo.
«Io non c’entro niente.»
«Ne sei sicuro?» la lingua di Izaya fa capolino dall’angolo delle labbra, tanto è concentrato «Mi ci vedi a fare queste cose per qualcun altro?»
Shizuo pensa che, effettivamente, non ha tutti i torti.
Finisce per somigliare alla vittima di un bombardamento di carta igienica. Sospirando strattona l’orlo di una fasciatura che sta già cominciando a sfasciarsi.
«Posso chiamare Shinra e farmi medicare come si deve, adesso?»
Izaya si esibisce in una delle sue smorfie di disappunto e se ne va in cucina a tenere il muso. Shizuo decide di interpretarlo come l’implicito permesso di telefonare a Shinra.  
 
*
 
Una volta pensava che avere una relazione significasse parlare. Probabilmente la maggior parte delle coppie lo fa, ma Shizuo è giunto alla conclusione che lui e Izaya hanno veramente poco in comune. Non parlano dei loro sogni o della loro infanzia o di che tonalità dipingere le pareti del salotto. Izaya non gli chiede mai nulla del suo lavoro (probabilmente pensa di sapere già tutto, quel bastardo arrogante), e Shizuo se ne frega del lavoro di Izaya. I loro gusti in fatto di cibo, film o serie tv non potrebbero essere più diversi, non hanno gli stessi valori morali né condividono le stesse conoscenze. A detta di tutti, hanno personalità quasi diametralmente opposte.
Sotto molti punti di vista si comportano ancora come due scapoli che hanno casualmente affittato lo stesso appartamento ma non si sono accorti di non vivere da soli. Il lavandino della cucina è quasi sempre un disastro ed è già successo che Shizuo si svegliasse per il frastuono della porcellana infranta e il forte “oops!” di Izaya. La sfida a chi si arrende per primo e sbriga le faccende domestiche va sempre per le lunghe e per quanto è intensa ricorda a Shizuo una versione meno violenta delle guerre che si dichiaravano al liceo.  
«Shizuo.»
«Cazzo vuoi?» 
«Fanculo il tuo cazzo vuoi. La vasca da bagno è letteralmente invasa dagli scarafaggi. Penso stiano prendendo il the o qualcosa del genere. Sarebbe perfino affascinante, se non fossero così disgustosi.»
Shizuo alza le spalle. «E allora?»
«E allora?» gli fa eco Izaya.
«Dormo già con una pulce, no?» gli fa notare, e torna dritto a dormire.
Quando si sveglia mentre Izaya gli sta depositando uno scarafaggio sulla faccia (“guarda, adesso puoi dormire anche con loro!”) lo insegue per dieci minuti per tutto l’appartamento, prima di tirare fuori l’insetticida spray. Izaya gli sorride malevolo e se la svigna dalla porta principale.
Eppure in qualche modo si adattano l’uno all’altro, tutti i loro spigoli frastagliati si allineano con una precisione da togliere il fiato, come due tessere dello stesso puzzle. Non si tratta tanto dell’andare d’accordo, dato che Izaya litigherebbe con lui per i pretesti più insensati. È più una questione di capirsi a vicenda, forse. Un legame con un’altra persona che rifiuta di essere spazzato via da qualcosa così insignificante come il tumulto passeggero di infiniti diverbi, anche se quasi sempre finiscono entrambi per avere la bava alla bocca.
E il sesso, ovviamente, è qualcosa di stupefacente. Ogni volta il viso nei suoi sogni proibiti è quello di Izaya, ma in realtà è solo il corpo accanto al suo ad avere un po’ di calore.
Non ha la stoffa del conquistatore, eppure quei brevi momenti in cui Izaya decide che mostrarsi arrendevole non è troppo male accendono qualcosa dentro di lui. Gli piace coglierlo di sorpresa mentre dorme, o quando è stanco morto, o – molto, molto raramente – quando è ubriaco. Gli piacciono le riflessioni confuse e sconclusionate che elabora la mattina presto, durante le ore in cui Shizuo sa che è più vulnerabile, mentre vaga per la casa in preda ai brividi perché addosso ha solo una maglietta troppo larga, e pungola il tostapane con le sue dita piccole e impacciate finché alla fine (e non ci vuole molto, perché al lavoro Izaya ha la pazienza di  un generale, ma in privato quella di un lattante) sgattaiola a passo felpato nella loro camera da letto e scuote Shizuo per le spalle, imponendogli di alzarsi perché “quello stupido coso fa di nuovo le bizze” («Non hai attaccato la spina alla corrente, idiota» «Oh» «Gesù, sono le sei e un quarto» «Lo so, Shizu-chan, ce l’ho anch’io un orologio»).
Sorprendentemente Izaya è un imbranato, per certi versi. Certo, corre e combatte e scopa abbastanza bene, ma nonostante le apparenze non è un granché con il coltello, e la maggior parte delle volte se la cava sventolandolo in giro e sfoderando le sue espressioni minacciose. Una volta ha perfino detto a Shizuo che non riuscirebbe a centrare un bersaglio con la pistola nemmeno se ne andasse della sua stessa vita. Si veste senza badare alle condizioni atmosferiche, qualche volta sembra addirittura incapace di distinguere tra estate e inverno. Quando è alle prese con un incarico interessante spesso si scorda di mangiare, di lavarsi i denti, di dormire. Non realizza di dover prendere le medicine quando si ammala, e non capisce che si ammala perché non indossa vestiti abbastanza pesanti. Shizuo ha visto con i suoi stessi occhi quel manipolatore compulsivo sbattere il naso contro qualsiasi tipo di ostacolo, mentre messaggia freneticamente con il suo piccolo esercito di cellulari. Qualche volta pensa che Izaya veda il modo attraverso uno specchio immerso nell’oscurità, come un bambino che sbircia il riflesso proiettato dalle lenti della sua immaginazione. Non ha mai incontrato una creatura tanto radicata nella sua stessa mente, una persona i cui sogni a occhi aperti sembrano coincidere con la realtà solo per caso.
Purtroppo non è solo questo. C’è anche la paranoia – una consapevolezza fin troppo profonda di ogni metro quadrato che lo circonda. Plasma i suoi stessi mostri per quando non ce n’è nessuno in giro, tinge maldestramente il mondo di color arancione-pericolo.
«Saresti paranoico anche tu, se sapessi la metà delle cose che so io sulle persone» gli fa notare «È una qualità, non un difetto – sì, lo so che fa rima con insetto, ma niente battute scontate, per favore. Non mi disturbo neanche a rispondere a simili idiozie.»
«D’accordo… pulce
«Mi raccomando, Shizu-chan, non cambiare mai.»
Col senno di poi tutto questo non era altro che un segnale d’allarme.
 
*
 
È strano, ma a Izaya piacciono le coccole. C’è il sesso, certo (a dir la verità Izaya ne è un tantino ossessionato) ma esita sempre un po’ quando si tratta di fare la prima mossa, quasi fosse un cane. A volte, quando se ne sta seduto al piccolo tavolo in cucina, Izaya arriva e piazza il suo culo ossuto sopra di lui, con tanta naturalezza che Shizuo si chiede se lo abbia scambiato per una sedia.
 Altre volte uno spigoloso peso morto si piazza dritto sul suo grembo. Izaya sogghigna leggendo qualche SMS e poi dice «Qualcosa sta brontolando, e non è il mio stomaco.»
«Fuori dalle palle.»
Izaya gli dà una pacca sulla coscia, un po’ troppo vicino all’inguine per non avere l’intento di provocarlo.
«Ma le tue cosce sono così comode…»
«Comode
«Ooops. Non dovrei dare della cicciona alla mia ragazza.»
Se non è questo, allora sono i suoi piedi freddi come il ghiaccio che gli calciano le caviglie sotto le lenzuola, o una mano che sguscia nella tasca della sua giacca, o l’abitudine davvero insensata di spiarlo mentre se ne sta appeso alla sua schiena come la peggior coperta del mondo – e anche quella più attorcigliata.
«Almeno prendi qualche chilo. I tuoi gomiti potrebbero uccidere qualcuno.»
«Mi piacciono i miei gomiti, grazie» lo rimbecca, piantandone uno nella spalla di Shizuo come se stesse cercando di aprirlo in due «E non voglio diventare grasso» sorride al suo fantasma riflesso nel vetro scuro dello sportello del microonde, pavoneggiandosi spudoratamente «Sto bene così.»
«Non importa a nessuno, Izaya.»
«Importa a me, ed è questo che conta. Non ingrassare, Shizu-chan.»
«Perché? Mi lasceresti?»
«Ti lascerò quando mi andrà di farlo.»
«Non hai risposto alla domanda.»
«Se Shizu-chan sopporta i miei gomiti, io sopporterò i suoi addominali d’acciaio.»
«Che cazzo significherebbe?»
«Dico sul serio, è come dormire con la testa appoggiata a un mucchio di sassi. Non mi meraviglia che la mattina abbia sempre il mal di testa.»
«Hai il mal di testa perché fai orari di merda.»
Il tocco leggerissimo delle sue labbra, curvate insolentemente attorno all’orecchio di Shizuo.
«E di chi credi che sia la colpa?»
 
*
Il fatto è che Izaya non sta propriamente bene.
Certo, parla sempre un sacco, è una fonte di rumore costante estremamente fastidiosa, ma la prima volta che Shizuo lo sorprende a parlare con qualcuno di invisibile (e che non è lo stesso Izaya) la paura è lì in agguato, come un pugno stretto attorno al suo cuore in tumulto.
«Vattene.»
Shizuo si guarda in giro.
Izaya è nell’altra stanza, da qualche parte fuori dalla sua visuale. Cinque minuti fa stava chiacchierando da solo mentre guardava i cartoni animati, e Shizuo stava come sempre cercando di ignorarlo, ma quella sola parola, tanto seria ed esasperata, si propaga nell’aria e lo cattura come fosse un amo da pesca, strappandolo a forza dal suo baricentro.  
Shizuo aggrotta le sopracciglia e si immobilizza.
Appena un secondo dopo: «No. Io…» una lunga pausa, così lunga che Shizuo quasi torna a scervellarsi sulla sua dichiarazione dei redditi. Però poi: «Perché dovrei? Lui non c’entra niente» altra pausa «Quello che dici non ha senso. Adesso vattene da qualche altra parte.»
Di nuovo silenzio. Lentamente, Shizuo si alza in piedi.
«Forse. Ma non sono affari tuoi.»
Scivola nell’altra stanza in punta di piedi. Izaya è seduto sul divano e gli dà la schiena. Sta fissando lo spazio vuoto alla sua destra. Gli sta rispondendo, come se ci fosse qualcuno. Shizuo ha già visto cose del genere nei film, ma trovarle nella vita reale fa gelare il sangue. Gli formicola il collo e tutto sembra squillare come tanti campanelli d’allarme.
«Izaya» comincia, prudente, senza la minima idea di cos’altro dire.
Izaya si volta verso di lui, ed è la sua espressione di totale stupore, anche se dura meno di un istante, a convincere Shizuo che questo non è uno dei suoi soliti giochetti.
Poi la confusione se ne va e gli mormora «Hm?» con fare del tutto innocente.
«Con chi stavi parlando?»
«Cosa?» sembra infastidito. Dopo un secondo, mentre Shizuo continua a fissarlo, dice: «Parlavo da solo. Non dirmi che non ti ci sei ancora abituato.»
«Sembrava che stessi parlando con qualcuno.»
«A meno che tu non stia suggerendo che c’è qualcuno nascosto sotto il divano, non vedo davvero come sia possibile.»
Shizuo lascia perdere, ma se ne accorge di come gli occhi di Izaya guizzino attorno a quel certo punto sopra il divano – come se stesse evitando lo sguardo di qualcuno.
 
*
Shinra e Celty si sono sposati tre anni fa. Anche se a Shizuo di solito non piace impicciarsi negli affari altrui trova affascinante lo sviluppo della loro relazione, magari perché hanno tracciato una rotta totalmente diversa rispetto a quella in cui si trovano lui e Izaya. 
Il loro è un amore da “e vissero per sempre felici e contenti”, con tanto di goffi approcci alla vita domestica e tutto il resto; Celty ha il corpo di una Dullhan, ma il cuore di una donna, e Shinra è il suo personalissimo Romeo – anche se un po’ fuori di testa. Loro ci stanno provando sul serio, mentre il meglio che si può dire di lui e Izaya è che tirano avanti, ma sembrano due reclute allo sbaraglio in un campo minato: agitati, poi un po’ meno nervosi, con il battito cardiaco che decelera quando non si sente nessun’esplosione. 
Shinra e Celty sono gli unici rimasti a poter essere definiti “amici in comune” tra lui e Izaya, e come tali rappresentano il solo punto di vista esterno sulla loro relazione ad avere qualche rilevanza. Celty trova ancora strano che stiano insieme. A Shinra invece piace sostenere che lui l’aveva previsto fin dall’inizio, ma nessuno sa se dice sul serio.
Sabato pomeriggio Shizuo si trova nel loro appartamento. Ha diversi piani, è elegante e spazioso, e non potrebbe essere più lotano dalla sua piccola tana angusta. Il crescente tasso di criminalità, con cui tutti i conduttori televisivi continuano a banchettare, di certo non ha fatto male al portafogli di Shinra. Negli ultimi tempi il suo giro di affari si è ingrandito tanto che l’entrata sul vicolo si è trasformata in un ingresso secondario.  
«Almeno non devo più asportare fegati» ride, e Shizuo preferisce credere che stia scherzando.
Chiacchierano del più e del meno, ma non ci vuole molto prima che Celty gli sventoli il telefono sotto il naso. 
[Qualcosa ti preoccupa, non è così?]
Shizuo alza le spalle. «Izaya ha qualche rotella fuori posto?»
Shinra ride. «Mio caro, se non te ne eri ancora accorto…»
«Non parlo delle sue stranezze. Intendo… se è pazzo sul serio.»
«Shizuo-kun, Izaya è un sociopatico e un megalomane, soffre di paranoia e forse anche di disturbo borderline della personalità» Shinra li conta sulla punta delle dita come se stesse spuntando le diverse voci della lista della spesa «È pazzo sotto tutti i punti di vista.»
… beh, non che non lo sapesse.
«E va bene lasciarlo così?»
«Non ha mai chiesto di assumere farmaci, e di certo non spetta a me proporglielo. Perché, è successo qualcosa?»
«No» dice Shizuo «Stavo solo pensando.»
 
*
 
Dopo il primo incidente per un po’ non succede nulla di strano – beh, strano secondo gli standard di Izaya. Per quasi un mese Shizuo lo vede a malapena. La città è inquieta come se avesse disturbi di stomaco; al lavoro origlia pettegolezzi su una nuova e spietata organizzazione che si sta insediando nel quartiere come una nuvola in un giorno di sole. Sembrano esserci più incidenti stradali del solito e la TV non fa che parlare di estorsioni, rapimenti, persone che scompaiono nei vicoli per poi ricomparire dopo qualche settimana, sottoforma di arti assortiti impacchettati in una scatola con tanto di fiocco rosso. Izaya si fa vedere solo a tarda notte quando si prende il disturbo tornare a casa; si rifocilla di sesso e poi, come la nebbia sulla baia di Tokyo, sorge e tramonta prima che lo faccia il sole. Shizuo non ha dubbi che ci sia lui dietro tutto quel putiferio e se ne tiene bene alla larga: solo perché ci va a letto regolarmente non significa che vuole sapere qualcosa dei suoi loschi affari. In cambio la loro casa, come se fosse stata contrassegnata con sangue d’agnello, non rischia di essere coinvolta.
Le cose continuano così fino al giorno in cui si rifiuta di riconoscere la sua esistenza.
Shizuo dice basta quando Izaya si volta di scatto verso di lui come un serpente che attacca una preda (dopo averlo ignorato per tre fottutissime ore e mezzo) e sibila «Vattene. So che non sei reale».
 Serra una mano attorno al suo polso e lo trascina di peso a casa di Shinra. Stranamente, una volta che sono fuori dall’appartamento Izaya non oppone resistenza, e Shizuo non vuole saperne il motivo – magari perché Izaya, presupponendo che lui sia invisibile, vuole che gli altri lo vedano muoversi di sua spontanea volontà.
 Quando Shinra apre la porta e dice «Shizuo-kun, cos-» Izaya mostra un’espressione che scatena qualcosa di molto simile alla paura nel petto di Shizuo.
Seduto sul divano di Shinra, Izaya si sente nervoso e irritato, e questo si traduce nel suo ghigno da Stregatto assai poco cooperativo, con tanto di risate da maniaco e muraglie di filo spinato issate tutt’attorno all’orlo del precipizio. Alla fine Shinra butta fuori Shizuo e gli dice di tornare più tardi.
Più tardi” diventa “svariate ore”, in cui Shizuo deve aspettare nervosamente davanti a un’edicola sulla strada, con il tramonto che contro i suoi occhi sembra affilato come un rasoio, nonostante indossi gli occhiali da sole. Izaya esce solo quando sono emerse anche le ombre, e trenta minuti dopo sta danzando sul cornicione del tetto mentre riflette sui punti di vista.
Shizuo lo ascolta con un orecchio solo. Tutto ciò che riesce a sentire, una presa in giro dopo l’altra, è schizofrenico, schizofrenico, schizofrenico…
 
 
Citazione del giorno: «Se Shizu-chan sopporta i miei gomiti, io sopporterò i suoi addominali d’acciaio.»
Izaya, caro. Se a te fanno tanto schifo posso dormirci sopra io, eh. Mi sacrifico per la causa.

Note della traduttrice: Questa è la traduzione della prima di tre parti di "After the Story Era". Secondo me questa fanfiction è un capolavoro e spero che la mia traduzione riesca a renderle giustizia e possiate anche voi apprezzare questa meraviglia di storia. Una volta finita la pubblicazione tradurrò i commenti per l'autrice, quindi vi invito a lasciare due parole per dire cosa ne pensate <3
PS: Ho la mega paranoia che non si capisca che la prima e l'ultima parte sono collegate. In inglese si capisce, ma il collegamento non è immediato, e temo che nella traduzione il senso si sia perso (?). Comunque sia, l'inizio in cui Izaya sproloquia di amici immaginari e pasticche, si svolge dopo che sono andati da Shinra, mentre si diverte a ballare il walzer sui tetti.
   
 
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