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Autore: marveladdicteed89    06/07/2016    3 recensioni
- Frank?
- Sì?
- Non voglio andare in guerra.
Genere: Drammatico, Guerra, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Aprì gli occhi, sentiva tanto freddo e percepiva le chiazze di terra bruna e umida sulla sua pelle.

Non respirava.

Non riusciva a respirare.

Appena vide le stelle, gli occhi gli si riempirono di lacrime.

Scorrevano, calde, sul suo viso, con delicatezza, quasi accarezzandolo.

Cadendo a terra, producevano uno sfrigolare fastidioso e un odore di fumo che gli penetrava nelle narici con violenza, come se tutto attorno a lui fosse bollente e bruciato.

Ma lui sentiva tanto freddo.

Era morto?

Era vivo?

Come si può essere vivi in un posto del genere?

Un'altra lacrima corse sul suo viso, veloce.

Ansimò, in preda a uno spasimo.

Voleva urlare, ma il suo grido era muto e senza voce.

Troppo sofferente.

Ricordava.

Ricordava ogni cosa.

Perchè ricordava?

Strinse un pugno, sentendo la terra sotto di lui muoversi.

Vedeva le stelle, ma il cielo era grigio come se stesse venendo a piovere.

Era morto?

Il suo petto si alzò nello spasmodico tentativo di ingabbiare più ossigeno, ma sentiva solamente il fumo denso che minacciava di soffocarlo, si annidava negli alveoli e li ricopriva di una coltre nera come la pece.

Il dolore era così grande da essere totalmente inesprimibile.

Le lacrime erano acido, gli rigavano gli zigomi corrodendoli, scorreva sul collo e poi dentro all'uniforme verde militare.

L'elmetto gli schiacciava la testa, il cinturino premeva sulla gola e lo soffocava.

Cercò di muovere le braccia ma non ci riusciva.

Avrebbe voluto dimenticare.

Come poteva, come poteva dimenticare?

Avrebbe dovuto? Ci sarebbe riuscito?

Il suo petto si alzò di nuovo, ma riusciva solo a singhiozzare e a piangere, a urlare in silenzio.

Sentiva il vento, e il vento e basta, e tutto era così muto, tutto era così triste.

Li avevano uccisi, li avevano uccisi tutti.

Di tutto lo squadrone, dei rosari stretti al polso, delle foto delle mogli e dei bambini, delle madri, delle preghiere sussurrate a bassa voce, restava solo una piatta distesa di corpi massacrati e sanguinolenti, ormai morti.

Giacevano tutti accanto a lui, sulla sabbia.

Gli occhi chiusi e il petto muto.

La speranza infranta e le famiglie devastate.

Tutti morti, tutti morti.

Annullati in quel deserto di desolazione.

Li sentiva, accanto a sè, il vento che faceva muovere le loro uniformi e le inutili medaglie al valore.

Probabilmente avevano ucciso anche lui.

Solo che non l'avevano fatto bene.

D'un tratto la lenta agonia della sua morte gli fece paura.

Sentiva i proiettili scorrere sempre più vicino al suo cuore, il sangue che usciva.

Il suo cuore che rallentava.

Lentamente...

Erano morti, erano morti tutti.

Le mitragliatrici erano state troppo veloci, oh, così veloci... avevano tagliato vite con una leggerezza che gli aveva lacerato il cuore.

Prima Mikey, era crollato come un fantoccio di carne.

Ormai solo una crisalide vuota, un buco nel petto completamente rosso. Gli occhiali gli si erano rotti, mentre cadeva per terra senza aver avuto il tempo nemmeno di muovere un passo.

La sua figura magra e alta era collassata di lato, e lo aveva visto, aveva visto che nell'ultimo attimo della sua vita gli aveva sorriso, lo aveva ringraziato, gli aveva sorriso, Mikey, che era piccolo, e debole, eppure lo avevano portato via da casa, Mikey, che era stato preso in giro, Mikey, che ogni giorno subiva insulti e sputi, Mikey, che di occhiali gliene avevano rotti almeno cinque paia per i pugni, Mikey, che guardava a lui con così tanta ammirazione, che lo imitava in tutto quello che faceva perchè ci credeva, in lui, che gli diceva sempre che i suoi disegni erano spettacolari e per il compleanno non voleva altro che qualche acquerello.

Mikey.

Che era suo fratello.

Aveva urlato, quando lo aveva visto afflosciarsi.

Aveva urlato, mentre Frank lo teneva per il petto e gli diceva qualcosa che non aveva sentito.

Aveva urlato, aveva visto il suo mondo implodere su sè stesso.

Era rimasto senza fiato.

Lo rivide, mentre cadeva, cadeva giù.

E rivide il sorriso.

E urlò, urlò.

Faceva male.

Ray era corso da lui, dal suo amico.

Ray ci aveva provato, a portarlo via.

Appena aveva guardato Mikey, e si era voltato verso suo fratello, si era voltato verso di lui, appena aveva visto quel legame andare in frantumi, aveva preso la sua decisione.

Gerard lo aveva fissato mentre correva, in mezzo agli spari, verso quel corpo alto e magro, pieno di sangue, oh, così pieno di sangue.

Era irrimediabile, ormai un cadavere, un insieme di pelle distrutta dai proiettili, ossa troppo esili e muscoli intrisi di liquido scarlatto, eppure Ray lo aveva fasciato, con le mani tremanti per il dolore e la certezza di perderlo, Ray gli aveva preso la mano, Ray gli aveva promesso, con la sua voce acuta e rotta dalle lacrime, che Gerard sarebbe rimasto vivo, Ray gli aveva promesso che sarebbe andato tutto bene, Ray era rimasto lì fino a che le mitragliatrici non lo avevano riempito di minuscoli buchi, fino a che non era caduto, fino a che la luce dentro i suoi occhi non lo aveva abbandonato, fino a che il suo respiro si era sentito.

Gerard era rimasto senza fiato.

Aveva pensato di non poter sopravvivere, non a questo.

Aveva pensato che non sarebbe tornato a casa.

Poi Frank gli aveva preso il viso, lo aveva guardato negli occhi.

Era piccolo, Frank. Basso, minuto. Le scapole e le ossa gli spuntavano dappertutto, pungolandogli la pelle. Due occhi che avrebbero potuto avere in mano il mondo, verdi e marroni, non si capiva mai. Aveva una voce che faceva venire i brividi, delle mani bellissime. Sapeva suonare ogni cosa.

Era timido e debole, Frank. Non parlava mai, a scuola lo chiamavano "pansy", gli lanciavano le palline di carta e gli rubavano il pranzo. Erano molto cattivi con lui. Lo picchiavano tanto. Gli davano i calci negli stinchi fino a farlo sputare il sangue, fino a che non lo lasciavano sdraiato nel corridoio a piangere.

Lo amava, Frank. E Gerard amava lui.

Era il suo respiro, il principio della sua vita. Il suo sole, la sua luna. La sua Terra. Il suo cuore, il suo ossigeno. La sua canzone preferita, il motivetto che aveva sempre in testa, il dipinto meglio riuscito della sua vita, il suo pennello più bello, quello che teneva nella scatola di legno e guai a chi lo toccava.

E quando gli aveva preso il volto tra le mani, lì, in mezzo alla fine del mondo, lo aveva guardato dritto negli occhi e aveva detto, ad alta voce:

- Gee, ti amo.

E lui aveva pianto ancora di più, perché quello era un addio, e non voleva.

- No, Frank... Frank... - gli aveva preso le mani, piegandosi in avanti per baciarlo, ma gli spari avevano già trafitto il suo amore, in una scarica veloce e infinita.

Aveva urlato.

Aveva sentito la testa di Frank crollargli in grembo, ma la aveva presa, la aveva presa mentre aveva ancora un briciolo di vita, l'ultimo, e aveva baciato di nuovo quelle labbra, mentre le lacrime gli rigavano il viso, mentre rivedeva ognuna delle cose che avevano fatto, risentiva ognuna delle cose che gli aveva detto.

Lo aveva sentito sorridere, una delle sue mani si era allungata e gli aveva stretto i capelli. Piangeva.

Gerard aveva visto il respiro abbandonarlo, aveva sentito un rantolo un rantolo pietoso, che implorava il Paradiso.

E poi il nulla.

Aveva urlato di nuovo, più forte, nella sua misera impotenza.

Nel petto stagnava una sofferenza indescrivibile.

Si era sentito morire, si era accasciato a terra, sopraffatto dal dolore, singhiozzando, tenendo ancora abbracciato a sé il corpo di Frank, piccolo e ancora caldo.

Non aveva sentito nemmeno i proiettili che lo perforavano, non aveva sentito l'odore metallico e acre del suo stesso sangue.

Solo un grande nero, colmo di dolore.

Si prese il viso tra le mani.


Singhiozzò, sentì i proiettili metallici che avanzavano sempre di più.

Prese un ultimo respiro, voltò la testa.

Frank era lì.

Prese la sua mano.

Lo guardò, gli disse che sarebbe arrivato, che adesso avrebbero potuto stare insieme per sempre.

Il cuore gli scoppiò, nello stesso istante in cui fu bucato da mille parti.

Ma le loro mani rimasero intrecciate.

In quella muta distesa di cadaveri.

In quel deserto di morti.

In quel cimitero scarlatto.

Per sempre.

 
  
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