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Autore: lohan    09/07/2016    4 recensioni
[Etienne de Sancerre/Henri de Bar][Slash][Io vi ho avvisato]
"E’ un gioco, per lui, o forse un’altra sfida infantile: “Sei ancora troppo giovane per pensare di andare in giro a baciare ragazze!” gli hanno dietro, e quale smentita migliore che baciare Henri? Che non è una ragazza, ovviamente, ma ha i capelli così biondi e gli occhi azzurri così grandi e le labbra così rosa e morbide che quasi lo sembra."
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Etienne de Sancerre, Henri de Bar
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Phew! Ultima parte. Grazie a tutti coloro che hanno letto fin qui, vi si vuol bene.
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Il messaggero con l’invito del conte Henri de Bar al suo matrimonio arriva al castello di Guillaume de Sancerre una fredda sera di inizio marzo.
La cena è iniziata da pochi minuti quando un servo arriva al tavolo del padrone di casa per consegnargli il rotolo di pergamena sigillato, il sigillo di ceralacca che splende rosso contro il tono più chiaro e neutro della pergamena.
Etienne osserva la scena con curiosità, e quando il fratello gli fa cenno di raggiungerlo, si alza dal suo posto e gli si avvicina di buona lena, chiedendosi quali notizie sono appena arrivate: un nuovo torneo, forse? Notizie dalla guerra contro gli inglesi al nord? Davvero non ha idea di cosa aspettarsi – Guillaume gli porge la lettera perché possa leggerla, e il suo sguardo si illumina alle prime righe della missiva, nel rendersi conto che è da parte di Henri de Bar, suo amico e compagno d’arme da anni.
Solo un amico, si ripete con un guizzo di rabbia verso la sua stessa memoria, che ribelle era andata a rivisitare proprio il ricordo che Etienne cercava di tenere sepolto con più cura.
Non ha troppo tempo per arrabbiarsi però, perché il suoi occhi continuano a leggere la missiva – e una volta arrivati alla notizia più importante, per la quale il messaggio stesso è stato mandato in primo luogo, Etienne si blocca, il cuore che perde un battito.
O anche due, davvero non capisce per quanto abbia trattenuto il respiro, prima di rialzare lo sguardo, sorpreso e spaesato, verso suo fratello.
« Monsieur de Bar… si sposa?»

Una volta da solo in camera sua, congedati tutti i paggi e il suo scudiero, il primo istinto di Etienne è pregare, rivolgersi a Dio e alla sua misericordia perché lo illumini, gli spieghi a cos’è dovuto quel dolore nel petto e quella sensazione come se all’improvviso gli mancasse il suolo da sotto i piedi, quello spaesamento illogico all’idea che Henri si sposi.
Perché, in fondo, non è davvero una sorpresa – Henri è l’erede primogenito del casato dei de Bar, è ovvio che a un certo punto si sarebbe sposato. Ha dei doveri nei confronti del suo casato e del suo nome.
Prega a lungo, Etienne, ma nessuno gli risponde. La preghiera, però, e il silenzio, lo aiutano finalmente a far chiarezza dentro di lui e a capire qual è il problema: il desiderio che prova per Henri, quella voglia di tenerlo tra le braccia, baciarlo, farlo suo, quel desiderio -mandato dal diavolo in persona, probabilmente-, non è sepolto come aveva creduto. Si era solo sopito, nel corso degli anni, come una brace, e come una brace ora gli bruciava nel petto, riacceso dalla lettera di Henri.


Partendo dal castello di suo padre per andare in visita alla corte aragonese, Henri de Bar mai si sarebbe immaginato di tornare con una moglie.
Eppure, nel trovarsi davanti dama Lucrecia, il suo cuore aveva fatto una capriola così improvvisa che poco c’era mancato che si portasse una mano al petto per calmarlo. Aveva mantenuto la calma e la compostezza, ovviamente, ma il suo sguardo non si era allontanato dalla figura della dama, presentatagli come la figlia primogenita di un’importante famiglia aragonese.
Alta e formosa, con la pelle olivastra di una tonalità forse più chiara di quella di Etienne, gli stessi capelli neri che scendevano in onde morbide oltre le spalle e lungo la schiena, e gli stessi vivaci, allegri occhi scuri;
per Henri era stato un vero e proprio colpo di fulmine – acutito dall’espressione divertita e smaliziata che la ragazza gli aveva rivolto, che prometteva lo stesso carattere impetuoso e diretto dell’amico.
Si era innamorato subito, o almeno così si era detto in seguito, e aveva fatto sì di chiedere il permesso di corteggiarla al padre il più presto possibile.
La sua visita in Aragona si era di conseguenza protratta molto più di quanto previsto – e alla fine, al termine dell’inverno, aveva ritenuto fosse giunto il momento di chiedere la mano di Lucrecia in sposa.
Una volta ottenuto il benestare del padre di Lucrecia – e quello di Lucrecia stessa, ovviamente, che a quella domanda si era illuminata in viso, tanto bella da parere un angelo- Henri era tornato a casa, al castello di suo padre, dove alla fine della primavera si sarebbero svolte le nozze e dove fin da subito dovevano partire i preparativi.
Un matrimonio di quel calibro era un evento di spicco all’interno della nobiltà francese – i de Bar erano grandi feudatari, in fondo- e Henri non avrebbe voluto allontanarsi da casa nemmeno un attimo, nonostante il costume imponesse che presentasse gli inviti più importanti di persona.
Si era dunque recato solo a corte, ad invitare personalmente Filippo Augusto, e nelle contee più importanti a lui più vicine.
Purtroppo, visto il periodo dell’anno e la distanza, non era riuscito a recarsi di persona dai Sancerre; e se da una parte si era dispiaciuto di dover far arrivare una notizia simile ad Etienne via lettera, dall’altra ne era stato segretamente sollevato – non avrebbe mai voluto assistere all’espressione dell’amico il momento in cui gli avesse confessato che stava per sposarsi-


La sera prima del matrimonio il cielo era illuminato in uno spettacolo naturale dalla luce del tramonto, che creava colori incredibili sulle nuvole lontane e faceva sì che anche il più rude contadino, di ritorno dai campi, sollevasse il capo in ammirazione.
C’era una leggera brezza, che rinfrescava ma non causava fastidio, e il castello era pieno delle voci dei nobili e dei servi che si preparavano per la notte – e per il gran giorno successivo.
Le nozze di Henri de Bar avevano attirato feudatari da tutto il regno  -da tutti e due i regni, contando anche gli invitati aragonesi-, e una piccola cittadina di tende era sorta al di fuori delle mura esterne del castello, che per quanto grande non era certo sufficientemente ampio da accogliere tutti gli invitati.
C’era un clima di allegria e festa condiviso da tutti i presenti, nobili o villici che fossero, e un fremito di attesa impaziente che si diffondeva in tutti gli angoli del castello e del borgo.

E in tutto questo Henri de Bar sedeva solo in camera sua, sul suo letto, e con in mano un calice di vino rivalutava tutte le sue scelte di vita. Forse era il vino a renderlo troppo confidente in se’ stesso, o forse era la sua coscienza che lo rassicurava che sì, lui aveva fatto del suo meglio, ma credeva davvero di aver fatto le scelte migliori tra le possibili.
E allora, perché si sentiva così male? Perché sentiva un macigno all’altezza del cuore, e perché non riusciva a togliersi dalla testa il sorriso così vuoto che Etienne gli aveva rivolto, quand’era venuto quel pomeriggio a porgergli le sue congratulazioni? Gli era sembrato così spento, Etienne, che aveva finito di preoccuparsi per la sua salute solo qualche minuto prima, quando una leggera nausea –dettata probabilmente dall’ansia- gli era salita alla gola e l’aveva fatto tornare a concentrarsi sul fatto che stava per sposarsi.
Lucrecia era la miglior consorte che potesse mai desiderare, lo sapeva – eppure c’era qualcosa di sbagliato, in quel matrimonio.
Sapeva cos’era, ma mai si sarebbe azzardato a dirlo ad alta voce. Non l’aveva nemmeno confessato al prete, quando quella mattina si era confessato – diamine, non riusciva a confessarlo nemmeno a se’ stesso, che la persona con cui avrebbe voluto passare gli anni e invecchiare era Etienne, e non Lucrecia o qualsiasi altra nobildonna.

La serata passa veloce con quel genere di pensieri a tenergli compagnia, ed è notte ormai quando qualcuno bussa alla sua porta. Henri stava valutando se bere un’altra coppa di vino prima di andare a dormire e a quel leggero rumore di nocche contro legno alza lo sguardo sulla porta, ma non fa in tempo a rispondere alcunché che Etienne è già entrato.
«Ho immaginato fossi da solo,» esclama il moro, chiudendo la porta a chiave dietro di se’ e raggiungendo poi Henri «E volevo controllare come stavi.» aggiunge poi, prima che l’altro potesse tramutare il suo sguardo interrogativo in una domanda. Si siede accanto a Henri sul materasso morbido, quasi sfiorando la coscia dell’altro con la propria e annullando così qualsiasi parvenza di ‘convenzionale’ che quella conversazione potesse avere mai avere.
E’ una dichiarazione di intenti, quella vicinanza.
‘Io sarò sincero, finalmente’, dice quella vicinanza.

«Io sto bene, Etienne. Sto per sposarmi, in fondo.» risponde Henri, ma per quanto si sforzi non riesce ad infondere in quelle parole nemmeno un pizzico di sincerità. Sono parole vuote, come vuota è l’espressione che sta indossando in questo momento.
Ha chiuso tutto ciò che sente in un angolo recondito del suo animo e si sta sforzando come mai prima d’ora di tenere il tutto sotto controllo perché lo sente, se cede ora non sarà mai in grado di tornare indietro.

Etienne, però, non è disposto ad aiutarlo. Egoisticamente, vuole vedere Henri soccombere a tutto quello che ha nel cuore, lo vuole vedere confrontarsi con quello che ha dovuto confrontarsi lui il momento in cui ha ricevuto la sua lettera.
«Stai mentendo e lo sai anche tu,» lo accusa infatti, il tono basso, tagliente. E vorrebbe continuare, riversagli addosso un po’ di quella fiele che sente nelle vene ma Henri lo precede, alzando lo sguardo all’improvviso verso di lui, gli occhi azzurri così chiari pieni di rabbia.
«Che ti aspetti? Che ti dica che preferirei avere te, nel letto domani notte, invece che Lucrecia?!» sbotta, impallidendo poi subito a quella confessione fatta d’istinto.

Etienne non è preparato a quella sincerità improvvisa ed inaspettata, è preso in contropiede, e per un attimo non sa cosa rispondere o cosa fare. Tentenna, indeciso, sentendo l’istinto di baciarlo farsi più pressante ad ogni secondo che passa e non sa cosa lo trattenga dal farlo, considerato che proprio per questo aveva deciso di venire da Henri: per avere la possibilità di essere finalmente completamente sinceri, prima che fosse troppo tardi.
Forse è solo il pensiero che Henri sta già male così, a trattenerlo, senza che arrivi lui a peggiorare ulteriormente la situazione baciandolo. Stringe le mani con forza sulle cosce, e cerca di respirare con calma e di schiarirsi le idee, per capire qual è la cosa giusta da fare.
E lo capisce subito, quello che dovrebbe fare: alzarsi, salutare Henri e uscire dalla sua stanza, prima che la situazione degeneri, e non parlare mai più di quello che Henri ha appena confessato. E’ sul punto di farlo, quando realizza che un’occasione come quella che stanno avendo non gli si presenterà mai più:  è un parlare adesso, o tacere per sempre.
«…anche io lo vorrei.» ribatte quindi, spezzando il silenzio teso che pesava su entrambi come un macigno. Henri torna a fissarlo, per un attimo confuso, e così Etienne si sente in dover di puntualizzare, «Anch’io vorrei essere al posto di madame Lucrecia domani notte.»

Henri continua a guardarlo, stupefatto, per qualche secondo ancora – poi prende il viso di Etienne tra le mani, lo avvicina al suo, e finalmente lo bacia come avrebbe voluto fare centinaia di volte da che lo conosce. E’ un bacio famelico che tutti e due aspettavano da anni: l’assaggio che avevano avuto l’uno dell’altro qualche anno prima non era bastato a saziarli, ma aveva soltanto reso i loro sogni più realistici e la loro frustrazione più acuta.
Ma adesso, oh, adesso hanno modo di sfogare tutto il desiderio, tutta la voglia accumulata in quegli anni, e niente potrà impedirglielo.
Che Dio ci perdoni…, prega Henri nello spingere Etienne all’indietro, contro il materasso.

Il moro sta già litigando con la tunica, che si ostinava a voler rimanere al suo posto, e Henri lo aiuta a spogliarsi con gesti affrettati, quasi rudi nella loro impazienza.
Ma hanno solo questa notte, e non vogliono sprecarla.
Presto sono nudi e, tra i baci e i gemiti, sono finalmente più sinceri l’uno con l’altro di quanto non lo sono stati mai. 
   
 
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